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Autore: garakame    09/02/2009    13 recensioni
Cosa succederebbe se Andrè entrasse ubriaco nella stanza di Oscar? Leggete e lo scoprirete e recensite. grazie
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaco perso '
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Andrè non ricorda nulla di quello che è successo la notte precedente e Oscar come si comporterà con lui?


Ho le lacrimucce agli occhi per quelle gentilissime donzelle che mi hanno recensito... grazie grazie grazie mille.

A Voi l'ultimo capitolo della storia.

fatemi sapere. sono contentaaaa ^_^


Ubriaco Perso 4





Le nuvole scure si erano dissolte e lasciavano il posto al chiarore della luna.
Decise che era venuto il momento di cambiare posizione.
Molto lentamente scivolò verso la testata del letto, stando attenta a non svegliarlo. Si alzò appoggiandosi sugli avambracci, Andrè si lamentò nel sonno.
Riuscì ad accostare i cuscini alle testata del letto e vi appoggiò la schiena.
Andrè mugolò qualche cosa di incomprensibile. Guardando il suo viso corrucciato, Oscar notò che aveva la stessa espressione arrabbiata di quando era bambino e non gli riusciva di fare qualche cosa.
Notò anche che nonostante i suoi movimenti lui non l’aveva mai lasciata, la teneva le braccia intorno alla vita, il viso era appoggiato al suo ventre.
Lei lo guardò intenerita e pensò che non l’ abbandonava nemmeno nel sonno. Passarono altri minuti, forse ore.
Fuori la notte si faceva sempre più pallida. Alzò le mani verso il cielo, si stiracchiò sentì la spina dorsale allungarsi, una sensazione di benessere dopo la lunga notte quasi immobile.
Si riappoggiò ai cuscini. La notte stava lasciando il posto alle prime luci dell'alba.
Gli uccellini cinguettavano sul davanzale della finestra, svegliati dal chiarore soffuso.
È quasi ora di alzarsi, un sospiro, mi dispiace alzarmi, pensò. “In fondo non è male dormire con lui”.
Si mise una mano sulla bocca, “ma che mi prende? Guardò l'uomo che dormiva appoggiato a lei.
“E si, mi piacerebbe proprio che si svegliasse.” Sorrise tra se, gli accarezzò la testa.
Pensò che era troppo ubriaco per svegliarsi, avrebbe continuato a dormire ancora per un bel po'.
“Meglio così” realizzò imbarazzata, non avrò problemi a rivestirmi.

Non ricordava proprio nulla. Anche ora che era in caserma, seduto sulla sua branda, non riusciva a capire cosa fosse successo la sera precedente.
Si era risvegliato sul letto di Oscar, vestito, con un gran mal di testa e un senso di nausea che non lo aveva ancora abbandonato.
Ma lei non c’era più, poteva sentire ancora il suo profumo e il calore del suo corpo, anche se era solo una sensazione.
Non era la prima volta che si ubriacava o che tentava di placare la sua sete d'amore con l'alcool, era abituato a bere, raramente gli capitava di stare male dopo essersi ubriacato.
Questa volta era andata in modo diverso, il suo corpo aveva deciso di punirlo, con un gran mal di testa post sbornia, si sentiva davvero male.
Cercò di concentrarsi, cosa difficile visto il dolore pulsante alla tempia destra.
Si reggeva la testa, pesante come un macigno con entrambe le mani.
Gli altri soldati stavano facendo le cose di sempre. Chi giocava a carte, chi riposava, chi si rattoppava divisa o calze, chi puliva stivali o fucili.
Quella era una tarda mattina tranquilla, priva di esercitazioni.
Andrè si sentiva strano, come se non avesse riposato bene, durante la notte, eppure aveva dormito anche se non si ricordava dove, anzi se lo ricordava bene, ma ere davvero il letto di Oscar?
"Ehi Andrè, hai una faccia." Ammiccò Alain con un sorriso sornione.
Andrè alzò lo sguardo verso la voce, "Non urlare, mi scoppia la testa" Alain sorrise, il suo tono di voce era normale, nè più alto nè più basso del solito.
"Che cosa hai combinato ieri sera, a parte la sbornia?" Andrè sollevò il capo a fatica.
"Nulla, sono andato dritto a dormire" biascicò una risposta, mentre il suo cervello continuava la frase con un nel letto sbagliato, ma sono andato a dormire.
Alain gli sorrise, aveva capito che doveva lasciarlo in pace, andò a sedersi al tavolo dove gli altri commilitoni giocavano a carte.
Andrè si sdraiò sulla branda, molto lentamente, si mise un braccio sugli occhi.
“Vorrei sapere che cosa è successo, cosa ci facevo nella stanza di Oscar? Aspetta....” si concentrò meglio per fare mente locale.
Gli era difficile ricordare cosa era successo dopo che era arrivato a palazzo, ma si ricordava molto bene di una cosa.
“Sono tornato a casa, sono andato nella stanza di Oscar” Spalancò gli occhi.
“Ero molto arrabbiato, questo lo ricordo bene” – deglutì – “ma poi che cos'è successo?”
La sua mente non ricordava nulla, come le pagine ingiallite di un vecchio diario mai terminato.
Ricordava di essere entrato come una furia nella sua camera e poi più nulla.
Si alzò di scatto, per un attimo vide tutto buio, gli girò la testa, fece un respiro profondo che placò il senso di nausea e il giramento di testa improvviso.
Uscì dalla camerata dirigendosi verso l'ufficio del comandante.
Oscar stava controllando dei dispacci che le aveva mandato il generale Bouillet.
La sua mente vagava tra la scrittura fitta e precisa del generale e quello che era accaduto la notte precedente.
Non che fosse successo molto, ma la cosa le aveva lasciato una sensazione positiva - bella.
Ripensò al “ti amo” detto da Andrè, era sveglio o faceva finta di dormire? non era ancora riuscita a capirlo, ma tanto che differenza poteva fare? Sapeva dei suoi sentimenti.
Sentì bussare alla porta, trasalì, diede una risposta decisa.
Riuscì a rimanere impassibile, ma si stupì di come ci era riuscita, quando si vide sulla soglia Andrè.
Lui si chiuse la porta alle spalle e si appoggiò. Lei lo guardò aspettando la sua richiesta.
“Oscar sono venuto per chiederti se”. Si schiarì la voce.
“Se ecco, io….” Oscar spalancò gli occhi, e aspettò che continuasse. Andrè si sentì ancora più strano, imbarazzato.
“Ecco, volevo chiederti se per caso ieri notte sono entrato nella tua camera e”, Si mise una mano dietro la testa.
Lei alzò un sopraciglio, gli sorrise. Ora aveva la conferma che cercava, lui aveva dormito veramente, per tutta la notte, ma non lo fece finire di parlare:
“Ma cosa dici, Andrè. Tu ieri notte sei venuto da me e poi te ne sei andato”.
Lui la guardò con aria sempre più stupita, “Ma io questa mattina mi sono ritrovato nel tuo”, temendo che lei si arrabbiasse nel sentire che lui era entrato nella sua stanza e si era ritrovato nel suo letto, rimase zitto, pensando alle parole da dire.
La guardò serio: “Continua Andrè, non ti mangio mica.“
Lui aggrottò le sopraciglia "Ma io non ho fatto nulla?"
Lei seria, anche se le era difficile non scoppiargli a ridere in faccia:
"Non hai fatto niente, mi hai augurato la buona notte e te ne sei andato a dormire."
Andrè non riusciva a capire come mai si trovava nel letto di Oscar.
“Sarò sonnambulo”, disse ad alta voce.
“Come?” fece lei, “Sei sonnambulo?” si alzò dalla sedia spostandosi verso di lui.
Andrè abbassò lo sguardo e aggiunse: “la nonna mi diceva che ogni tanto, fin da piccolo, mi alzavo nel mezzo della notte e me ne andavo in giro per la casa, poi me ne tornavo a letto e continuavo a dormire.
Beh questa mattina mi sono risvegliato nel tuo letto, il brutto è che non ricordo niente”.
Lei lo guardò, gli sorrise, pensando, se tu sapessi come è stato bello averti accanto per tutta la notte.
“Capisco, hai trovato il mio letto comodo?”
L’uomo si toccò il collo: “a dire il vero non molto, mi sono svegliato più stanco di prima e indolenzito, come se avessi dormito con tre cuscini anziché con uno”.
Lei gli andò vicino, le ci volle tutto il suo auto controllo per non raccontargli quello che era successo la notte precedente, per non raccontargli come lo aveva tenuto abbracciato per tutta la notte, come il suo corpo era stato avvolto e scaldato dal suo tepore.
Si accorse di stare arrossendo, solo perché era vicino a lui, perché ripensava a quella notte, a quel contatto.
Per nascondere il suo disagio si voltò verso la finestra, mostrandogli le spalle e disse ad alta voce:
“Se sei così stanco faresti meglio ad andarti a riposare, questo pomeriggio ci sono le esercitazioni. Oggi è una bella giornata, ti garantisco che non sarà una passeggiata. Ho intenzione di sfinirvi.”
Andrè capì che era arrivato il momento di congedarsi.
Oscar si era allontanata di nuovo da lui, gli aveva parlato con voce fredda e distaccata.
Non riusciva a capire il suo comportamento, così disponibile poco prima di nuovo fredda in questo momento.
“Bene, Comandante, la lascio al suo lavoro”. Disse in tono altrettanto gelido.
Fece il saluto militare, girò sui tacchi e fece per aprire la porta. Stava per lasciare la stanza, la testa china, da cane bastonato.
Lei si rese conto che era stata troppo dura con lui, doveva fare qualche cosa per sollevargli un po' il morale, per fargli capire che lei stava cambiando.
Non poteva avvicinarsi a lui, buttargli le braccia al collo e abbracciarlo, baciarlo.
Non era da lei, non era il modo di comportarsi di Oscar Françoise De Jarjayes.
Ma nello stesso tempo il suo corpo la tradiva perché voleva farlo, voleva dimostrargli che lo amava. Mente e corpo in conflitto.
Si sentiva male, non riusciva a controllare il suo corpo, stava tremando. Si alzo, andò vicino alla finestra, appoggiò la fronte al vetro freddo, sospirò.
Il battito del cuore si stava calmando, un respiro più profondo.
A voce alta e decisa prima che lui uscisse dall'ufficio disse:
“Sai Andrè, quando vai ad ubriacarti almeno fallo in una bettola decente, con vino buono, non mi piace l'odore del vino andato a male.”
Si sentì chiudere la porta alle spalle.
Sospirò, aveva sentito quello che gli aveva detto? Continuò il suo discorso, quasi un sussurro:
“Quando dormi sei molto bello, Andrè, ma parli molto e dici e fai cose insensate." guardò fuori dalla finestra.
Il cielo azzurro chiaro spruzzato qua e la da nuvole di fumo in movimento le faceva pensare ai bei tempi di quando loro due si sdraiavano sul prato di palazzo e guardavano le nuvole formare delle figure.
Perché doveva essere così, perché doveva rovinare sempre tutto? Si girò per sedersi alla scrivania.
Il viso triste. Solo quando alzò lo sguardo trasalì, spaurita.
Se lo vide appoggiato alla porta sorridente.
Lei ricambiò il suo sorriso con uno timido.
Abbassò gli occhi verso le scartoffie.
Il lavoro poteva aspettare, era convinta che le cose tra loro sarebbero cambiate, molto presto.



Fine



 
   
 
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