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Autore: olor a libros    11/09/2015    1 recensioni
"Hai mai desiderato baciare una ragazza?"
Per un po' non dissi niente. Ci stavo pensando. Non la sapevo nemmeno io, la risposta.
Lei continuò: "Rispondi sinceramente, ti prego."
Mentre lo diceva io le guardavo le labbra. E ad un tratto sapevo la risposta.
"Sì. Ora."
Sorrise, e mi baciò.
E io la baciai.
E provai la sensazione più bella di sempre, che andava al di là di tutto quanto avessi mai provato fino a quel momento. Fui pervasa da una felicità immediata ed inspiegabile, un calore che riempiva ogni singola parte di me, ed era tutto molto strano ma al tempo stesso dannatamente giusto.
Sentivo le sue labbra morbide, ed erano così diverse da quelle a cui ero abituata, erano... giuste.
Era giusto prendere quel viso fra le mie mani, era giusto lasciare che le sue mi scendessero lungo la schiena, era giusto stringermi a quel corpo senza più nessuna paura, nessuna remora, e tenere gli occhi chiusi mentre davo il mio primo vero bacio.
Aveva tutto un sapore nuovo, ma al tempo stesso già vissuto, come se il mio corpo avesse immediatamente riconosciuto quel che da tanto tempo aspettava.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non so come avesse fatto, ma le parole di Simone sortirono il loro effetto.
Il giorno dopo ebbi una lunga conversazione con i miei genitori, alla fine della quale mia madre dichiarò che avrei potuto rivedere Anna. "Ancora non lo capisco", disse con un sospiro, "ma cercherò di farmene una ragione."
La ringraziai, l'abbracciai e corsi a prendere la giacca.
"Dove vai?", chiese lei sorpresa.
"Da Anna", risposi con un sorriso.

Ancora una volta correvo verso casa sua, ma adesso lo facevo con la certezza che tutto sarebbe tornato a posto. Avevamo, se non l'approvazione, il consenso dei miei genitori. La mamma di Anna era stata più che entusiasta fin dall'inizio. Quindi non c'erano più ostacoli, giusto?
Appena raggiunsi il portone suonai al citofono per due o tre volte di seguito, impaziente. La voce di Anna, il suono più bello che avessi sentito, rispose dopo qualche istante.
"Sono Maya", dissi quasi urlando. "Fammi salire, porto buone notizie!"
Non arrivò nessuna risposta dal citofono, ma sentii lo scatto del portone. Lo spalancai e mi fiondai su per le scale. Mi fermai solo davanti alla porta di Anna. Era socchiusa, e una striscia del suo viso sbucava appena.
"Ciao", le dissi sorridendo.
"Ciao", rispose lei piano.
"Posso entrare?"
Anna sembrò indugiare un attimo, ma poi aprì del tutto la porta e lasciò che entrassi.
Mi fece segno di seguirla in camera sua e così feci. Una volta lì, si fermò dritta davanti a me ed aspettò che io parlassi. Così iniziai a raccontarle di quello che era successo dopo quel dannatissimo giorno in cui mia madre entrò in camera mia. Le dissi che non mi avevano più permesso di vederla, che mia madre era impazzita; non commentai il fatto che Anna stessa non avesse più risposto alle mie chiamate; le riferii anzi con un sorriso il discorso di Simone, e conclusi dichiarando che i miei genitori si erano arresi e che avevano finalmente accettato la cosa.
"Ora non c'è più nessun problema, quindi! Vedi? E' tutto a posto. Può tornare come prima. Possiamo... possiamo tornare come prima." Quando finii di parlare feci un passo verso di lei. Volevo finalmente prendere di nuovo la sua mano fra le mie.
Eppure lei me lo impedì. Si allontanò da me con un passo rapido indietro.
La guardai, sorpresa. I suoi occhi però erano fissi sul pavimento.
Aspettai che mi desse delle spiegazioni, aspettai che parlasse. Ma niente, lei stava lì in piedi, muta, e non mi guardava.
"Anna?"
Iniziavo a preoccuparmi. "Anna, cosa c'è?" Provai di nuovo ad avvicinarmi. "Anna, è tutto a posto, hai capito? Non c'è più nessun ostacolo..."
"No, Maya!", scattò lei. "Sei tu che non capisci! Non è tutto a posto. Per niente. Non è cambiato niente."
"Ma i miei genitori..."
"I tuoi genitori non erano il solo ostacolo. Erano il minore dei problemi, a dire la verità."
"E' allora qual è il vero problema, Anna?" Non capivo. Non capivo. Scuotevo la testa e non capivo.
Poi un dubbio iniziò ad insinuarsi nella mia testa.
"Anna...", iniziai con la voce che tremava. "...non mi ami più, Anna?"
"No, non è questo."
"Stai con qualcuno, Anna? Qualcun altro?"
Non rispose. Quel silenzio mi faceva impazzire. Le tempie mi pulsavano, la testa quasi esplodeva.
"Stai con qualcun altro?"
"Sì. Ma..."
"Sì?!" Ero esterrefatta. Non ci potevo credere. Non ci volevo credere. Iniziai a scuotere convulsamente la testa mentre la fissavo. Ora anche lei mi guardava.
"Sì, ma è un ragazzo."
"UN RAGAZZO?!" Aveva ancora meno senso. "Non capisco. Proprio non capisco." Gli occhi iniziarono a riempirsi di lacrime, mentre continuavo a sussurrare sempre la stessa frase. "Proprio non capisco."
Anche gli occhi di Anna erano bagnati di lacrime.
"E' una copertura, Maya... lo sai che non può piacermi davvero, non significa niente, è solo per..."
"No."
"E' solo per mettere a tacere le voci... se mi vedono con un ragazzo, allora..."
"No." No.
"Iniziano a parlare, capisci? Sospettano di noi. Stanno iniziando a capire. Uno dopo l'altro. Andrea, le tue amiche, i tuoi genitori... quanto passerà prima che tutti lo vengano a sapere?"
E' proprio quello che voglio io, pensai. Non era quello che sarebbe dovuto succedere ora? Il prossimo capitolo della storia? Quello in cui finalmente si usciva allo scoperto?
"Io non posso lasciare che accada di nuovo, Maya, lo capisci? Me ne sono andata da quella scuola perché mi avevano reso la vita terribile, sono scappata qui, e ora... non sopporterei di rivivere tutto di nuovo. Non posso permettere che rinizi tutto."
No.
"Mi stai lasciando?"
"Mi dispiace, Maya. Lo sai che io ti amo. Amo solo te. E sarà sempre così. Ma non ce la faccio, non sono forte come te. Mi dispiace."
No.
"Mi stai lasciando?"
Lei non rispose, iniziò a singhiozzare. E mi guardava, con quegli occhi pieni di lacrime. Quegli occhi azzurri orribilmente belli che non sarei mai riuscita ad odiare per quanto mi fossi sforzata.
Scossi un'ultima volta la testa, rassegnata.
"Cosa pensi di fare, quindi?", le chiesi con la voce più dura che riuscii a trovare. "Starai con lui per sempre? Non pensare solo ad ora, pensa al futuro. Andrai avanti a mentire per tutta la vita? Pensaci. Pensa quant'è lunga una vita. E' il tempo più lungo che conosci, ed è ancora più lungo se trascorso continuamente nella menzongna. E nell'infelicità. Perché lo sai, Anna, lo sai meglio di me che lui, nessun lui ti potrà mai rendere felice."
Lei mi fissava e taceva.
"Allora? Che mi dici? Ci dovrai pur pensare."
Abbassò gli occhi e iniziò a parlare piano, in un sussurro simile a quello di una bambina.
"Se vuoi... se vuoi possiamo continuare a stare insieme di nascosto, io ufficialmente sto con lui ma..."
La bloccai subito.
"No, così non mi va bene. Non più. Io voglio stare con te. Voglio camminare al tuo fianco tenendoti per mano. Voglio che la gente ci guardi e ci veda insieme e non possa far a meno di accorgersi di quanto siamo dannatamente felici, più di quanto loro lo saranno mai, e voglio urlare al mondo che questa, diamine, questa è la mia ragazza, e guarda quant'è bella, Mondo, guarda quant'è bella, e io la amo, e lo urlo al mondo, che la amo.
Questo, voglio. E se dici che non è quel che vuoi anche tu allora stai mentendo. Hai troppa paura. Ma forse prima o poi te ne renderai conto. E io sarò ancora qui ad aspettarti. Perché non riesco a fare altro che aspettarti, dannazione."
Questa volta fui io a sottrarre la mia mano dalle sue.
Nel farlo mi cadde l'occhio sul braccialetto che lei mi aveva regalato. Me lo strappai dal polso e glielo lanciai. Lei lo prese al volo, poi rimase con la mano in aria, immobile, con dentro il braccialetto. Mi fissava con il dolore dipinto in viso. Ma quando mi voltai sapevo che non mi avrebbe seguita.
Prima di uscire definitivamente dalla sua stanza mi fermai.
"Come si chiama?", le chiesi.
"Chi?"
"Lui."
Sospirò.
"Andrea", disse infine in un sussurro pieno di vergogna.
   
 
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