Mimosa

Luce.

Adorava la luce… rendeva il Suo corpo più perfetto di quanto si potesse sopportare.

Jasper la sovrastava, osservando con fastidio la stoffa flebile e sottile che, però, li divideva. Non sopportava di averla distante in nessun modo. Si poteva leggere l’entusiasmo che gli provocava la sua vicinanza attraverso le ciglia corte. Erano abbassate sulle guancie pallide, mentre gli occhi percorrevano il corpo minuto che adoravano.

Il vampiro si tolse la maglia aderente, lasciandola scivolare ai piedi del letto dorato.

Edward era con Bella. Subiva le ire del padre nel campo avversario, dato che la punizione inflitta alla ragazza impediva loro di cambiare luogo di appuntamento.

La stanza era vuota, l’unica camera munita di una superficie adatta ai loro bisogni: morbida, ampia, possibilmente fuori dalla portata di sguardi ironici (Emmett era molto curioso riguardo alla coppia misteriosa che preferiva starsene da parte, invece di mostrare i propri pegni d’amore al mondo come faceva lui con Rose).

Alice svicolò dalla presa delle sue forti braccia, accarezzò lesta il suo petto, prima di assaltarlo alle spalle con una risata leggera, spensierata. Erano soli, erano insieme… il resto non aveva alcuna importanza al confronto. Jasper si rigirò, bene attento a non farla cadere (attenzione inutile), e la strinse a sé.

Poi si baciarono. I brividi di piacere, di amore, scendevano sulla pelle di entrambi, mentre le labbra si cercavano sicure.

I vestiti si sparsero presto sul pavimento in legno, il battito muto del loro affetto ritmò i loro respiri, le carezze sfumarono le sensazioni e un dipinto di perfezione, degno d’un artista della Grecia Classica, si delineò nelle emozioni.

Luce.

Si rifletteva sullo specchio antico, che li controllava dall’alto, e li accendeva. Come la scintilla che viene liberata in una stanza piena di gas. E scoppiarono: di gioia, di amore, di quella sensazione d’essere sovrastati dalla vita, beh… dall’esistenza. Dopotutto quella parola, “vita”, non aveva senso per dei vampiri.

Per loro valeva l’immenso. E l’immenso non sarebbe bastato comunque a contenerli ora. Ora, lei e lui; ora, insieme.

Ma un profumo li interruppe. Era arrivato all’improvviso, come se il fiore che lo emanava avesse deciso di sbocciare solo adesso, per loro. Ed era perfetto. Come tutto del resto.

Una rosa? No, non avrebbe saputo rappresentarli: troppo sdolcinata. Serviva qualcosa di diverso, qualcosa di più vivo, di più fresco e, allo stesso tempo, dolce.

E il vento trascinò con sé quella vivacità giallo acceso.

Alice passò le dita fredde sui minuscoli fiori con delicatezza per paura di polverizzare i batuffoli odorosi, Jasper le sorrise: prese il rametto di mimosa e glielo appuntò tra i capelli spettinati. Perfetto.