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Autore: Eneri_Mess    12/09/2015    2 recensioni
Uomini e donne, reduci da un’epoca cesellata di leggenda, agiscono per sovvertire le sorti di un mondo ignaro e di sognatori, il cui unico scopo è quello di raggiungere il più famoso e ambito dei tesori, il One Piece.
Ma il nuovo Re dei Pirati, colui che conquisterà ancora una volta ricchezza, fama e potere, sarà solo uno.
« Non peccare di presunzione. Gli eredi sono quattro, i pretendenti molti. Non sarai tu a scegliere chi diventerà Re dei Pirati e come egli – o ella – deciderà il futuro di ciò che resta del mondo »
Dal Capitolo XX:
« Non vedo cosa dovrei ricordarmi di te, Portuguese. Non tratto coi pirati » sibilò in tono velenoso, avventato, ma non riusciva a domare un pulsante senso di ansia crescente.
Quel tipo sapeva il suo vero nome. Quello che lei tentava di insabbiare da anni, e che se fosse arrivato alle orecchie sbagliate avrebbe provocato troppi casini.
Ciononostante, il pensiero sparì, come vapore, dopo aver sentito la “spiegazione”.
« Mi avevi detto che bacio bene. Pensavo che questo fosse qualcosa di bello da ricordare » dichiarò offeso.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Heavenly Eve
(Gli Eredi)
 
 
 
- Capitolo XVI -
[Il Bacio della Sirena]
 
 
 
 
A Yellow Canadair,
perché aspettiamo entrambe
che Shanks ci prenda e ci porti via.
A Nic87,
che è tornata
e ha dedicato parte del suo tempo
ai miei sogni a occhi aperti!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Port Red Jack,
città di Fulham.
 
 
 
Il sole era per metà sparito oltre la linea dell’orizzonte, ancora accecante nel suo colore rosso brillante, con le nuvole al suo seguito spennellate di vivido arancione e una strada luccicante sul mare che abbracciava tutta la zona costiera di Port Red Jack.
Nonostante la brezza serale che saliva dal mare fino al quartiere dei divertimenti e la terrazza sopraelevata della locanda rispetto alle vie brulicanti, la donna storse di nuovo il fine nasino con aria scocciata, riportandosi il cocktail a base di sherry alle labbra per gustarsi un sapore e un odore più piacevoli del lezzo circostante.
Contrabbandieri, prostitute, trafficanti, masnadieri, corsari…  esseri umani, per farla breve, e delle più varie e peggiori estrazioni sociali. Tutti con quel sentore di stantio dato dalla terra, di sudore, di vane illusioni sull’essere liberi e spregiudicati.
Dell’intero genere bipede gli unici che riuscisse a sopportare erano i pirati. Non che in realtà si differenziassero molto. Da quello che aveva capito negli anni, gli uomini andavano a caccia di due sole cose: la libertà o le proprie radici. Aveva raggiunto l’idea che si trattasse di una questione di razza. Lei di certo non aveva bisogno di angosciarsi a sciogliere immaginarie catene esistenziali, e nemmeno di chiedersi da dove venisse. L’unica risposta a entrambe era il mare.
Ai suoi occhi i pirati erano gli unici degni di nota, con le loro esistenze passate a sfidare la madre di ogni sospiro e sogno nella convinzione di poterla un giorno sottomettere. Suonava così scioccamente sentimentale, sfiorando il patetico, ma era una debolezza che l’attirava abbastanza da divertirla e decidere di dedicare il proprio tempo a sollazzarsi tra loro. In fondo, doveva riconoscere ai pirati il merito di intrigarla con le loro infantili ambizioni molto più dei maschi della sua specie. E sicuramente il sesso con loro era tutt’altra cosa.
Centellinò il suo Adonis, bevendone un altro sorso tediata dall’attesa. Avrebbe dovuto aspettare almeno altri tre giorni l’arrivo di Akai Oushiza a Port Red Jack, spillargli i soldi e liberarsi della seccatura. Aveva avuto tempo per riflettere sull’interesse che provava per lui, concludendo che l’affare non valesse il suo tempo. Lo aveva conosciuto, e sotto quelle maniere provocatorie e arroganti c’era soltanto un altro essere umano viscido e aspirante a un trono immaginario tra quelli della sua specie.
L’unica cosa che aveva sortito in lei della curiosità era il racconto sulla donna che aveva rapito e seviziato anni prima, ma la cui bellezza l’aveva letteralmente ammaliato. Dalla descrizione che ne aveva fatto non le ci era voluto molto per capire che parlasse di una Figlia del Mare; un uomo vanaglorioso che desiderava fare sua la distesa su cui naviga e nemmeno si accorgeva di avere avuto sotto il naso un raro gioiello.
Da quando aveva istillato in lui la consapevolezza di chi fosse stata la povera malcapitata, Oushiza era diventato ancora più infervorato dalle sue ambizioni. Aveva preteso ogni particolare, trovando affascinanti le leggende legate ai poteri che alcuni Discendenti del Mare potevano manifestare. Sembrava di vedere un ragazzino avido a cui veniva raccontata la favola delle favole: mezze-sirene o mezzi-tritoni, o figli di questi, capaci di poter piegare l’acqua al proprio volere, di richiamare a sé le più spaventose creature del mare o diventare essi stessi furia marina e provocare nubifragi.
Come un maiale a caccia di tartufi, in pochi mesi aveva trovato le informazioni che voleva, venendo a sapere dove Mizu avesse trovato rifugio e che, guarda caso, avesse avuto un figlio con gli anni giusti per essere del Toro Rosso. Da quel momento non aveva fatto altro che intestardirsi e smaniare per testare le capacità del bambino. Nonostante più volte gli avesse detto che si trattava di leggende e poteva risolversi tutto semplicemente con una strage, Oushiza non aveva sentito ragioni, anzi, era così ossessionato da essere diventato fastidioso.
Gli aveva promesso che se il moccioso avesse realmente dimostrato di possedere una delle capacità dell’Aqua Voco, Morphos o Vis, sarebbe stata disposta ad aiutarlo a svilupparle per i suoi interessi. Una menzogna per temporeggiare e tenerselo buono e, ovviamente, continuare a farsi pagare, l’unica cosa per cui quel Figlio del Diavolo fosse ancora utile.
Morale della storia, i desideri sfrenati del Toro Rosso erano stati realizzati. Aveva con sé il ragazzino e lei ora li attendeva meditando su come liberarsi dell’impiccio e trovare qualcun altro più appetibile per trastullarsi. Lei delle leggende non se ne faceva nulla, soprattutto se avevano cinque anni scarsi e prima di vedere dei risultati le avrebbe dovute allevare.
Era immersa nei suoi pensieri, voltata di tre quarti sulla poltroncina da esterno in vimini, con lo schienale largo a mezza luna che l’accoglieva comodamente, quando con la coda dell’occhio notò una presenza lasciarsi andare seduta davanti a lei senza alcun invito.
Si scoccarono un duplice sguardo freddo, mantenendo un atteggiamento composto anche quando scorsero particolari rilevanti di entrambi; poi il nuovo venuto fece un cenno a una delle cameriere. Cambiando del tutto espressione, e con tono roco e lusingatore ordinò un Adios Motherfucker. Se non era quello un biglietto da visita poco fraintendibile…
Ursula studiò il giovane uomo senza scomporsi, cercando di ravvisarne tra sé la fisionomia per capire chi fosse. L’occhiata che si erano scambiati la diceva lunga. Lui la conosceva in qualche maniera, e lei no, a parte per il fatto che i suoi ultimi pensieri erano appena stati ribaltati. I Figli del Mare non sembravano poi così rari come credeva. Gli occhi iridescenti e ammalianti del tipo parlavano chiaro.
Il ragazzo si mise più a suo agio sulla poltrona, in bella mostra svaccato e rilassato, disegnandosi un sorrisetto schernitore e attendendo che l’altra tirasse le somme.
Anche da seduto era alto, con un fisico da surfista da rimirare grazie allo smanicato lasciato aperto sul dorso abbronzato, i cui addominali erano levigati con cura come una scalinata di marmo. I capelli avevano lo stesso colore intenso del cocktail appena servitogli, ciano-acqua marina, tenuti in un nodo scompigliato da cui la maggior parte fuggivano via liberi e ribelli e il proprietario sembrava non farci caso, del tutto a proprio agio. Aveva un bel viso, dalla mascella forte, ma ciò che attirava interamente l’attenzione era il tatuaggio esteso su tutta la gola e che scendeva poi sul braccio sinistro fino al polso. Era una complessa mescolanza di dettagli legati al mare, onde, coralli, creature, tutte su uno sfondo primario dei gradienti dell’azzurro che dava l’idea di essere vivo e sgocciolante sul corpo plastico. A parte per una scritta che abbracciava giugulare e trachea: Asherah.
« Ci conosciamo? » chiese in fine, tornando a sorseggiare l’aperitivo allo sherry e distogliendo l’attenzione con fare noncurante.
« Non personalmente. Ho dovuto chiedere un enorme favore al mio capitano per trovarti » spiegò con una smorfia a un pensiero tutto suo.
« Sei un pirata? »
« Un mercante »
« E cosa vuoi? »
« La voce di Nerida Durmstrang »
Ursula tacque fissandolo per la prima volta interessata ma guardinga. Lo squadrò di nuovo, da capo a piedi, e finalmente si sciolse in un sorriso solo esternamente dolciastro, quasi melenso.
« Ma non mi dire… così sei tu il famoso bambino per cui Nerida si tanto è dannata. Quanti anni sono passati? Diciassette? Diciotto? » rise, abbandonando il bicchiere sul tavolino e appoggiando il mento sulle mani intrecciate, ora interessata al suo ospite.
Lui non rispose, i lineamenti che pian piano perdevano espressività, e lei proseguì sfacciatamente zuccherosa.
« Aspetta, ricordo come ti chiami… era un nome breve… ah ecco, Corèl, giusto? »
Un guizzo di irritazione ai lati degli occhi del ragazzo le fece capire che aveva fatto centro.
« Se proprio devi… chiamami Craig »
Ursula si lasciò andare a una risata cristallina perfetta per incantare l’altro sesso.
« Fammi indovinare! È il nome che ti hanno dato prima che Nerida ti ritrovasse, dico bene? Voi Figli del Mare avete questo destino ingrato di essere abbandonati alla nascita, una vera angoscia. Ma in fondo tuo padre ha solo seguito le leggi di SubAquaea, non ci si poteva fare nulla » finì laconica mentre gli occhi violacei le luccicavano maliziosi.
Craig si impose la calma, tradendosi appena nel contrarre i muscoli delle gambe.
« Ingannare una donna, metterla incinta, abbandonarla… poi tornare da lei e strapparle dalle braccia il figlio e giustificandosi ancora con un “deve essere affidato al mare” è proprio degno di una legge. A cosa vi serve, per tutelare la vostra stirpe? »
Ursula fece spallucce allontanando lo schifo contenuto nelle parole come se il problema non la riguardasse.
« È una regola così vecchia che nessuno si chiede più il motivo… è più un’abitudine. Ma l’abbandono ti ha giovato, non mi sembri patire nulla, anzi » gli fece notare con un lungo sguardo d’apprezzamento che minò seriamente il sistema nervoso del più giovane. Era tutta scena. Sembrava andare in sollucchero a trattarlo con lusinghe, come una zia a cui non interessa davvero del nipote ma lo sfoggia alla stregua di un proprio trofeo.
Lo avevano avvertito che non sarebbe stata una conversazione piacevole, e lui stesso non avrebbe voluto renderla tale, ma l’attesa di quel momento era stata lunga e non avrebbe dovuto essere riempita di chiacchiere frivole.
Tirò su la schiena con lentezza, scostando il cocktail e poggiando i palmi sul tavolo.
« Sono qui per la voce di mia madre » ribadì risoluto, facendosi sfuggire appena una sfumatura intimidatoria, il colore dei suoi occhi che si rimescolava come il mare prima della tempesta.
Ursula schioccò la lingua, perdendo appena la propria alterigia.
« Lei me la diede di sua spontanea volontà in cambio del mio aiuto per ritrovarti. Non ho mai accennato al fatto che sia in vendita » specificò dando un altro sorso al proprio Adonis.
Il ragazzo sorrise brevemente, sicuro di sé.
« Mi è stato riferito che per te tutto ha un prezzo… salato, ma non impossibile. Per quanto la voce di un essere umano sia preziosa, penso che troveremo un accordo soddisfacente » continuò tranquillo, come se fosse stato avvezzo a conversazioni del genere, anche se qualcosa le diceva che sembrava più un’imitazione ben riuscita.
Le labbra piene di Ursula, marcate di un rossetto prugna come la sua chioma raccolta, si storsero appena in una smorfia infastidita.
« Sai un sacco di cose » constatò tagliente, squadrandolo di nuovo come se le fosse sfuggito qualcosa. Aveva dei braccialetti di pelle di poco conto al polso non tatuato; il suo abbigliamento era casual, ben lontano dall’essere quello di un mercante. Alla cintura però notò una conchiglia grande quanto un piccolo otre, un dial che non aveva mai visto. « Chi ti ha detto dove trovarmi? »
Craig soppesò per qualche attimo la risposta, convenendo che rivelare la sua fonte generale non avrebbe arrecato danni a nessuno.
« I Raiders »
Ursula strinse le dita affusolate e curatissime sul bicchiere, per la prima volta dall’inizio della conversazione con del marcato disappunto sul bel volto.
« Dante e Dominic, eh? Chi dei due? »
L’alzata di spalle che ricevette in risposta non l’aiutò a dissimulare la stizza, ma sapeva anche lei che era irrilevante.
« Voglio venti milioni di berry » soffiò quindi, assottigliando lo sguardo.
« Va bene »
La donna gorgogliò una risata senza divertimento.
« Va bene? Hai tutti questi soldi da sganciare per tua madre? Le devi volere tanto bene o sentirti molto in debito » considerò senza riuscire a dissimulare l’asprezza.
« Me lo posso permettere » fu la risposta laconica e conciliante, mentre il suo sguardo guizzava di ostentata tranquillità. Dentro stava esultando silenziosamente.
« Allora facciamo trenta milioni » rialzò Ursula, sfidandolo.
Si studiarono, il ghiaccio nel cocktail brillante di lui cricchiò, rimescolandosi.
« … Venticinque » contrattò con la stessa espressione che la stava facendo indispettire. Aveva il coltello dalla parte del manico.
« Ventotto e la metà in anticipo »
Craig si lasciò andare al fremito di una risatina.
« Ventotto. Tutti alla consegna una volta che avrò in mano la voce e mi sarò assicurato che non ci siano fregature »
« Non sei molto bravo a negoziare » commentò l’altra riguardo al loro breve scambio di battute.
« Me lo dice sempre anche il mio capitato, che non sono tagliato per questo lavoro. Accetti? »
I secondi si contarono sospesi nell’aria fresca della sera, nelle chiacchiere sguaiate dei dintorni, negli svariati chiarori eternamente in festa di Fulham.
« Affare fatto, Corel » concluse Ursula alzando gli angoli delle belle labbra insieme al resto del cocktail in un invito a brindare che l’altro non accolse. « Ci vediamo tra cinque giorni alla banchina otto, davanti al Black Seagull. Ho delle questioni da sistemare prima, non ti dispiace aspettare, vero? »
« Mi terrò occupato »
Craig finì il proprio Adios Motherfucker, leccandosi le labbra e andandosene senza un saluto quando l’ultimo chiarore del crepuscolo lasciò l’orizzonte alla notte e alle sue stelle.
 
 
 
 
 
 
Le vie della principale città di Port Red Jack formicolavano di vita. Dalle scalinate del porto fino al centro del quartiere dei piaceri era un continuo via vai di gente, ciance e bestemmie. Le insegne dei locali gettavano bagliori arcobaleno sui sanpietrini; miriadi di lanterne di carta erano appese insieme a banderuole come in un festival perenne. Carretti ambulanti di cibo, di giochi d’azzardo da strada e saltimbanchi attiravano ininterrottamente gli avventori, millantando serate indimenticabili. Stesse serate promesse anche dalle prostitute ai numerosi ingressi dei bordelli e dalle hostess alle porte dei casinò.
Ursula si mosse nella calca di pessimo umore.
L’incontro con Corel – o Craig, come preferiva – Durmstrang l’aveva irritata. Quel ragazzino presuntuoso di ventitré anni scarsi era comparso dal nulla indagando su di lei a proprio piacere. Si ripromise che la prossima volta che si fosse imbattuta in Dante o Dominic dei Raiders gliel’avrebbe fatta pagare a entrambi per averle messo alle costole quella spina nel fianco.
Spina nel fianco pagante, e anche bene. A conti fatti non poteva lamentarsi troppo, avendo lucrato abbastanza nell’affare appena concluso. Ventotto milioni di berry per far tornare a parlare Nerida Durmstrang, come accordo aveva i suoi lati positivi. Peccato che non succedesse tutti i giorni di poter mettere le mani su una voce umana donata spontaneamente, e quindi molto più potente di una sottratta con la forza.
Si pizzicò il labbro inferiore coi denti, riflettendo mentre scivolava tra la folla facendo ben attenzione che nessuno le venisse contro.
Aveva cinque giorni per sbrogliare quell’inconveniente e decidere il da farsi. Prima avrebbe dovuto sistemare le cose con Oushiza, il suo pensiero asfissiante che nemmeno le rispondeva al lumacofono. Quando fosse attraccato a Port Red Jack se ne sarebbe sbarazzata in qualche maniera, assicurandosi prima almeno parte del compenso pattuito, cinquanta milioni, se non di più.
Con le lunghe dita smaltate si solleticò la nuca, continuando a meditarci su.
Avrebbe potuto aizzare Oushiza contro Corel con una scusa, per esempio. Così il lavoro sporco lo avrebbe fatto il Toro Rosso e quel piccolo rompiscatole avrebbe perso la sua vena scherzosa e sicura. Intanto lei avrebbe intascato ciò che le spettava dal primo, e aspettato di servirsi dalle tasche del secondo una volta sistemato. Era ancora un piano acerbo, ma come base andava più che bene. I giorni per pensare ai dettagli non le mancavano, quindi avrebbe potuto rilassarsi e…
Una spallata la fece incespicare, seguita subito dopo da un « Mi dispiace! Non guardavo… » piuttosto sincero, ma a cui lei reagì con uno sbuffo. Detestava il contatto con quelle scimmie evolute, ma quando si volse rimase a occhi sgranati, come il tipo che si era appena scusato.
« Ursula? »
« Shanks! » tubò lei contemporaneamente, tornando sui suoi passi fino a trovarselo davanti e squadrarlo dalla testa ai piedi. Non era cambiato dal loro ultimo incontro, apprezzò con appetito.
Poco più indietro scorse la sua governante, come lo apostrofava lei, Benn Beckman. L’uomo brizzolato le rivolse un’altrettanta occhiata poco lusinghiera, ma senza che il capitano della Red Force si rendesse conto di nulla.
« Che piacere vederti qui » continuò il Rosso, passandole il braccio sano intorno alla vita e tirandola a sé, mentre lei ricambiava con un bacio a stampo e una risata zuccherina.
« Che strano trovarci te, mio Imperatore »
« Lascia perdere certi epiteti » sbuffò annoiato, ritrovando subito il sorriso pieno. « Ti va di andare a bere qualcosa? »
Le iridi ametista di lei scintillarono. La serata stava prendendo una piega molto interessante.
« Certo tesoro » assentì, per poi inclinare il capo e buttare un occhio oltre le sue spalle coperte dal mantello nero, increspando gli angoli della bocca. « Viene anche la tua ombra o si fida a lasciarti andare in giro con me? » insinuò con affettata sufficienza, passandosi le dita sulle labbra, provocatoria.
Shanks alzò gli occhi al cielo, fintamente esasperato dai loro atteggiamenti. La fronte accigliata di Benn la diceva lunga, confermando l’antipatia verso la donna e che quell’incontro fortuito non gli stava andando giù minimamente. Tuttavia il Rosso aveva già deciso, così il suo vice si allontanò con poche parole e un’alzata di spalle, sparendo nella folla in direzione del porto.
Ursula schioccò la lingua, spalmandosi sul braccio del pirata e intrecciando le dita con le sue.
« Vieni con me, conosco un paio di posticini carini »
Dieci minuti dopo erano seduti al bancone dell’enorme locanda Flowers’n’Rouge che affacciava su una delle scogliere dell’isola sovrastante da un lato il porto e il mercato. Era un posto elegante, in legno scuro trattato al naturale, dai tessuti ricamati a fiori esotici e portacandele di vetro rosso, arancio e giallo che davano all’ambiente una componente intima che gli avventori sembravano apprezzare bisbigliando e non urlando come nelle taverne del centro. Di tanto in tanto soffiava la brezza dal mare, facendo tintinnare le tendine a perline e conchiglie che separavano la sala interna dalla veranda.
Sul largo bancone l’oste lasciò le ordinazioni, un Red Sunset per la signorina e un King’s Club per l’imperatore, accostando stuzzichini vari tra cui salatini, olive e datteri. I due si misero sedettero sugli sgabelli imbottiti, il ginocchio di lei mollemente appoggiato alle gambe dell’uomo.
« Che fai da queste parti Shanks? Così lontano dalle tue terre… » favoleggiò la donna, inumidendosi le labbra che sapevano di liquore dolciastro.
« Questa storia ti piace proprio, eh? » scherzò lui con una smorfia.
« Vuoi mettere… conoscere uno degli Yonko? Saprei a chi rivolgermi in caso mi succedesse qualcosa »
« Sei nei guai? » indagò lui serio, lasciando il bicchiere tumbler sul tavolo.
La donna si strinse nelle spalle con aria civettuola, scuotendo infine il capo.
« Nulla che non possa gestire, tranquillo. Lasciamo fuori queste faccende noiose » soffiò languida, rigirando le cannucce dell’aperitivo. « Su, non mi hai risposto, perché sei qui in questo covo di molesti? »
« Sono venuto a trovare un amico » spiegò laconico.
« Un amico molto importante per portare uno come te al di qua della Red Line »
« Un vecchio compagno di tanto tempo fa » chiarì rocamente, mettendole i brividi.
Shanks era l’eccezione che confermava la regola, per Ursula. Lui era l’unico uomo e pirata che esulava dai suoi preconcetti, l’unico per cui avrebbe fatto carte false e giocato fino all’ultimo ogni suo brandello di incanto se fosse servito ad averlo per sé. L’odore della sua pelle era come una droga e non ne aveva mai svelata la ragione. Sapeva di mare, di uomo e di libertà. Come potesse avvertire queste sensazioni era un mistero che andava inevitabilmente a cozzare contro quello che pensava degli esseri umani. Eppure era così, e anche da anni.
Tornò coi piedi per terra quando lui le fece la linguaccia, cogliendola in flagrante nelle sue distrazioni.
« Un compagno di tanto tempo fa? » ripeté. « Di quando stavi col Re dei Pirati? » 
Il Rosso si limitò ad annuire.
« Perché non mi racconti qualche storia di allora? Non se ne sentono molte in giro… almeno, non di veritiere. Se le ascoltassi dalle tue labbra avrebbero sicuramente un altro sapore » aggiunse, accarezzandogli la guancia ispida e percorrendo col pollice la linea della bocca, di cui ridisegnò i contorni con gli occhi. Si scambiarono una lunga occhiata carica di aspettative e propositi, ma per il momento Shanks si concesse di baciarle il polpastrello.
« È passato tanto tempo… » replicò nostalgico, reclinando il capo e distogliendo lo sguardo.
« Siete diventati leggenda. Il tesoro, il One Piece, esiste davvero? » domandò lei bramosa di curiosità.
Shanks emise un verso a metà tra il divertito e l’esasperato, per poi mimare con le labbra la parola segreto.
Di contro, Ursula fece una smorfia adorabile ma che non fregò l’imperatore.
« Almeno è vero che con voi navigava anche lo spadaccino più forte al mondo prima di Occhi di Falco? »
Un lampo attraversò le iridi scure del capitano, troppo veloce per poterne cogliere l’emozione che lui dissimulò con un gesto annoiato della mano, tornando al suo drink.
« Sì, ma era un tipo irritante » rispose tra un sorso e l’altro. « E come dicevo è passato tanto tempo. Certe storie sono più divertenti quando la gente le arricchisce di particolari per tappare i buchi »
« Fai tanto il misterioso… si tratta di qualche tacito segreto tra compagni? O promesse? »
L’uomo ridacchiò.
« Qualcosa del genere… ci sono cose che è meglio rimangano non dette »
« Come l’Erede? Gol D. Bryan? »
« Sei proprio curiosa stasera eh? »
« Mmh… » mugugnò lei sensuale, sciogliendo lo chignon e lasciando che i capelli violacei le cadessero sulle spalle, intessendo un nuovo gioco di sguardi con il capitano. « Devi sapere che circola una voce nel Regno del Mare… » iniziò, sporgendosi verso di lui in confidenza e ravviandosi le ciocche dal decolté. « Si dice che la Regina Coralia e Gold Roger si conoscessero… che in gioventù abbiano navigato insieme. Qualcuno millanta addirittura di un figlio. Il trono non le spettava in realtà, ma il diretto successore è morto prematuramente e lei, da secondo genita, ha ereditato il potere. Da allora però tutte le voci sono state messe a tacere. Ne sai qualcosa? In fondo si trattava del tuo capitano… »
 Shanks non rispose subito. Rimase con lo sguardo a fissare il vuoto, solleticandosi pensieroso la barba rada. La donna lo osservò a sua volta, in parte chiedendosi quali tasselli stessero andando a posto nella sua mente, in parte perdendosi a fissarne la fisionomia con un fremito sottopelle.
Quando alla fine il Rosso parlò, non realizzò le aspettative della donna.
« Non ho idea se queste voci siano vere. Ero giovane quando mi sono imbarcato con lui e ho passato solo tre anni al suo fianco. Le notizie su quei due, Bryan e Bonnie, hanno colto di sorpresa anche me » chiarì, e da quanto lo conosceva, Ursula capì subito che stava parlando con onestà. Eppure… qualcosa, un lievissimo guizzo delle sue iridi avrebbe voluto dire di più. Ma l’imperatore allontanò altre domande sull’argomento mandando giù una lunga sorsata del suo drink, per poi andare a massaggiarsi la spalla sinistra, il cui moncherino era nascosto dalla manica annodata della camicia.
« Sai… » cominciò lei, passeggiando con due dita sulla coscia dell’uomo. « Con qualche incantesimo e un donatore… potrei farti riavere il braccio sinistro »
« Che cosa macabra! » sbottò lui, facendole storcere le labbra con disapprovazione. Poi scosse la testa, fermando i movimenti ma lasciando il palmo dov’era. « Va bene così… l’ho perso scommettendo sul futuro »
Ursula rimase a guardarlo, o meglio, a cercare di decifrare le sue parole e la sua espressione addolcita. Non lo aveva mai visto prima con quel sorriso morbido a ripensare a qualche cosa, o qualcuno, che gli mancava. Ne fu un po’ ingelosita, ma ricacciò la sensazione.
« Che intendi dire? » indagò asciutta, come se la domanda fosse d’obbligo.
L’uomo rimase un attimo a pensare prima di rispondere.
« Non credo che capiresti » disse cauto, aspettandosi un inasprirsi della chiacchierata.
Per un istante qualcosa di poco accondiscendente dardeggiò negli occhi viola della sirena, tuttavia le sue labbra si sciolsero in un lieve sogghigno.
Sporgendosi fino alla punta dello sgabello annullò la distanza che li separava. Lo baciò una prima volta, assaporando il mix alcolico delle loro labbra. Alla seconda, il pirata non si lasciò attendere, ricambiando e approfondendo. Una delle mani di lei passò nei capelli color sangue alla base della nuca, mentre l’altra gli ridisegnava le linee del petto, scostando vezzosamente i lembi della camicia bianca.
« In effetti ci sono cose che capisco meglio » soffiò languidamente Ursula sulla sua bocca, mordendogli il labbro mentre le dita scivolavano carezzevoli fino al cavallo dei pantaloni. « Ma allora sei contento di vedermi » constatò ridacchiando di nuovo, vibrante.
« Sono sempre felice di rivedere una bella amica » mormorò lui con tono avvolgente, facendole scivolare la mano sul fianco fino alla coscia.
Ursula tornò a baciarlo, intensamente, per staccarsi un attimo dopo e fissarlo. Nelle sue iridi pagliuzze di un viola più intenso sfavillarono e lui ne rimase rapito, incantato.
Nella sala il silenzio divenne sovrano e i secondi si fecero più lunghi. Un manto impalpabile era sceso su tutto, ovattando rumori e sfuocando luci. Bisbigli arcani si insinuarono tra i due, sulla pelle, rimbombando echi inafferrabili.
« Vieni via con me » sussurrò la sirena, modulando ogni sillaba con attenzione, come onde del mare che cullano il naufrago a un passo dallo sprofondare. « Lascia tutto e seguimi »
Shanks fissò le sue labbra vacuamente. Reclinò il capo all’indietro, lento, avvertendo un brivido serpeggiargli addosso, avvolgendolo in una sensazione cullante ma che stonava con qualcosa. Qualcosa per cui il suo cuore batté un colpo più forte degli altri, facendolo trasalire. Sbatté le palpebre un paio di volte, riprendendo i contatti con la realtà.
Sorrise, forse un po’ tirato, ma ricambiando l’occhiata intensa con una lucida, quasi bonaria.
« Mi spiace tesoro, ma tornerò nello Shinsekai » replicò tranquillo, come se gli fosse stata fatta una semplice domanda. Nulla lasciò intendere se avesse capito cosa fosse successo o se fosse consapevole che la donna avesse provato a incantarlo. Qualsiasi delle due opzioni sembrava non avere importanza.
Ursula scrollò le spalle con un sospiro, tracciando pigramente cerchietti sulla coscia di lui dove la stoffa dei pantaloni si tendeva sui muscoli.
« Non riesco proprio a farti mio » celiò fintamente avvilita, riavvicinando il viso al suo tanto che i loro respiri tornarono a mescolarsi. L’ambiente si ravvivò, caldo, inebriante, col sapore di qualcosa di piacevole e sensuale nell’aria della notte.
« A meno che tu non debba andar via per altri impegni, » iniziò Shanks accennando un ghigno furbetto « abbiamo tutta la notte… ti va? »
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
Intanto,
nei pressi dell’isola di Nim…
 
 
 
I bagliori delle lanterne sulla Sunny illuminavano poco e niente della notte senza luna. L’acqua era quieta, le onde lambivano le fiancate del brigantino con uno sciabordio cadenzato, come lo scorrere dei minuti.
La maggior parte dei Mugiwara era sparpagliata sul ponte erboso, apparentemente ognuno per i fatti propri. Sanji ingannava il tempo sbucciando frutta sul tavolo che avevano preparato per una cena consumata a metà. Robin, al suo fianco con un polso fasciato, sorbiva lentamente un tè ai fiori di Zagara, occhieggiando di tanto in tanto la porta della cambusa. Zoro stava seduto a braccia incrociate, il mento basso sul petto, addormentato.
Poco in là l’atmosfera aveva toni più all’apparenza vivaci. Usopp, Franky e Brook facevano da ciceroni al piccolo Matt in giro per la nave, inframmezzando il giro turistico di storielle al limite del reale ed esibizioni estemporanee. Il bambino era stanco e provato, ma si era rifiutato di dormire, continuando a chiedere di vedere sua madre. Ma Mizu era chiusa in infermeria da più di un’ora sotto le cure di Chopper e Nami. Le sue condizioni si erano rivelate più gravi del previsto alla fine dello scontro col Toro Rosso, quando si era accasciata contro la renna umanoide, per riprendere coscienza a tratti mentre la febbre andava alzandosi.
Non c’erano ancora stati responsi sulle sue condizioni.
Rufy e Kamome pazientavano in un silenzio teso all’interno della cambusa. Il capitano, bendato alla meglio dal cuoco, sedeva a braccia incrociate e gambe larghe sul divano che correva lungo il muro, il capo reclinato all’indietro e il cappello a coprirgli il viso. L’anziana Figlia del Mare era lì di lato, il bastone che batteva ritmicamente a terra in assenza del più famigliare tic tac di un orologio.
La vecchietta era stata di poche parole, avendo compreso immediatamente la gravità della situazione. Il sollievo iniziale nel vederli tornare a bordo della nave, su cui aveva atteso trepidante notizie, era scemato quando aveva avuto sotto gli occhi sua nipote, terrea e priva di coscienza.
Dopo così tanti minuti di silenzio da diventare sorda e scattare al più piccolo fruscio, i pensieri angosciosi di Kamome sentivano il bisogno di una pausa dal continuare a macerarsi sulla sorte di Mizu.
« Hai mantenuto la tua parola » esordì secca, dando l’idea che fosse un’accusa più che una constatazione.
Il ragazzo dal Cappello di Paglia bofonchiò un assenso, senza muoversi.
« Ma non ci si può fidare dei Figli del Diavolo » continuò sulla stessa linea, burbera nel tono ma con i lineamenti rugosi divisi tra l’ammettere una verità scomoda e rimanere della propria opinione. « Ho sempre saputo che avrei dovuto starvi alla larga… voi siete delle aberrazioni! Esistete per capriccio! Gente capace di spezzare le vite degli altri schioccando le dita! Quei Frutti dovrebbero solo che marcire e scomparire per sempre! »  
La sua voce andava in crescendo, come la presa rigida e tremante sul bastone nodoso, ma la scimmietta di gomma non incassò e Kamome proseguì, più tagliente.
« Poi ci siete voi con quella D. maledetta nel nome… Voi e la tempesta con cui potreste distruggere tutto, spazzare via senza distinzioni amici e nemici » disse, voltandosi a scrutarlo. « Cosa hai in mente, ragazzo? Perché sei per mare? Qual è il tuo obiettivo? »
Rufy sembrò soppesare le domande, ignorando l’inquisizione che aleggiava nella cambusa.
« Ho promesso a una persona che un giorno sarei diventato un uomo di cui sarebbe andato fiero e avrei conquistato il titolo di Re dei Pirati »
« Non potrebbe avvenire sciagura peggiore! » rise l’altra sprezzante, ma le sue parole tremavano.
Si stavano fissando. Per la seconda volta, Cappello di Paglia non replicò di fronte al volto pallido e tirato dell’anziana e al suo sfogo. Alla fine, qualcosa andò incrinandosi nella sua maschera scontrosa, che si sciolse come un fiore che appassisce velocemente.
« Il mare non perdona ragazzo… La prima D. si è macchiata di colpe che un giorno sconterete, che rimpiangerete quando le persone a cui tenete verranno coinvolte… e per quanto la tempesta possa essere forte… » si interruppe, incerta su come proseguire mentre lo sguardo nero e fermo di Rufy tornava a celarsi sotto la falda del cappello, apparentemente disinteressato. « Tu sei diverso… in realtà, non sei il primo che conosco che... be’, che non è quello che si va in giro a dire di voi. Ma non vedo come questo potrà cambiare il vostro destino… »
« ‘Bacchan » la zittì alla fine il futuro Re dei Pirati. « Non mi interessano queste cose. Ho fatto una promessa a me e a Shanks e la porterò avanti insieme ai miei compagni. Non posso prevedere cosa accadrà, ma ora c’è Mizu di là e spero che torni a sorridere »
Per Kamome fu come ricevere una scrollata, perché rimise a fuoco la porta dell’infermeria e la sua presunzione si sgonfiò alla stregua di un palloncino.
« Come credi figliolo… » concluse con un sospiro da nonna, per menargli in testa il bastone un secondo dopo.
« AHIA! Ma perché mi picchi adesso!? »
« Perché sei irritante »
« Obacchan sei una- »
L’uscio dell’infermeria si aprì all’improvviso e si richiuse alle spalle di Nami e Chopper.
Il capitano si voltò con gli occhi carichi di attesa, ma i suoi compagni non portarono buone notizie.
 
 
 
 
« È una decisione da folli! »
« Le alternative sono finite… »
« Ti ascolti Rufy!? »
« Sanji-kun calmati… »
« Nami-san, non puoi essere davvero d’accordo! »
Ma quando il cuoco si volse verso la compagna e vide che lei non distoglieva lo sguardo, nonostante la stanchezza e un senso di mortificazione attanagliante, capì che era seria. Il biondino morse la sigaretta consumata, picchiando i palmi sul tavolo e facendo sobbalzare i più.
Da qualche minuto in cucina si stava ponderando il da farsi. Mizu era in condizioni critiche; secondo Chopper le presunte cure del medico dei Tori Rossi avevano fatto solo che danni e l’infezione non andava migliorando. La possibilità più plausibile sarebbe stata portarla in un ospedale meglio attrezzato. Tuttavia l’isola abitata più vicina era Koujin e non avrebbero fatto in tempo.
Mentre Brook, Robin e Franky tenevano occupato Matt lontano dalla cambusa, il resto della ciurma si era ritrovato tra le mani l’ultima e insensata alternativa per guarire la mezza-sirena.
« ‘Bacchan… con tutto il rispetto per le vostre discutibili tradizioni » iniziò Sanji, passandosi una mano tra i capelli con l’aria di chi sembra essere l’unico a considerare razionalmente la questione. « Ma io non credo che lasciarla in mare le salverà la vita »
« La vostra medicina non ha fatto di meglio! »
« Affogarla invece è ragionevole!? »
« Non annegherà! È una Figlia del Mare! »
« Ma se hai esordito dicendo che non è certo che funzioni! »
« Bisogna avere fede! »
« Vecch- » ma prima che il cuoco finisse di apostrofarla una mano ferma sulla sua spalla lo fece demordere. Il biondino gettò uno sguardo al capitano, scostandosi bruscamente ma senza riprendere a discutere.
« Sono d’accordo con Sanji » intervenne Usopp con un lungo sospiro, guardando tutti. « È da pazzi »
« Chopper non puoi davvero fare nulla? » domandò più calmo Zoro, seduto di tre quarti sul tavolo.
La renna, in braccio alla navigatrice, scosse il capo desolata.
« Secondo quello che avete detto – e si riferì a Kamome, Nami e al ragazzo con la cicatrice sotto l’occhio – lasciandola in mare avrà più possibilità di vivere che restandosene di là ad aspettare di morire » riassunse lo spadaccino con un’inflessione che metteva sulle spine. « Rufy… ti fidi? » continuò, ponendo la domanda fatidica. La decisione finale spettava al capitano, lo sapevano tutti. Per quanto potessero alzare i toni e considerare l’idea come folle, dovevano fare qualcosa.
« Sì »
« Dannazione » imprecò il cuoco, dando un calcio frustrato alla gamba del tavolo.
« Prenderò Mizu e con obacchan scenderemo sulla Mini Merry a pochi metri dalla Sunny… » spiegò il capitano, implicando che si assumeva ogni responsabilità.
« E poi aspetteremo » concluse la vecchia in un mormorio mesto. 
L’atmosfera nella cucina non era mai stata tanto divisa e piena di dubbi. 
 
 
 
 
Mizu riprese i sensi un’ultima volta quando le giunse vicino il rumore dell’oceano. Era una ninna nanna delicata, tanto che per un po’ non diede segni di essersi svegliata. Un limbo narcotizzante riempiva la sua mente, come se si fosse trovata in una stanza piena di morbida ovatta bianca che copriva qualsiasi imperfezione o pensiero. Avrebbe detto che fosse una sensazione rilassante, come non ne provava da giorni, ma poi sentiva anche una pesantezza trascinante verso il basso, una forza che sembrava volerle togliere di nuovo la coscienza, e si chiese perché non glielo concedesse.
Erano state ore lunghe, ore piene di travagli e paura, ore in cui aveva perso la speranza e pianto lacrime che non credeva di avere più. Poi però era arrivato un vento forte – un tifone…? – qualcosa che le aveva asciugato il viso e dato al suo cuore un ritmo diverso, la voglia di credere. Credere che Oushiza quella volta non avrebbe vinto. Che le macerie di sei anni prima sarebbero crollate definitivamente, che non ci sarebbero più state rovine di un passato su cui disperarsi. Avrebbe ricominciato da capo, di nuovo, ma questa volta con la consapevolezza che il suo incubo era stato distrutto dalla tempesta
« … Ru… fy? » domandò con un filo di voce talmente sottile che nemmeno lei riuscì a sentirsi. Schiuse gli occhi, con la sensazione di sollevare due rocce, e non mise subito a fuoco. C’era della penombra, molto scarsa. Era buio, e due lanternine illuminavano debolmente la piccola imbarcazione in mezzo al nulla insieme alla Sunny.
La giovane trovò poco distante da sé il profilo del capitano dal Cappello di Paglia, che finalmente si accorse di lei.
« Mizu! » esclamò, una punta di allegria che le fece tenerezza. Iniziò a distinguere qualcosa di più, anche se scarsamente, e avvertì le braccia del ragazzo intorno al proprio corpo senza energia. Il rumore delle onde ora era più chiaro.
« Che… succede? » chiese, sentendo la testa vorticarle.
« Gabbianella » la chiamò Kamome, col cuore in gola, puntando oltre le spalle del moretto. Le fiorò le mani adagiate senza posa, deglutendo. « Stai male, bambina mia. Hanno provato a curarti ma c’è rimasta solo un’ultima possibilità… » la voce le si spezzò e due lacrime le scesero sulle guance.
« Ehi Mizu » intervenne il futuro Re dei Pirati, assicurandosela meglio addosso. « Chopper ha fatto quello che poteva, non avercela con lui. Però obacchan dice che voi del mare potete guarire standovene in acqua. Sei d’accordo? »
La mezza-sirena annuì, consapevole. Così era ridotta talmente male che l’unica soluzione era riaffidarla alla corrente, come quando era nata. Il ricordo di Matt le soffocò il petto, ma qualsiasi cosa pensasse era inafferrabile. Il suo limbo divenne uno scivolo oscuro.
« Grazie Rufy… » mormorò prima di perdere i sensi.
« Che Nettuno la protegga » pianse la vecchietta, coprendosi il volto con mani tremanti.
La notte era piena di stelle che luccicavano riflettendosi sulla superficie dell’oceano. Dai parapetti della Sunny, tutta la ciurma guardò in un silenzio carico il capitano depositare con attenzione la Figlia del Mare tra i flutti tranquilli.
Dapprima non accadde nulla. Rufy teneva stretta la mano della donna nella sua, evitando che il corpo inerte si allontanasse troppo dalla sponda della Mini Merry. I capelli blu scuri di lei si sparsero a ventaglio nell’acqua, mentre la sua carnagione diafana le dava un aspetto spettrale che i più digerirono male.
Qualcosa si mosse. Se ne accorse per primo Usopp, aguzzando la vista. Sotto il pelo dell’acqua ebbe la certezza di aver visto un guizzo informe.
« Sta arrivando qualcosa… » concordò Zoro a voce alta, che non colse movimenti ma presenze.
« Vi avverto: tra dieci secondi la vado a recuperare » proruppe Sanji con le dita artigliate nelle tasche.
Ne servirono molti di meno per lasciare tutti a occhi sgranati.
La superficie nera dell’oceano fu infranta dall’arrivo di cinque presenze. Chiome dai colori più vari splendettero al bagliore fioco delle lanterne, mentre tre sirene e due tritoni fecero capannello intorno a Mizu.
Nessuno disse nulla nell’incredulità generale. Dei nuovi arrivati, le donne si accostarono alla Figlia del Mare, tastandola delicatamente e sorreggendole il capo. Gli uomini guardarono prima la grande nave e il vessillo pirata, incrociarono lo sguardo minaccioso e attento dei membri della ciurma, per poi finire a fissare Rufy che li ricambiò con un’espressione sbalordita. Non aveva ancora lasciato andare la mano della sventurata, nonostante fosse sbilanciato parecchio in avanti.
« Vi prenderete cura di lei? » la voce di Kamome risultò piccola e reverenziale, quasi timorosa. Non sembrava per nulla lei, tanto che il capitano si voltò a guardarla.
I due tritoni annuirono senza accennare emozioni. Una delle sirene sciolse gentilmente la presa del ragazzo di gomma, scoccandogli un breve sguardo indecifrabile, per poi iniziare a cantare sommessamente. A lei si unirono anche le altre due, cullando con tenerezza Mizu.
Dalla Sunny ci fu chi trattenne il fiato, chi fece per commentare ma le parole uscirono balbettanti. Fu come assistere a un incantesimo indolente, fuori dal tempo. Il canto leggero riempì l’aria e solleticò i sensi, ammansendo gli animi e intorpidendo i muscoli con una sensazione di pace appagante.
Il tutto non durò molto, tanto che quando il quintetto sparì tra le onde con la Figlia del Mare, per tutti fu come svegliarsi da un sonno fugace.
« Starà bene? » domandò Rufy, osservando il punto in cui l’acqua era tornata placida.
« Sì » singhiozzò Kamome, che anche se piangeva lo faceva con sollievo. « Sì, starà bene. Tornerà quando sarà guarita »
Il capitano sorrise, ancora inebriato dal canto ammaliante scivolatogli sulla pelle con un fremito rilassante.
Poi però riaguzzò la vista, sbattendo le palpebre un paio di volte credendo di vedere male.
« Una sirena è tornata! » strepitò, osservando la chioma azzurra emersa dalle onde e i due occhi dello stesso colore che lo fissavano con un’intensità che gli fece aggrottare la fronte. Sembrava che lo stessero accusando di qualcosa e al tempo stesso lo studiassero.
All’esclamazione la vecchia sì pulì le guance rigate riprendendo un contegno e guardando a sua volta, ma senza capire.
La creatura si avvicinò con misurati colpi di coda, fermandosi a poche spanne dal parapetto della Mini Merry con l’attenzione di tutti i presenti su di sé.
La pelle aveva un tono caldo, luccicante, dando l’idea di essere seta. Le ciglia lunghe avevano goccioline d’acqua a impreziosirle come perle; le labbra appena schiuse erano di un morbido rosa, ipnotizzanti.
Dopo lo sbigottimento iniziale, Rufy fece quello che gli risultò più spontaneo. La salutò.
« Cia… »
La sirena lo ignorò. In una frazione di secondo le sue mani si posarono sul limitare della piccola barca e lei si erse con uno slancio fluido, interrompendolo. I suoi capelli fluttuarono fuori dall’acqua come un’onda cangiante privi di gravità.
Il ragazzo dal Cappello di Paglia si sbilanciò all’indietro per la confusione e la meraviglia, ma dita fredde e bagnate lo ripresero dalla nuca, mentre la donna suggellava le sue labbra con le proprie.
Partirono da subito rumorose esclamazioni, ma il capitano non le recepì. Il sapore salato del bacio gli provocò una sensazione strana e piacevole, che contrastava con l’iniziale presentimento sgradevole. La sua bocca era fresca, ma il fremito che gli scese lungo la schiena fu simile all’aver preso un respiro profondo ed essersi gettato tra le onde. Un’emozione che non provava da quando era piccolo e che allo stesso tempo gli smorzò le forze.
Durò poco, o forse tanto. Rufy sentiva solo il ronzio di sottofondo delle lamentele di Sanji e le incitazioni di Franky. La sirena si scostò di poco e il suo sguardo tornò di pietra, sottile e accusatore. Frastornato e vagamente conscio di averla afferrata per la vita, percependo sotto le dita il confine tra pelle e squame, il ragazzo di gomma fece per articolare un wow! che fu ruvidamente interrotto.
La Mini Merry traballò quando la sirena diede di proposito un nuovo colpo di coda, facendo forza sul parapetto col proprio peso. Kamome finì gambe all’aria, mentre Rufy fu agguantato dalla camicia e strattonato in avanti.
Il sonoro splash con cui la creatura lo trascinò in mare coprì il suo verso strozzato che si trasformò presto in tante bollicine sotto la superfice in cui svanirono, lasciando gli spettatori raggelati sul posto.
« RUUUFYYY! »

 
 
 
To be continued
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
- Asherah: dalla mitologia semitica, può significare “colei che cammina nel mare”, ed è uno dei nomi della Grande Madre. 
- Nerida: dal greco (se non erro) e significa “ninfea”.
- Durmstrang: da Harry Potter (sì!), il nome di una delle scuole di magia. Originariamente veniva dal movimento culturale tedesco Sturm und Drang (Tempesta e impeto).
- Corèl: una variazione di “Coral” (corallo), in questo caso maschile.
- Craig: dal gaelico “roccia”. 
- Yonko: è il nome giapponese con cui ci si riferisce ai “Quattro Imperatori” del Nuovo Mondo.
 
 
 
 
 
 
 
Note al capitolo & dell’autrice:
Io amo questo capitolo. Ho amato scriverlo, rivederlo, limarlo. So che è pieno zeppo di riferimenti (o “ami”, come dice Nic), ma in realtà il prossimo è peggio. Questo è anche il primo capitolo che esula totalmente dalla vecchia pubblicazione ed è quello di transizione verso la prossima Arc della fanfic. Insomma, tanta roba, e c’è Shanks!
Secondo Yellow Canadair è lui, è IC, e io mi sono elettrizzata da matti, spero sia lo stesso per voi!
Ma passiamo ai fatti, due nuove New Entry: Ursula, che si era “sentita” un paio di capitoli fa al lumacofono con Oushiza, e poi Craig Durmstrang *alza i pon pon da mamma fiera*. Contrattazioni in atto, nuove “categorie” (mercanti) introdotte nella storia… un po’ di rivelazioni e qualcosa che già sapevamo (Coralia, Gold Roger…), ma qui c’è ancora chi brancola nel buio =D
Tornando a Nim, i Mugiwara sono invece alla prese con Mizu MAI’NAGIOIA (nuovo cognome della nostra sventurata, come chiamata da Nic, e credo che siamo tutti d’accordo a riguardo) e le sirene.
E Rufy. Due bagni in uhm due giorni. Potrebbe stabilire un record! Intanto la ciurma sta cercando di non farsi esplodere le coronarie =D
Questa volta le note sotto saranno davvero lunghe!
 
 
Grazie a jillianlughnasad e Nic87 per l’immenso sostegno! Soprattutto perché a entrambe piacciono tanto i miei Original Characters e questo mi rende tutta miele *love* Spero di continuare a regalarvi emozioni!
 
 
 
 
Notone:
 
- Cocktails: massì, cominciamo dalla roba alcolica! Ho scelto nomi di drink specifici e mi sono divertita da matti a cercarli *w* In ordine: l’Adonis, da Adone, il ragazzo di estrema bellezza della mitologia greca che fece impazzire più di un dio, l’ho dato in mano a Ursula perché lei è una buon gustaia, in tutti i sensi: è a base di Sherry, delicato e buono per un aperitivo pre-serale, e poi racchiude un po’ del suo modo di essere.
Subito dopo l’Adios Motherfucker: questo è stato una rivelazione! [FOTO] Ha lo stesso colore di capelli di Craig, è un mix alcolico da paura e il suo messaggio è chiaro: Addio figlio/a di puttana. *scream*    
Gli ultimi due sono il Red Sunset, di nuovo per Ursula, in tono con il suo incontro con Shanks, e il King’s Club per il nostro Rosso preferito. KING’s Club. Sì, sono una minchiona *lol*
Dopo aver scritto questa parte sono uscita a farmi due drinks. Non sto scherzando.
 
- Figli del Mare e Discendenti del Mare: le vicende su di loro stanno prendendo piede. Per adesso vi ho presentato in ordine: Mizu, Kamome, Matt e ora anche Craig. Tutti figli di sirene (come Mizu) o tritoni (come Craig). Con “Discendenti” intendo, per non fare confusione, la prole dei Figli del Mare. I Discendenti però non devono essere necessariamente abbandonati in mare, dato che i loro genitori non fanno parte integrante del Regno del Mare, al contrario di sirene e tritoni. Ok, sì, è confusionaria la cosa. Abbiate fede.
Il perché alcuni Figli/Discendenti del Mare abbiano dei particolari poteri (Aqua Voco, Vis o Morphos) lo spiegherò molto più in là. Un motivo però c’è, non è (totalmente) campato per aria!
 
- Ursula: avete visto quant’è adorabile questa donnina? Così razzista e schifata, che poi si butta tra le braccia di Shanks come una brava signorina di mondo. Lei è uno di quei personaggi che non doveva comparire adesso, ma molto molto più in là. Nella mia mente è sempre stata una delle amanti di Shanks (suvvia, quell’uomo ha dei lati nascosti su cui possiamo solo che fantasticare!) e non nasconde neanche troppo che vorrebbe il Rosso tutto per sé, anche usando l’inganno. Ma la cosa non funziona (e sì, anche a questo c’è un perché!).  
Ha un’età indefinita, ma sa come mantenersi bella e attraente. Sostanzialmente le piace divertirsi ed è molto molto avida. Però è anche una persona intelligente, sa giocare le sue carte.
[QUI] vi lascio un suo prototipo (pinnato).
 
- Craig Durmstrang: il suo nome di battesimo è “Corèl Durmstrang”, figlio di una donna umana (Nerida Durmstrang) e di un tritone. Dopo la nascita, come lui stesso racconta, fu strappato dalle braccia della madre e abbandonato in mare. Le persone che lo trovarono, non sapendo nulla di lui, lo chiamarono Craig. Fu rintracciato dalla madre dopo diverse peripezie e grazie all’aiuto di Ursula, che in cambio ottenne la “voce” di Nerida.
I dettagli della storia li metterò tra qualche capitolo, tra cui anche l’origine del suo tatuaggio sulla gola “Asherah”.
Il signorino è un gran bel pezzo di manzo ed è un mercante. Ha fatto più di un accenno al “suo capitano”. Tenete a mente ♥ Ah, dimenticavo. Ho fatto delle ricerche nelle varie Wikia su One Piece, e Craig possiede un Dial molto particolare! ^.^
 
- Raiders, Dante e Dominic: questa è una nota solo per minare la vostra pazienza! Sì, di nuovo loro! Due capitoli e vi dirò qualcosa di più sostanzioso, promesso! *fugge*
 
- D. & Frutti del Diavolo: Kamome si è scatenata. Ha detto talmente tante cose che mi stava sfuggendo di mano. Ma non ha spiegato un bel niente. Ed essendo Rufy il suo interlocutore, uno che fondamentalmente se ne infischia di roba simile… non ho dovuto svelare nulla =D Sì, se ci fosse stata Robin molta della fanfic sarebbe finita qui XD Kamome dimostra di nuovo e apertamente il suo “astio” verso i Frutti del Diavolo, i Possessori e anche le D. Un gran mix a cui però ora deve allegare dei dubbi perché, ovviamente, Rufy è la classica eccezione. “La prima D. si è macchiata di colpe che un giorno sconterete”. Un po’ profetica, ma sì. Something wicked this way comes, cantavano in Harry Potter.   
 
- Salvare Mizu: ultima fatica. In realtà, confesso, ditele ciao ciao. Perché per come stanno andando le cose non la rivedrete. Non tanto presto almeno. Questa cosa del metterla in acqua per salvarla, una specie di “rito”, viene dalla vecchia pubblicazione. Qualsiasi cosa che provenga dal mare tornerà nel mare, o sarà il mare a decidere se continuerà a vivere o meno. È il principio su cui si basa anche l’abbandono dei neonati Figli del Mare, essendo “creature a metà”, sarà l’oceano a decretare la loro sorte. In questo caso il mare è personificato da sirene e tritoni.
Vi lascio anche [QUI] un'immagine che rappresenta Mizu.
 
- Bacio della Sirena: titolo e piatto forte (dopo Shanks ♥) del capitolo. Ursula prova a usarlo sul Rosso, ma senza successo. La sirena (ora non ha nome) che invece lo prova con Rufy… ci sarà riuscita? Adoro questi parallelismi. Rendono tutto più fosco.
   
 
 
Un sacco di Plot Twist e Rivelazioni nel prossimo capitolo!
 
 
 
Bacioni!
Nene
 
   
 
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