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Autore: _Girella_    14/09/2015    2 recensioni
-Va bene, Atsuya. Hai vinto. Puoi tornare sulla Terra, tuo fratello ha ancora bisogno di te.
Vivrai ancora per un po’. Ma ci sono dei limiti, e tu li conosci bene.
E soprattutto, non potrai restarci per sempre. Arriverà il momento in cui la tua anima terrena si consumerà
e sarai costretto a dire addio una volta per tutte a Shirou. Sei sicuro di volerlo fare?-.
Dal cap. 13
-Non manca molto ormai-.
-Cosa? Di già?-
-Atsuya sta per fare la sua scelta. E il suo destino si compirà-.
Gabriel non rispose. Semplicemente, si ritrovò a sperare che facesse la scelta giusta.
Ben sapendo che non sarebbe stato così. 
Genere: Angst, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angelo perduto
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-E’ la giusta decisione?-.

-Atsuya ha ragione. Ormai è quasi finita-.

-Sai già cosa succederà?-.

-Ovviamente no. Ho il sospetto che nessuno possa sapere come andrà a finire questa storia-.

-Aiutiamolo, Gabriel-.

-E' contro le regole!-

Michael sorrise, scompigliando i capelli biondi dell'amico. -Regole? Dopo tutto ciò, vieni ancora a parlarmi di regole?-.
 
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-Sei sicuro di sentirti bene?-.

Shirou si era alzato di buon umore, come ogni ragazzo che ha appena compiuto diciotto anni. Il comportamento che i suoi amici avevano tenuto durante il giorno, però, aveva smorzato il suo entusiasmo.

Certo, gli avevano fatto gli auguri. Certo, si erano sforzati di essere allegri. Certo, avevano finto che andasse tutto bene.

Ma di certo non lo avevano ingannato.

Li conosceva troppo bene per non accorgersi che i loro occhi non brillavano del solito entusiasmo, che Gouenji era freddo e distante, come se avesse la testa in tutt’altri pensieri, che Kazemaru non gli era saltato addosso come ogni singolo anno tirandogli le orecchie.

E non poteva certo essergli sfuggito che Endou non avesse proposto come al solito di giocare a calcio subito dopo scuola. Questo, di per sé, sarebbe già stato strano.

E, a coronare il tutto, c’era il fatto che Tayou fosse scomparso da quella mattina.

Aveva avuto un semi-infarto quando aveva trovato il suo letto freddo e la porta di casa non più chiusa a chiave. Era entrato nel panico nel giro di dieci secondi.

Ma poi, erano arrivati gli altri, che lo avevano rassicurato. Tayou era uscito quella mattina presto e quel giorno non sarebbe venuto a scuola.

Spiegazioni? Neanche a parlarne.

Midorikawa sobbalzò e si mise a scrivere in fretta appunti di matematica. –Certo- rispose con un sorriso fin troppo smagliante.

Shirou alzò gli occhi al cielo. Chi credeva di prendere in giro? Lui non prendeva mai appunti. Preferiva “prendere in prestito” i suoi.

Aveva intenzione di placcare all’uscita  lui o Kazemaru, quelli che se c’era una cosa che non sapevano fare era mantenere un segreto, e chiedergli cosa diavolo stesse succedendo.  Il suo piano andò in fumo, però, quando, suonata la campanella, i suoi amici gli si avvicinarono in gruppo.

-Andiamo?- chiese Gouenji.

-Dove?- domandò Shirou, innervosito da tutto quel mistero.

-In un posto-.

Certo, una spiegazione più che chiara. Dovette trattenersi dall'urlare.

Il tragitto lo fecero nel più completo silenzio, un silenzio talmente pieno di cose non dette che faceva quasi male alle orecchie.

Alla fine, si fermarono davanti a casa di Kidou.

Shirou vide subito il giardino addobbato a festa e un grosso peso parve abbandonare il suo cuore. Tirò un impercettibile sospiro di sollievo, e maledì mentalmente i suoi amici. Lo avevano fatto preoccupare a morte.

Era strano, però. Non si respirava certo l’aria allegra e spensierata che dovrebbe esserci durante una festa. Niente invitati che sbucano dai posti più improbabili gridando “Buon Compleanno!”. Niente sorrisi, niente abbracci, niente risate.

Qualcosa stava succedendo, ne era sicuro.

Si fermarono al centro del giardino. Shirou si guardò intorno e  vide una figura apparire sull'uscio della porta. 

Gli sembrò di sentire qualcuno sussurrare qualcosa, ma quando si girò, il giardino era deserto.

“Dove sono andati?” si chiese, spalancando gli occhi. Non ne poteva più.

Riportò la sua attenzione alla persona che si avvicinava, dato che non c'era altro da fissare nel giardino,  e socchiuse gli occhi.

Era Tayou. Aveva un'espressione grave sul volto, che non gli aveva mai visto prima.

-Tayou, che succede?- provò a chiedere, sollevato che stesse bene, ma, come aveva immaginato, non gli rispose.

Il sole prese a brillare con maggiore intensità, ferendogli gli occhi. Dovette farsi ombra con la mano per capire che la luce non proveniva da sopra di lui.

Proveniva da davanti a lui. Ma davanti a lui c’era solo Tayou, e per un folle attimo, si chiese perché diavolo gli stesse puntando una torcia contro.

Quando gli fu vicino, si fermò e rimase a guardarlo per lunghi minuti. Shirou quasi non respirava. In compenso il suo cuore sembrava voler compiere  in pochi istanti tutti i battiti di una vita.

Sapeva che c'era qualcosa che non andava, se lo sentiva da quella mattina, realizzò. Da quando si era svegliato, il suo cuore aveva iniziato a mandargli dei segnali, ad avvertirlo, a cercare di metterlo in guardia da qualcosa.

Ma cosa?

 
Mi dispiace, Shirou.

Avrei voluto che tu sapessi.

Lo giuro.
Tayou gli prese le mani. –Shirou…- mormorò con quella voce che gli era sempre stata così spaventosamente familiare.

Non rispose.

-Shirou.  Mi dispiace, io… avrei voluto avere più tempo-.

-Più tempo? Più tempo per cosa? Te ne stai andando?- esclamò Shirou mentre il ragazzo gli lasciava le mani con lentezza, come se non volesse lasciarlo andare,  e si allontanava di qualche passo.

Ciò che accadde da quel momento, se lo sarebbe ricordato come attraverso una sottile nebbia.

Tayou si sollevò a mezz’aria, e rimase a fissarlo, fluttuando nel dolce vento che si era alzato.

Quando liberò le ali, il cuore di Shirou decise che si, era decisamente l’ora di cambiare, e prese a battergli in gola. Non aveva mai visto niente di così magnifico in tutta la sua vita. Cercò di deglutire, a vuoto. Probabilmente non sarebbe stato in grado di pronunciare nemmeno una parola.

E, anche se lui non lo sapeva, non aveva ancora visto niente. Quando infatti il volto di Tayou iniziò a cambiare, resistette a stento all’impulso di tirarsi un pizzicotto, giusto per essere sicuro al cento per cento di non essere vittima di un sogno. Ma come avrebbe potuto un sogno essere così realistico, e così meraviglioso?

I suoi occhi e la sua bocca si aprirono contemporaneamente. Il ragazzo che stava atterrando non aveva più niente del vecchio Tayou. Né il volto, né il corpo. E, ovviamente, le grandi ali scintillanti. Solo gli occhi erano rimasto uguali, e Shirou si concentrò su quelli, per mantenere un minimo contatto con la realtà.

-Tayou…- mormorò, mentre quello gli si avvicinava.

Nei suoi occhi si leggeva tanta felicità, pari solo alla sua grande tristezza.

-No, Shirou- sussurrò. –No, io… sono Atsuya-.

 
Ovvio che fosse Atsuya. Lo aveva riconosciuto nel preciso istante in cui lo aveva visto. Non quando aveva iniziato a trasformarsi, ma quando era piombato nella sua cucina frantumando la sua finestra e la finta facciata perfetta che aveva costruito al posto della propria vita. Ma se ne rendeva conto solo adesso.

Solo per quello riuscì a non svenire sul colpo, nonostante il mondo avesse deciso improvvisamente di mettersi a girare un po’ troppo velocemente.

Cercò di articolare una domanda, ma dalla bocca gli uscirono solo suoni confusi e decise di lasciar perdere. Forse non voleva rovinare l’incanto di quel momento.

-Shirou, sono io, tuo fratello…- disse di nuovo Atsuya.

La lucidità mentale di Shirou tornò tutta insieme.

-Non… non è possibile…- mormorò.

-Voglio spiegarti tutto, Shirou. Vieni- gli tese la mano, che Shirou afferrò senza nemmeno un secondo di esitazione. Il calore che parti dalla punta delle sue dita gli arrivò fino al cuore.

Si sedettero assieme sugli scalini di fronte casa di Kidou e per qualche istante rimasero in silenzio, Shirou troppo stordito, Atsuya a occhi chiusi mentre cercava il coraggio di pronunciare le parole successive.

Perché una volta fatto, avrebbe dovuto dirgli addio.

Cominciò a raccontare dall’inizio, da quando aveva ricevuto il permesso di tornare sulla Terra senza farsi vedere. Quando aveva assunto sembianze umane ed era apparso nella sua cucina. Raccontò tutta la storia, senza tralasciare niente. Era incredibile quante cose fossero successe da che aveva scelto di tornare sulla Terra, quante paure avesse avuto, quanti sentimenti avesse provato. Ascoltava se stesso parlare come se fosse un'altra persona a raccontare la storia.

Come se fosse Tayou a raccontare quell’assurda storia a lui e a Shirou.

Alla fine, quando tacque, Shirou lo guardò, per la prima volta. Lo guardò e seppe che ogni singola cosa che aveva raccontato non poteva che essere la pura verità. E se era la verità, allora lui...

-Non so se abbracciarti, arrabbiarmi con te o scappare via- disse alla fine con gli occhi lucidi.

Atsuya gli sorrise –Opto per la prima- e fu allora che finalmente si abbracciarono.

Non ci sono paragoni per descrivere ciò che passò tra di loro in quegli istanti. Si abbracciarono semplicemente come Atsuya e Shirou Fubuki, come i due fratelli che erano stati costretti a separarsi l'uno dall'altro quando ancora non si erano resi conto che erano diventati una cosa sola, che avevano sofferto per anni che erano sembrati secoli senza potersi raggiungere, che alla fine avevano sfidato anche il confine tra reale e irreale, pur di riuscire a stare insieme.

Shirou lo strinse a sé così forte da rischiare di soffocarlo. Per fortuna che gli angeli non potevano soffocare.

Non riusciva a crederci. Dopo tutti quegli anni, il suo più grande desiderio si era avverato. Accanto ad Atsuya si sentiva forte, come se nessuno potesse più ferirlo in alcun modo.

Qualche minuto dopo, sentì che i suoi compagni si avvicinavano.

Si staccò dal fratello.

-Orrido sospetto-. Li guardò uno per uno con espressione minacciosa. –Voi sapevate?-.

-Ehm…- iniziò Kazemaru senza guardarlo. –No… cioè si, ma… no… si…-.

-Traduci in una lingua corrente?- chiese Shirou, cercando di mantenere il tono serio. Non ci riuscì del tutto, ed era palese che stava per mettersi a ridere.

-Lo sapevamo- spiegò Gouenji. –Ma non potevamo dirti niente-.

-Perché?-.

-Perché…-.

Atsuya alzò una mano, facendogli segno di fermarsi. Doveva essere lui a raccontargli la verità.

Si alzò a sua volta e gli andò vicino. –Vedi, la nostra esistenza deve rimanere segreta. Nessuno deve sapere che noi angeli possiamo tornare sulla Terra. Ma Gouenji…- Prese un sospiro –Gouenji mi ha visto durante la mia trasformazione, e non ho potuto far altro che raccontargli la verità. Sapevo che nessuno di loro avrebbe aperto bocca. La cosa più importante era che tu non sapessi niente-.

-E adesso?- chiese Shirou.

Atsuya rimase in silenzio e distolse lo sguardo.

-Adesso?- domandò nuovamente Shirou, con insistenza.

-Adesso compirà il suo destino- arrivò secca la risposta, ma non da Atsuya, bensì da un ragazzo dietro di lui, che sembrava apparso dal nulla.

Kazemaru lo riconobbe subito.

-Lucifer!-.

Il demone sorrise al suo indirizzo, come se stesse salutando un vecchio amico. Stavolta,  non era venuto solo. Attorno a loro, apparvero in rapida successione altre figure, che chiaramente provenivano a loro volta dall’Inferno. Erano tutti bellissimi, malvagi e privi di scrupoli.

Quasi senza accorgersene, Atsuya strinse forte la mano di Shirou, in silenzio, lo sguardo carico d'ira.

-Chi sono?- chiese quest’ultimo, stupefatto da quell’apparizione improvvisa. Stava iniziando a girargli la testa.

-Demoni- ringhiò a denti stretti Atsuya, mentre la sua luce aumentava e i suoi muscoli si tendevano. Era già pronto a battersi per il fratello.
 
“Non lo porterete via da me”
 
Una terza figura apparve accanto ai due Fubuki, facendo sobbalzare Shirou. Un attimo prima non c’era nessuno, un attimo dopo un altro angelo era al suo fianco, le ali enormi e scintillanti, il volto fiero.

-Gabe!- esclamò Atsuya. Non era mai stato così felice di vederlo.

Avrebbe voluto chiedergli perché di colpo fosse sparito, ma non era decisamente il momento adatto.

Si domandò cosa ci facesse lì, dato che palesemente il Paradiso aveva rinunciato a battersi contro i demoni. Aveva forse dissertato?

Per lui?

Si ritrovò a sorridere dentro di sé. Forse c'era ancora speranza, forse non avrebbe dovuto rinunciare alle sue ali. Se non gli avevano impedito di raccontare a Shirou la verità, voleva dire che, implicitamente, gli avevano concesso il permesso.

O almeno, era così che Atsuya aveva iniziato a ragionare dal momento in cui era diventato umano.

Luc fece una smorfia a metà tra lo scocciato e l'ironico. –La tua presenza qui non è necessaria, Gabriel-.

-Non ti permetteremo di portarlo via, Lucifer-.

-Portarlo via?- domandò Shirou, stupito.

Inspiegabilmente, Luc scoppiò a ridere. -Mi stupisce che tu non sappia di cosa io stia parlando-.

Gabriel si intromise, interrompendolo. -Abbiamo ritenuto saggio raccontare ad Atsuya solo il necessario-.

Luc ci mise pochi istanti a fare due più due. Il suo volto s'illuminò, e iniziò a ridere di gusto. -Non gli hai raccontato la verità?- esclamò. –Non ti biasimo, con quel carattere, chissà come avrebbe potuto reagire, eh?-.

Si rivolse ad Atsuya, immobile e silenzioso, lo sguardo lampeggiante., e parlò prima che Gabriel potesse impedirglielo –Atsuya, tu sei destinato all’Inferno-.

Atsuya sentì le gambe cedere e dovette fare un enorme sforzo per restare in piedi., aggrappandosi in parte al fratello.

Non poteva essere vero. Non doveva fidarsi della parola di un demone. L'espressione di Gabe, però, lo atterrì.

Capì che Luc aveva detto la verità.

-Per questo mi cercavano?- esclamò all'indirizzo dell'angelo biondo, il volto in fiamme. Il suo stupore adesso si era rapidamente trasformato in rabbia. Non paura, paura mai. –Ho sempre creduto che fosse a causa del mio comportamento. E invece… qualunque cosa avessi  fatto, sarei stato comunque costretto ad unirmi all'Inferno?-.

Un’enorme ira verso Gabe e verso tutti gli altri angeli lo prese allo stomaco. Non avrebbe mai dovuto fidarsi di loro! Lo avevano preso in giro per dieci anni, nascondendogli la verità e riempiendolo di menzogne.

Credeva di avere almeno una scelta. Aveva lottato, credendo di averla.

Ora, scopriva che non era affatto così. Era stato tutto inutile.

Chissà quante risate si erano fatti al suo indirizzo, Lucifer e gli altri. Il povero, piccolo, ingenuo Atsuya, che combatteva per una vita che non gli apparteneva.

-Unirti all'Inferno?- domandò Shirou con voce rotta. –Perché… Perché dovresti farlo?-.

Luc lo guardò con aria di compatimento. –A causa tua-.

Il poco colore rimasto sul volto di Shirou scomparve del tutto. –A causa mia?- ripetè come a voler comprendere meglio il significato di quelle parole.

-Non è vero!- scattò su Atsuya, destandosi dai propri pensieri. –Non è vero, Shirou! Non è colpa tua! E tu- Rivolse uno sguardo di ghiaccio a Luc. –Non azzardarti mai più a dire una cosa del genere-.

-So che la verità fa male, Atsuya. Ma tu sei consapevole che se non avessi raccontato a Shirou la verità, niente di tutto questo starebbe succedendo. Sai cosa accadrà ora, vero?-.

Shirou guardò interrogativo il fratello mentre l’orrore si dipingeva sul suo volto. –Non vorrai…-.

Luc annuì, con un ghigno. Atsuya lasciò andare Shirou e fece segno a Gabe di stargli accanto. Non che lo avesse perdonato, ma in quel momento la cosa migliore che poteva offrire al fratello era la protezione di un angelo del suo calibro.

Si avvicinò a passi lenti verso il demone. –Io non ti permetterò di fargli del male- ringhiò quando fu abbastanza vicino. –Tu non toccherai mio fratello-.

-Non sono io a fargli del male, Atsuya. Sei stato tu. Tu e la tua stupidità avete messo in pericolo non solo Shirou, ma tutti i tuoi amici. Non è una mia decisione, ci sono costretto. Sono costretto ad ucciderli-.

-NO!- esclamò Atsuya e fece per saltargli addosso, ma una figura appena apparsa accanto a lui lo costrinse a fermarsi, tenendolo per un braccio.

-Lasciami andare, Michael!-.

-Fermati e rifletti. Peggiorerai solo le cose- esclamò l'angelo, la presa ferrea che impediva ad Atsuya di muoversi..

Luc scoppiò in una risata mentre Atsuya lo fissava come un gatto che punta la sua preda, ogni singolo nervo teso, pronto a scattare. -C’è un alternativa-.

-Non voglio favori da te!-.

-Ma potresti salvarli-.

Atsuya impose al proprio cuore di calmarsi. Doveva ragionare lucidamente, non c'era solo il suo destino in ballo, ma anche quello dei due angeli che lo stavano aiutando, dei suoi amici, e di Shirou.

-Quale?- chiese, quasi ringhiando.

-Puoi unirti a noi. Rinuncia alle tue ali, diventa un demone, e io ti prometto che non toccheremo con un dito le persone che ami. La decisione è solo tua-.

Atsuya si immobilizzò sul posto. Perdere le ali era una prospettiva orribile, ma se davvero era destinato all’Inferno, non aveva altra scelta. Non aveva mai avuto altra scelta.  La sua priorità, adesso, era proteggere Shirou e gli altri.

Cosa doveva fare? Cedere al ricatto ed entrare nelle file di Lucifero?

-Non… non posso…- balbettò, più a se stesso che a qualcuno in particolare. Quella prospettiva lo atterriva.

Lucifer si avvicinò di qualche passo. –Atsuya, pensaci. Non hai causato fin troppo dolore a tuo fratello? Non pensi che i tuoi amici non meritino di soffrire ancora a causa tua? Non pensi che sia ora che la vita vada avanti senza di te, come avrebbe già dovuto fare?-.

 Atsuya si prese la testa tra le mani.

- Impediresti una guerra che causerebbe milioni di vittime. Li salveresti, Atsuya, e io so che vuoi salvarli. Ti sto offrendo l'occasione di farlo-.

In fondo, era vero. Da quando era arrivato, non aveva fatto altro che causare dolore. Lo sapeva, e il senso di colpa lo dilaniava.

Forse, nonostante tutto, Lucifer aveva ragione.

Sarebbero stati tutti molto meglio senza di lui. 






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