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Autore: Fenrir_23    14/09/2015    4 recensioni
Matthew Ketchum, il figlio di Ash e Misty, si rimette in viaggio per una nuova avventura a Johto. Lo attendono nuove e vecchie conoscenze, altri Pokémon, emozionanti sfide e un Team misterioso.
"È stato Suicune, il Vento del Nord, a salvarmi."
"Cosa? Mi stai dicendo che i Pokémon leggendari, Lugia e Ho-oh, sono spariti?"
Il ragazzino dagli occhi di ghiaccio si passò una mano fra i capelli corvini che gli ricadevano sulla fronte.
"Non ci vediamo da parecchio tempo, Matthew."
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ash, Delia Ketchum, N, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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                                            UN AIUTO INASPETTATO

                                                


Nel  risvegliarsi lentamente, Mat si trovò davanti agli occhi l’immagine offuscata di rocce e muschio. Si concesse qualche secondo per riprendere coscienza di sé, poi si mise a sedere. Era appoggiato su un letto di erba morbida, all’ombra di fitti abeti, in un sentiero in pendenza. Spostò la mano e la immerse in qualcosa di fresco: acqua che scorreva lentamente. Ne seguì il percorso con lo sguardo, notando, oltre ad alcuni cespugli, al centro di una radura, una piccola fonte d’acqua, chiara e limpida. Una strana creatura luminosa brillava proprio lì al centro.
Mat si rialzò barcollando e si avvicinò cautamente, immergendoci i piedi. Era tremendamente fresca l’acqua e il solo contatto lo fece sentire subito meglio.
La creatura luminosa davanti a lui si voltò, guardandolo con gli occhi rossi e affilati.
Vento fresco sfiorò il viso del ragazzino, mentre la bestia dava sfogo ad un ululato possente, simile ad un ruggito – un ululato che racchiudeva in sé qualcosa di mistico e antico – e la luce azzurra e brillante che impediva di distinguerne bene le forme, andava svanendo.
Matthew si trovò ad osservare un Pokémon maestoso e fiero, dall’aria misteriosa. Uno dei cani leggendari di Johto. Colui che ha il potere di purificare le acque. Il vento del Nord.
“S- Suicune…”
“CUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUN!”
La bestia leggendaria balzò davanti a Mat, e lui s’incantò a guardarlo.
Matthew si ricordò della caduta nel vuoto.
“Sei stato tu … a salvarmi?”Domandò.
Suicune prese a camminargli intorno.
“Wow …”Mormorò Mat, poi …“Cenere!” Urlò, di colpo.” Devo assolutamente ritrovarla, ha bisogno di aiuto.”
Si frugò nelle tasche per recuperare il Pokèdex ma, nell’accenderlo, scoprì che doveva essersi rotto in qualche modo durante la caduta.
Poi si toccò la cintura per vedere se Chikorita era ancora lì, e tirò un sospiro di sollievo nel percepire al tatto la Pokéball.
“Maledizione!” Si disse, lasciandosi cadere a terra, per poi infilarsi lentamente le scarpe che si era tolto.
Udì un verso, e nel voltarsi, notò uno Skaromory ferito, a pochi metri da lì.
Per un attimo pensò di approfittarne per volare al primo centro Pokémon e fare il punto della situazione, ma si accorse che i danni riportati erano troppo gravi per tentare di chiedergli una cosa simile. “Tu devi essere quel Pokémon che ha attaccato Cenere, prima.” Mormorò, prendendo una Pokéball. “ anche se eri nostro nemico … non posso lasciarti qua, hai bisogno di cure.”
Dopo aver risucchiato Skarmory con il suo laser, la sfera Poké si chiuse al primo tocco. Mat la fissò alla cintura. “Intanto riposati.” Pensò, guardando verso l’alto. Doveva assolutamente rimettersi in cammino e trovare un modo per uscire da quella dannata situazione. Fissò per un attimo il cane leggendario.“Beh ..ciao.” Mormorò al Pokémon, rimettendosi in cammino, un po’ barcollante. Aveva paura, perché non sapeva dove andare. Come se non bastasse, aveva iniziato a piovere e tuonare.
Scivolò su una roccia e ruzzolò malamente per diversi metri.
Quando alzò lo sguardo, Suicune era in piedi, davanti a lui. E lo fissava; A Mat sembrò quasi che lo stesse invitando a salirgli sulla schiena.
Il ragazzino posò le mani sulla groppa del Pokémon … quando notò che lui non aveva niente in contrario, si diede slancio e gli montò sopra.
Scoprì che la sorta di criniera fluttuante di Suicune era quasi impalpabile, come una nuvola.
Si aggrappò al collo della bestia nel preciso istante in cui lui spiccò il primo, possente balzo, scavalcando gli alberi: Matthew spalancò occhi e bocca. Volare su Cenere era qualcosa di indescrivibile e emozionante, ma cavalcare quel Pokémon leggendario, era come correre con il vento.
Suicune atterrò su un’alta cresta rocciosa, superandola con pochi, energici, salti. Da la sopra, Matthew poteva distinguere il paesaggio sotto di sé: colline, verso Sud, e montagne che diventavano via via più alte e ghiacciate a nord.
Ciò diede conferma a quello che pensava, cioè che si trovava all’incirca nella stessa zona in cui gli Skarmory lo avevano attaccato facendolo cadere nel vuoto, lungo il percorso che portava a Blackthorn City.
E Thomas? Che fine aveva fatto lui?”
“Suicune!” Disse, agitandosi. “Non so dove tu sia diretto, ma ti prego; ascoltami. Ho bisogno di salvare dei miei amici!”
Il cane leggendario sembrò quasi non udire Matthew: continuò a saltare fra le montagne, veloce come il vento, sempre più in alto.
 
 
Matthew cominciava a sentirsi male. Il freddo dei ghiacciai era decisamente inadatto all’abbigliamento che indossava e Suicune sembrava rifiutare di fermarsi per concedergli un attimo di tregua. Quasi non riuscì a crederci quando il cane leggendario si posò finalmente sulla neve morbida, fermandosi a fissare quella che sembrava l’entrata di una grotta.
Matthew buttò a terra il suo pesante zaino da viaggio e s’infilò velocemente la giacca a vento che si era portato addietro: non era sufficiente a coprirlo bene, ma se non altro poteva evitargli di congelarsi braccia e gambe.
“CUUUUUUUN”
Il Pokémon sembrò incitare Mat a seguirlo nella grotta: lui esitò un attimo, poi raggiunse Suicune a grandi passi.
Un lungo tunnel ghiacciato e buio si estendeva davanti agli occhi dell’allenatore di Pokémon.
Il cane leggendario annusò l’aria, emettendo sbuffi di vapore: sembrava cercare qualcosa. Matthew rimase a fissarlo, stringendosi nella giacca a vento nel tentativo di ripararsi dal freddo.

“Umano, qui troverai coloro che cerchi.”

Quella voce lontana e offuscata che gli sembrò di sentire, lo inchiodò lì dov’era. Si guardò intorno per cercare di capire da dove proveniva, o se fosse solo un’illusione dettata dalla stanchezza, e finì per incrociare gli occhi di Suicune, che lo stavano fissando.
Rammentò che spesso i Pokémon leggendari, grazie ai loro poteri particolari, si rivolgevano alla mente degli uomini, parlando con loro.
Sì avvicinò a Suicune di qualche passo, quando lui prese a scavare, rivelando una botola sepolta sotto la neve. Matthew ne afferrò il manico e fece forza più che poteva, scoprendo un tunnel profondo e molto stretto. Delle scale decisamente ripide conducevano giù, sempre più in basso, nell’oscurità del sottosuolo.
Sì rese conto che Suicune non poteva passare di lì e, quando si voltò, scopri amaramente che era già svanito nel nulla.
A riguardo avrebbe avuto un sacco di domande, ma non era il momento migliore per cercare di rispondervi.
Guardò in basso, verso la ripida scalinata in acciaio che sembrava non avere mai fine. Non sapeva dove conducesse, ma non gli rimaneva altro da fare, se non confidare nella sorte. E fidarsi del Vento del Nord, che l’aveva condotto fin lì.
Prese coraggio e s’immerse nell’oscurità.
 
 
Era un posto umido, buio e freddo. Mat s’impose di non farsi prendere dall’ansia che minacciava di sopraffarlo. Camminava da parecchio tempo in quel lungo tunnel, tanto che, quando intravide una luce in lontananza, gli sembrò un miraggio.
Poi una voce. Una tuta argentea e scintillante. Quindi quello era il covo dei malviventi che l’avevano attaccato; molto bene, si trovava nel posto giusto; ma non aveva il tempo di pensare. Si guardò intorno; una porta. La aprì di fretta e ci si chiuse dentro, appoggiandosi alla parete per ascoltare quello che dicevano fuori.
“Il ragazzo non vuole parlare.” Disse, una delle due reclute. “Dice di non saper nulla di quell’uovo, lui l’ha solo trovato.”
La voce si fece particolarmente vicina e Matthew capì che i due uomini stavano per entrare nello stanzino. Si guardò intorno nella penombra; da qualche parte veniva aria fresca. Sopra di lui c’era una botola.
“La porta è bloccata.” Mormorò una delle guardie.”Che strano.”
Il soffitto era molto basso, e Mat riuscì a raggiungere le griglie della botola con un salto; quest’ultima cedette, aprendogli un varco. Con uno sforzo tremendo, il giovane allenatore riuscì a issarsi nel passaggio strettissimo, scoprendo un lungo tunnel orizzontale. Si rese conto che per procedere doveva disfarsi del suo zaino. S’infilò nelle tasche le cose più importanti: il Pokédex e il ciondolo con la megapietra che gli aveva donato suo padre, poi chiuse la botola dietro di sé e si fece forza. A stento passava in quel corridoio, eppure doveva percorrerlo tutto. Iniziò a strisciare.
Mentre andava avanti, di tanto in tanto, il lungo tunnel si affacciava in altre stanza anguste: una dispensa, una rimessa con oggetti vari. Un magazzino. Scrutando fra gli scatoloni, Mat intravide delle tute argentee.
Fece pressione sulla griglia e questa cedette di colpo, facendolo cadere sul pavimento con un sonoro tonfo. Non perse tempo e prese lo scatolone delle tute: dovette provarne un bel po’, prima di trovarne una che non gli fosse eccessivamente larga.
Si guardò con una certa repulsione … certo che quelli dell’organizzazione avevano decisamente un pessimo gusto in fatto di abiti: quella tutina luccicante e aderente era decisamente imbarazzante. S’infilò il cappellino sotto ai vestiti, rifiutandosi di lasciarlo dov’era, poi si avvicinò alla porta imponendosi di sembrare sicuro e disinvolto.
Ma qualcosa lo fermò prima, un suono alle sue spalle.
“Hoooooun!”
Un Houndour, probabilmente lasciato a guardia del magazzino, era rimasto ad osservarlo per tutto il tempo. Mat si lanciò di lato appena in tempo per schivare un colpo del Pokémon ma, quando fece per rialzarsi, se lo trovò a pochi passi di distanza. Istintivamente, afferrò la sfera di Chikorita e lo mandò in campo.
“Ti prego Chikorita, attacco frustata!”
Houndour si scagliò verso il Pokémon d’erba a tutta potenza, facendolo ruzzolare a terra. Poi si preparò ad un altro attacco, ma Mat si lanciò in mezzo all’ultimo momento, finendo per essere colpito al posto di Chikorita.
Si rimise in piedi, dolorante. Houndour stava per attaccare di nuovo il suo Pokémon: Mat si lanciò nuovamente in mezzo per fargli scudo, ma fu proprio in quel momento, che Chikorita reagì.
“Chikoooooo!”
Le liane di Chikorita colpirono il Pokémon con una forza impressionante, scagliandolo dalla parte opposta della stanza. Poi lo afferrarono nuovamente, scagliandolo nella botola da cui era arrivato e chiudendo la grata in modo che non potesse raggiungerli.
“Hai visto quanto sei forte?” Esultò Mat, avvicinandosi al proprio Pokémon. Camminava a fatica, ma non poteva perdere tempo. Avrebbe voluto continuare a lodare Chikorita, ma doveva uscire di lì in fretta. Con il suo fuoco, Houndour stava sciogliendo l’acciaio della grata.
“Sei stato grandioso, torna qui.”Disse al suo Pokémon, che ancora sembrava disorientato da quella vittoria. Poi uscì di fretta e si richiuse la porta alle spalle, appena in tempo per fermare Houndour.
Si riassettò velocemente, meglio che poteva.
Sì trovava in un ampio e freddo corridoio illuminato da varie luci al neon.
“Hei ragazzetto, tutto bene?” Gli domandò una delle reclute, un uomo sui trent’anni.
Matthew annuì rapidamente.
“Devi essere uno dei nuovi.” Continuò l’altro. “ A voi pivelli vi si distingue subito.”Lo scrutò con attenzione.”Senti, fammi un favore.”
Matthew si fece serio.”Sì, signore!”
“Io sono impegnato, tu porta questo cd alla sala di comando.”
Mat esultò mentalmente ed afferrò il piccolo dischetto, riponendolo con cura nel taschino centrale dell’uniforme. Recarsi alla sala di comando era proprio ciò che gli serviva per capire qualcosa di quel posto: non avrebbe potuto avere più fortuna di così.
Una voce forte, proveniente da alcuni altoparlanti, lo fece sobbalzare.
“Avviso a tutto il personale, avviso a tutto il personale!”
Matthew deglutì.
“è stato rilevata la presenza di un intruso.  Visioneremo le immagini filmate dalle nostre telecamere, e nell’arco di tempo fra la mezz’ora e un’ora, sapremo fornirvi l’identikit dell’ospite. Nel frattempo, prestare attenzione ad eventuali individui sospetti.”
“Non sarai mica tu l’intruso!” Scherzò la recluta accanto a Mat, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla. “Su, va a consegnare il messaggio, giovanotto.”
Mat annuì rapidamente, e si allontanò di gran passo.
Doveva mantenere la calma.
Aveva mezz’ora per trovare la sala di comando e inventarsi un modo per eliminare le registrazioni delle telecamere senza farsi scoprire. Molto bene. O meglio, molto male.
Man mano che camminava, porte automatiche si aprivano ai lati del corridoio che percorreva: non riuscì a capire molto di ciò di cui si occupava l’organizzazione, ma sicuramente c’entravano i Pokémon leggendari di Johto.
Ad un tratto, la porta blindata di una sala particolarmente grande, si spalancò. Ne uscì una bella donna che al posto della solita tuta portava un elegante vestito blu scuro con il simbolo dell’organizzazione – un Mew stilizzato – al centro; stivali argentei e un mantello dello stesso colore. Aveva lunghi capelli castano scuro, come cioccolato, e occhi che sembravano ghiaccio. Pareva avere un’età compresa fra i trenta e i quarant’anni.
“Dobbiamo andare alla sala di comando, generale.” Sentì dire Mat a uno degli uomini della scorta che accompagnava la donna. E, attento a non dare troppo nell’occhio, prese a seguirli.
“Il Charizard cromatico che abbiamo catturato ci sta dando molti problemi, è parecchio agitato.”
Matthew sussultò nell’udire quell’informazione.
“E dell’uovo qualche notizia?” Domandò il generale.
“Il ragazzo si rifiuta di parlarne.”
Matthew si fermò davanti a quella che in maniera indiscussa doveva essere l’entrata della sala di comando: un’enorme porta iper tecnologica che si apriva a spirale. Si accorse che serviva l’impronta digitale, ma, piccolo com’era rispetto alla media, riuscì a infilarsi dietro la schiena di una delle reclute e passare rapidamente in quel modo, senza farsi notare. Erano tutti troppo occupati a pensare al Generale.
Matthew rimase a bocca aperta ad osservare l’enorme computer principale, il cui monitor mostrava la visuale esterna del rifugio. Si trovavano nel bel mezzo di un ghiacciaio, nascosti fra la neve. Matthew poteva vedere l’immagine delle montagne sottostanti, sullo schermo.
“Hey tu, ragazzetto!”
Una voce alle proprie spalle lo fece sobbalzare. Era solo un’altra recluta.
“Che fai qui?”
Matthew scosse la testa tornando alla realtà.
“Mi hanno dato da consegnare questo!” Esclamò, prendendo il piccolo cd che in precedenza aveva messo nel taschino.
Fece per allontanarsi, quando gli venne un’idea. Era rischioso, ma doveva tentare.
“Senta, faccio parte del team informatico.” S’inventò. “Avrei anche l’incarico di recarmi in sala telecamere per recuperare i file ripresi e dare un volto all’intruso, mi autorizza?”
L’uomo annuì concitatamente.
“Certo, certo, vai pure ragazzo! Siamo in ritardo, è impensabile che questo problema venga preso così sottogamba.”
Matthew fece un segno di saluto e si voltò dalla parte opposta, ridendo fra se e sé. L’anno di viaggio con la sua amica Maky che, oltre ad essere Campionessa di Johto, faceva parte delle forze speciali della polizia Pokémon, gli stava tornando parecchio utile. Sapeva che quelle scuse avrebbero retto per poco … ma nello scarso lasso di tempo che gli rimaneva, doveva fare qualcosa per uscire da quella dannata situazione.
Si fermò davanti ad una piccola porta blindata, custodita da una guardia.
“Sono del Team informatico.” Fece presente Mat. E la recluta lo lasciò passare. Il ragazzino non si stupì quando non gli venne richiesto alcun pass, la guardia sembrava svampita, e poi lui era riuscito a passare in sala di comando solo per un colpo di fortuna, evitando il controllo dell’impronta digitale. Non era dunque necessaria un’altra identificazione, dando per scontato che lui avesse superato quella.
Entrò con soddisfazione nel piccolo stanzino delle telecamere, completamente vuoto.
Si chiuse dentro e andò a sedere sulla postazione centrale, dalla quale poteva monitorare vari schermi. Non perse tempo a curiosare, non poteva.
Il suo sguardo si posò su uno dei monitor.
Cenere si dimenava in una gabbia, tentando di sfondarla. Thomas, chiuso in una cella di fianco a lei, si guardava in giro con aria stranita.
Matthew osservò attentamente la stanza in cui si trovava. Poi decise che era arrivato il momento di agire.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 







 
Scusate se vi ho fatto aspettare, questo periodo si è rivelato più impegnativo di quanto credevo e non avevo mai un attimo per rileggere prima di pubblicare, ma eccomi! Concedetemi di dire che con l’inizio di questa avventura siamo partiti col turbo, subito guai! Ringrazio chi mi segue, alla prossima!
   
 
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