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Autore: Squilibrata    14/09/2015    0 recensioni
Descrivere lei è come parlare di un fulmine, un arcobaleno. Il profumo dei tigli, gli occhi di una tigre ferita, la Fiamma, le onde del mare.
Descrivere me è come parlare di... un'idiota; seguivo una lepre Bianca e ho trovato un paese delle meraviglie.
Per descrivere noi, descriverci insieme, si può dire solo che "C'eravamo abbastanza amate".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Quando le nostra labbra si sono staccate ho sentito quasi dolore fisico, ma l'ho lasciata andare, dandole un bacio sulla punta del naso.
Si è sdraiata, poggiando la testa sul cuscino, i capelli sparsi tutt'intorno ed io mi sono messa di fianco a lei, sdraiata su un lato ma mantenendo una certa distanza per poterla guardare bene.
Ha sospirato mentre i miei occhi cadevano su un altro piccolo marchio sulla sua pelle, sotto la clavicola. Sul serio, quanti glie ne avevo lasciati?
Il mio sguardo è sceso sul suo braccio quando lei ha preso la mia mano nella sua, e nella penombra della stanza, illuminata solo da una lampada alle mie spalle, ho intravisto di nuovo quelle piccole cicatrici bianche, circolari. Alcune, della stessa forma e dimensione, erano più scure.
Le ho sfiorate con le dita della mano libera.
Continuavano a ricordarmi qualcosa, ma quella cosa continuava a sfuggirmi.

  • Mi spieghi cosa sono queste?

Le ho chiesto, a bassa voce.

  • Solo se tu mi dici cos'è questa

Ha risposto a voce ancora più bassa, sfiorando con il pollice la mia cicatrice. Non credevo che se ne fosse accorta: quella era quasi invisibile ormai, era passato tanto tempo...

  • Va bene, ma prima tu

Poi, il ricordo mi ha colpito come uno schiaffo.

  • Quelle... quelle sono sigarette spente?

L'ho vista sbiancare, il sorriso sparire mentre tutto il mio sangue scendeva nei piedi e mi lasciava con un incredibile giramento di testa.
Erano tantissime, su tutte le sue braccia, anche sul dorso delle mani, tantissime sigarette spente sulla sua pelle, cazzo!

  • Chi te le ha fatte?, quel coglione di Andrea?

Non nominavo mai il suo ex ragazzo se non lo faceva lei per prima, ma non potevo dimenticare le cose che lei mi aveva detto... avrei tanto voluto conoscerlo, per vedere che faccia aveva lo stronzo che aveva osato metterle le mani addosso.
L'avrei riempito di botte.

  • No! Alice no

Mi ha preso il braccio sedendosi anche lei – quando mi ero tirata su? -.

  • Non è stato lui

Ha continuato, il tono di voce più calmo quando ha visto che stavo zitta ad ascoltarla. Volevo capire se era sincera o se stava solo cercando di non farmi preoccupare.

  • Adesso ti dico, fammi parlare

Ha quasi mormorato, ed io ho annuito, senza mai lasciare il suo viso con lo sguardo. Incredibilmente, lei era la mia camomilla; riusciva a calmarmi con un tocco, una parola, o semplicemente con la sua presenza.
Ha sospirato, prendendo la mia mano tra le sue e piegando la testa da un lato senza guardarmi.

  • Diciamo che...

Un altro sospiro.

  • Diciamo che non... okay; diciamo che, in alcuni periodi della mia vita, non... non gestivo bene le emozioni negative, ecco

Ho aggrottato le sopracciglia, confusa.

  • In che senso?

Ha fatto spallucce.

  • Diciamo che se ero incazzata o triste o nervosa e avevo voglia di urlare e non potevo farlo, mi spengnevo una sigaretta addosso e stavo meglio

L'ossigeno si è bloccato nei miei polmoni per un secondo e poi ho ripreso a respirare. Le ho preso il braccio sinistro, quello combinato peggio, esponendolo alla luce.
Non riuscivo a contarle, alcune erano così sbiadite che nemmeno riuscivo a vederle bene, altre sembravano fatte relativamente da poco... le bruciature da sigaretta ci mettono un sacco di tempo a guarire...
Le ho sfiorate con il pollice, lentamente, il cervello completamente vuoto.

  • Ma adesso basta. Da... da un po'

​Ha concluso, a mezza voce.

  • Ne hai altre?

Ho chiesto, la voce priva di emozioni.
Lei ha piegato le gambe, mostrandomi alcune cicatrici sul ginocchio.

  • Anche tu hai una cicatrice sul ginocchio...

Ha sussurrato lei mentre io sfioravo la sua pelle.
Ho annuito, ripensando all'incidente... poi le ho lasciato due baci appena sopra la rotula.
Sono tornata all'altezza del suo volto e le ho preso il viso tra le dita.
Un brivido mi ha scosso la schiena dolorosamente riportandomi alla mente Bianca; era un gesto che con lei facevo sempre, ma non ero mai stata così delicata: non avevo così tanta paura di farle male.

  • Allora

Ho detto, la mia voce di nuovo ferma nonostante la scossa che mi percorreva, il mio naso sfiorava il suo.

  • Non fare mai più una cosa del genere...

Ho sospirato, guardando di nuovo le cicatrici.
Lei ha scosso la testa.

  • Non voglio farlo

La sua voce tremava leggermente. Le ho sfiorato la guancia, per poi poggiare la mano dietro la sua nuca. Lei ha preso il mio viso tra le mani e il suo tocco era così leggero che mi sembrava di sognare di nuovo.
Ho preso il suo labbro inferiore con la bocca, così morbido, così reale; non c'era nessuna sostanza ad ostacolare la mia percezione, ero perfettamente sobria ed incredibilmente sveglia, ma ogni volta che la sua lingua toccava una qualsiasi parte del mio corpo – che fosse la bocca, le labbra o il collo – tutte le mie terminazioni nervose si fulminavano come diecimila lampadine in un blackout.
E avevo ventidue anni.
E lei era una ragazzetta, e aveva già sofferto così tanto... ed era così simile a me alla sua età, e allo stesso tempo così completamente diversa.
Le nostre bocche staccandosi hanno fatto uno schiocco, e mentre i nostri nasi ancora si toccavano abbiamo sorriso.
Fiamma mi guardava, le ciglia semi abbassate, con il pollice mi sfiorava il volto.

  • Tu hai un naso così strano...

Ha sussurrato sorridendo e toccandone leggermente il profilo.

  • Strano? Perchè?

  • Ma perchè è piccolo... e dritto

Ha mormorato, ora pensierosa.

  • Io ho il naso molto più lungo del tuo

Ha aggiunto.

  • Sì, è vero

Ho ridacchiato lasciandole un bacio proprio sulla punta; poi ce li siamo strofinati in un bacio eschimese, e anche se non ci stavamo baciando davvero tutto il mio corpo già formicolava.

  • Almeno è carino?

Ha chiesto, avvicinando le sue labbra alle mie.

  • Molto

Ho sussurrato, e poi ho sentito di nuovo il suo sapore, la sua lingua che accarezzava la mia e il naso è diventato la mia ultima preoccupazine: c'era un mentro e mezzo di coscia che esigeva la mia attenzione!
Ma lei si è staccata da me, allontanandosi e toccando di nuovo la mia cicatrice.

  • Adesso tocca a te

Mi ha ricordato. Io ho sospirato, per raccogliere le idee. Volevo raccontarglielo, volevo raccontarle tutto...
Tutto?

Mi sono quasi spaventata sentendo me stessa fare quell'affermazione. La cosa incredibile era che non mi pentivo del mio pensiero; forse dovevo, forse potevo dirle tutto sul serio?

  • Alice...

Ha canticchiato per richiamarmi alla realtà, baciandomi proprio su quella vecchia ferita.

  • Allora... tu sai che io ero una testa di cazzo

Ho cominciato. Un'introduzione fantasiosa, ma lei ha capito. Ha fatto di sì con la testa, allontanandosi un po' da me ma senza lasciarmi le mani.

  • Francesco mi ha detto delle cose

Ha aggiunto, a mezza voce, e a me è venuto da ridere.

  • Bhe, poi mi dirai cosa ti ha detto di preciso. Comunque... alle medie ho fatto un casino. Litigavo con tutti, ho avuto problemi con tutti... tranne che con quel bastardo del Franci

Ha sorriso e io ho fatto lo stesso.

  • Dobbiamo chiamarlo

  • Possiamo andare a trovarlo, domani

Le ho proposto. Avevo davvero voglia di vederlo.

  • Certo! Domani andiamo da lui allora, facciamo a metà con la benzina... ma mi stavi dicendo

Fiamma non perdeva il filo del discorso neanche a pagarla.

  • Ti stavo dicendo... niente, a scuola mi hanno dato una spinta e ho sbattuto di brutto allo spigolo del banco

Si è portata una mano alla faccia come se fosse stata colpita anche lei.

  • Cazzo...

Io ho sorriso semplicemente. A ripensarci in quel momento non ricordavo nemmeno di aver sentito dolore, all'inizio. Solo un leggero intorpidimento; il dolore era arrivato dopo aver messo i punti.

  • E qui?

Ha chiesto dopo alcuni minuti di silenzio, sfiorandomi il ginocchio.

  • Questo è stato un incidente... siamo caduti in moto, io e Giovanni, te lo ricordi?

Ha annuito.

  • Mi sono rimasti anche dei problemi alla schiena... anche lui ha delle cicatrici per questo

Mi ha guardato le mani, notando le cicatrici sulle nocche. Ho ripensato a quando colpivo il sacco, quando colpivo il muro. Quando ho spaccato l'armadio e la faccia di uno di quegli stronzi.
Non ha detto niente. Ha sospirato, e ha capito.
Ha lasciato un bacio umido e leggero per ogni nocca, mentre io la guardavo, immobile, l'affetto che provavo per quella fata che mi faceva pizzicare gli occhi.
Una volta finito si è portata la mano al petto, stringendola vicino ai suoi seni.

  • Fammi vedere quanti segni ti ho lasciato...

Ho sospirato, iniziando a sentire una sorta di agitazione che saliva.

Lei si è scostata i capelli, scoprendo la macchia sul collo sottile. Le ho piegato la testa con la mano libera, infilando le dita dietro la sua nuca.
Ho poggiato le labbra umide sulla sua pelle lasciandole un bacio freddo, soffiandoci poi per vedere la pelle d'oca formarsi.

  • Poi?

Ho chiesto, andando vicinissima al suo orecchio.
Lei ha fatto cadere una spallina della canottiera, lasciando libera la clavicola. L'ho baciata, respirando il suo profumo a pieni polmoni; c'era qualcos'altro oltre ai gelsomini; miele?, vaniglia?

  • Poi... ?

Ho detto a voce sempre più bassa. Sapevo esattamente dove cercare l'altra impronta del mio passaggio.
Lei si è sdraiata, lasciando che le infilassi una mano sotto la maglietta e arrivando a sfiorarle la punta del capezzolo con le dita.

  • Dove?, dimmelo tu...

Ho mormorato mentre la testa ricominciava a girare; allora non era stata colpa dell'alcool, il giorno prima! O forse sì, ma non del tutto.
Lei ha sospirato, mettendo la sua mano sulla mia; aveva sempre le unghie lunghe e le dita così sottili, intrecciate alle mie proprio sopra al suo seno.
Lentamente, insieme, abbiamo tirato su la sua maglietta, e di nuovo – ma per la prima volta – le mie labbra erano a un millimetro dal suo seno, e l'orma lasciata la notte prima era proprio lì, testimone come le altre di ciò che era successo.

Si è lasciata baciare, sempre rabbrividendo, infilando le dita tra i miei capelli stringendoli leggermente arrivando anche a sfiorarmi il collo mentre sembrava trattenere il respiro.
Ho seguito la mappa già tracciata sul suo corpo, scendendo prima vicino all'ombelico e poi sul basso ventre.

  • Ali...

Ha mormorato lei con un lamento.

  • Vieni qui

Mi ha chiesto, quasi implorante, ed io ho lasciato la pelle della sua pancia, tornando col viso all'altezza del suo. Mi ha baciato lo zigomo, poi ha abbassato la testa, poggiandola contro la mia spalla mentre mi abbracciava; l'ho stretta, la schiena per buona parte nuda sotto le mie dita, lei che sospirava ed io che le ho baciato la fronte.

Continuavo a pensare che era così strano, ero tutto così fottutamente strano. Non mettevo insieme affetto e attrazione da anni; la persona che mi era più vicina mentalmente in quel periodo era la più vicina anche fisicamente, e questo non capitava dai tempi di Vittoria.
Fiamma mi sembrava così completamente diversa... come paragonare una camomilla a una fragola?
Eppure, temevo di ferirla.
Non l'avrei mai fatto intenzionalmente.
Ma avevo ferito già il Franci, mia madre, Giovanni e chissà quanti altri, senza nemmeno rendermene conto.
Come facevo a essere sicura che non le avrei fatto del male?
Lei aveva un'opinione così buona di me...

  • Fiamma... tu non devi sopravvalutarmi...

Ho mormorato, dopo un momento di silenzio mentre restavamo abbracciate, la luce alle mie spalle.

  • Cosa vuol dire?

Ha chiesto lei, la voce preoccupata.

  • Tu non devi pensare che io sia fantastica o cose del genere... io ho fatto davvero tanto schifo, in passato

Ho sospirato, mentre tutto quello che era successo mi sfrecciava davanti come un esercito di dardi infuocati.

  • Ehy

Ha detto lei, mettendomi il dito indice sulla bocca.

  • Smettila. Non importa che cosa hai fatto. Anche io ho fatto schifo

  • No... tu non capisci... non sai tante cose...

Ho scosso tristemente la testa.

  • Non importa. Un giorno mi dirai tutto, ma tu devi smetterla di colpevolizzarti... tu devi pensare a come sei adesso

Ha detto, stavolta guardandomi negli occhi. Era così sicura di quello che diceva, mi sembrava molto più vecchia, forse anche più di me.

  • E non pensare mai più che cambierò opinione su di te per cose che hai fatto in passato

Mi ha quasi intimato, prendendomi la faccia tra le mani.
Io ho sorriso, rincurata dalla sua decisione; con quelle sopracciglia leggermente aggrottate, la fossetta in mezzo, gli occhi cangianti e il naso “molto più lungo del mio”.
Il suo profilo sembrava quello di una donna greca dipinta su un vaso a figure rosse.

  • Non darti la colpa per tutto quello che succede, dobbiamo andare avanti...

Ha sussurrato a un millimetro dalla mia fronte, stavolta con voce dolce, mentre coi pollici mi sfiorava gli zigomi.
Quando le sue labbra umide si sono premute sulle mie e ho potuto accarezzarle la lingua, anche il suo sapore mi è sembrato più dolce. Non riuscivo a chiudere gli occhi; li tenevo socchiusi, era impossibile smettere di guardare Fiamma, lei che invece li chiudeva sempre e chissà cosa pensava, chissà cosa porvava.

  • Come fai a conoscermi così?

Ho mormorato quando ci siamo staccate, ma eravamo ancora così vicine che potevo sentire il suo respiro leggero sul viso.
Non riuscivo a capire come facesse, come poteva una sedicenne essere in grado di starmi vicino come nessuno aveva mai fatto prima?
Era come se qualcuno avesse voluto entrare nella bolla che mi ero fatta; per la prima volta dopo così tanto tempo sentivo di poter abbassare la guardia di fronte ad una donna.

  • Io ti ascolto e basta...

Ha sospirato, per poi nascondere il viso nell'incavo della mia spalla.
L'ho abbracciata stretta; era vero, lei mi ascoltava, e forse, a parte i miei più cari amici, nessuno l'aveva mai fatto davvero prima.

Siamo rimaste così, strette e in silenzio per un po'. Il respiro di lei era regolare e mi rilassava, come sempre. Passavo le dita sulla sua schiena nuda, la maglietta che le copriva solo le spalle.
Mi sono spostata, del tutti intenzionata a levargliela. Eravamo io e lei, nessun'altro, nella nostra bolla assurda, nel nostro mondo tranquillo mentre fuori c'era la guerra.
Si è lasciata sfilare il tessuto da sopra la testa, restando a petto nudo e sdraiandosi di fianco a me.
Stava succedendo di nuovo... ma di nuovo non mi sembrava reale. Ho raccolto i suoi seni tra le mani, baciandone uno, vicino ai segni già rimasti e in punti ancora candidi; Fiamma aveva le labbra proprio dello stesso colore dei capezzoli... esattamente come sua sorella.
Un brivido mi ha scosso forte la schiena, tanto che anche Fiamma l'ha sentito, e mi ha stretta avvolgendo le braccia attorno alle mie spalle.

  • Che c'è?

Ha sussurrato, la voce dolce e sottile come non l'aveva mai avuta.
E come facevo a spiegarle?
Come facevo a spiegare che pensare a Bianca mentre baciavo quella ragazzetta mi aveva fatto immediatamente venire la nausea?
Non volevo più vederla, avevo deciso.
Era sempre stata solo un passatempo e adesso non mi serviva più.

  • Alice...

Ha sussurrato la figurina tra le mie braccia, poi, con la punta della lingua ha bagnato il mio labbro inferiore mentre il mio corpo ricominciava a formicolare.
Che motivo c'era di sentirsi male? La questione era già risolta; con Bianca avevo chiuso.
Mi sono avvicinata per approfondire il bacio, ma lei si è tirata indietro con un sorrisetto. Stava stretta contro il mio petto, tornava ad avvicinarsi leccandomi le labbra e poi si allontanava per impedirmi di baciarla davvero.
Le ho preso il polso bloccandolo sul letto e infilandomi tra le sue gambe arrivando a starle sopra.

  • Non fare la stronzetta

Ho sussurrato, riuscendo finalmente a baciarla, succhiandole il labbro e intrecciando la mia lingua alla sua. Quando ci siamo staccate mi guardava, la testa poggiata al cuscino e i capelli sparsi tutt'intorno, scuri come le sue ciglia.
Mi sono allontanata per poterla guardare; il corpo chiaro, la pancia liscia... con entrambe le mani ho circondato la sua vita e riuscivo a sentire le costole.
Lei mi ha stretto i capelli all'altezza della nuca, tirandomi verso il suo corpo.

  • Vieni qui...

Ha detto con un gemito. Mi sono chinata, lasciandole un leggero bacio sulle labbra e passando poi a baciarle la gola.
La sua mano era scivolata sotto la mia maglietta e le sue unghie mi sfioravano la schiena orgni volta che prendevo uno dei suoi seni tra le dita, ma la cosa non faceva altro che farmi perdere la lucidità più velocemente...
Ma mi sono imposta su me stessa; volevo conoscere ogni centrimetro del suo corpo, baciarla, toccarla, e ricordare tutto, non come se fosse stato un sogno ma come qualcosa di reale, finalmente.
Ha sospirato quando la mia mano è scesa sul suo basso ventre, sfiorando il bordo dei suoi pantaloncini, ma mi ha battuto sul tempo: il suo tocco era andato sull'elastico dei miei pantaloni e già me li stava tirando giù.
Me li sono lasciati sfilare, liberandomene del tutto con un gesto della gamba.
Tra le coscie ero caldissima, ma non mi sarei fatta spogliare oltre: volevo tenere i miei vestiti addosso per un po', e volevo che lei fosse nuda.
Con un gesto secco di entrambe le mani le ho levato ciò che rimaneva del suo pigiama, lasciandola vestita solo da un paio di slip di pizzo bianco.
Ho sorriso; chi l'avrebbe mai detto che sotto tutti quei vestiti neri indossasse completini bianchi?
Le sue dita si spostavano dai miei fianchi all'elastico delle mie mutande, ma io mi sono sottratta al suo tocco – non senza fatica – per avvicinare il viso alle sue coscie. Mi sono seduta, allargandole le gambe davanti al mio viso. Lei non mi guardava; da sobria era molto più timorosa: adesso che non arrivava più a toccarmi aveva stretto in un pugno le lenzuola, gli occhi chiusi, e le labbra semiaperte.
Ho poggiato il palmo caldo sulla sua intimità senza scollare gli occhi dal suo viso nemmeno un secondo. Si è portata un braccio a coprirsi gli occhi, girando la testa e sospirando pesantemente. Io tenevo la mano libera ancorata al suo fianco, tenendola giù mentre lei istintivamente chiudeva le gambe attorno al mio corpo. Ho avvicinato il viso ai suoi slip, baciando prima gli ultimi segni che le avevo lasciato nell'interno coscia, poi appoggiando le labbra sul suo centro, la stoffa umida mi divideva dalla sua pelle ma, soffiando, l'aria calda è arrivata a toccarla, facendola gemere.
Le ho allargato nuovamente le gambe, tornando seduta. Mi offriva l'interno coscia, e io non so cos'avrei dato per poterla fotografare, nella mia mente, e mantenere il ricordo di quella micia, esattamente così com'era.
Con due dita ho tracciato un solco nella sua carne soffice; quante volte avevo sognato di fare quel gesto? Vedere le fossette formarsi sotto i miei polpastrelli, affondare le dita nelle sue gambe mentre lei riprendeva ad ansimare... ho tracciato quella linea immaginaria due volte, dall'inguine al ginocchio, dal ginocchio all'inguine.
Lì mi sono fermata, fiorando il tessuto bagnato, la testa che mi esplodeva, il mio clitoride che pulsava. Mi faceva quell'effetto senza neanche toccarmi. Mi bastava occuparmi di lei...
Di punto in bianco le ho preso le coscie e, indietreggiando, l'ho fatta girare facendola stendere a pancia in giù, le gambe aperte e il culo a un millimentro dalla mia faccia.
Le ho abbassato gli slip per avere libero accesso alle natiche, stringendole, mentre lei inarcava la schiena, offrendosi a me come una gatta; ed era precisamente questo; una gatta nera con l'anima bianca.

 

  
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