XI
Macha e Natan avevano
continuato a vedersi, nonostante quel piccolo incidente. Per circa una
settimana, la dea pretese che il ragazzo continuasse a nascondersi nella grotta
della montagna, almeno fino a quando non si sarebbero un po’ calmante
le acque. Intanto, tra il giovane mortale e la bella dea si stava
creando sempre più un rapporto di profondo affetto. Lui era completamente
innamorato della sua bella dea e lei, nonostante provasse e riprovasse a
resistergli, non riusciva a vincere la tentazione di andare da lui ogni volta
che ne aveva l’occasione. Non riusciva a resistere al
suo sguardo, alla sua pelle calda, al suo abbraccio morbido, al suo fiato caldo
sul suo collo. Dopo non molto, le sue resistenze cedettero del tutto e lei non
riuscì, e non volle riuscire, a sfuggire alle sue labbra e ai suoi baci
ardenti. Tutto il suo essere era per lei un richiamo
irresistibile, aveva bisogno di vederlo, sfiorarlo, baciarlo. Per lui
era la stessa cosa. Senza nemmeno sapere come, Macha si ritrovò ad essere innamorata
di lui. Tuttavia, incessanti paure la attanagliavano ogni volta che stava per
andare da lui; non poteva fare a meno di preoccuparsi per lui, di chiedersi se
per caso fosse stato scoperto e se la sua vita fosse stata presa crudelmente da
una delle sue sorelle o dallo stesso padre, o se, forse la cosa che temeva di
più, che lui ad un certo punto avesse perso la capacità di vederla. Tutte le
sue paure svanivano di colpo, non appena incontrava i suoi occhi viola e volava
felice tra le sue forti braccia. Nessuno sapeva di quello che le stava
accadendo, tranne sua madre, la quale ormai era diventata la sua confidente
insieme alla cara e discreta Olimpia. Dopotutto, anche sua madre aveva un
enorme segreto e lo stava condividendo proprio con lei e Olimpia; ormai loro
tre erano come una coalizione contro la tirannia di
Balor e, anche se non potevano fare nulla per sminuire il suo potere, potevano
sostenersi l’un l’altra. Ma tutto questo non sarebbe
durato ancora per molto tempo.
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Tre mesi più tardi,
una strana sensazione di errore e di disagio non aveva
ancora abbandonato la mente e il cuore del grande dio Balor. Cosa
mai poteva turbare la coscienza del dio della morte? Non di certo tutto il male
che faceva alla moglie e alle figlie, di quello nemmeno si preoccupava. C’era
qualcos’altro e voleva assolutamente scoprire cosa fosse.
-Tonke!
-s-sì? Mi avete chiamato, signore?
-certo
che ti ho chiamato!
Tonke era al suo servizio
da anni, ma ancora non si era completamente abituato alla presenza imponente
del suo padrone. Ogni volta che gli veniva rivolta la
parola dal dio, si sentiva serrare lo stomaco in una morsa d’acciaio,
spalancava con un movimento involontario i suoi piccoli occhietti e con
espressione timida e impaurita si inchinava ai suoi piedi. Si sarebbe mai
abituato alla sua condizione di servitore del dio? Probabilmente no.
-cosa
desiderate?
-mi
devo assentare per qualche ora. Fammi trovare la cena pronta
-certo,
signore
Tonke si dileguò dalla
porta della sala, dopo un profondo inchino, mentre Balor si alzò dal suo trono
dorato. Si concentrò per qualche secondo e senza indugiare
ulteriormente si ritrovò nel mondo degli umani. Espanse
la mente alla ricerca del problema che gli disturbava da mesi il sonno e
finalmente capì di cosa si trattava. Sentiva la presenza di una delle
sue figlie insieme a quella di un umano destinato a
morire da tempo. La collera iniziò a salire su per la sua schiena muscolosa, gli percorse i pugni stretti in una morsa distruttiva,
raggiunse il collo evidenziandone le vene pulsanti, gli serrò la mascella e gli
corrugò la fronte. Le piccole rughe della pelle ruvida del dio adesso erano
delle profonde rughe di cieca rabbia. Badb non era di sicuro, Nemain nemmeno, doveva essere per forza
Macha. Come poteva quella piccola figlia ingrata anche solo pensare di prendere
in giro suo padre? Con i pugni ancora stretti, tornò rabbioso a palazzo e
arrivò proprio davanti a Tonke, che in quel momento
stava preparando la sua cena. Quando si materializzò nella sala da pranzo, il
servitore sobbalzò spaventato e quasi fece cadere un prezioso piatto di
porcellana, pieno di ogni genere di frutta che
piacesse al dio.
-come
mai avete fatto così presto, signore?
La voce di Tonke era rotta e tremante per la sorpresa e lo spavento di
essersi trovato di fronte il suo padrone molto prima
dell’orario previsto per il suo arrivo.
-fate
chiamare immediatamente le mie figlie!
-certo,
subito!
Tonke aveva capito
perfettamente dal tono della voce del dio che qualcosa era andato storto in ciò
che doveva fare. Non si fece ripetere due volte l’ordine e con le sue gambine scattanti si precipitò di corsa fuori per chiamare
le tre dee. Ne trovò subito due, Badb e Nemain, in una piccola camera,
magnificamente arredata con mobili e tendaggi color oro
e abbinati ai tappeti e agli arazzi che ricoprivano le pareti, che fungeva da
salotto.
-dov’è vostra sorella?
-perché la cerchi?
Il servitore aveva il
fiatone per la fretta e l’agitazione.
-vostro
padre… vi-vi sta cercando e… e sembra alterato
-arriviamo
subito
Nemain non sembrava
nemmeno che avesse sentito il breve scambio di battute tra sua sorella e Tonke, mentre Badb aveva assunto un’aria preoccupata;
sapeva bene di cosa poteva essere capace suo padre quando era arrabbiato. Si
chiedeva però quale fosse il motivo della sua rabbia.
Proprio mentre le sue
sorelle stavano per entrare nella sala da pranzo per raggiungere il padre, il
fedele servitore di Balor vide la terza sorella entrare dalla porta del
giardino. Corse verso di lei, facendosi notare sventolando le braccia corte e
tozze, e lei alzò entrambe le sopracciglia in segno di stupore.
-vostro
padre… vi aspetta… in… in sala… pranzo…
Tonke adesso non aveva
davvero più nemmeno un briciolo di fiato. Si sentiva mancare, aveva corso solo
da una stanza all’altra e poi verso l’entrata del giardino, ma in una casa come
quella, dove i corridoi erano tanto lunghi sembrare quasi infiniti, fare anche
un solo corridoio per uno piccolo come Tonke era una
gran fatica.
Macha si affrettò ad
entrare nella sala da pranzo, dove trovò il padre e le sorelle, tutti seduti
attorno ad una tavola enorme e quasi tutta apparecchiata, sulle sedie che Tonke aveva già predisposto per la cena.
-padre,
avete fatto chiamare anche me?
La situazione sembrava delle più tranquille.
-certo,
cara
Tutto quell’affetto
con lei, però, non prometteva nulla di buono.
Balor le tenne nella
sala a fare conversazione con lui per una buona mezz’ora, ma nessuna delle tre
ne conosceva il motivo e lo stesso Tonke, che intanto
continuava a preparare la tavola con discrezione, non capiva dove fosse finita
la collera di poco prima. Il dio, però, stava solo fingendo di
essere calmo e rilassato. Dentro di sé, urlava e si corrodeva per la
furia. Si decise alla fine a congedarle con un affettuoso sorriso, che disarmò
completamente le tre figlie.
-Badb,
tu resta un attimo
La primogenita inclinò
la testa di lato e guardò il padre con espressione interrogativa, ma attese che
le altre due se ne fossero andate per fare domande.
-ditemi,
padre, cosa posso fare per voi?
-ho
un piccolo lavoretto extra per te
-ne
ben sono felice
Sulle labbra fredde e
marmoree di Badb comparve un sorriso crudele, almeno quanto quello del padre.
-voglio
che prendi l’anima di un certo Natan
-ma non se n’era occupata mia sorella qualche tempo fa? È il
ragazzo suicida vero?
-sì,
è lui, ma tua sorella non ha avuto il coraggio di eseguire gli ordini e l’ho
trovata con lui prima
La faccia di Badb
esprimeva tutto il suo ribrezzo per quello che aveva scoperto dal padre; non
solo sua sorella non aveva eseguito un ordine ben preciso, anzi, si intratteneva anche con lui! Era uno scandalo per la loro
famiglia e qualcuno doveva porvi fine al più presto.
-perché non ve ne siete occupato voi di persona
quando li avete scoperti?
-perché volevo aspettare che Macha tornasse a casa,
devo si sistemare le cose con lei personalmente, quindi qualcun altro si deve
occupare del giovane mortale
-ho capito, sarà fatto subito
-lo
sapevo che mi sarei potuto fidare ciecamente di te
Badb uscì dalla sala e
si teletrasportò nel mondo degli umani, bella e
crudele come sempre.