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Autore: sadsavcasm_    15/09/2015    0 recensioni
-E so che quando tornerò la solita di sempre mi pentirò di quel che sto dicendo- affermo, abbassando lo sguardo per osservarmi le scarpe. Ho gli occhi di tutti puntati addosso, ma non ho scuse per poter farli guardare altrove. E mi allontano, altroché non curante delle voci di fondo. E mi isolo, cercando di tranquillizzarmi. Mi stringo fra le mie braccia, è l'unico posto che mi rimane. E proprio stretta nelle mie braccia prego gli Dei, affinché mi aiutino a non deludere più nessuno, a partire da lui, da loro, a finire a me stessa.
Ma so che in fondo, aspetto sempre che quel chiaro bagliore di luna mi accolga nella sua luce e mi protegga, senza abbandonarmi.
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shin-ah, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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E adesso da che parte vado?” mi chiedo, guardandomi attorno. Sono circa cinque giorni che vago per la foresta, e cinque giorni che non mangio: sono affamata. Alzo lo sguardo, chiudo gli occhi, e lascio che il vento mi accarezzi delicatamente la pelle mentre le lacrime mi rigano il viso. Mi siedo accanto una pietra e affondo la testa nelle braccia, ho paura. Mi sento un mostro. Mi tremano le mani e le gambe ripensando a quella mattinata, a quell’alba. Cerco di togliere via le lacrime, ma non cessano, insistono. Porto una mano sul petto e sento il cuore che mi batte forte. Non so più dove andare, cosa fare. Il cielo si oscura e i tuoni si fanno sentire. Devo trovare un rifugio prima che inizi a piovere. Mi alzo barcollando e mi dirigo in una qualsiasi direzione, in cerca di un rifugio; mentre cammino vedo gli animali tornare nelle loro tane, accompagnati dai loro genitori. Un’altra lacrima riga il mio viso, non mi sono mai sentita così sola. Non riesco più a trattenere la marea di lacrime che vuole uscire, così la lascio fare. E’ inutile, non vedo più niente. Ho la vista offuscata per via delle lacrime e mi fa freddo, tanto freddo. Ho fame, ho sonno, sono stanca. Urlo. Urlo dalla disperazione, urlo per tutte quelle volte che non l’ho fatto, ma come al solito nessuno è lì, ad ascoltarmi. –Perché?- libero un debole sospiro –Perché non sono felice? Li ho uccisi, mi sono ripresa la mia vita, la mia libertà, ma perché non sono ancora felice?- cado a terra, in ginocchio. –IO VOGLIO SAPERE, VOGLIO UNA RISPOSTA.- alzo il viso verso il cielo –DEI, PERCHE’ MI AVETE ABBANDONATA? MADRE, PADRE, DOVE SIETE? VI STO ASPETTANDO, VENITEMI A PRENDERE- i capelli viola s’intingono sul viso, bagnati e crespi. –VI HO CERCATI TUTTO QUESTO TEMPO, PERCHE’ NON VI HO ANCORA TROVATI?- chiudo le mani in due pugni e colpisco una roccia accanto a me. Grido dal dolore provocatomi per il colpo e mi accascio a terra. “Saresti dovuta morire con loro” queste parole mi tornano ancora una volta in mente e non sento più il dolore alla mano. Il cuore mi si stringe, sta creando attorno a sé altre mura, più alte e più forti. Sono morti. E in fondo, anche io, anche la mia anima, anche il mio cuore, è morto insieme a loro. Non ho bisogno di riflettermi in una qualche pozzanghera, per sapere che il vuoto nei miei occhi grigi sta diventando sempre più profondo. Non ho nessuno a cui farli vedere. Mi è sempre piaciuto cantare: ogni tanto me lo permettevo, quando andavo a lavare gli abiti al ruscello vicino la casa. Quando canto sento che ogni problema se ne va e siamo solo io e la melodia, che mi accompagna dolcemente in un altro mondo. Apro la bocca e prendo un bel respiro -You´re waking up harassed. You´re waking up and muse unending: just another day. Just another day to weather. Wash away your tears.- porto un braccio su una spalla -The hate behind your eyes needs to be unfold. Needs to be unfold. You have lost your smile. You have lost your will to fight a very long time ago. A very long time ago.- porto l’altro braccio sull’altra spalla -The story in your eyes needs to be unfold, so that i can touch your grief and make it faint. You have lost your smile, have lost your will to fight. A very long time ago.- stringo i denti e mi alzo, ho bisogno di trovare un villaggio, ma non so dove mi trovo. Non ho le forze per salire su un albero, e sta comunque piovendo. Mentre cammino sento un rumore metallico riecheggiare. Mi fermo in preda al panico, ma solo dopo capisco che è l’oggetto a me caduto. Mi abbasso e prendo il pugnale. Già, è lo stesso pugnale di quella mattina. Ho deciso di portarmi dietro la mia condanna, per non dimenticare. Per non dimenticare, quando sarò felice, cosa ho passato per poterlo essere. Ma.. riuscirò ad essere felice? E’ questo quel che mi turba. Scoppio a ridere e mi porto una mano al viso, per coprirlo. “A chi voglio prendere in giro.. una come me non sarà mai felice” mi sento ridicola “Chi uccide la gente non merita di essere felice.”. Non so cosa mi succede, ma improvvisamente non sento più nulla, neanche la voglia di morire. E’ come se qualche tipo di mostro mi avesse risucchiato l’anima e si fosse impossessato del mio corpo. “No” scuoto la testa “Io sono morta tanto tempo fa” abbozzo un sorriso. -You have lost your smile, have lost your will to fight. To fight. To fight.- Sono in realtà un corpo che cammina e nient’altro, questo lo so, e lo sarò per sempre –Fight..-. Anche questa sera è giunta, e non mi rimane che cercare un posto dove poter passare la notte. Continuo a camminare e fisso il pugnale che ho raccolto poco prima, non riesco a liberarmene. Lo nascondo in un posto a me non visibile e, tanto per cambiare, inciampo. –Ahi..Sono proprio stanca.- Mantenendo un’espressione vuota e gelida, mi rialzo. Ritorno sui miei passi e mi lascio accompagnare dal cantare delle cicale. E’ estate, non so dirvi di preciso quale giorno sia, ho perso la cognizione del tempo. Improvvisamente, questo canto viene interrotto dalle urla di un bambino. Mi precipito nella direzione da cui proviene la voce, e finalmente arrivo. C’è un bambino che si tiene il ginocchio con una mano e lo guarda cercando di trattenere le lacrime. –Ti sei fatto tanto male?- il bambino si gira, e assume un’espressione impaurita e disperata. –So di non avere un bell’aspetto, ma così mi offendi.- mi avvicino a lui e mi abbasso, cercando di controllare la ferita. Il bambino si allontana di scatto, prende un legno e me lo punta contro. Adesso sono io ad allontanarmi, ricordandomi quella sera. Mi abbasso e mi tengo la testa con le mani, iniziando a tremare. –N.. non voglio farti niente.- afferma il bambino, spostando lo sguardo dal bastone a me, posandolo. Sto ancora tremando, ma mi alzo. Mi avvicino a lui e gli tendo una mano –Ti accompagno al tuo villaggio, se mi dici dove si trova. Devi stare attento, non devi gioc…- neanche il tempo di finire la frase che sento il rumore di una freccia scoccata. Prendo il bambino e lo porto al petto, abbassandomi per evitare la freccia. –COSI’ ERI QUA, RAZZA DI FURFANTE.- afferma una voce maschile grottesca, abbastanza inquietante. –Tu stanne fuori, se non vuoi morire con lui.- a quelle parole mi si gela il cuore. Mi giro verso l’uomo e prendo il mio pugnale, puntandoglielo contro. –Chi è che dovrebbe morire?- gli dico, lanciandogli un’occhiataccia. –E COSI’ ANCHE TU SEI COMPLICE DI QUESTO BAMBINO? BENE, MORIRAI ANCHE TU.- dice l’uomo, portando dietro il braccio per prendere un’altra freccia. La prende, la posiziona sull’arco, ed è pronto per tirare. Non gli do il tempo di scoccare le freccia che, improvvisamente, gli lascio un taglio verticale sul petto, sfilando il pugnale dal busto. L’uomo cade per terra, il viso inizia a diventargli pallido, e la sua pelle si raffredda. Sgrano gli occhi e mi guardo le mani, incredula di ciò che ho fatto. Ho il sangue sulle mani, ancora, il sangue. Mi giro verso il bambino ed è terrorizzato. –T..TU SEI UN MOSTRO! SEI COME LORO…L’HAI UCCISO! MAMMA..PAPA’….DOVE SIETE”- si alza, non curando il dolore al ginocchio e corre verso il suo villaggio, almeno credo. “IO…COSA HO FATTO..” guardo il cadavere ai miei piedi. “IO..HO UCCISO DI NUOVO..QUALCUNO” . Urlo e mi fisso le mani –SANGUE, SANGUE, SANGUE. ANCORA SANGUE. PERCHE’? BASTA- inizio a correre nel buio. Non so dove sto andando, e non m’importa. –NO, SIGNOR FENG! STO ANDANDO A PRENDERE I BARILI, NON LO FACCIA!- mi appare il volto del signor Feng infuriato, e corro più velocemente. –STO ANDANDO SIGNORA MAILING, TORNO SUBITO- chiudo gli occhi e continuo a correre, devo allontanarmi da loro. Dopo circa una decina di minuti, rallento il passo. Il sangue colante dal pugnale mi ha macchiato i vestiti, il terrore mi assale. E’ buio, non vedo nulla e ho paura. Mi torna in mente la faccia di quel bambino, terrorizzata. Mi tornano in mente i signori Zhao, infuriati con me. Mi torna in mente quella notte, la notte in cui il signor Feng mi ha quasi uccisa. E ricordo tutte le sue parole. Mi tornano in mente i ricordi che mi hanno inventato, dei miei genitori. Mi torna in mente quella mattina, quella mattina in cui ho ucciso i signori Zhao pensando di poter iniziare una nuova vita. Sento la disperazione fuoriuscire dalle orbite degli occhi, mi giro e mi accorgo di essere alla punta di un dirupo. Guardo sotto, è buio e non vedo nulla. –HO PAURA- urlo, e la mia voce riecheggia. Deve essere molto profondo a quanto pare. Alzo lo sguardo e le lacrime mi scendono dagli occhi. –Allora gli Dei mi hanno ascoltata. Mamma, papà, sto arrivando.- Le mie preghiere si stanno avverando. Prendo il pugnale sporco di sangue e lo rivolgo a me, mi lascio cadere all’indietro, avvicinando il pugnale al petto. –Scusate se vi ho fatto attendere così tanto, madre, padre.- Sul mio volto è dipinto un ghigno, sto per vivere la vita che ho sempre voluto. Chiudo gli occhi aspettando di sentire il vuoto. Ma invece del vuoto, sento una mano avvolgermi il polso, e un braccio cingermi la schiena. Apro gli occhi, e la luce della luna passare attraverso quella pelliccia bianca che si muovo col vento. Sposto lo sguardo e lo vedo, un angelo. Sono morta? Non è possibile, sento ancora il cuore battere. Quei capelli blu sono troppo belli per non essere vivi, e quella maschera… è troppo sospetta per essere quella di un angelo. Spalanco completamente gli occhi, e mi rendo conto che questa sera, gli Dei mi hanno ascoltata. Hanno mandato il bagliore della luna a cullarmi. Questo tipo a me ancora sconosciuto mi tiene, così saldamente per non farmi cadere. E’ un angelo. Con le ultime forze che mi rimangono cerco di avvicinare una mano alla sua maschera –E tu, cosa sei?-.
   
 
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