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Autore: Neera Everdeen    14/09/2015    1 recensioni
Luce non è una ragazza come tante: pochi amici, una vita passata tra lo studio e il mondo degli artisti, appassionata di arte, letteratura e di tiro con l'arco, la sua vita cambia radicalmente quando perde i genitori in un terribile incidente stradale. Una lettera spedita da un'anziana signora, sua nuova tutrice, la porterà alla scoperta di un mondo diverso, un mondo che sente suo.
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Aslan, Susan Pevensie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi rialzo a fatica. Davanti a me, una donna serpente mi guarda arricciando le labbra in un sorriso. Prendo una freccia ma non ci riesco. Non ci riesco. La testa pulsa e in bocca sento il sapore metallico del sangue. Aspetto che il mostro attacchi, ma l’unica cosa che sento sono dei passi, chiaramente femminili, che si avvicinano. Alzo lo sguardo. La prima cosa che vedo è la deliziosa pelliccia bianca. Poi la corona cristallina e luccicante. Infine, i due occhi azzurri che si posano nei miei.
- Bene ,bene ,bene. chi abbiamo qui?- mi prende il mento con una mano bianchissima e sposta il viso da una parte all’altra, osservandomi come un intagliatore osserva un coccio di legno prima di cominciare ad intagliarlo.
- Una piccola figlia di Eva. Se sei arrivata qui deve esserci un motivo.- sussurra a denti stretti. La sua voce è suadente e calda. È una di quelle voci in grado di farti fare qualunque cosa.
- Asfrad!.- la donna serpente si avvicina. Ha gli occhi come quelli dei gatti, la pelle squamosa e la parte inferiore del corpo come quella dei serpenti.
- Prendi la figlia di Eva e portala al castello, svelta!- il mostro mi prende di peso e cerca di portarmi via con sé, ma viene fermata da una lancia conficcata nel cuore. Edmund guarda rabbioso la donna dagli occhi di ghiaccio.
Prende una delle asce e la lancia verso di lei, ma riesce a scostarsi in tempo. Cerco a tentoni il coltello attaccato alla cintura. L’unica cosa che voglio ora è che il cappotto si tinga di rosso.
La donna torna a guardarmi. In quel momento sento come se qualcosa scattasse dentro. Cla-clack. Come se un ingranaggio fosse stato messo in funzione. 
- Piccola Luce, vuoi rivedere i tuoi genitori, vero?- sussurra, con un sorriso sottile e diabolico. I ricordi affiorano come un torrente in piena. Mia madre e mio padre a passeggio, mano nella mano. La mamma in cucina, papà che torna dal lavoro, l’odore di tempera nello studio, la vecchia macchina da scrivere che mio padre teneva su una mensola.
Mi rialzo di nuovo. La testa pulsa ancora più forte di prima. Sento il sangue pastoso in bocca.
- Muori!- le urlo e squarciagola.
- MUORI!- urlo di nuovo. Mi lancio contro la strega. Sento il coltello affondare nella sua carne. Ma quello che esce è sangue dal colore blu metallico, non dissimile agli smalti metallizzati che vanno di moda sulla Terra. La donna urla. E in un attimo, scompare. Tutto torna alla normalità, spariscono le creature, vive e morte.
- Edmund!- corro verso di lui. È piegato su un fianco, e a quel punto vedo una specie di freccetta. Gliela tolgo delicatamente. Ha una crisi epilettica. Comincia ad avere le convulsioni, sbarra gli occhi e ansima. Della schiuma gli esce dalla bocca. Lucy gli fa bere un po’ del liquido nell’ampolla. Dopo qualche altra convulsione, l’effetto creato dal veleno svanisce.
- Stupida.- mi sussurra Peter quando mi si para davanti.
- Stammi a sentire ..- gli abbaio contro.
- Smettetela voi due!- sibila Lucy.
Faccio dietrofront e vado in camera mia. Sto per aprire la porta ed entrare , quando qualcosa mi prende il polso.
Peter.
Mi guarda negli occhi, e in quel preciso istante so che devo chiedergli scusa, ma si sa, l’orgoglio è una brutta bestia. L’orgoglio può farti sembrare forte, ma nasconde la più oscura infelicità.
- Scusa per quello che è successo io..- comincio, cercando di non guardarlo negli occhi. Ho paura che possa cacciarmi a calci. Mi ripeto che se me ne andrò, non sarà grave, tornerò alla mia vita. Una vita da orfana, in una casa grande e misteriosa. Sì, forse restare qui è meglio.
- No, sono io che devo chiederti scusa.- mi dice, tenendo gli occhi bassi. – so che vuoi lottare ma hai la possibilità di .. tornare a casa.- quando lo dice, vedo che si sforza di contenersi. Cominciano a tremargli le mani.
- Io resto.- gli sussurro. Alza la testa, come se non avesse capito bene. – questa è la mia vita Peter. Se voi avete bisogno di me , io ci sarò. Voglio combattere.- sorride, e per un attimo quel sorriso trasforma Peter in un ragazzo perfetto, che vorresti conoscere più che evitare.
- Perfetto. Cominci l’allenamento domani , alle nove.- mi dice, accennando ad un saluto militare.
Entro nella mia stanza e sorrido verso la finestra.
Sono a casa.
   
 
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