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Autore: Warlock_Vampire    11/09/2015    1 recensioni
Montebelluna. Una piccola città del Veneto apparentemente normale, nasconde un prezioso segreto.
I vampiri sono tornati in città per recuperare l'Antidoto. La vita di alcuni ragazzi verrà irrimediabilmente sconvolta dal soprannaturale...
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Se non cambiasse mai nulla, non ci sarebbero le farfalle."
(Anonimo)

"Voglio quello che voglio, Stefan. E non mi importa ciò che devo fare per ottenerlo.
La mia lista di vittime è lunga e non ho alcun problema ad aggiungere un altro nome a quella lista."
Katherine Pierce, The Vampire Diaries

 

 3

Doveva ancora sorgere il sole quando Tommaso si alzò dal letto. Aveva avuto un incubo in cui il ragazzo biondo che usciva con Rebecca era in una sala buia assieme ad altre persone, inquietanti e misteriose.
D’un tratto il cane di Tommaso, Rolly, prese ad abbaiare con insistenza. Tommaso si precipitò di fuori e dal terrazzo vide Nora che, in mezzo alla strada, gesticolava e urlava il suo nome a gran voce.
«Ma che cazz... vuoi svegliare tutto il vicinato?» sbraitò Tommaso correndo giù per le scale esterne della casa. Inciampò sull’ultimo gradino e cadde lungo disteso sulle piastrelle in un fiume di imprecazioni. Rolly si fiondò su di lui e prese a leccargli tutta la faccia, ma Tommaso lo spinse via e gli ordinò di allontanarsi. Il cane ubbidì.
«Cosa ci fai qua a quest’ora?».
«Tutto a posto?» chiese di rimando Nora, sghignazzando.
«Smettila di ridere» sbottò il ragazzo, seccamente.
«Porta via quel cane sennò non entro» ordinò Nora, guardando Rolly, che scodinzolava al fianco di Tommaso, con diffidenza.
«Sei sempre la solita!» sbuffò Tommaso. Prese il suo cane per il collare e lo condusse nel garage, faticando non poco per costringerlo a restarci dentro, cosa a cui Rolly non era intenzionato ad arrendersi senza prima combattere.
Quando finalmente Tommaso ebbe la meglio, Nora superò il cancello e seguì l’amico su per le scale che conducevano al secondo piano della casa, dove Tommaso abitava con i suoi genitori. Arrivati in cucina, Tommaso prese subito ad armeggiare con le cialde del caffè, e mentre questo si preparava, chiese nuovamente a Nora per quale motivo fosse lì a quell’ora.
«Mi sento strana da ieri sera» confessò Nora, prendendo posto ad una delle sei sedie attorno al tavolo rettangolare della cucina. I suoi occhi color nocciola erano insistentemente poggiati su Tommaso e seguivano con apprensione quasi maniacale ogni suo movimento.
«Perché mi guardi come se fossi un hamburger?» chiese quest’ultimo, notando la strana espressione della ragazza.
«Ho fame in effetti… e mi fanno anche male i denti» replicò Nora, massaggiandosi le mandibole con una smorfia di dolore.
«… e devi anche andare in bagno, scommetto!» continuò Tommaso, memore di tutte le volte che uscivano e Nora chiedeva di fermarsi per andare in bagno in ogni posto dove ce ne fosse uno.
«Veramente no» lo sorprese Nora.
«Ora sì che sono preoccupato».
Tommaso passò una tazza di caffè all’amica e sorseggiò la sua con fare pensieroso.
«Da quant’è che ti senti così strana, di preciso?».
«Da quando mi avete trovata nel bosco, tu e Giulia» rispose Nora dopo averci pensato per qualche secondo.
 «Mi spieghi cosa è successo prima che io arrivassi e ti trovassi distesa in mezzo ai rovi?» chiese ancora Tommaso.
Nora raccontò di come Rebecca l’aveva presa e trascinata nel bosco, di come l’aveva scaraventata contro un albero e lei avesse sentito il fiato mozzarsi e un paio di costole andare in frantumi, della sorpresa per la forza bruta di Rebecca e della sua incredibile velocità. Con una sorta di orgoglio, Nora raccontò di come aveva morso il braccio dell’avversaria e del sapore metallico del suo sangue. Infine, rammentò l’ultima cosa: il sonoro crac di qualcosa che si rompeva irrimediabilmente. Poi il buio.
Tommaso rimase immobile per qualche secondo, con lo sguardo fisso, come se si stesse figurando la scena mentalmente, e Nora poteva quasi vedere gli ingranaggi del suo cervello al lavoro, sotto la chioma di ricci castani del ragazzo. Poi, come se gli si fosse accesa una lampadina, Tommaso fece un respiro profondo e corse verso le tende bianche di una delle finestre del soggiorno. La scostò con un movimento deciso e si voltò rapido verso Nora.
La ragazza fu per un attimo inondata dalla luce, poi, come se si fosse scottata, si ritrasse contro la parete, schivando il raggio di sole che inondava la stanza.
«Puoi chiudere? Mi da la nausea» disse Nora con una smorfia.
«’Sti cazzi!» sbottò Tommaso, «quella stronza!», imprecò di nuovo, prima di precipitarsi in corridoio e poi in camera sua. In un battibaleno fu di ritorno, sotto lo sguardo confuso e interdetto di Nora che non aveva il coraggio di parlare.
Tommaso sbatté un pesante volume sopra il tavolo e prese a sfogliarlo febbrilmente.
«E quello cos’è?» domandò Nora, sopraffatta dalla curiosità.
«E’ un Bestiario che ho comprato tempo fa per documentarmi sulle creature soprannaturali» spiegò lui. Tommaso si arrestò ad un paragrafo promettente e Nora poté leggere, scritto a caratteri cubitali, il titolo in grassetto: SUI VAMPIRI E SUL LORO POTENZIALE.
«…prima di entrare nella fase di transizione occorre morire con il sangue di un Vampiro in circolo…» lesse Tommaso a voce alta, «ecco! Capisci in che guaio sei? Giuro che quando la vedo la uccido!».
«Ma chi? Cosa? Non sto capendo niente» si lamentò Nora.
«Ma come, non capisci? Rebecca ti ha trasformata in un Vampiro!».
 
Quell’affermazione rimase sospesa tra di loro per un tempo che parve infinito, poi Nora, con voce tremante, arrischiò un diniego. Disse che non era possibile, che lei non era morta e che, soprattutto, Rebecca non era un Vampiro. I Vampiri esistevano solo nelle serie tv e nei libri.
«Ti dico che è così! Anzi, prima ha bevuto il sangue di Elena e poi, visto che tu l’hai provocata, ti ha presa di mira e ti ha portata nel bosco per ucciderti. Mordendole il braccio, un po’ del suo sangue è entrato nel tuo organismo e così, anziché morire, ti sei trasformata!» ragionò Tommaso a voce alta.
Nora voleva sinceramente credere che fosse tutta una fantasia malata dell’amico e protestò: «forse non ha bevuto il sangue di Elena, dopotutto. Hai detto che non aveva il collo ferito… e poi non ho proprio ingerito il sangue di Rebecca, forse l’ho solo immaginato, forse era il mio stesso sangue e non il suo… e poi, mi spieghi perché hai questi libri da scienziato pazzo in casa!?».
«Non mi credi? Adesso ti provo che ho ragione» concluse Tommaso seccamente. Si volse risoluto verso la credenza e tirò fuori da un cassetto un coltello da cucina. Nora lo guardò a bocca aperta mentre lui si tagliava con decisione il palmo della mano.
«Cosa vuoi fa..» Nora voleva fermarlo, d’un tratto quasi la spaventava quel gesto risoluto che Tommaso aveva compiuto nella più completa volontà di avere ragione. Nora mosse un passo verso di lui, ma una zaffata di sangue arrivò alle sue narici. Aspirò quel profumo magnifico, una fragranza dolce, pregustandone il sapore deciso, carico… 
La gola riarsa parve bruciare e con un ringhio la ragazza si gettò sull’amico, affondando i canini nel suo palmo scoperto e sanguinante. Tommaso gemette per la sorpresa e il dolore e prese a scrollare le spalle di Nora, nel tentativo di allontanarla.
Quel tocco forte sulla sua spalla fece sussultare Nora, che con urlo di dolore si ritrasse da Tommaso. Restarono immobili a guardarsi, entrambi ansanti per il dolore e lo sforzo. Nora si portò una mano tremante alla bocca e quando la ritrasse fissò con stupore le dita macchiate di sangue… del sangue del suo migliore amico.
Sentiva la spalla pulsare e con movimento repentino scostò la manica della maglietta, scoprendo la pelle arrossata e ustionata.
Tommaso si fece vicino in un istante e furono entrambi testimoni di quella ferita che pian piano si rimarginò. Neanche un minuto dopo la spalla di Nora era tornata normale, come se nulla fosse successo.
Tommaso si bendò la mano ancora sanguinante. L’atmosfera tra di loro si era fatta di ghiaccio, ognuno pensava a quanto era appena accaduto e quanto ancora doveva succedere, a come avrebbero affrontato la loro vita da quel momento in poi.
«Quindi avevi ragione» mormorò Nora con la voce rotta dall’emozione.
«Hai superato la fase di transizione» disse Tommaso, «sei un Vampiro a tutti gli effetti».
«E tu?» chiese Nora dubbiosa, «nessuna persona normale ti riduce in carne alla brace con un tocco della mano».
«Non lo so, ma abbiamo tutto il giorno per scoprirlo dato che i miei sono via e tu non puoi uscire da casa mia senza trasformarti in una torcia» concluse Tommaso senza riuscire a celare una certa soddisfazione.
 
Giulia si era alzata presto quella domenica. Si vestì senza fare rumore, velocemente, con una sorta di fretta urgente che le mozzava il fiato. Uscì nella brezza fresca dell’alba e corse, corse senza una meta precisa ma allo stesso tempo sicura di ciò che stava facendo.
Se qualcuno l’avesse vista, scarmigliata e pallida come non mai, avrebbe pensato che fosse matta. Arrivò al supermercato del paese, attraversò il parcheggio deserto e procedette verso i sotterranei. Una sola macchina occupava i box. Giulia si avvicinò all’auto, dalla cui portiera spalancata si scorgeva il corpo senza vita di un uomo. La ragazza parve rianimarsi da quello stato di trance in cui si trovava; puntò i suoi occhi dritti in quelli ormai inespressivi dell’uomo e urlò con quanto fiato aveva in gola.
 
«Perché diamine dovrei trasformarmi in una torcia?» domandò Nora, incrociando le braccia sul petto sulla difensiva.
«Adesso ti leggo» replicò Tommaso, scorrendo col dito il paragrafo sui Vampiri del Bestiario, «ecco qua: “superata la fase di transizione, fase in cui la persona è ancora da considerarsi umana e che conclude solo con l’ingerimento di una dose, anche piccola, di sangue umano, è bene ricordare che il neonato Vampiro non può sottostare alla luce del sole senza bruciare.”».
Nora fissò l’amico orripilata.
«Dovrò vivere tutta la mia vita di notte? Oddio, no! Deve esserci pur un altro modo!».
«Allora, calmati, Nora. C’è di sicuro una soluzione, altrimenti Rebecca non verrebbe nemmeno a scuola e non avrebbe messo su Facebook le foto di lei al mare, quest’estate». Le parole di Tommaso rassicurano molto Nora, che si abbandonò su una sedia, sconsolata.
«Su quel Bestiario non ci sono creature che scottano le persone con le mani?» chiese Nora, tentando di non pensare a come la sua vita da quel giorno sarebbe cambiata e focalizzandosi sull’amico.
«Conosco bene questo libro e non ci sono cose del genere qui» ribatté Tommaso. Lo richiuse e se lo mise sottobraccio, uscendo dalla cucina per riportarlo nella libreria.
Dopo un po’ che non tornava, Nora lo raggiunse. La camera dei genitori di Tommaso non era molto grande e giaceva nell’ombra, dato che le persiane alle finestre erano abbassate. La libreria era sul fondo della stanza, addossata ad una parete.
«Che fai?» domandò Nora, muovendosi con sicurezza nel stanza semibuia, sebbene non ci fosse quasi mai entrata prima. I suoi sensi amplificati riconoscevano il mobilio e i soprammobili, senza mai averli visti prima, ma soprattutto individuavano perfettamente la fisionomia di Tommaso, avvolto nell’ombra.
«Ho abbassato le persiane così non ti dà fastidio la luce. Sto guardando i libri che ci sono, alcuni di questi sono recenti, non li ho mai visti prima». Tommaso scorreva col dito i dorsi rilegati dei volumi, bisbigliandone i titoli. Nora gli si fece vicino e guardò anche lei quei libri strani, che parlavano tutti di miti e leggende, di creature fantastiche e di stregonerie.
L’attenzione di Nora si spostò dai libri al tappeto persiano che ricopriva il parquet della stanza.
«Tommaso, cosa c’è qui sotto?» domandò, molleggiando sulle ginocchia, facendo scricchiolare il pavimento.
«Il salotto dei miei nonni» replicò lui distrattamente.
«Intendo sotto il tappeto».
«Il pavimento?» ipotizzò ironicamente Tommaso, distogliendo lo sguardo dai libri per guardare l’amica.
«No, non credo proprio» ribatté Nora, «sento un vuoto qui sotto».
Tommaso non voleva credere a Nora. In fondo, era lui che viveva in quella casa, non lei. Nora non poteva credere di sapere cose sulla sua casa che lui non sapesse già, visto che ci abitava da sempre. Ma ammutolì quando Nora scostò un lembo del tappeto, scoprendo quella che di sicuro era una botola.
Tirarono l’anello e quando si sollevò, videro che dentro c’era solo un libro, impolverato e dall’aspetto antico.
«Cos’è?» domandò Nora.
Tommaso lo estrasse dal suo nascondiglio, soffiò via la polvere dalla copertina e trattenne il fiato quando capì di cosa si trattasse.
«Un Grimorio!» esclamò.
«Un libro di incantesimi? Qui?!» disse Nora, stupefatta.
«Sono uno Stregone» biascicò Tommaso. Ripeté quella frase come un mantra, alzando sempre di più il tono della voce. Nora si tappò le orecchie, mentre la voce dell’amico gli rimbombava nella testa e lo pregò di smetterla.
«Ora capisco perché avevo sempre quelle strane sensazioni, come delle visioni, e perché sapevo le cose prima che accadessero!». Tommaso era al colmo della gioia.
«Io un Vampiro e tu uno Stregone, che coppia vincente!» replicò Nora, scuotendo la testa, incredula.
 
Elia era seduto a capo della grande tavola al centro della sala da pranzo della sua villa. Le tende di velluto pesante erano tirate, di modo che la luce non penetrasse la stanza, illuminata solo da qualche braciere. Alcuni membri del suo clan erano seduti attorno al tavolo con lui, e lo fissavano in attesa di delucidazioni in merito a quella riunione. 
«Vi ho fatti chiamare, amici miei, perché avrò bisogno del vostro aiuto nella missione che ho da compiere». Elia attese un secondo prima di continuare, unendo le punte delle dita davanti a sé e fissandosi le mani traslucide, pensando al suo discorso.
«Come sapete, mia sorella giace come morta da moltissimi anni e io ho il desiderio, nonché il dovere, di riportarla alla vita. Trent’anni fa una Strega di nome Maura prese dello Strozzalupo e del veleno di Licantropo e li unì con vari incantesimi creando un potente Antidoto contro il morso di Licantropo. Fui io a domandarle di creare quell’elisir in grado di sconfiggere l’unica minaccia per un Vampiro oltre al paletto di legno. Mia sorella era stata morsa da un Licantropo durante uno scontro e io feci di tutto per tentare di salvarla. Ma le Streghe, si sa, mirano solo a ciò che le può avvantaggiare e quell’Antidoto che mi era stato promesso non mi fu mai dato. Se siamo qui è perché la Strega Maura abita in questa cittadina e l’Antidoto deve essere qui, con lei» Elia tacque, lasciando che i suoi compari assorbissero il senso delle sue parole.
«Sono venuto qui per riprendermi ciò che mi spetta da quasi trent’anni, ormai. Ho bisogno del vostro aiuto, oltre che della vostra più completa obbedienza». Concluse il suo monologo fissando gli altri Vampiri negli occhi, uno ad uno, e cercando di individuare qualche increspatura nelle maschere di risolutezza dei loro volti. Non trovandone, si alzò dalla sedia, subito imitato dagli altri, e dichiarò che la riunione era conclusa.
Aveva una gran voglia di vedere Rebecca e di allontanarsi da tutti gli altri, dimenticare il corpo apparentemente morto di sua sorella e il volto trionfante di Maura, il giorno in cui aveva capito che lei lo aveva fregato.


 
  
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