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Autore: LaMicheCoria    09/09/2015    1 recensioni
2011. Pari a meccanismi di un autonoma, le iridi immobili si animarono, misero a fuoco, rotolarono lungo il bordo delle palpebre e gli si ficcarono addosso.
2013. “Tu che arrivi, ogni volta, come un baluardo di salvezza, un eroe da copertina. Sono tagliato fuori dal mondo, da tutto e da tutti, e l'unico che mi è rimasto, alla fine, sei stato tu. Ci sei sempre tu.”
«Lo sai, no? Gli incidenti capitano.»
Genere: Angst, Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cause Nobody Wants To Be The Last One There :.'
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10880 Malibù Point, 90265.
Malibù Colony Road.
2013

 

Tony aveva gridato.
E lo aveva fatto a lungo.
Aveva continuato ad urlare fino a quando la voce non si era estraniata dal corpo, divenendo un suono lontano dal tempo, dalla realtà stessa. Aveva assunto una nuova forma, rovinosa e folle al pari dei resti mastodontici della casa che crollavano tra la spuma ringhiante del mare. Da qualche parte, nel cielo colorato di ruggine, gli elicotteri ronzavano ancora: mosche nere, lucide, che sputavano veleno fiammante. Le pale mulinavano nell’aria satura di salino, facendo spumare polvere e macerie, acqua e vento.
“Dobbiamo andare.”
La voce di Colin si aggiunse alle urla, pur non sovrastandole del tutto. Le mani ancora livide si chiusero attorno all’avambraccio di Stark, lo trascinarono via di peso –Quasi lo buttarono a terra, contro l’asfalto ruvido, contro la strada attraversata da bubboni di catrame affilato, ridente sotto il sole malevolo.
“Stark. dobbiamo andare!”
Tony non seppe esattamente cosa mosse il torso, né la schiena. Nemmeno le braccia o le dita che si chiusero a pugno, cozzando poi contro la mandibola irsuta dell’Agente. Al primo colpo ne seguì un secondo e Colin, ripresosi dalla sorpresa, scattò. Gli occhi azzurri erano ferro, ardevano come fuoco: si mosse più veloce del pensiero, i suoi gesti riflessi di mille gesti sempre uguali, impressi nella memoria e destinati a durare oltre lo scorrere stesso degli anni.
Artigliò il polso del magnate –Che, da parte propria, ebbe appena la percezione del proprio corpo sbalzato sopra le reni, quindi la schiena, infine le spalle dell’Agente, per poi rovinare sulla spina dorsale. Il dolore morse i nervi, strappò lamenti ai muscoli contratti.
Invece di arrendersi, o anche solo capire che sprecare minuti preziosi a darsi battaglia equivaleva a stendere un tappeto rosso di benvenuto agli aguzzini in elicottero, Tony tese il braccio destro sull’asfalto e vi puntellò sopra il palmo sinistro, dando un calcio alla caviglia di Colin perché perdesse l’equilibrio.
Dalla bocca di questi eruttò un verso sorpreso, seguito da un grugnito rabbioso –Avvisaglia dell’assalto che vide Stark schiacciato contro la strada, una mano alla gola dell’Agente, l’altra a spingergli via il volto, a tenerlo lontano così come il pugno che Hendrick, a gomito piegato, stava per sferrargli allo zigomo.
“Avresti dovuto salvare lui!” abbaiò il magnate, ruggendo saliva e fiato bollente “Lui era un uomo mille volte migliore di me!”
“Lui non era la mia missione!” l’altro.
Cristallizzato ancora nell’istante di incrinargli ogni singolo osso della faccia, Colin parve riflettere su ciò che aveva appena detto. Un guizzo azzurro attraversò le iridi confuse, cedendo poi il posto ad un’espressione più sicura. Davanti agli occhi di un esterrefatto Iron Man, l’uomo deglutì, abbassò il capò e si rialzò.
E Tony, spinto da un rinnovato fervore religioso, ringraziò ogni divinità ultraterrena esistente. Tralasciando, per ovvi motivi, la cricca asgardiana.
“Devo tenerti al sicuro.” Colin gli porse la mano, aiutandolo a rimettersi in piedi “E’ questa il mio compito.”
Il  magnate si limitò a contrarre la mandibola e girare la testa verso la frana di roccia che lentamente compiva l’ultimo canto del cigno, in un tripudio di marosi.
“Allora direi che è il momento giusto per trovare la soluzione al problema, Hendrick. E prendere una bella A.”

 

Località Sconosciuta.
Cella Di Sicurezza. 
2011

 

“Pater noster, qui es in cælis: sanctificétur Nomen Tuum: advéniat Regnum Tuum: fiat volúntas Tua,sicut in cælo, et in terra. Panem nostrum cotidiánum da nobis hódie, et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem; sed líbera nos a Malo.
La preghiera si sciolse e divenne silenzio. Non un suono, oltre il respiro. Non un movimento, oltre il pulviscolo che gli roteava piano davanti agli occhi.
Un attesa in piena sospensione. Un respiro trattenuto.
Lo stallo sulla scacchiera. La prossima mossa avrebbe deciso l’esito della partita: mangiare od essere mangiati, la giungla di marmo e tasselli. Bianco e Nero. Giusto e sbagliato.
Qualcosa –Molto- era cambiato. Il mondo non aveva la seconda delle sue facce: l’aveva mutata, semplicemente. La bocca maligna, ecco, ora era un sorriso rassicurante. La mano chiusa a pugno teneva nascosta nel palmo una pillola di violenza indorata. Il nemico era l’amico che ti appoggiava la mano sulla schiena, conficcando il pugnale negli interstizi delle vertebre.
L’orrore si ammantava di buoni propositi e fetida ferocia. Penetrato a fondo nella realtà dell’oggi, aveva cancellato dalla mente le atrocità di ieri: servizievole, aveva chinato la testa, si era offerto di aiutare e aveva versato del veleno nel calice del mondo.
Serpe infida dalle mille teste, due alla volta avevano fatto capolino nella folla, avevano bisbigliato parole di caos al loro orecchio, avevano prestato ai popoli la loro lingua perché diffondessero unicamente Verbo di inimicizia.
Negli occhi di Gail aveva visto la comprensione. La speranza. Si era aggrappato ad essa, per essa avrebbe combattuto.
Avrebbe resistito. Si sarebbe ribellato.
Serrò le palpebre, abbassò la fronte sulle dita incrociate.
“Il Signore è il mio Pastore, non manco di nulla…”

 

Da qualche parte sulle autostrade americane.
Notte Fonda –Forse prima della mezzanotte.
2013

 La soluzione al problema che Colin si era fatto venire in mente, era stato buttare la macchina in mare.
O meglio, recuperare un rotolo di documenti e banconote da uno scomparto nascosto del cruscotto, poi buttare la macchina in mare.
La reazione di Tony, inutile dirlo, non era stata delle più contenute. Se non fosse stato per l’immagine ancora nitida del pugno di Hendrick ad un passo dal proprio setto nasale, lo avrebbe preso volentieri a botte. La calma disperata –Il vuoto divorante, meglio dire- che lo aveva agguanto quando anche l’ultimo rimasuglio della Stark House era crollato in acqua erano evaporati come fumo. Il tonfo della lamiera contro gli scogli e poi lo sbuffo metallico della spuma erano stati lo spillo che aveva fatto esplodere il palloncino della traballante calma interiore.
Se si concentrava, Stark poteva vederne i brandelli per la strada.
“Perché lo hai fatto?” aveva sibilato, inviperito come non mai, tremando da capo a piedi.
“Perché lo S.H.I.E.LD. ci rintraccerebbe.”
Tony aveva annusato il lezzo del tradimento già dall’omicidio di Fury, tuttavia la conferma di quei sospetti da parte di Colin –O quanto meno la conferma che non era il solo a pensare che lo S.H.I.E.L.D. fosse stato compromesso- lo fece sentire meno solo. O comunque meno affetto da gravi manie di persecuzione. Gli attacchi di panico, è vero, non erano ancora risolti, ma, ehi, un passo alla volta.
La situazione, comunque, rimaneva desolante.
Se non era più possibile fidarsi –Anzi, affidarsi alle forze numeriche e armate dello S.H.I.E.L.D., ora che la casa era distrutta e le armature chiuse a chiave a Manhattan, le possibilità di scamparla senza finire in un loculo dell’obitorio si riducevano drasticamente.
Thor era ad Asgard, e Tony era piuttosto sicuro che WhatsApp non fosse tra le applicazioni preferite delle divinità iperuraniche.
Natasha era chissà dove, con chissà chi e Dio solo sapeva a fare cosa. A pensarci meglio, forse nemmeno Dio era a conoscenza dell’ubicazione della compagna Mastico-Latino-E-Trangugio-Vodka-Da-Vera-Signora-Da.
Agente era diventato uno spiedino e la lama che lo aveva trafitto al cuore aveva scavato un bel buco nella testa di Becco Di Falco.
Pepper era all’ospedale.
Happy e Rhodes…
Alla fine dei conti, rimanevano soltanto lui ed un Agente di Livello Sei presumibilmente braccato quanto lo era lui stesso. Una grama prospettiva che migliorò di qualche punto quando il buon Colin –Il buonissimo, rettissimo Colin Hendrick che andava alla messa tutte le domeniche ed era in grado di recitare a memoria ogni preghiera in latino mai scritta od anche solo vergata da qualche amanuense mezzo cieco- aveva rubato una macchina.
Una utilitaria come tante se ne vedevano in giro e la cui unica prerogativa speciale era di avere un pacchetto di mentine sotto il sedile del passeggero. Tramite un dispositivo di occultazione Colin cambiò la numerazione  della targa ed il colore della carrozzeria, di modo che non fosse più riconoscibile, né fosse possibile trovarla.
Dove hai imparato a rubare macchine, Pastore?”
“Germania.” Aveva risposto Colin, con un sorriso divertito –Diverso da qualsiasi altro l’Agente gli avesse mai rifilato durante la sua permanenza “Era questione di vita o di morte, naturalmente.”
“Naturalmente.”
Al mezzo di trasporto erano seguiti i vestiti –Questa volta comprati regolarmente, da uno sfolgorante Bryce Jensen, come si era presentato alla commessa.
Niente di troppo chiassoso, né paccottiglia di turisti. Due felpe dal primo negozio, poi quattro paia di pantaloni in un negozietto pakistano, magliette in numero di sei da una signorina dalla minigonna tanto corta da sembrare una cintura e chewingum rosa fragola che dondolava dai denti alle guance, dalle guance ai denti, dai denti alle guance.
Previdente come una nonnina, Colin aveva comprato anche intimo e maglioncini di lana.
Adesso erano in macchina ed il paesaggio scorreva oltre i finestrini come un nastro di colori sempre diversi. Anse e pieghe, ritorcimenti, nodi, ognuno di essi era un particolare totalmente mutevole e mutato rispetto a quello che lo aveva preceduto.
L’aria calda che usciva dai bocchettoni fischiava loro in faccia, facendo ardere le guance di Tony, facendolo cadere in singulti di torpore e veglia. Dapprima distanziati l’uno dall’altro il breve tempo di un respiro, presto divennero sempre più lunghi, fino a quando Stark non chiuse gli occhi col sole del primo pomeriggio tra le ciglia e li riaprì che già il tramonto stava piangendo la sua dipartita in lacrime rosse e oro.
E Tony si accorse di non provare nulla.
Non aveva più rabbia, in corpo, e nemmeno dolore. Richiuse gli occhi, cercando nel vuoto più assoluto della propria anima qualche bisbiglio di emozione, un qualsivoglia sussulto di sentimento: gli rispose unicamente l’eco del silenzio, nulla più di una squallida e piatta bonaccia spirituale.
Era convinto di svegliarsi in preda al panico, incapace di respirare, incapace di muoversi, pur dibattendosi e lottando contro i polmoni chiusi e la gola divelta. Se non il panico, certo il furore l’avrebbe sconvolto e si sarebbe trovato con le mani alla gola dell’Agente ancor prima che questi potesse fare, o agire, o contrastare la sua ira –Una disperazione tanto profonda da farli esplodere contro il guardrail, tanto distruttiva da fagocitare ogni cosa in un tumulto di lamiere per poi rilasciarlo in un boato di fiamme e carne dilaniata.
Aveva finanche messo in conto la possibilità di sciogliersi in lacrime come un bambino piagnucoloso e distruggersi la spina dorsale a causa degli sconquassi provocati dai singhiozzi.
Invece, l’unica sensazione che gli arrivava al cervello era il peso dello stesso dentro il cranio, una spinta continua e fastidiosa contro la fronte. A stento gli arrivava addosso il rollio ronzante delle ruote sull’asfalto ed il sibilo delle auto che li superavano dall’una e dall’altra parte.
“Sei semplicemente saturo di dolore e lutto.” La voce di Colin attraversò l’anestesia cerebrale simile ad una mano che si posi sulla spalla, in gesto di conforto “Devi solo elaborare il tutto.”
Stark non rispose, non girò nemmeno gli occhi, non lo rimbeccò, non cercò alcun contatto. Gli pareva di essere estraniato dalle proprie membra: un burattino a cui avessero appena tagliato i fili e che giaceva, scomposto e abbandonato, in una cassa polverosa, dimenticata da tutti.
Tic. Tic. Tic.
Il battito della freccia. Una stazione di servizio, con bar, bagni e docce, alla loro destra.
“Dobbiamo darci una sistemata.” Continuò “Qualcosa da mettere sotto i denti. Via questa polvere di dosso, poi saremo pronti per decidere un piano di azione.”

 

L’asciugamano di spugna dozzinale gli capitombolò in faccia che ancora era fermo, immobile a guardare lo scivolare delle macchine oltre il parcheggio, nella notte crescente.

Fu quello, un grugnito borbottante e piccato, il primo segno di vita che Tony riuscì a far nel buio della coscienza addormentata.

“Ti prenderai un malanno.” Spiegò Colin, sedendosi sul marciapiede accanto a lui “Asciugati i capelli.”
Hendrick doveva aver usato i phon da quattro soldi conficcati nelle pareti sbeccate e il cui getto non avrebbe nemmeno scalfito la casetta di paglia dei tre porcellini: i capelli biondi erano scarmigliati, con una buffa onda che si arcuava sopra la fronte per solleticargli la tempia; aveva indossato una delle t-shirt prese al secondo spaccio e sopra una camicia a quadrettoni rossi e bianchi, con le maniche sopra il gomito. Un abbigliamento che lo faceva rassomigliare ad uno zotico bovaro del Texas,
“Fa lo stesso.” Sussurrò Tony e le parole uscirono a pezzi dalla bocca, roche e gracchianti per essere rimaste troppo ore impigliate nelle corde vocali “Non importa.”
“Certo che importa.” Lo contraddisse l’Agente, piegando le ginocchia fasciate nei jeans lisi e raccogliendo l’asciugamano che Stark si era appallottola sulle ginocchia “Se non lo fai tu, lo farò io.”
“Come ti pare.”
Sospirando, Colin gli appoggiò la spugna sulla sommità della testa e cominciò a frizionare con vigore, attento a non sfiorare neanche per sbaglio i capelli dell’altro con le dita.
“Ti arrendi?”
“Non sono affari tuoi, Hendrick.”
“Ti stai arrendendo. Stai gettando la spugna. Stai facendo vincere i tuoi avversari senza nemmeno combattere. Questo non è l'Iron Man che conosco. Che mi ha ridato speranza quando il cielo stava crollando su tutti noi.”
“Hai ragione.” Stark lo allontanò con violenza, si strappò l’asciugamano dalla testa  e lo gettò in strada “Iron Man è rimasto bloccato nel cratere sopra New York. E’ morto sei mesi fa. E’ morto.” Ripetè “E non tornerà indietro.”
Colin non si fece impressionare. Pacato –Fastidiosamente pacato, così pacato che riuscì a stento a controllare l’istinto di spaccargli la faccis-, si rimise in piedi e lo guardò con il mento appena alzato, le spalle larghe, il petto in fuori –Autoritario come non era mai stato fino a quel momento.
“Allora resuscita.”

 

Cypress Avenue, Queens NY,
Cascada Bar.
2013

 

Il locale era affollato.
Tacchi sospiri frusciare di gonne stridere di cinture mani respiri fiato voci alta bassa baritono soprano tintinnio del bracciale contro il polso cavigliera tesa al limite una curva di pancia che crolla sulla vita scarpe basse scarpe comode scarpe scomode gemito trattenuto bicchiere contro bicchiere liquore contro bicchiere liquore contro ghiaccio paletta contro ghiaccio Ecco a voi singhiozzare balbettante di scontrini tap tap sulla cassa battere di tasti drin clash crash frash frush scopettone bagno acqua che scorre Capisci che indecenza Mi ha lasciata lei Pensi che dovrei richiamarlo Il conto No io avevo chiesto la brioche con la crema denti che scavano nella marmellata farcitura intensa odore di gomma da masticare formaggio andato a male mele profumate frutta scaduta marcio e buono lordura e pulito polvere disinfettante detersivo per i---
“Buongiorno. Posso aiutarla?”
Il tono era piuttosto titubante. Insicuro –Chiedo o non chiedo? Lo disturberò? Come mai sta in silenzio? Non si sente bene? E’ solo pazzo? Profumo gentile, delicato –Un regalo. È  troppo costoso perché lo si possa comprare con le poche mance da cameriera. Un anello d’oro contro la pelle –Ah, regalo di anniversario. Ecco cos’è il profumo. La matita dietro l’orecchio, grattare del tappo contro la tempia. Denti a mordere il labbro inferiore. Il primo stralcio di sudore, pizzicorio di angoscia e disagio.
“Un cappuccino e una fetta della vostra torta alla cannella. Me ne ha parlato un mio amico che vive a pochi passi da qui. La migliore del Queens.”
Non c’è. Non c’è odore di cannella. Molte torte, ma nessuna con la cannella.
Il televisore ronza e sputa e vomita suoni graffianti esplosioni fragore di distruzione mentre riporta la notizia dell’attacco a casa Stark –Battiti diversi, diverse emozioni. Una persona sconvolta, una grata. Disinteresse. Terrore. Macabro senso di giustizia.
Non è morto. Non ci pensare. Non ci pensare. Non ora.

Che il Diavolo se lo porti.
Concentrati. La cannella. La torta alla cannella di Cypress Avenue. La torta alla cannella di Cypress Avenue, inflessione quasi impercettibile di Brooklyn mescolata ad una cadenza che ancora non è in grado di sistemare in un complesso puzzle di assonanze e concordanze. Non americano. Non del tutto. In parte. E quella oh così infinitesimale parte, da dove viene?
“Ahm.”
Esitazione. Il battito cardiaco aumenta, un topolino in trappola, stretto in un angolo  “La torta alla cannella, dice? Mi dispiace. E’…Era” Passato? Tristezza e lutto? “Della madre del proprietario. La faceva tanti anni fa, noi non la teniamo più.”

 

Da qualche in America, lontano da L.A.
Stazione di Servizio.
2013

 
“Felice di vedere che ti unirai alla conversazione.”
Tony si chiese quanto fosse professionale spaccare il naso di un proprio dipendente con un pugno. Si chiese anche come fosse possibile che un proprio dipendente riuscisse a farlo uscire dai gangheri in maniera così magistrale: probabilmente aveva seguito un corso apposito, altrimenti non era in grado di capacitarsi della sua precisione al limite del puntiglioso per azzeccare giusto tono e parole giuste per fargli salire il sangue al cervello e schizzare di rosso tutte le pareti, nessuna esclusa.
Già il discorso di prima, fuori dai bagni, era stata una carognata. Tony odiava i giochetti psicologici: Pepper li usava per convincerlo a smettere di bere o per non comprare società che, a suo dire, erano del tutto inutili ai fini economici dell’azienda. Non che funzionassero, beninteso, e c’era sempre una bottiglia nuova nascosta nella scrivania, nella credenza, in qualche cassetto, ovunque in casa, in posti strategici in cui non sarebbe mai andata a guardare.
In quanto alle società, Stark aveva notato con una buona dose di soddisfazione che ne aveva comprato più o meno una per ogni lettera dell’alfabeto.
Il giochino di Hendrick, però, era stato odioso. Le sue parole si erano conficcate nel costato e avevano trapassato i polmoni. Camminando inebetito tra le macchine lucide di brina e nevischio sciolto, Tony era stato colto dal panico e le ossa avevano cominciato a gemere, scricchiolare, il cuore raffreddarsi nelle vene. Respirare? Nemmeno ricordava come si facesse. La bocca spalancata non traeva ossigeno e sputava rantoli, vomitava fiato purulento. Le gambe cedevano ad ogni passo, le ginocchia si slegavano dalle articolazioni, crollavano in avanti, dotate di vita propria, e i piedi scivolavano, inciampavano nei nodi di una realtà disciolta, liquefatta, che gli si impigliava alle caviglie e gli faceva perdere l’equilibrio.
Allora sì che la morte di Happy gli aveva sbranato lo sterno e divelto il bacino. Non vi aveva assistito, aveva unicamente visto la ricostruzione in digitale del Chinese Theatre, eppure ebbe comunque l’impressione di essere sbalzato all’indietro, di essere investito dalla deflagrazione, dalle fiamme e dalla cenere.
Vide Happy e la pelle staccarsi dalle ossa, i muscoli lacerarsi, gli arti strappati e squarciati dalla bomba –Quand’è che una bomba non è una bomba? Quand’è che una bomba è una bomba? Quand’è che una non bomba non è una bomba? Quand’è che sono divenuto così cieco, così indifeso, così inutile, così debole, quand’è che sono diventato meno di niente, quand’è che sono diventato meno di me stesso? Quand’è che una bomba che non è una bomba è scoppiata dentro la mia anima e l’ha uccisa e l’ha fatta a brandelli? Quand’è che sono morto ben oltre il mio corpo fisico?
C’era stato un tempo in cui la paura era solo qualcosa da annegare con l’alcool e dimenticare con una donna diversa ogni notte. Un tempo in cui la paura era un lusso che non poteva permettersi, un’espressione che non poteva mostrare al mondo: un tempo in cui era marionetta e maschera, col sorriso scanzonato e i gesti irridenti. Un tempo in cui Happy lo tirava fuori dai guai. Un tempo in cui Rhodes era il suo migliore amico e compagno di bevute, un tempo in cui Rhodes non era svenuto, un tempo in cui Rhodes non cadeva con la polvere, un tempo in cui il suo corpo non veniva inghiottito dallo scroscio ruggente delle onde.
Stark ingoiò un sorso d’aria, prima che il terrore tornasse ad avvampargli la carne di brividi gelidi. Deambulare come un idiota per un imprecisato lasso di tempo gli era bastato, non intendeva replicare. Se era tornato in sé era stato unicamente in virtù del ben di Dio che Colin aveva appoggiato sul tavolo unto della stazione di servizio, una piramide unti di intrugli al sapor di plastica che aveva visto attraverso il vetro opaco della zona ristorazione, mentre deambulava alla stregua di un morto vivente tra le strisce bianche dei parcheggi.
“Ti pago per portarlo il caffè. Non per berlo.”
Colin drizzò gli occhi azzurri su di lui, sardonico e con l’aria di un padre che si trovi sul punto di fare una ramanzina degna di nota al moccioso sbavante che costituisce la sua prole.
“In realtà quelli sono per te.” Fece l’Agente, indicando i panini e i condimenti e persino un muffin con scaglie di cioccolato “Sono senza glutine. Potremmo essere crivellati di pallottole, ma almeno non morirai per shock anafilattico.”
“Oh.” Fu l’unica cosa che Tony riuscì a mettere insieme, diviso tra l’essere stupito dal gesto e l’essere disgustato dalla battuta per nulla umoristica che il campione di pilates aveva sputato dalla mascella volitiva.
Si sedette ancor prima che Hendrick gli facesse cenno di accomodarsi ed artigliò il primo hamburger, facendo scrocchiare la carta nel toglierlo dall’involucro impregnato di olio.
“Abbiamo bisogno di un piano.” Esordì Colin, addentando il panino con affettato.
“Aspetto suggerimenti.”
“In realtà, considerando i dati che hai raccolto sull’esplosione che ha…Coinvolto anche il signor Hogan, credevo che un piano lo avessi almeno abbozzato.”
Stark rimase immobile, la bocca ancora aperta e sul punto di tranciare a metà la carne sugosa.
“Come sapevi che stavo facendo delle ricerche a riguardo?”
Colin mostrò un certo disagio –Non era un tipo cui piaceva mentire, questo Tony lo aveva capito. Era un tipo schifosamente retto e corretto. Corretto non come un buon caffè, bensì di quel buonismo zuccheroso e da ecologista che tanto lo mandava in bestia.
“Ho studiato il tuo profilo psicologico.” Rispose poi “So che non ti saresti fermato –Lo speravo. Inoltre, ho tracciato una parte dei tuoi file system. Poi J.A.R.V.I.S. mi ha bloccato e ha distrutto qualsiasi cosa nel mio terminale.” Prese un sospiro “Non sono un tuo nemico, Tony. Puoi fidarti di me.”
Il magnate contrasse la mandibola e strinse le dita attorno all’hamburger: le nocche sbiancarono, la pelle si fece livida.
“Andiamo a Rosehill. E se hai studiato il mio profilo psicologico, Hendrick, dovresti sapere che l’unica persona di cui mi fido è stata dichiarata dispersa in azione ormai settant’anni fa.”

 

Località Sconosciuta –Molto probabilmente New Jersey.
Sotterraneo.
2011

 “Quindi il nostro esperimento non sta dando i risultati sperati.”
“No, Zola. È riuscito a contrastare il condizionamento di Faustus e non risponde più alla terapia. Il suo sangue è inutile, non riusciamo ad estrapolare un solo elemento valido. Droghe e anestetici…Il suo organismo vanifica troppo in fretta, non importa la dose. Il progetto di creare un esercito deve considerarsi fallito. Concluso ancora prima di cominciare.”
“Forse non ti servirà un esercito.” Nel tono dello svizzero si udì una risata metallica “Forse vi servirà un uomo solo.”
“Un uomo solo?”
“Lui,”
“Ti ho appena detto---“
“Non servivano le droghe. Bensì qualcosa di più raffinato.”
“Ossia?”
“Un vecchio progetto. Una vecchia idea che, ahimè, complice la debolezza della mia cavia non sono mai riuscito a concretizzare. Per tua e nostra fortuna, esso non è andato perso con il mio corpo ed è ancora intatto nella mia mente. A disposizione, pronto per essere attuato affinchè il nuovo ordine di HYDRA possa finalmente sorgere.”
“Quale progetto, Zola?”
“Il progetto Soldato D’Inverno.

 

   
 
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