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Autore: xmeinwonderland    14/09/2015    0 recensioni
Che lui l'avesse amata era palese.
E che lui l'amasse ancora era certo.
Calum amava Amanda quando la stringeva stretta a sé uno di quei sabati sera, finiti come sempre a guardare per l'ennesima volta «Rapunzel», il film preferito di lei.
L'amava persino quando la chiamava "idiota", con tutta sincerità.
L'amava anche quando litigavano per il cibo migliore del mondo- secondo lui le lasagne, e secondo lei le patatine fritte.
L'amava quando le baciava la testa prima di dormire, e quando lei sussurrava "ti amo, cal."
Amanda, dal canto suo, amava Calum quando si addormentava sul divano in uno di quei sabati sera, proprio mentre Flynn Rider diceva a Rapunzel che era il suo nuovo sogno. Che quello era in assoluto il pezzo preferito da lei.
L'amava quando lui insisteva nel vedere un film horror, ma poi cedeva a lei, che preferiva di gran lunga guardare un cartone della Dianey.
L'amava quando la stringeva possessivamente a sé ovunque andassero, giusto per sottolineare che lei fosse di sua proprietà.
L'ha amato quando un giorno di pioggia uscì sotto casa di Amanda, urlandole che l'amava più della sua stessa vita.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Se ci penso, mi manchi.
Ma se ci penso meglio; vaffanculo.”

 
 

Erano le 17.52 quando Calum uscì dalla porta della propria abitazione, avviandosi verso l’auto.
Arrivò qualche minuto più tardi, a casa di Michael.
Dopo aver suonato al campanello, un ragazzo poco più basso di lui aprì il portone, schiudendo le labbra in un grande sorriso alla vista del moro.
<< Eccoti, dai su entra! >> Lasciò spazio necessario per far entrare l’amico, spostandosi di lato, per poi avviarsi verso il salone, dove erano presenti già Luke, Acacia e Emily.
Calum salutò tutti con un cenno del capo, al quale loro risposero con dei “Buonasera”, “ciao”, “Siediti, su, Calum”, molto animati.
Il ragazzo, ormai abituato alla loro e propria routine, si sbracò sul divano libero, prendendo in mano una delle bottiglie di birra sul tavolino basso davanti a lui.
<< Ashton? >> Aprì bocca Calum, notando che all’appello del pomeriggio mancasse qualcuno, o più di uno.
Michael scrollò le spalle, armeggiando con il proprio telefono << Nessuna chiamata persa da parte sua, arriverà, credo. >>
<< Beh sì, stamattina aveva detto che sarebbe venuto >> Luke indicò con l’indice prima se stesso e poi Calum, sottolineando il fatto che parlò con loro due.
Scrollarono entrambi le spalle, mentre il tinto, sbuffando, si diresse verso la propria tv, inserendo il videogioco e dando i due joystick agli amici.
<< Noi iniziamo, poi si unirà quando verrà >> E detto questo si sedette sulla poltrona bianca, mentre Acacia lo guardava con un sopracciglio alzato << Credo sia ovvio, non può unirsi a voi se è ancora per strada. >>
Luke diede una leggera spinta alla propria ragazza, come a dirle di stare zitta, e quest’ultima sbuffò pesantemente, alzandosi dalle gambe del biondo e sedendosi a terra, accanto all’amica castana.
 
Erano le otto di sera quando decisero di smettere di giocare a FIFA.
O meglio, erano le otto di sera quando qualcuno suonò al campanello: il ragazzo delle pizze. E i tre ragazzi decisero che avrebbero continuato dopo, non potendo resistere al profumo proveniente dai tre cartoni.
Alla fine, come sempre, non toccarono il joystick per il resto della serata, troppo impegnati in una di quelle stupide e insensate conversazioni.
 
A mezzanotte circa, ci pensò Luke a porre fine alla serata.
<< Comunque, a parte Ashton, manca ancora qualcuno. >> Il biondo guardò i presenti, passando il proprio sguardo su tutta la figura di ognuno di loro, assottigliando gli occhi mentre pensava a chi mancasse.
Poi, come un’illuminazione proveniente da una lampadina rotta, Luke scattò, quasi urlando << Mandy! >>
Ritrovando subito il motivo per cui lei non fosse lì con loro, scosse velocemente la testa, amareggiato << Ah, è vero >>
E Calum si alzò in piedi, trovando pesanti gli otto occhi puntati contro i suoi, annunciando il suo ritorno a casa << D’accordo, allora io vado, che si è fatto tardi. >> In silenzio, prese il proprio giubbino dall’attaccapanni vicino alla porta d’ingresso, infilandolo e controllando se nelle tasche ci fosse tutto, poi tirò in basso la maniglia del portone, aprendolo e prima che se lo potesse richiudere dietro, la voce bassa di Emily lo fece girare verso il salone.
<< Avuto sue notizie? >> Una nota di speranza era pienamente udibile nella voce della castana e negli occhi degli altri tre.
Speranza che vacillò nel momento in cui Calum scosse la testa, seguito da un << No, che andasse a fanculo. >>
Sbatté la porta, dirigendosi verso la propria auto per tornare a casa.
 
E forse quella sera nessuno di loro se ne accorse,
Nessuno di loro ci fece caso,
O, ancor più semplicemente, nessuno di loro volle staccare quel pensiero assillante dall’angolo della testa dove lo avevano riposto.
 
Di solito i loro secondi mercoledì del mese passati a casa di Michael, erano i migliori, ma parecchie cose quella sera fecero capire a tutti e cinque che la loro tanto amata routine, stesse andando a farsi fottere.
Cominciando con la mancanza di Ashton.
Continuando con le inesistenti interruzioni da parte delle due ragazze.
La mancanza di lei.
Finendo con l’andarsene di tutti quanti, ‘ché di solito, anzi, perché sempre tutti rimanevano a dormire in quella casa.
 
Il giorno dopo, comunque, nessuno fece più caso a quei cambiamenti, continuando con la routine del secondo giovedì del mese, ossia: essere troppo stanchi per la serata precedente, da andare a scuola.
Ovviamente, valeva per tutti tranne che per Acacia, che a scuola ci sarebbe andata anche con un quaranta di febbre.
 
E se Michael in quel momento stesse ancora dormendo, come d’altronde anche Emily, Luke e Ashton, Calum fu svegliato di soprassalto, tanto da farlo cadere giù dal letto.
Aprì gli occhi lentamente, e con la stessa lentezza, si alzò dal pavimento freddo.
Si massaggiò il braccio dolorante per la caduta, e si ributtò sul letto.
Il rumore assordante fece sì che il ragazzo portasse la testa sotto il cuscino, dove il suono fu attutito, ma rimase comunque insopportabile all’udito.
Sbuffando, si alzò dal comodo materasso, uscendo poi dalla camera e dirigendosi verso la cucina, dove mise il latte a scaldare sui fornelli.
Prese una ciambella con lo zucchero da una bustina di carta, e versò il latte caldo nella tazza.
Mentre faceva colazione, irruppe nella stanza il padre, rosso in viso, mentre una sfilza di imprecazioni uscivano dalle sua labbra.
Calum inclinò di poco la testa su un lato, mentre seguiva con lo sguardo i movimenti dell’uomo, e incuriosito chiese << Cos’è successo? >>
Il padre si voltò verso di lui, poggiando entrambe le mani sul freddo marmo del tavolo << Giuro che non ho mai odiato i vicini quanto oggi. >>
Altre imprecazioni raggiunsero le orecchie di Calum, e molto probabilmente anche di qualcun altro, dato che si sentì urlare “Caro, modera i termini”.
<< No Lena, quando ci vuole, ci vuole. –Intanto Calum aveva capito quanto prima, cioè nulla, ma aspettò pazientemente che il padre si sedesse nella sedia avanti alla sua, continuando il racconto – La patente ai vecchi va tolta, perché quel lurido ce l’ha ancora? >>
<< Guarda che ha solo sette anni più di te. >> Lo interruppe la moglie, entrata nella cucina per ascoltare.
L’uomo, dal canto suo, fece segno alla donna, con una mano, di tacere, e questa sbuffò, roteando gli occhi.
<< Figliolo, metto nelle tue mani il compito di sterminare quella famiglia. Quei buoni a nulla, cos’hanno fatto per meritarsi di vivere >>
Calum scoppiò in una risata, mentre Lena fulminò il marito con lo sguardo.
<< Sai cos’hanno fatto, Calum? –il ragazzo scosse la testa, mormorando un poco udibile “è per questo che te l’ho chiesto.” –Bene, allora te lo dico io. Ma guarda tu, è incredibile. Gli Smith sarebbero dovuti crepare già tempo fa. Ero andato un attimo dalla signora Evans, non so se hai presente, quella graziosa anziana che abita dall’altra parte della città, sua nipote dovrebbe andare nella stessa tua scuola. –Calum annuì, anche se non conosceva nessuna “graziosa signora Evans”, né tanto meno la nipote –Avevo finito la commissione da fare, ed ero di ritorno. Dico io, quel figlio di una buona donna doveva uscire dal garage proprio in quel momento. Mi ha tamponato, Dio mio, ha tamponato la mia bellissima auto. Sono sicuro che l’abbia fatto apposta, di solito una persona, uscendo di retromarcia dal parcheggio, guarda se passa qualcuno. E’ sceso dall’auto, urlandomi che avrebbe chiamato la polizia e che io avrei dovuto ripagargli quel catorcio. Gli ho detto che se la colpa fosse stata la mia, avrei potuto comprargli persino un porche, magari anche migliore della mia. Ma, purtroppo, la colpa è sua. E ora dovrà sborsare un bel po’ di soldi. >>
 
La mattinata continuò più o meno nello stesso modo: il signor Hood che imprecava contro il vicino, la signora Hood che rimproverava il marito per le parolacce, e Calum che si sbellicava dal ridere.
Il pomeriggio, invece, cambiò radicalmente. Calum decise che fosse giunto il momento di farsi una passeggiata, così uscì dall’abitazione, diretto al parco.
Notò con gioia che nei balconi di alcune abitazioni fossero già stati messi i piccoli pupazzi di Babbo Natale e le luci colorate.
Forse avrebbe dovuto chiedere ai propri genitori di iniziare anche loro a farlo.
Amava il Natale, perché trasmetteva allegria, la città si illuminava di lucette soffuse e avrebbe avuto delle lunghe vacanze.
Una folata di vento gelido lo colpì in pieno viso, e il ragazzo dovette stringersi nel cappotto pesante e girare la testa verso un lato, rabbrividendo per il freddo.
Notò nel marciapiede opposto a quello dove lui camminava, una figura bionda familiare.
Strizzando gli occhi, riuscì a riconoscerla, dunque la chiamò, sovrastando il suono del vento tra gli alberi. << Allison >>
La ragazza si girò, cercando tra le persone che la circondavano, un qualcuno che conoscesse.
Trovò Calum, e non avendo la certezza che l’avesse chiamata lui, inclinò la testa su un alto, schiudendo lievemente la bocca. Il moro le fece segno con la mano di raggiungerlo, e Allison capì che sì, quasi sicuramente era stato lui.
<< Ciao >> La bionda lo salutò con un sorriso, mentre ripresero a camminare
<< Dove stai andando? >> Continuò, e Calum avrebbe voluto dirle che non erano affari suoi, che lui l’aveva chiamata, è vero, ma per salutarla, non per farla impicciare nei propri impegni. Ma si limitò a scrollare le spalle, guardando la strada davanti a sé.
Allison, comunque, aveva tutta l’aria di una che non se ne volesse andare, e un po’ Calum si diede la colpa, perché poteva anche non salutarla. D’altronde, si vedevano ogni giorno a scuola.
Camminavano in silenzio, e il ragazzo non si accorse che se la stesse portando al parchetto. E lei avrebbe voluto fare conversazione, parlare, quel silenzio la opprimeva, ma pensò che fosse meglio così, perché lo sguardo di Calum, perso in chissà quali pensieri, l’avrebbe notato chiunque.
Mano a mano che le voci dalle panchine sotto agli alberi raggiunsero le loro orecchie, Calum si risvegliò dal suo stato.
Arrivò dai suoi amici, e li salutò con un cenno del capo, mentre loro smisero di parlare, portando la loro attenzione sul moro, che salutarono di rimando.
Lui si sedette su una panca ancora vuota, e a sua volta prese posto vicino a lui Allison, che imbarazzata ricambiò i saluti che le erano stati posti.
La bionda imparò a conoscerli meglio, in quelle due orette passate lì. Le stavano simpatici, ma se proprio avesse dovuto dirla tutta, trovava strani quei ragazzi. C’era qualcosa, in loro, che non era presente in tutte le altre persone. Non che lei fosse una cartomante, una veggente, o chissà chi, no, affatto. Semplicemente, aveva capito ciò dal loro comportamento.
Emily non faceva altro che sbloccare il proprio telefono, poi, affranta, lo riponeva nella tasca dei jeans.
Luke rideva, una risata forzata, che non coinvolgeva anche lo sguardo.
Acacia teneva in una stretta poco salda, la mano del proprio ragazzo.
Michael sembrava fosse diventato un robot, le sue risposte erano solo “sì” e “no”.
Calum era indifferente a tutto ciò. Dava le spalle al gruppo, e fissava un punto indefinito davanti a sé. E Allison poté scommetterci quanto di più caro possedesse, che lui stesse vivendo di ricordi, lontani e sfumati.
Si chiese cosa avesse potuto portare l’intera combriccola a tutto ciò, poi però scosse la testa; immaginando che magari il vero motivo fosse il fumo, ‘ché loro la faccia da drogati un po’ ce l’avevano, e comunque, di quei giorni si drogavano tutti.






SPAZIO ME

D'accordo, un nuovo capitolo, ed un nuovo banner.
Ah, adoro. 
Comunque, Calum che si scoccia di Allison ma alla fine se la deve portare dietro..
Mi fa ridere questo pezzo, perché mentre scrivevo mi ero immaginata la scena, e Calum che sbuffava e boh, è tanto adorabile quanto buffo.
Buona fortuna a chi, come me, domani inizia la scuola e non ne ha proprio voglia. 
Non biasimo tutti quelli che l'hanno iniziata oggi, invece.
Mi dispiace, per tutti. Dunque, alla prossima!
  
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