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Autore: sadsavcasm_    14/09/2015    1 recensioni
-E so che quando tornerò la solita di sempre mi pentirò di quel che sto dicendo- affermo, abbassando lo sguardo per osservarmi le scarpe. Ho gli occhi di tutti puntati addosso, ma non ho scuse per poter farli guardare altrove. E mi allontano, altroché non curante delle voci di fondo. E mi isolo, cercando di tranquillizzarmi. Mi stringo fra le mie braccia, è l'unico posto che mi rimane. E proprio stretta nelle mie braccia prego gli Dei, affinché mi aiutino a non deludere più nessuno, a partire da lui, da loro, a finire a me stessa.
Ma so che in fondo, aspetto sempre che quel chiaro bagliore di luna mi accolga nella sua luce e mi protegga, senza abbandonarmi.
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shin-ah, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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-ANDIAMO, MUOVITI! ANCORA QUI SEI? SEI UNA GRANDISSIMA FANNULLONA.- mi urla contro, come al solito, Feng. –Oh mio amato Feng, non puoi arrabbiarti con una così, sprechi solo la tua bellissima voce a vuoto.- mi sorride Meiling, la moglie, avvicinandosi di soppiatto e sputandomi in un occhio. Lascio cadere la legna a terra, schifata, e pulisco l’occhio dalla saliva. –COME TI SEI PERMESSA A BUTTARE LA LEGNA? E ORA CON COSA ACCENDIAMO IL FUOCO?- si rivolge a me, tirandomi un calcio al polpaccio facendomi inginocchiare. Come se non bastasse, mi tira dai capelli, e alzando la testa trovo un pugno, pronto a colpirmi. Ecco, sangue. Sangue che cola dal naso e che macchia i vestiti. “Fantastico, ora dovrò subire il cazziatone della racchia” penso tra me e me, prendendo la legna che ho fatto cadere poco prima, per poi rialzarmi e fissare un punto vuoto. –Mi scusi, signora Meiling. Quando torniamo a casa prometto di lavare gli abiti e stare alzata tutta la notte per controllarli.- mi rivolgo a lei, senza guardarla negli occhi. Quegli occhi mi provocano il volta stomaco, per non parlare della sua bocca. Alito agghiacciante e denti spezzati, almeno quelli che rimangono. Il marito, il signor Feng, non è da meno. Pancia sporgente: sembra un cavallo in procinto di parto; quattro capelli tutti unti, tra sudore e sporcizia. Sembrano dei maiali, la gente gli parla solo per ciò che possono comprare. Com’è che si dice? Ah, sì. Gli Dei prima li creano e poi li accoppiano. I signori Zhao sono famosi per i loro terreni fertili, perciò per le piantagioni. A dir la verità hanno molti clienti, e neanche io posso negare che le piantagioni siano buone, almeno per quelle poche che mangio. Oh, i clienti! Bravissime persone che sono costrette a trattare con questi due bufali. Di tanto in tanto, quando riescono a vedermi, mi rivolgono uno sguardo triste e pieno di compassione. Lo so, io lo so che faccio pena a tutti loro. “Ma non ho di certo bisogno la compassione di conigli come loro, che non aprono bocca quando vengono contraddetti dal signor Feng” questo è quello che mi ripeto tutte le volte che li osservo da lontano. Vi state chiedendo perché mi rivolgono questi sguardi? Beh, penso abbiate capito che tipo di persone siano i signori Zhao. Non si fanno problemi a picchiarmi di fronte la gente, o a colpirmi in posti non facilmente visibili. No, tranquilli, non hanno paura di perdere i clienti. –Prometti? PROMETTI? NON FARMI RIDERE! Non hai bisogno di promettere, avresti dovuto farlo comunque.- mi dice, dandomi le spalle e continuando a camminare nella stessa direzione in cui si trova la casa. –Sai cosa c’è? E’ che saresti dovuta morire con loro.- afferma il signor Feng, prima di allontanarsi e avvicinarsi alla moglie. “Saresti dovuta morire con loro” queste parole mi riecheggiano nella mente e mi fermo per un secondo. “Loro” sono i miei genitori, o meglio, erano. Non so nulla di loro, non so quale età avessero, che viso avessero, che tipo di persone fossero; mi è stato detto che sono morti dopo la mia nascita. Sì, ha ragione lui. Avrei davvero preferito morire con loro, piuttosto che vivere questa vita. “Vita”, che così non si può neanche definire, la mia. –SBRIGATI AD AVVICINARTI, SI STA FACENDO BUIO.- mi urla da lontano la signora Meiling. Non so come sia finita in quella casa, in quella famiglia. “Casa”, “Famiglia”, parole insegnatomi ma per me dal significato sconosciuto. Cammino a passo svelto per avvicinarmi a loro, mantenendo comunque una distanza di sicurezza. Non vorrei che il signor Feng lasciasse uno di quei suoi peti mentre gli cammino dietro, potrei seriamente rimetterci la pelle, in tutti i sensi. Li raggiungo e arriviamo a casa, una casa abbastanza accogliente, se solo non fosse per i proprietari. La legna che mi copre la visuale, non mi permette di vedere dove metto i piedi. E infatti, non a caso, inciampo proprio su un sasso, perdo l’equilibrio e cado. “MERDA” urlo dentro me, finendo in una pozza di fango insieme alla legna. Sentendo il rumore, i signori Zhao si girano. “E’ la fine” mi dico. E come non detto, il signor Feng si avvicina a me con passo deciso e occhi troppo infuriati, per i miei gusti. Mi tira su dai capelli e mi sbatte tre volte la faccia sul terreno, mi strappa i vestiti e mi butta nella pozzanghera, calciandomi e lapidandomi fino al sangue. Si, voi direte: “Ma perdi sempre sangue?”, beh, non è che il signor Feng ci vada leggero. Mi prende dalla collottola e mi tira un pugno, un altro e un altro ancora. “Basta..” prego in silenzio. “Basta, basta, BASTA”, dico sul punto di piangere. Mi butta a terra e si allontana. “Menomale..” rilascio un sospiro tremolante. Mi sbaglio. Lo vedo arrivare con un pezzo di legno. Sono così stremata che non riesco a muovermi, lui coglie l’occasione e mi colpisce col bastone sulla schiena, il quale si spezza e rotola fino ai piedi della moglie. –AAHIAAA.- urlo con le ultime forze che mi sono rimaste. –Può bastare così, per oggi. Di questo passo la ucciderai e non avremo nessun altro da utilizzare.- dice la moglie. Entrano in casa e io mi accascio a terra, scoppiando in un pianto silenzioso, come mio solito. Nulla, non vedo più nulla. Nulla, non sento più nulla, se non la voglia di morire che aumenta. “PERCHE’? PERCHE’ TUTTO QUESTO? NON HO FATTO NULLA DI MALE, NON HO FATTO NULLA DI MALE” le lacrime aumentano e metto le mani tra i capelli, sporchi e annodati. Mi scoppia la testa e non riesco a respirare bene, le lacrime aumentano. Mi chiedo sempre il perché di questa situazione. Non riesco ad esprimere quello che provo, succede ogni santo giorno. Sbaglio e vengo quasi uccisa. Ma devo ricominciare a lavorare facendo finta di nulla. Non so come, ma riesco a chiudere gli occhi e ad appisolarmi, sotto una pioggia che mi bagna la pelle piena di lividi e che provoca bruciore alle diverse ferite. Sento i galli cantare, mi giro e sento una fitta dolorosa alla schiena. Stringo i denti e mi strofino le palpebre con le mani, sporche di terra e sangue. Continuo a fissare la mano e la rabbia e la disperazione mi pervadono. Mi trascino lentamente fino alla ringhiera che sta accanto la porta e mi alzo. Tremo e barcollo, ma riesco a voltare il viso al cielo. Vedo gli uccelli volare, liberi nel cielo, viaggiare e morire. Li invidio, li invidio davvero tanto. Vorrei essere anche io un uccello, libero, volare nel cielo e andarmene dove mi pare. Sì, anche con il rischio di morire. Perché in quel momento potrò essere felice della vita che ho avuto, anche se breve. Smetto di sognare, piacere proibitomi, e guardo il cielo. L’alba di questa mattina così cupa, come se stesse annunciando una giornata di pioggia. Non c’è il rosso limpido di sempre, c’è solo il rosso sfumato che svanisce, per diventare scuro e coprire il sole nascente. Rosso come il colore del sangue, e mi vengono in mente tutti i momenti trascorsi, come la sera precedente. Non riesco più a controllarmi, una voglia irrefrenabile mi muove. Entro in casa piano piano e mi dirigo in cucina, senza far rumore per evitare di svegliare i signori Zhao. Il mio sguardo si posa su un pugnale nuovo, lucido e poggiato su uno straccio. Sorrido, e quel sorriso diventa un ghigno. Prendo il pugnale senza pensarci due volte e accarezzo la lama. Mi tornano in mente i ricordi, quei brutti ricordi, e mi viene da piangere. Una lacrima scende, accompagnata da un’altra e un’altra ancora. “PERCHE’? PERCHE’ TUTTO QUESTO?” mi chiamo Yu-Jie, o almeno è quel che mi è stato detto. “PERCHE’ NON POSSO VIVERE LA MIA VITA COME OGNI ALTRO ADOLESCENTE?” ho sedici anni, e mi ritrovo in questa situazione senza il mio volere. “SONO STUFA DI TUTTO QUESTO, SONO STUFA!” prima avevo un corpo esile, ma dopo tutto quello che mi hanno fatto fare ho sviluppato delle grandi mani e gambe robuste. “PERCHE’ NON SONO LIBERA DI USCIRE E SCHERZARE CON LE MIE COETANEE?” non riesco più a guardarmi allo specchio, mi hanno ridotta uno schifo. Il mio corpo è pieno di lividi, ferite, e non sono libera di essere. “PORRO’ FINE A TUTTO QUESTO” affermo convinta mentre arrivo nella camera da letto. Li vedo, vedo l’uomo e la donna che mi hanno rovinato la vita. Vedo quei due sadici maiali che dormono, puzzano e russano. Mi avvicino sempre di più impugnando saldamente il pugnale. “Adesso si fa come dico io” mi avvicino alla signora Meiling e senza esitazione affondo il pugnale nel petto. “Questo è per avermi trattata come uno straccio, per avermi privato della mia natura da donna”. Tolgo il pugnale dal petto, sanguinante, e mi dirigo dal signor Feng. Affondo nuovamente il pugnale nel suo petto “E QUESTO E’ PER AVERMI PRIVATO DI VIVERE, PER AVERMI SVUOTATA E TOLTAMI VIA DAI MIEI GENITORI” lascio affondare ancora di più il pugnale e mi allontano, scoppiando in un mare di lacrime miste tra gioia e felicità. Mi chiamo Yu-Jie, e in una mattinata di alba cupa, è iniziata la mia vita.
   
 
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