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Autore: Roxar    10/09/2015    10 recensioni
«Ahah, che divertente. A proposito, dov'è finita tutta la tua voglia di riesumare vecchie pietre? E perché, in nome di Merlino, sei ancora qui?!»
«Be', caspita, Jem, non andare oltre o potrei pensare che tu mi voglia assolutamente trattenere qui».
«Ciao, Teddybear, ci vediamo a Natale».

James Sirius Potter e Ted Lupin in sette momenti, o poco più.
(James/Teddy | Slash)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Sirius Potter, Teddy Lupin | Coppie: James Sirius/ Teddy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Crew&Ship: James Sirius Potter, Ted Remus Lupin | James/Teddy
Warnings: Slash, Hurt/Comfort, Romance
Dove la Rana dice cose: È successo, qualche giorno fa, che la Rowling abbia twittato del primo giorno di scuola di James Sirius e del fatto che Teddy non era contento che fosse finito in Grifondoro, perché lo voleva nella sua casa, Tassorosso. È stato amore a prima vista, perché fino a quel momento non mi ero mai interessata a questa coppia. E poi, in un amen, mi sono ritrovata a scarabocchiarci su e quanto segue è il risultato. Mi sono divertita moltissimo a scrivere questa cosa e spero possiate apprezzarla anche voi!
La vostra amichevole Rana di quartire.

 

____

 

«Potter, via subito quella faccia da funerale o ti tolgo venti punti». Fa la voce grossa, Ted, e anche severa, ma i suoi occhi (che oggi sono azzurri come un cielo invernale) brillano affettuosamente. E James ci prova, davvero, prova sul serio a liberarsi di quell'espressione infelice, prova ad essere contento per quello che considera il suo fratello maggiore perché ha già ottenuto un buon posto di lavoro, ma non ce la fa.

Senza Ted, Hogwarts non sarà la stessa. Questo primo anno è stato favoloso, ma le materie, i compagni e centomila altre cose belle hanno avuto solo un ruolo marginale. È Ted che lo ha reso favoloso, Ted che non si è mai tirato indietro davanti ad una sfida - nonostante il distintivo da Caposcuola appuntato alla sua veste - o Ted che non ci pensava due volte prima di allontanarsi dai suoi amici e pranzare con lui dietro la serra numero quattro, dopo aver opportunamente sgraffignato cibo dal tavolo dei Grifondoro e da quello dei Tassorosso (solitamente finivano per scambiarsi i fagotti, perché gli elfi, a quanto pare, dispongono di menu diversi per ogni Casa).

L'anno prossimo, non ci sarà nessuno con cui riempirsi la bocca di chiacchiere senza senso e risate ancora più insensate, ma che fanno bene al cuore.

«Jem, dài. Non sarà la fine del mondo».

James sfrega la punta della scarpa nella terra, inzaccherandola. Fissa l'erba imbronciato, come se gli avesse fatto un gran torto e ficca le mani in tasca. La somiglianza con suo padre, in questi frangenti, è stupefacente.

«Ti scriverò ogni settiamana».

«Non è lo stesso!» ribatte capriccioso, dall'alto dei suoi undici anni e di un mondo che si sta stravolgendo senza che lui possa farci niente. Ted ha sempre considerato James non come un bambino, ma come un suo pari; eppure, guardandolo adesso, col labbro stretto tra i denti e gli occhi pieni di indignazione, James non gli è mai sembrato così piccolo.

«No, non lo è» conviene, stringendogli una spalla. James si ribella e si allontana; non vuole essere compatito. Vuole solo che il suo mondo resti in equilibrio.

«Però non deve per forza essere peggio, no?»

James, veramente, pensa che lo è, eccome se lo è. Lui non ci sa stare, senza Ted. Non ha mai passato più di una settimana lontano da lui - e solitamente succede solo una volta all'anno, quando sua nonna Andromeda lo porta in vacanza con sé - e anche solo sette giorni, ha scoperto, sono terribili. Certo, i suoi fratelli sono fantastici e quando Albus lo raggiungerà, tra due anni, forse tutto sarà diverso, ma James, ora come ora, non riesce ad andare oltre il tempo presente.

«Senti, c'è ancora un po' di tempo prima del coprifuoco. Serra numero quattro, io, te e del buon cibo generosamente fornito dagli elfi?»

James sorride di un sorriso ammaccato. Sarà l'ultima volta in assoluto: domattina prenderanno l'Espresso di Hogwarts. Non ci sarà più un pranzo o una cena dietro la serra numero quattro - la più lontana, la più riparata dal vento secco di tramontana, quella con la vista migliore sulle montagne che abbracciano il territorio di Hogwarts - e il pensiero gli schiaccia la gola.

Però annuisce.

«Per l'ultima volta» borbotta scontrosamente, calciando via una lumaca morta.

Ted ride e la mano vola tra i suoi capelli - spettinarli ulteriormente è davvero impossibile, ma in qualche modo ci riesce, ogni volta - prima di scivolare e aprirsi al centro della sua schiena, spingendolo dolcemente in avanti per invitarlo a camminare.

 

____

 

Teddy,

come avevo previsto, Hogwarts fa schifo senza di te. È tutto più triste, io mi sento triste e perfino i fantasmi mi prendono in giro (ho provato ad affatturarne uno, ma su di loro la magia non funziona, lo sapevi?). I miei compagni dicono che dovrei darci un taglio e Dominique, che come sai ha iniziato quest'anno, dice che dovrei socializzare di più con gli altri.

Ma, a proposito di Dominique, è vero che tu e Victoire vi siete lasciati? È perché ha voluto trasferirsi in Francia, vero? Dom dice che nonna è arrabiassima e che ha litigato con zio Bill perché permette a Fleur di fare tutto quello che le pare. Comunque, se vuoi sapere come la penso, le femmine sono una perdita di tempo. I miei compagni, per esempio, sbavano tutti dietro Lydia Owell di Serpeverde - te la ricordi, no? - ma io non ci trovo niente di speciale. Per carità, è carina, ma non mi dice niente. Quindi guarda il lato positivo: adesso hai più tempo per scrivermi!

Come va il tuo nuovo lavoro al Ministero? Ti diverti a tradurre tutte quelle vecchie pietre piene di simboli strani? Non capisco cosa ci trovi di divertente, ma sono quasi tentato di sceglierla, l'anno prossimo, giusto per vedere cos'ha di tanto speciale.

Non ti arrabbiare, ma Welkins mi ha messo in punizione. Dice che il fatto che io sia così portato per Incantesimi non mi autorizza a "molestare gli altri". Molestare. Ma ti pare? E solo perché stavo facendo vedere al mio amico Ty come ero bravo ad Ingozzare la sua rana - però ad un certo punto ho perso il controllo e la povera rana è diventata grossa quanto un San Bernardo ed era tipo spaventatissima, correva dappertutto, gracidava, eccetera. Welkins si è arrabbiato moltissimo e mi ha spedito dalla McGonagall, che si è arrabbiata moltissimo pure lei e ha promesso di scrivere a papà. E poi mi ha rispedito da Welkins, che mi ha punito. Adesso ho il compito di spolverare tutti i quadri lungo le scale principali e quelli sai come sono fatti, no? Appena si avvicina uno studente urlano, fanno gesti e quelle cose lì. Ci sto impiegando secoli, ma penso di farcela entro il diploma, ecco.

Adesso devo proprio lasciarti! Tra cinque minuti iniziano le nuove selezioni per la squadra di Quidditch e papà ha sempre detto che ho un talento come Battitore, no? E allora tanto vale provarci! Tieni le dita incrociate per me.

Jem.

 

 

 

Jem,

quando tardo a risponderti non vuol dire che mi è successo qualcosa di terribile o che, citando la tua ultima lettera, io sia rimasto incastrato con la testa in qualche water. Semplicemente, ho un sacco da fare al lavoro. Le Rune non sono così divertenti come pensi, ma mi piacciono; la traduzione è affascinante, mi rilassa la mente e mi permette di non pensare troppo. Quando sarai abbastanza grande da avere preoccupazioni più grandi di un provino di Quidditch (a proposito, auguri per il posto da Battitore; nessun dubbio che avrebbero scelto te), forse apprezzerai anche tu avere qualcosa che ti riempia la mente.

E sì, per rispondere alla tua domanda e ai successivi ragionamenti privi di tatto (chissà da chi l'avrai ereditata, questa cosa. Ti do un indizio: si chiama Ron), io e Victoire ci siamo lasciati, ma non per i motivi che pensi tu o che pensano gli altri. Semplicemente, ci siamo persi. A volte capita. Non mi aspetto che tu lo capisca adesso, ma tra qualche anno, chissà. Non fare quella faccia, non ti sto trattando come un bambino, ma è vero anche che sto parlando di cose che adesso non puoi capire. Dovresti esserne contento, a dire la verità.

Per quanto riguarda la tua punizione, spero che questa lettera ti trovi libero. Non esagerare, Jem, davvero; non ne vale la pena, no? Pensa che in questo modo potresti perdere un sacco di allenamenti di Quidditch e sarebbe gravissimo, no? A proposito: ho chiesto a Dominque di scattare qualche foto e mandarmela. Ho proprio bisogno di mostrare a tutti quanto è bravo il mio fratellino (ai miei colleghi piaceresti, per inciso: sono tipi buffi e bizzarri e hanno uno strano modo di scherzare, ma penso che tu lo apprezzeresti molto).

Riguardati. Fai il bravo. E non vantarti troppo delle tue abilità, James Sirius Potter, o ti prenderò a calci nel culo quando ci vedremo a Natale: l'umiltà è una bella cosa, anche e soprattutto fuori dalla Casa di Tassorosso.

Non ho idea di quando potrò scriverti, sono sempre oberato (non è un termine bellissimo? L'ho ritrovato mentre traducevo dall'antico Futhark1 - nel caso ti interessasse, jessah è la sua traduzione) di lavoro e ho a malapena il tempo per dormire.

A presto.

Teddy

 

____

 

«Che vuol dire che te ne vai

«È solo per un anno, James».

«E da quando sono James

«Forse mi sbaglio, ma mi pare che è così che i tuoi ti chiamano sin da quando sei venuto fuori dalla pancia di tua madre».

«Non è questo che intendevo, piantala di prendermi in giro!»

«Dai, Jem, stavo solo scherzando. Perché sei così arrabbiato?»

«Perché te ne vuoi andare!»

«Io non me ne voglio andare, ma devo. Su in Irlanda sono stati rinvenuti-»

«Non me ne importa un accidente dei tuoi vecchi sassi scarabocchiati secoli fa da chissà chi!»

«Adesso sei un perfetto tredicenne ribelle».

«E tu sei un perfetto idiota».

«Mi spieghi dov'è il problema? Tu sarai a Hogwarts per la maggior parte del tempo e quest'anno Albus verrà con te, avrai tuo fratello accanto; un privilegio non da tutti, James».

«NON DIRE "JAMES" IN QUEL MODO!»

«Quale modo?»

«Come se fossi uno stupido!»

«Be', ti stai impegnando parecchio per sembrarlo! ... Scusami. Jem, scusa, io-».

«FA' COME TI PARE!»

 

____

 

Ted gli ha recapitato esattamente cinquantadue lettere, da settembre a giugno del suo terzo anno.

James non ha risposto a nessuna e ha smesso di leggerle dopo la terza in cui il ragazzo si scusava, salvo poi perdere la calma e dirgli che si stava comportando proprio da stupido. Dalla quarta in poi, ha provato ad ignorare il gufo, con il solo risultato di farsi seguire ovunque. Rassegnato, ha preso le lettere e le ha scaraventate sul fondo del baule, dove non poteva vederle, dove non avrebbe potuto cedere alla tentazione di aprirle e leggerle - e perdonarlo.

Ma a casa non ha potuto continuare con quella linea di condotta.

Puntuale e ostinato, il gufo di Ted si è posato sul davanzale intorno alla metà di agosto. Un pacchetto incartato goffamente era legato alla sua zampa e Lily è entrata proprio in quel momento, affondandogli la testa nel plesso solare e stringendolo forte mentre cantava a squarciagola Tanti auguri a te.

A quel punto non ha potuto ignorarlo, non con la sorellina che saltellava contenta e curiosissima, strillando poi che James aveva ricevuto un regalo e che doveva essere di Ted perché il gufo era il suo. Ha aperto la finestra e l'animale ha descritto un cerchio stretto sulla sua testa prima di atterrare sulla scrivania e porgergli la zampa. Aveva sul muso come un'espressione contrariata, probabilmente riflesso di quella di Ted.

Suo padre Harry ha bussato educatamente alla porta e il pacchetto gli è scivolato di mano, cadendo sul letto. I suoi occhi verdi l'hanno seguito per un attimo e per un attimo si sono rabbuiati quando sono tornati sul figlio, ma poi un sorriso gentile ha spazzato via tutto.

«Teddy?»

«Mh» ha mugugnato, riprendendo il regalo e rigirandoselo tra le mani.

«Sai, James» ha buttato lì, occhieggiando con interesse un poster del Puddlemere United, «alla tua età, più o meno, io e tuo zio Ron non ci siamo parlati per settimane e sono state le settimane più brutte della mia vita. Lui mi incolpava di cose che non avevo voluto io, ma che qualcun'altro aveva scelto per me. Un po' lo detestavo, ma non ho mai smesso di desiderare che tornasse da me, mai. E quando l'ha fatto, be', è stato fantastico per entrambi» ha concluso, indirizzandogli un sorriso veloce prima di dirgli di spicciarsi, ché sua madre aveva già messo in tavola la più bella torta del mondo e che vari membri dell'infinito parentado erano in arrivo per sommergerlo di regali.

James ha annuito e ha pensato un po' alla storia di suo padre, ma poi ha capito che lui non sarebbe mai stato coraggioso come zio Ron. Dopotutto, il suo migliore amico era rimasto sempre con lui, no? Non l'aveva abbandonato, non l'aveva lasciato solo. Era già stato abbastanza brutto al suo secondo anno, ma l'anno precedente era stato terribile - mitigato solo appena dalla presenza di Albus, che comunque era stato smistato in Serpeverde e quindi riusciva a vederlo pochissimo.

James non è coraggioso e, a dire il vero, non è neanche particolarmente bravo a perdonare le persone. Per questo il pacchetto è finito sul fondo del suo armadio, abbandonato e mai scartato.

Ci ha ripensato parecchio, soprattutto ogni volta che, a scuola ricominciata, passava davanti alla serra numero quattro e i suoi piedi, istintivamente, rallentavano un po', e la curiosità a volte gli è sembrata insopportabile. Ma ogni volta gli è bastato ricordare che Ted aveva preferito qualche vecchio sasso graffiato a lui per restare fedele a se stesso.

Non è mai tornato sui suoi passi, mai. Le lettere di Ted si sono fatte più rade, fino a scomparire del tutto. È stato meglio così. O forse no, forse è stato peggio, forse avrebbe dovuto leggere almeno l'ultima che gli ha mandato, perché magari, ma solo magari, adesso non avrebbe quest'espressione congelata e atterrita mentre Ted entra nel salotto addobbato e chiude la porta a chiave, scrutando un attimo l'albero di Natale carico di decorazioni prima di tornare a lui, sorridergli e dirgli: «Be', caspita, James, è da una vita che non ci vediamo».

 

È diverso da come lo ricordava.

I suoi capelli, un tempo d'un azzurro fiammante, adesso sono di un blu notte scintillante, ludici e puliti, più corti di quanto usata portarli. Anche gli occhi, nota, sono stati intonati ai capelli e sono blu come solo la magia potrebbe renderli.

James rigetta immediatamente questo estraneo. Lo preferiva prima, con i capelli spettinati e azzurri, con il sorriso malizioso sulle labbra e l'espressione calorosa. Non ha idea di chi sia questo sconosciuto che gli sta davanti, sembra solo una sua pallida replica, e con i colori sbagliati, per giunta. Anche il modo in cui lo guarda, quel modo così... adulto, anche quello gli sembra sbagliato. E poi, con una fitta al petto, ricorda che tre settimane fa è stato il suo compleanno, che adesso ha diciannove anni e che, per la prima volta nella vita, ha festeggiato lontano dalla sua famiglia. Lontano da lui.

«Sei cresciuto un bel po'. Almeno quattro centimetri, sissignore».

«È quello che succede quando te ne vai: le persone crescono e cambiano» si sente rispondere, ma la voce suona appena come la sua, sembra appartenere a qualcuno qualche metro dietro di lui. Ted ne sembra deliziato.

«Senti che voce! Di questo passo sarai un uomo fatto e finito entro i sedici!»

«Già» conviene, prima di riuscire a trattenersi. «Chissà se mi farai l'onore di esserci».

Il sorriso di Ted vacilla un po', ma resiste. A James sembra un idiota.

«Dipende dal mio lavoro, lo sai» ribatte cautamente, adocchiando poi la montagnola di regali alla base dell'albero. «Ah», sorride, «Ginny ha messo il mio regalo per te in bella vista. Guarda, è quello con la carta argentata».

James segue il suo dito e incontra un voluminoso pacco argentato. Dovrebbe sentirsi curioso, magari lusingato, ma la sensazione di essere stato abbandonato adesso è più forte che mai e l'aspetto di Ted non fa che confermarlo. Perciò si limita ad annuire, ma non ringrazia. Non gli ha chiesto niente e, per quanto ne sa, non gli chiederà mai più niente. James non riesce veramente a capire perché nessuno capisca. Tutti non fanno altro che dirgli che sta esagerando, che lui era Hogwarts, che Ted è un adulto con un lavoro, ma non riescono proprio ad andare oltre queste sottigliezze. Forse è perché non sanno che, la vigilia del suo primo anno a Hogwarts, Ted gli promise che ci sarebbe sempre stato.

«Sempre?» aveva chiesto, la vocetta di bambino resa ancora più stridula dalla paura.

«Sempre. Ogni volta che avrai bisogno di me, tu chiami e io arrivo, d'accordo? Non mi allontanerò mai, te lo prometto».

E invece l'aveva fatto. Se n'era andato in Irlanda a scavare la terra e recuperare vecchie tavolette di pietra e non c'era stato quando James aveva bisogno di lui. Quando, per esempio, le cose in casa non andavano particolarmente bene e lui era terrorizzato dall'idea che uno dei suoi genitori potesse piantarli. O quando Albus era stato maledetto da un idiota del settimo anno e lui lo aveva vegliato per tutte le notti, sgattaiolando in Infermeria sotto il suo fidato Mantello dell'Invisibilità, così piccolo e pallido in un letto che sembrava enorme. O ancora, quando Rose era triste e avvilita perché qualcuno le aveva scritto sporca babbanofila sulla borsa, con un inchiostro particolarmente difficile da far venire via. Tutte occasioni in cui James si era sentito in dovere di essere quello grande e forte, nascondendo quanto in realtà fosse piccolo e debole. Occasioni in cui avrebbe avuto disperatamente bisogno di lui, che invece era a trastullarsi in Irlanda e non sarebbe tornato per una sciocchezza come le paure di James Potter.

No, James non è certo di poter perdonare. Non ancora. Sicuramente non adesso.

Come se gli avesse letto nel pensiero, Ted abbandona la sua espressione di finta allegria e torna un po' se stesso mentre la sua voce, suonando stanca e triste, chiede: «Mi perdonerai mai, Jem?»

E James vuole perdonarlo, ha bisogno di perdonarlo per essere in pace con se stesso, ma non ci riesce. È qualcosa che esula da lui e dalle sue capacità. Dopotutto, tra i due, è Ted quello forte e adulto, non lui.

Per questo non gli resta altro da fare che abbassare la testa, raggiungere la porta e girare la chiave nella toppa, esitando per una frazione di secondo prima di spalancarla e andarsene.

La stessa frazione di secondo in cui ha avuto la sensazione che il suo braccio si fosse teso per fermarlo, in cui ha sentito lo spettro della punta delle sue dita sulla schiena.

Ma poi James sta già scappando.

 

____

 

Non ha bisogno di attendere la notizia ufficiale per sapere di aver ottenuto ciascuno dei suoi GUFO. Ha qualche dubbio sul calcolo di Artimanzia, ma pensa, tutto sommato, di aver ottenuto un giudizio tale da soddisfare tutto il parentado.

È ancora molto presto e tre quarti dei suoi compagni del quinto anno sono ancora in Sala Grande, con le teste chine sul loro compito di Incantesimi, che lui ha terminato nel ragguardevole tempo di venti minuti scarsi. La verità è che, ad un certo punto, il pensiero di Ted si è infilato non richiesto tra i suoi pensieri, rendendogli impossibile concentrarsi ulteriormente, rendendogli impossibile restare lì con tutta quella gente. Così ha consegnato la pergamena agli esaminatori e se l'è squagliata il più lontano possibile da lì. I suoi piedi l'hanno riportato dietro la serra numero quattro e il suo cuore ha fatto una specie di balzello goffo. Non ci era più tornato dal terzo anno, dall'ultima volta che aveva consumato lì il suo pranzo - il momento più patetico della sua vita. E adesso, se possibile, è ancora peggio.

Ted spicca per la sua assenza, ma ciononostante, James lo vede.

Lo vede con l'erba che gli si impiglia tra le dita, nello spazio stretto delle gambe raccolte sotto di sé, che si strappa e s'appiccica alla veste.

Lo vede mentre gesticola in direzione delle montagne e gli dice che quella catena montuosa è piena di iscrizioni che lo stesso Dumbledore ha aiutato a decifrare. E quando James gli chiede dove ha scoperto una cosa del genere, lui, con voce sognante e carezzevole, risponde solo: «Antiche Rune».

Lo vede mentre impreca perché l'ultimo pezzo di budino gli è caduto per terra, diventando immediatamente cibo per formiche, ma non importa, perché James è ben contento di allungargli il suo, dicendo solo: «A me non va, prendilo tu».

Lo vede mentre gli offre la mano per aiutarlo a rialzarsi e James sa che le sue dita sono lunghe e pallide - sono le dita di suo padre, come ogni volta Ted gli fa orgogliosamente notare quando si imbattono in una foto dove compare Remus Lupin - ma anche morbide e lisce, dita di chi preferisce una piuma ad una Pluffa o ad una mazza da Battitore. Dita che sono sempre state casa, in qualche modo.

E poi non lo vede più, perché la verità è che non si parlano da quasi due anni (c'è stato qualche cauto tentativo di riavvicinamento, ma James non è che ci sia riuscito granché) e che gli manca dannatamente. Gli manca ogni giorno quando apre gli occhi e gli manca ogni notte quando va a dormire. Gli manca quando si reca a lezione e gli manca quando, tornando in Sala Comune, è costretto a salire le scale, intravedendo il corridoio che porta ai quartieri dei Tassorosso. Gli manca ogni volta che gioca a Quidditch e gli manca ogni volta che manda a segno un Bolide ma Ted non è lì per vederlo.

E mentre si siede e preme la schiena contro il vetro tiepido della serra, pensa che tanta mancanza significa che lo ha perdonato, no? Significa che può perdonarlo, no? Forse può essere coraggioso e forte abbastanza.

Così salta in piedi, carico di un sentimento sconosciuto, che gli riempie i muscoli di euforia e impazienza, e pensa che adesso lo sa cosa fare. Adesso lo sa cosa dire.

 

____

 

James ha appena compiuto sedici anni e il fumo si leva ancora dalle sue sedici candeline quando si rende conto che non riesce più a vedere Ted come un fratello. Lo capisce quando, dopo aver soffiato, sorride ai presenti, ma i suoi occhi vogliono solo cercare quelli di Ted, che, come tutti gli altri, sono puntati su di lui e sono azzurri come li ricordava.

Succede in quel momento. Lo stomaco gli si rovescia su un fianco e il cuore scandisce un ritmo diverso, un ritmo sconosciuto. Gli si secca la bocca e pensa che Ted non è mai stato suo fratello. Lo sembrava, ma non lo era. Di punto in bianco, James sente questo sollievo quasi doloroso, perché non vuole che Ted sia suo fratello.

Cogliendosi del tutto di sorpresa, pensa di essersi innamorato. Probabilmente lo è da anni e adesso capisce perché saperlo in tutto quel verde di Irlanda faceva così male. Adesso lo sa perché l'anno prima gli è mancato così tanto.

La rivelazione è così sconvolgente che per un attimo non ci crede. Ma no, lo stomaco sta ancora pulsando e il cuore anche e, oh, Merlino, che casino. Non riesce a credere che qualcuno possa riscoprirsi innamorato così, di punto in bianco, mentre soffia su sedici stramaledette candeline. Non è normale, no?

Ma, James, sussurra una voce dentro la sua testa, suonando maligna, non è normale nemmeno innamorarsi di chi fino a tre minuti fa consideravi tuo fratello, no?

È a malapena cosciente dei parenti che gli si affollano intorno per scattare delle fotografie.

La prima è con i suoi genitori. Harry e Ginny Potter sorridono e salutano in camera, le mani ferme sulle spalle del figlio, che ammicca e inclina un po' la testa. Una volta avrebbe dovuto alzare la testa per guardare in faccia suo padre e adesso gli basta voltarla appena. Eppure, quando guarda nei suoi occhi non trova alcuna dfferenza: sono ancora quelli della sua infanzia. Click.

La seconda è con i suoi fratelli. Lily, che ha dodici anni e gambe lunghissime che le hanno procurato non poche prese in giro, gli circonda il collo con le braccia e gli schiocca un bacio sulla guancia. Profuma di fiori e sapone e il tocco delle sue labbra, nonostante gli anni siano passati, non è mai cambiato. Albus, invece, gli passa un braccio intorno ai fianchi; è più basso di una spanna, ma è il più adulto di tutti loro. C'è in lui la saggezza tipica dei vecchi e una visione delle cose spesso geniale che a volte si sposano con un'impulsività che gli procura un mese di guai. Ma i suoi occhi verdi sono sempre gli stessi, pensa, mentre volta appena la testa per guardarlo; lo fissano ancora con l'affetto di un cucciolo adorante. James li ama, i suoi fratelli. Click.

La terza è con tutti gli zii - quelli presenti, almeno. Hermione si precipita immediatamente dietro di lui, passandogli una mano tra i capelli come per tenerli giù e stringendogli le spalle; sorride e si china a baciargli la guancia, con la stessa amorevole delicatezza che ricorda sin da quand'era un bambino. Ron gli offre il pugno, che James colpisce prima di scoppiare a ridere e ricevere un paio di schiaffetti giocosi da parte dell'uomo. George e Angelina gli scompigliano i capelli a turno e c'è un sorriso malandrino su entrambi i loro volti - se lo ricorda: era quello di quando cospiravano insieme, quando James aveva appena una manciata d'anni. Bill e Fleur, infine, cercano di stringersi accanto a Hermione e Ron, e salutano affettuosamente, allungandosi per sfiorargli le spalle. Click.

La quarta è con i cugini. Gli si precipitano accanto ed è un gran caos: Rose rischia di cadere, Louis cade, Dominique ride, Fred aiuta Rose a restare in piedi e Hugo affonda la mano nella torta, ne strappa via un pezzo e lo scaraventa dritto sulla faccia di James. Click.

L'ultima è con Ted. Si è ripulito alla bell'e meglio e sta ancora scoccando occhiate di fuoco a Hugo, promettendo di fargliela pagare, ma non gli importa più quando il ragazzo posa il braccio intorno al suo collo, la mano penzoloni sul suo petto e il viso più vicino di quanto dovrebbe essere. James sorride, ma il suo cuore sta battendo troppo, troppo forte. Questo è Ted, che c'è da che ha memoria; che da bambino dormiva nel suo letto, accoccolandosi contro di lui; che azzeccava ogni singolo regalo; che gli passava le mani nei capelli solo per vederli impennarsi e provocare bonariamente Ginny quando lei gli negava l'ennesimo biscotto; che ha fatto finta di non vedere le lacrime nei suoi occhi di bambino mentre Harry Potter raccontava, con la voce indolenzita, dei suoi genitori e di quanto e come fossero stati coraggiosi; che non appena ha potuto usare la magia ha curato quella brutta distorsione che si era procurato cadendo dalla scopa; che l'anno scorso ha risposto alla sua lettera piena di confuso pentimento e richieste di perdono buttate là ogni tre righe con un semplice gufo che era stato incaricato di beccargli forte la testa.
Sì, questo è Ted.
«Hai della torta in faccia, aspetta» e si china per sfiorargli l'angolo dell'occhio destro ed è troppo, troppo vicino. James ha sempre saputo di essere debole, ma scopre adesso di essere anche molto coraggioso, perché ci vuole una certa dose di audacia per trattenere la mano nella sua e sporgersi quel tanto che basta per premere la bocca alla sua, lì, davanti a tutta la famiglia. Click.

 

____

 

«Non è assurdo?»

James cerca di chiedere cosa sia assurdo, ma ha la bocca piena di riso e pollo e viene fuori come un verso infelice da cui Ted sembra vagamente disgustato, ma anche vagamente divertito.

«L'ultima volta che sono stato qui avevo diciassette anni. E oggi è l'ultima volta che ci starai tu, che hai quasi diciassette anni».

James ci riflette, masticando in silenzio. Non lo definirebbe assurdo; forse curioso, forse bizzarro, ma non assurdo. Assurdo porta con sé una certa sfumatura negativa o esilarante che ben poco si addice alla loro situazione attuale - sprofondati tra l'erba, la schiene premute al vetro dell serra e le braccia che sfregano ad ogni movimento.

«Nah» risponde infine, dopo aver inghiottito un boccone enorme. Annaffia la gola con del succo di zucca che trangugia da una borraccia, che viene immediatamente allungata a Ted, il quale beve avidamente, passandosi infine il dorso della mano sulla bocca come facevano da piccoli - quante volte Ginny li ha rimproverati per quella mancanza di buone maniere? - e sorridendo soddisfatto mentre si sfrega la pancia.

«È solo buffo, immagino».

James attende una replica, ma quando volta la testa scopre che Ted lo sta fissando intensamente e sente le viscere annodarsi. Quegli sguardi, di solito, presagiscono un bacio di quelli che gli risuccherà via il respiro e probabilmente anche il cervello. È una scoperta recente, perché Ted ha questo senso morale che James giudica eccessivo e fino a qualche settimana fa badava di far restare la loro relazione puramente platonica fino alla sua maggiore età, cosa che ha promesso a Harry e Ginny (i quali sono ancora abbastanza sconvolti dalla novità, ma non per questo scontenti) e che James ha deciso fosse momento di rendere decisamente più carnale quando, cogliendolo di sorpreso, lo ha baciato quasi con rabbia, spingendogli la lingua in bocca. A giudicare dalla fretta con cui Ted ha replicato, non sembrava troppo dispiaciuto di dover rompere quel giuramento.

«Ti chiameranno spergiuro, adesso» gli aveva fatto notare James, un po' rosa in volto ma disinvolto e sfacciato come sempre. Ted aveva solo riso e poi lo aveva baciato di nuovo.

«James» lo chiama e l'interpellato aggrotta la fronte: quando Ted lo chiama così, allora vuol dire che sta succedendo qualcosa di serio, nella sua testa. Indugia ancora qualche momento, lascia correre lo sguardo lungo la linea della sua mandibola, sfiorandola appena con i polpastrelli. E poi: «A settembre dovrò tornare in Irlanda. Vieni con me».

Non può dire di non esserselo aspettato. Sapeva che c'era qualcosa nell'aria: Ted era troppo distratto, troppo teso. E nascondergli le cose non è mai stato il suo forte (a parte i suoi sentimenti per lui, che, gli ha confessato, hanno iniziato a mutare da quando si erano rivisti a Natale, due anni prima, forse proprio nel momento in cui era uscito dal salotto. Le sue dita, ha scoperto, si erano davvero tese per trattenerlo, ma, ancora una volta quel suo dannato senso morale gli ha impedito di farlo). Perciò James sospira e sorride.

«E il mio lavoro a Hogwarts?»

Minerva McGonagall era stata estremamente buona con lui: preso atto del suo enorme talento con gli incantesimi e le trasfigurazioni (talento che, sosteneva, aveva chiaramente ereditato dal nonno paterno), gli aveva offerto di tornare a Hogwarts come Tutor, cioè come qualcuno che si sarebbe occupato dei ragazzini Grifondoro di primo e secondo anno, dando loro delle ripetizioni laddove ne avessero avuto bisogno. Roba semplice, certo, niente di impegnativo e dallo stipendio dignitoso, ma suo padre gli aveva ripetuto fino allo sfinimento che era un'ottima occasione e che si sarebbe aperto le porte dell'insegnamento, cosa che, a dirla tutta, non è che gli interessasse granché. Però amava la magia e amava Hogwarts e gli era sembrato un buon compromesso.

«Puoi dire a Minerva di farti iniziare con un anno di ritardo» propone, ma non ci crede neppure lui. La McGonagall è stata fin troppo generosa e non accetterà di posticipare la sua assunzione solo perché James deve trascorrere del tempo con il suo partner («Si dice partner, James. Ragazzo è troppo da quattordicenne alla prima cotta e compagno è troppo da uomo di mezza età, per non parlare di fidanzato, che è vecchio di otto secoli» ha sottolineato Albus - intervento non richiesto, tra l'altro).

«O magari», ribatte, la voce arrochita e distorta mentre spinge le braccia in alto e si stiracchia, rilasciando poi un sospiro appagato, «posso aspettarti qui. Voglio dire, dovrai pur tornare per il Natale, no? Lily non ti perdonerebbe mai, se non ci fossi». La butta là come qualcosa di innocente, come qualcosa che non fa soffrire, come se entrambi potessero ben tollerare la reciproca lontananza, ma che altra scelta ha? Esprimere tutto il suo disappunto? Portarlo sul ciglio del licenziamento? Non se lo perdonerebbe mai. Ted ama visceralmente le sue rune ancestrali, forse più di quanto ami James stesso, e rinunciarvi sarebbe come privarlo di un arto o di un organo.

La mano di Ted scende velocemente sulla sua spalla, costringendolo a guardarlo.

«Ti giuro che questa è l'ultima volta. Possono fare a meno di me. E io, sai, io preferisco stare nel mio laboratorio mezzo muffito al Ministero piuttosto che andarmene a zonzo per il continente» conclude e sembra perfino abbastanza convinto di quello che dice. James, naturalmente, sa che non è così: la ricerca sul campo è quello per cui Ted ha studiato, quello che agogna. Il lavoro in ufficio è solo una magra, pallida riproduzione di quello che potrebbe avere se solo James avesse il coraggio di lasciarglielo fare, di lasciarlo andare. A volte pensa che il Cappello l'abbia smistato nella Casa sbagliata, o che abbia visto in lui ben altro tipo di coraggio, perché è vero che non ha alcuna remora nel lanciarsi in una mischia per difendere il suo prossimo o affrontare la sua intera famiglia per stare con la persona di cui è innamorato, ma è vero anche che, su un livello meramente più intimo e impalpabile, non ha l'audacia di prendere quelle scelte che sa essere giuste. Stavolta è diverso, però; stavolta è del futuro di Ted, che si parla, e lui sente che soffocherà con tutte quelle parole non dette se le lascia macerare in gola.

«Senti», inizia, mettendosi seduto, la posa rigida che riflette tutta la sua tensione interiore, «io me lo ricordo il nostro unico anno qui. Mi ricordo che non stavi nella pelle quando si trattava delle lezioni di Rune Antiche, o dei laboratori allestiti apposta per voi studenti più talentuosi. È quello che vuoi fare, okay? E io voglio che tu lo faccia. Voglio che tu te ne vada a zonzo per l'Europa a dissotterrare vecchie pietre ricoperte di vermi».

Il viso di Ted è una maschera insondabile e il cuore di James sta battendo troppo forte. Non ha detto neppure la metà delle cose che voleva dirgli. Non gli ha detto del fatto che non importa quante volte lui andrà via, ma quante volte tornerà. O non gli ha detto che al terzo anno era ancora troppo giovane per capire quello che gli stava succedendo, o quello che stava succedendo al loro mondo. Quei due ragazzini che si accucciavano all'ombra della serra numero quattro sono ancora lì, ma, al tempo stesso, non esistono più. Vorrebbe farglielo capire, trovare il modo giusto per spiegarglielo, ma prima ancora che ne abbia il tempo Ted apre la bocca per parlare.

«James Sirius Potter», scandisce, reggendosi sulle ginocchia per battergli entrambe le mani sui lati del viso, facendogli assumere la stessa smorfia grottesca che tanto lo divertiva quando erano bambini, «nessuno mai si è impegnato così tanto per dare una definizione tanto eufemistica del mio lavoro. Congratulazioni» e gli schiocca un bacio sulle labbra arricciate, che suona fin troppo acuto nel silenzio del primo pomeriggio, fin troppo incosciente con gli studenti che abbandonano la Sala Grande uno alla volta, dopo aver consegnato i loro esami. Non che a James importi granché; prima o poi qualcuno lo scoprirà, è inevitabile. Solo, non ha fretta che succeda, ecco tutto.

«Oh, piantala, dai» e gli piazza la mano sul petto, facendo leva per spingerlo tra l'erba, ma Ted lo tiene stretto e precipitano insieme. James odia quel tipo di effusioni e Ted lo sa perfettamente, ma pensa che, almeno per quel giorno, può lasciare correre.

Pensa che, almeno per quel giorno e per quel momento, va bene così.

 

____

 

«Be', sei ancora qui? Vattene, no?»

«Fai schifo con gli addii, lo sai?»

«Ma quale addio! Questo è un arrivederci a Natale, semmai. Dài, spicciati, ché sono in ritardo e lo Smistamento sta per iniziare. Pensa che figuraccia se entro insieme alle matricole».

«Sono quasi tentato di fartela fare, per, sai, vendicare le tue definizioni infelici sul mio povero lavoro».

«Ahah, che divertente. A proposito, dov'è finita tutta la tua voglia di riesumare vecchie pietre? E perché, in nome di Merlino, sei ancora qui?!»

«Be', caspita, Jem, non andare oltre o potrei pensare che tu mi voglia assolutamente trattenere qui!»

«Ciao, Teddybear, ci vediamo a Natale».

«Fermo là! Mi hai chiamato Teddybear? L'hai fatto davvero

«Eh, già».

«Adesso ti Schianto».

«Io invece adesso ti bacio».

«...vinci tu».

 

____

 

Carissimo Teddybear

il mio lavoro, a differenza del tuo, è f-a-n-t-a-s-t-i-c-o. Certo, non particolarmente pretenzioso, ma chi se ne frega? Sono di nuovo a Hogwarts, amico, un privilegio non da tutti, amico.

Pensa che la McGonagall mi ha anche incaricato di supervisionare le punizioni degli studenti del terzo anno e ho conosciuto certi ragazzini che dicono delle cose assurde, davvero fuori di testa.

Quelli del primo anno, invece, sembrano tutti sconvolti la prima volta che mi vedono (poi gli passa, però è comunque stranissimo) e sospetto c'entri qualcosa la spiccata somiglianza con mio padre, perché uno di loro l'altro giorno ha praticamente urlato il suo nome e ha iniziato a guardarmi la fronte come un ossesso. Aaah, il peso di una celebrità relativa. Quelli del secondo anno invece si ricordano di me, perciò tutto okay.

È divertente spiegargli cose facilissime come l'Incantesimo di Librazione o la Trasfigurazione degli aghi, e poi mi fa sentire utile. Te lo dirò onestamente: non mi aspettavo tutto questo. Pensavo che insegnare fosse noioso e logorante, ma non lo è. Mi piace stare con i ragazzini; mi ricorda come erano i miei fratelli e be', mi mancano un po' quei tempi. Dài, forza, ridi: te l'ho scritto apposta, così puoi vendicarti del primo paragrafo.

E, a proposito dei miei fratelli, non mi stupisce che finiscano in punizione a giorni alterni. Albus ha cercato di far bere il Distillato della Morte Vivente ad un suo compagno di Casa, uno svitato razzista che ha insultato una Tassorosso del primo anno, chiamandola vermiciattolo sanguemarcio. La McGonagall era furibonda, mai vista così incazzata, te lo giuro, e il vecchio Slughorn l'ha messo in punizione per tre mesi. Lily, invece, ha cercato di far ingoiare il Boccino al Cercatore di Grifondoro (vorrei ricordarti che è un suo compagno di squadra) e i motivi non sono ancora chiari. Comunque, non l'ha passata liscia ed è finita in punizione anche lei. Mamma naturalmente se la prende con me (mi ha mandato una Strillettera, ma ti pare?) e dice che non vigilo abbastanza sui miei fratelli (come se fosse compito mio e come se fossero ancora dei bambini! Hanno quattordici e sedici anni, miseriaccia!); papà era più tranquillo (lui non può proprio dire niente, se vuoi sapere come la penso) però mi ha consigliato di gettare un occhio su di loro, così, giusto per assicurarci che lascino Hogwarts al momento giusto e, possibilmente, senza essere espulsi.

Penso di averti detto abbastanza. E tu, orsacchiotto, che mi racconti?

Con infiniti amore&devozione

James

 

 

Te lo giuro su ogni creatura vivente: chiamami un'altra volta Teddybear e la Strillettera che ti ho spedito la settimana scorsa ti sembrerà una cosa gradevolissima. Farò in modo di inserire una fattura in una busta, puoi contarci. Magari la Fattura Orcovolante che tanto va di moda nella tua famiglia.

Detto questo, ciao, James!

Sono contento che la tua prima settimana sia andata così bene. Non badare ai ragazzini del primo anno, non è colpa loro se somigli molto a tuo padre (anche se, come ti dico sempre, mi sembri più simile a tuo nonno) e se hanno quei loro momentini di turbamento.

I tuoi fratelli sono due pazzi e presto o tardi finiranno espulsi a calci nel culo. Ma che gli salta in testa? Pozioni mortali e Boccini giù per la gola?! Pazzi! Però apprezzo Albus per lo spirito giustiziere, che un tempo era praticamente inesistente nella Casa di Salazar.

Quanto all'insegnare, oh, avrei voluto ridere (dannato, non riesci neanche a darmi un buon motivo per farlo; quanto sei pessimo da uno a molto?), ma in realtà lo trovo veramente fantastico. Penso che potrebbe essere una buona carriera per te, sai? Hai sempre avuto la capacità di farti ascoltare senza sforzo e di persuadere gli altri, oltre ad un talento che molti ti ammirano e ti invidiano. Non mi stupirei se nel giro di cinque anni ti dessero una cattedra.

Qui va tutto bene. Be', a dire il vero mi annoio parecchio. Non abbiamo rinvenuto pezzi interessanti e i rilievi sulla maggior parte di essi riportano informazioni che ci erano già note. Quindi pensiamo di spostarci verso nord e trattenerci lì fino ai primi di dicembre; se non sarà saltato fuori niente di utile, penso sospenderemo la spedizione. Non ha senso perdere del tempo così, quando in laboratorio abbiamo qualcosa di concreto su cui lavorare.

E, a proposito di dicembre, penso di tornare in tempo per venire a prenderti a Hogsmeade, intorno al 22, diciamo. Ma ti farò sapere con maggior precisione tra un po' di tempo.

Tu cerca di non struggerti troppo e di non consumarti gli occhi guardando la mia foto che tieni sul comodino (lo so che ne tieni una, scommetterei un tuo ginocchio) e, ah, non sprecare pergamene per scrivere poesie d'amore piene di pathos.

Senza amore&devozione

Ted

___

 

Note:
1. Secondo Harry Potter Wikia, è una delle lingue antiche di cui parlano le rune. La parola "oberato" invece è una mia licenza poetica. XD

 

 

 

 

 

   
 
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