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Autore: VeronicaFranco    13/09/2015    16 recensioni
Bernard Chatelet è un giovane irruento e rancoroso, quando scopre in André e Oscar una generosità fuori dal comune. Ferito gravemente, riceve protezione nella casa che Rosalie condivide con Madame Lucille. Ma in lui ancora si agita il passato, e l'ombra del Cavaliere Nero incombe inesorabile: saprà compiere, Bernard, il salto che fa di un ragazzo un uomo?
Dedica speciale: a Ilanak!
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bernard Chatelet, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rivoluzioni'
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La notte di Bernard fu lunga e faticosa. Dormì poco, cercando di recuperare almeno le forze che il trambusto del giorno prima e il piccolo viaggio gli avevano succhiato. Il letto che Rosalie gli aveva destinato non era comodo come quello di Palazzo Jarjayes; oltretutto, era inverno fitto e non c’erano bracieri accesi per scaldarlo, né sufficienti coperte. Ne aveva addosso un paio, logore, che non potevano proteggerlo dal freddo implacabile d’inizio febbraio. Oltretutto, tuoni lontani annunciavano temporali violenti.
Rosalie, la tua amica aveva detto che ce l’avrebbe mandato fornito di tutto l’occorrente. Lei sa in che condizioni siamo, e una terza bocca da sfamare…
Le parole di Madame Lucille, pronunciate da lei con tristezza e preoccupazione sincera, gli bruciavano dentro. Ma la mortificazione si tramutò presto in fastidio. Cosa aveva creduto di fare, Oscar François de Jarjayes, affidandolo a due povere donne, pretendendo anche di pagargli vitto e alloggio?
Quando aveva visto i vicoli in cui l’avevano condotto, si era rallegrato in cuor suo, pur dolorante com’era: era saggio rimanere così nascosto finché le acque non si fossero calmate e la sua ferita guarita. E dopo, dopo avrebbe pensato a cosa fare; giacché la promessa estortagli da Oscar, di ritirarsi dall’impresa del Cavaliere Nero e comprare i fucili rubati, anche a un prezzo ridicolo come quello che lei gli aveva fissato, era ancora tutta da mantenere. Avrebbe dovuto parlarne con i suoi compagni. Lui non aveva facoltà di decidere anche per loro, né possedeva denaro suo con cui portare a termine l’acquisto. E poi: era vero, Oscar l’aveva battuto, ma per un caso. Sarebbe risultato Bernard il vincitore, se solo lei non avesse avuto l’aiuto di André. Quell’André che Bernard aveva ferito all’occhio… quel placido cagnolino che scodinzolava dietro al Colonnello, e si era fatto ferire pur di catturare il Cavaliere Nero, la speranza della povera gente.
Ma poi, a un passo dalla denuncia, pronta a ricevere tutti gli onori per aver mandato in rovina il Cavaliere Nero, il Colonnello femmina, il Cane della Regina, si era tirata indietro. Avrebbe dovuto consegnarlo alla corrotta giustizia del Re, invece era passata sopra a tutto. Non aveva fatto accenno nemmeno al ferimento del suo servo André. Magari non le importava nulla di lui, dopotutto era solo il suo servo, e lei un’aristocratica. Ma quelle ultime parole con cui l’aveva congedato, “Devi ringraziare André – È stato più uomo del Cavaliere Nero”, svelavano quantomeno un forte ascendente del servo sulla padrona.

Insomma, Bernard non riusciva a dormirci. Si era ritirato dai giochi per poter guarire, ma aveva troppe domande ancora per calmarsi.
D’un tratto, il giovane udì un fruscio oltre la porta socchiusa. Aprì gli occhi nel buio pesto, e scoprì che un debole chiarore si avvicinava, squarciando la tenebra. Poi, la porta iniziò a muoversi e gemere. Subito chiuse gli occhi, e finse di dormire. Movimenti leggeri, piccoli passi: Rosalie, la fanciulla dagli occhi luminosi, già, l’unica piacevole sorpresa di quella convalescenza forzata.
Bernard aguzzò i sensi. Aveva le palpebre ben chiuse, ma percepì il chiarore della candela sul viso. La presenza di Rosalie era molto vicina. Poi, sulla cassetta a fianco del letto rintoccò un fragile suono di oggetti sul legno.
La tentazione di aprire gli occhi era forte, ma Bernard si era incaponito a fingersi addormentato, come un bambino. Avrebbe potuto fingere anche il proprio risveglio, ma non si risolveva a farlo. Non aveva voglia di parlare; e soprattutto, ma questo non poteva ammetterlo a se stesso, si sentiva a disagio.
Rosalie era rimasta ferma, intanto. La cosa durò diversi istanti. Perché non se ne andava? Cos’era successo? Madame Lucille si era imposta per mandarlo via? C’erano novità da parte di Oscar? L’avevano trovato?
All’improvviso, Bernard si sentì toccare a un braccio, sussultò, spalancò gli occhi. Si spaventò veramente, teso com’era, anche se il contatto era stato minimo e gentile. O forse fu proprio quella gentilezza che fece letteralmente tremare il giovane. Come una corda di violino che, pizzicata, fa vibrare anche quella vicina, Bernard infuse lo stesso timore anche a Rosalie: la ragazza mandò un piccolo grido e ritrasse la mano immediatamente, come se si fosse scottata.
Rosalie prese un lungo respiro, le labbra schiuse e gli occhi sgranati sul volto di Bernard, le mani giunte sul petto.
– Scusatemi. – sussurrò lei, dopo un istante, e si addolcì in viso, – Non volevo disturbarvi… vi ho svegliato.
– … no. No, non dor… non mi disturbate. – anche Bernard prese un respiro più profondo, e distolse subito gli occhi da Rosalie.
– Vi ho portato dell’acqua. – disse lei, indicando con un cenno la brocca e il bicchiere di legno che aveva appoggiato sulla cassetta a fianco del letto. – Avrei dovuto lasciarvela prima. Scusatemi se non ci ho pensato.
– Oh… grazie. – disse Bernard, volgendo il capo verso quel punto. Si accorse d’avere sete, effettivamente; l’arsura dei pensieri aveva seccato la sua bocca, anche se col freddo si era sentito più intirizzito che altro, e non ci aveva pensato. D’istinto, cercò di mettersi a sedere, di tendere il braccio, ma fu brusco e ricadde sul letto, con una smorfia.
– Aspettate. Vi aiuto… – disse subito Rosalie, chinandosi verso di lui, tutta sollecita.
– Non preoccupatevi… – ribatté Bernard, puntellandosi su un gomito e issandosi con più cautela. Rosalie lo prevenne, prendendo il bicchiere e riempiendolo; glielo porse, e vedendolo traballante sui gomiti, scosse il capo. – Ve lo tengo io. Fate piano.  
– Ma io…
Non ci furono altre parole. Rosalie accostò il bicchiere di legno al viso di Bernard, con tutta la cura possibile. Aspettò che lui appoggiasse le labbra al bordo, poi lo inclinò lentamente. Bernard prese un sorso, poi un altro, sempre brevi, sempre piccoli; la pazienza della ragazza l’aveva contagiato. Si saziò d’acqua, ma si fece via via più torvo. Quando avrebbe smesso di fare l’invalido? Non poteva abituarsi a quel trattamento; doveva rimettersi il prima possibile…
Staccò le labbra dal bicchiere bruscamente, versò le ultime gocce. Rosalie sussultò, rimise subito il bicchiere dritto e si scostò. Bernard ricadde sul letto, con un sospiro e una fitta, sorda, alla ferita.
– Grazie. – le disse.
– … avete bisogno di qualcos’altro? – chiese ancora lei, esitante.
– No.
Rosalie aspettò ancora un attimo. Poi parlò con voce più bassa, lo sguardo fisso davanti a sé. – … il vaso da notte è sotto il letto. Potete raggiungerlo, se ne avete bisogno?
Bernard la osservò, mentre lei non guardava. Sorrise anche, perché lei sembrava in evidente imbarazzo.
– Madamigella Oscar mi ha parlato della vostra ferita. – si giustificò infatti la ragazza, – So che vi muovete con difficoltà…
– Sono arrivato da voi camminando. – assicurò Bernard, cui la menzione di Oscar aveva riacceso i pensieri di prima. – Se ne avrò bisogno, saprò mettermi in piedi.
Rosalie lo contemplò senza parole. Bernard fece un sorriso sarcastico.
– Non vi incomoderò per questo, né per altre cose. Non temete.
Rosalie continuò a tacere. Si guardò intorno. Trovò, buttato sull’unica sedia della stanza, il mantello scuro che nel capitolo precedente la pigra narratrice non ha tolto di dosso a Bernard, prima di metterlo a dormire. Rosalie lo raccolse e non chiese nulla: lo dispose, semplicemente, sul corpo del giovane, sopra le due vecchie coperte che non erano riuscite a scaldarlo fino a quel momento.
Lui provò un’immediata sensazione di conforto, un poco più di calore. Rivolse a Rosalie un’occhiata intensa, ma lei evitò di incrociare i suoi occhi. Si schermì dicendo:
– È molto fredda questa stanza, di notte… e purtroppo non ho altre coperte per voi. Spero che così stiate meglio.
– … sto molto meglio, sì.
Rosalie abbozzò un sorriso a fior di labbra. Si avvicinò alla candela e la raccolse. Stava già voltandosi per andare.
– Un momento. – chiamò Bernard.
Rosalie si fermò di profilo, poi volse ancora il viso nella sua direzione.
Bernard la osservò nello squarcio di luce che l’inglobava; si rese conto che la ragazza, in quel momento, aveva indosso un abito semplice e una vestaglia di lana grezza, che non potevano bastarle. Gli parve di vederla tremare, e tenere la candela ben vicina al corpo e al cuore. O forse fu solo la suggestione del viso di lei, così pallido, liscio come fredda porcellana.
– … ditemi. – lo incoraggiò lei. Bernard si riscosse.
– … sapete della mia ferita. Cos’altro vi ha detto… il Colonnello Jarjayes?
– Che avete bisogno di quiete e di aiuto.
– Vi ha detto perché?
Rosalie sorrise con dolcezza. Scosse il capo. – No.
Bernard aggrottò la fronte. – E voi… vi siete fidata a ricoverare uno sconosciuto in casa vostra?
– È stata Madamigella Oscar a mandarvi. – disse Rosalie con tranquillità, come se quella risposta potesse chiudere il discorso.
Bernard non trovò subito cosa replicare. Chiuse la bocca e inghiottì. Osservò ancora il viso di Rosalie, i suoi lineamenti resi luce dalla candela soffusa; era cresciuta tanto, e Bernard avrebbe voluto chiederle come mai conoscesse Oscar, lei che era vissuta a Parigi e che ai nobili doveva la morte di sua madre.
– … potrei essere chiunque, anche un ricercato. E voi mi accogliete senza fare domande? Solo perché ve l’ha detto… tsk… Madamigella Oscar?
Rosalie non badò alla smorfia di sarcasmo di Bernard. Sorrise di nuovo, in modo sornione stavolta: un tocco di luce nuova, il segno che Rosalie aveva ancora, nascosto sotto la gentilezza, l’orgoglio che lui le aveva visto un tempo. La ragazza rispose solamente: – Sì.
Bernard non si sentì affatto rassicurato, al contrario. A tal punto Oscar aveva potere, dunque? Aveva blandito anche quella ragazza, e peggio, si permetteva di metterla in pericolo?
Rosalie parve intuire il rumore dei suoi pensieri.
– Madamigella Oscar non mi farebbe mai del male, e non permetterà che ne facciano a voi. Abbiate fiducia, Monsieur Bernard Chatelet.
Questa era bella. Era proprio a quella santa Oscar che Bernard doveva il buco alla spalla!
– Fiducia!? – esclamò lui, alzando la voce. Rosalie si mise un dito davanti alla bocca, allarmata. – Vi prego, non gridate… Lucille ha il sonno leggero, ed era molto stanca… e anche io… è il caso vi lasci riposare. Domattina vi porterò qualcosa da mangiare… dormite, e se avete bisogno…

... chiamatemi. Rosalie si eclissò con quel sottinteso, simile a una stella quando lascia la scia d’un desiderio. E Bernard, contrariato e confuso, tornò a pensare più volte, quella notte, al sorriso sicuro di lei, alla stima che nutriva per Oscar; e pensò che come l’aveva ferito l’aveva salvato, quella stessa Oscar, e che le si era arreso e non si riconosceva più per questo, e avrebbe voluto sfidare quella donna a duello e prendersi la sua rivincita; se avesse potuto, avrebbe sfidato a duello tutti i nobili di Versailles. Tutti li avrebbe feriti a un occhio, o accecati del tutto. Forse perfino uccisi… perché quando pensava al male che continuavano a spargere impunemente, all’arroganza con cui si portavano per le strade, ah, tremava di sdegno.
La gente aveva fame, dannazione. Le lacrime erano innumerevoli. La Francia era lo zimbello d’Europa, e i continui debiti distruggevano gli innocenti, e lasciavano impuniti i carnefici. Ah, che gli importava che Oscar François fosse un’eccezione, il sistema era marcio fin nel suo cuore dorato, con quella dannata corona su quella testa sconsiderata!
Strinse i pugni e si agitò, cercando di spostarsi su un fianco. Gemette, e si accorse d’avere tanti nervi addosso da non poter fermare due lacrime traditrici.


   
 
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