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Autore: Fastenia_93    15/09/2015    2 recensioni
Edward Cullen e Isabella Swan.
Si sono amati come non mai. Di quell' amore che ti sfinisce. Di quell' amore che ti rende fragile come una piuma ma nello stesso tempo forte come una roccia. Di quell' amore che è capace di farti toccare il cielo con un dito ma che è anche capace di farti sprofondare nella più nera depressione se qualcosa dovesse andare storto.
Si sono lasciati.
Si sono odiati.
Ma se di mezzo c’è il destino due anime come loro si rincontreranno sempre…
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Ciaoo a tutte. Eccomi qui con il primo vero capitolo di questa storia. Vi avviso che questo capitolo è leggermente lungo e infatti è diviso in due parti. Inoltre questo capitolo è molto intriso di colpi di scena ma anche di emozioni. Vorrei ringraziare in particolare giova71 per la sua bellissima recensione. Ma ci terrei molto anche a ringraziare tutte le persone che hanno inserito questa storia tra i preferiti, i seguiti, i da ricordare o anche solo a chi l’ha visualizzata. Vi ringrazio di cuore. A presto e spero vi piaccia il capitolo. Buona lettura. Fastenia_93.
                                                                                                … If Two Souls Are Destinated Always Meet…
                                                                                                                       …Capitolo 1…
                                                                                                  …Prima O Poi Il Passato Va Affrontato – Parte 1…
…4 anni dopo…
…10 Settembre 2015…
Non ci posso credere che siano già passati 4 anni da quel 10 settembre 2011. Il 10 settembre 2011 è il mio giorno preferito in assoluto. E c’è ne sarebbero giorni che potrei preferire al 10 settembre 2011. Ma è proprio questo il mio giorno preferito perché dopo un travaglio di 12 ore, tra urla e maledizioni a chiunque, tra dolore e paura è nata la mia ragione di vita: Reneesme Carlie Swan.
In questi 4 anni ne ho fatte di cose. Ho passato momenti brutti e momenti bellissimi ma è questa la vita: un alternarsi di brutti e belli momenti.
Quando ho detto ai miei genitori che ero incinta a 22 anni e che il padre mi aveva espressamente detto di abortire la loro reazione è stata come me l’ero immaginata. Mio padre voleva uccidere lo stronzo che ha fatto una cosa del genere alla sua bambina mentre mia madre mi ha supportata e per un po’ di tempo si è trasferita a Forks e poi mi ha seguita a Seattle dove mi sono dovuta trasferire per finire l’università. Ho continuato gli studi e sono diventata una psicologa infantile, la gravidanza non è stata mai un ostacolo per continuare la realizzazione del mio sogno.
Tante volte ho avuto paura che loro si potessero essere sentiti traditi da questa novità e dalla svolta che ha preso la mia vita ma ogni volta che questi pensieri si affacciavano nella mia mente loro mi rassicuravano, dicendomi che erano orgogliosi di me per non aver dato ascolto alle parole di quello stronzo. E che se c’era qualcuno che si doveva vergognare era solamente lui.
Mi sono fatta forza nei momenti di sconforto e adesso sono una stimata psicologa infantile ed ho uno studio privato a Manhattan.
Siamo a New York all’Hotel Plaza insieme a mia figlia stiamo festeggiando il suo quarto compleanno.
 Reneesme adora questo posto infatti ad ogni ricorrenza pranziamo o ceniamo qua.
Ora siamo seduti ad un tavolo e stiamo aspettando che ci portino in menù.
Reneesme è molto mogia oggi forse la recente influenza l’ha indebolita molto.
Il cameriere ci consegna il menù.
“Allora principessa, cosa vuoi mangiare?” chiedo e lei molto pigramente mi risponde.
“Voglio il Chicken Wings”
Ordino tutto al cameriere. Ma ad un certo punto vedo mia figlia barcollare e sbiancare in volto. Velocemente mi alzo dalla sedia e la afferro prima che cada dalla sedia su cui è seduta. Chiedo al cameriere di portarmi il conto, pago velocemente e con mia figlia tra le braccia mi dirigo alla macchina.
Compio azioni meccaniche e molto velocemente arrivo al Presbyterian Hospital.
Reneesme sembra in uno stato di dormiveglia. E la paura che le possa succedere qualcosa di brutto mi attanaglia lo stomaco.
Velocemente parcheggio al primo posto e non mi interessa niente se rimuoveranno la macchina l’unico pensiero fisso nella mia testa è che tutto vada bene.
Entro altrettanto velocemente dentro la struttura ospedaliera e una dottoressa mi aiuta a metterla su una barella. Ci raggiungono altri medici o infermiere e di corsa spingono la barella dentro i vari corridoi.
Piango ed è anche inutile cercare di fermare le lacrime. Ho paura e sono sola. Sono sola e non c’è nessuno che mi consola.
Continuo ad inseguire la barella su cui è sdraiata mia figlia.
“Signora mi dispiace ma non può entrare!” mi dice un dottore.
“La prego mi faccia passare. Sono la madre della bambina!” rispondo cercando di trattenere i singhiozzi che mi stazzo spezzando il petto che la violenza che hanno.
“Mi dispiace signora ma dobbiamo visitare sua figlia e non la posso fare entrare ma appena posso le farò avere notizie. Ora mi scusi ma devo proprio andare.” Detto questo se ne va ed entra velocemente nella sala dove pochi minuti prima è entrata la mia bambina.
Sfinita psicologicamente e fisicamente mi butto come un corpo senza vita sulla sedia di plexiglass presente in quella asettica e bianca sala d’attesa di quel maledetto ospedale.
Non so quanto tempo sia passato forse ore, minuti o pochi secondi ma in questi casi il tempo è un gran nemico. Più tempo passa più la tua preoccupazione sale ed è così orribile non sapere niente.
Dopo quel che a me sembra una vita la porta si apre ed esce un dottore. Ma non un dottore qualsiasi. No. Quel dottore che ha appena varcato la porta insieme ad un infermiera che mi sta indicando è Carlisle Cullen. Quello che per me era come un secondo padre. Non appena l’infermiera mi indica lui alza la testa e mi vede. Non saprei descrivere la sua espressione è un misto tra: incredulità, stupore, gioia e infine tristezza.
Mi avvicino lentamente. Adesso non ho tempo di pensare alle conseguenze di questo incontro devo solo pensare alla salute di mia figlia.
Faccio un ulteriore passo avanti e si avvicina anche lui stavolta.
La sua espressione non è affatto cambiata ed io ho paura che lui capisca qualcosa. Ho paura che lui capisca tutto. Ho paura che lui non lo sapesse. Ho paura che quello stronzo di suo figlio non gli abbia detto niente. Ma dalla sua espressione non lo riesco proprio a capire.
Si avvicina e mi abbraccia. Un gesto un tempo così spontaneo e naturale ma ora non più. Mi irrigidisco immediatamente e lui deve essersene accorto perché si stacca altrettanto immediatamente da me.
“Bella… Sei la madre di Reneesme” non è una domanda ma la sua è una affermazione. Abbasso lo sguardo ma lo rialzo velocemente. Non ho tempo né voglia per parlare di altro adesso l’unica cosa di cui mi importa veramente è della salute di mia figlia.
“Carlisle ti prego poi ne riparliamo adesso non è il momento, l’unica cosa di cui adesso voglio parlare è della salute di mia figlia. Quindi ti prego mi puoi dire qualcosa riguardo Reneesme…” dico con le lacrime che premono per uscire dai miei occhi color cioccolato.
Carlisle mi guarda preoccupato ma fortunatamente acconsente alla mia richiesta ed evita eventuali domande scomode.
“Bella la bambina ha una normale infiammazione dell’appendice ma dobbiamo operarla subito o rischia di andare in peritonite. Per cui adesso vai in accettazione e compili i moduli sull’assicurazione sanitaria e il questionario cheti darà la segretaria. Io adesso l’ha avviso tu digli che ti mando io. Appena ha finito mi porti i moduli compilati e poi procediamo. Sei hai domande da fare puoi farmele dopo l’operazione. Comunque non ti preoccupare ci sarò anche io in sala per visionare l’intervento. E ti posso assicurare che è un intervento di rutine e poi il chirurgo che opererà tua figlia è uno dei più bravi di quest’ospedale.” Disse con tono medico e professionale ma no mi sfuggì una nota di rammarico.
Feci come mi disse e un’ora dopo ero davanti la porta della sala operatoria. Mia figlia era dentro quella maledetta sala operatoria da quasi mezz’ora e stavo aspettando che qualcuno varcasse quella porta per sapere se era andato tutto bene.
Forse erano passati pochi minuti o poche ore quando vidi uscire Carlisle seguito da un altro medico. Si avvicinarono.
“Buongiorno Signora Swan. Sono James Culligan, il chirurgo che ha operato sua figlia. L’intervento è andato bene adesso dobbiamo solo aspettare che l’effetto dell’anestesia svanisca e poi sua figlia si sveglierà. Se vuole vederla può andare nella sua stanza e aspettare lì il suo risveglio. Se ha eventuali domande da farmi sarò lieto di risponderle il più dettagliatamente possibile.” Disse il dottore con tono professionale.
“No non ho domande da farle. Però vorrei ringraziarla di cuore per quello che ha fatto.” Dissi io con il sollievo di sapere che tutto era filato liscio.
“Si figuri Signora Swan questo è il mio lavoro. Se adesso mi vuole seguire la accompagno nella stanza di sua figlia” disse il dottore. Ma io non potevo andare da mia figlia perché anche se avevo fatto di tutto per non darci troppo peso l’ho sentivo lo sguardo di Carlisle su di me. E lui più di tutti meritava una risposta.
“L’ha ringrazio dottor Culligan ma prima devo parlare con il dottor Cullen.” Dissi io guardando Carlisle che certamente non si aspettava che io gli dovessi parlargli.
“Va bene allora l’ha accompagnerà il dottor Cullen nella stanza di sua figlia. Adesso vi lascia. Arrivederci Signora Swan. Dottor Cullen.” Disse il dottor Culligan salutando sia me che Carlisle con una stretta di mano.
Mi girai verso Carlisle. Lui mi fece segno di seguirlo. Arrivati nel suo studio mi accomodai su una delle due sedie poste di fronte la scrivania. Si accomodò anche lui ma inaspettatamente si accomodò nella sedia accanto alla mia e non al di là della scrivania. Mi prese le mani, che continuavo a contorcere sul mio grembo, tra le sue. Non mi mise nessuna fretta solamente cercava di infondermi coraggio con la sua stretta delle mie mani. Non potevo continuare a tenermi questo segreto dentro, non dopo tutti questi anni. Era giusto che lui e la sua famiglia sapessero quello che aveva avuto il coraggio di dire e di fare il loro figlio e fratello. Carlisle aveva il diritto di sapere che quella era sua nipote. Presi un profondo respiro e iniziai a raccontare tutto. Iniziai a raccontare gli ultimi quattro anni e mezzo della mia vita.
   
 
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