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Autore: Jeanger    16/09/2015    0 recensioni
Artemisy pensava di essere una normale ragazza di New York con un passato un poco tumultuoso, ha sempre fatto strani sogni ma pensava fossero piccole paure del passato rimaste. Invece scopre che tutta la sua vita è un bugia, viene trascinata da un misterioso bellissimo ragazzo in un mondo che sembra uscito da un fantasy e scoprirà la vera se stessa, tra mille avventure e nemici e la nascita di un nuovo amore che le spaventa.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 3
-Artemisy? Artemisy!-
Mi riscossi.
-Stavi dicendo qualcosa?- mi girai verso la mia amica Mary. Mi guardò torvo.
-Non hai ascoltato nemmeno una parola?-
-Scusami, mi sono scollegata per un po’-
Mary sospirò.
Mary era stata la mia unica amica ai tempi dell’orfanatrofio. Era stata adottata qualche anno dopo il mio arrivo, ma avevamo continuato a vederci.
Mary sembrava quasi una modella, era alta un metro e novanta, aveva gli occhi castani, la pelle scurissima, la pelle che sembrava fatta di porcellana e dei fantastici capelli afro che lei portava corti. Era un po’ più grande di me e studiava giurisprudenza.
-Allora, ora sei pronta e concentrata per ascoltarmi?-
-Sì, spara-
-Ti stavo raccontando di questa tizia, Amalia, sembra simpatica-
Ah, già, la mia migliore amica era lesbica. Era troppo divertente vedere l’espressione dei ragazzi che le si avvicinavano e che lei scacciava via dicendo, appunto, di avere altre preferenze.
-E hai il suo numero?-
-Uhm… no-
-Sei sicura che sia lesbica?-
-Sì, ho sbirciato sul suo profilo su internet. Stava con una che sembrava quella modella con le sopracciglia enormi-
-Allora cosa aspetti. La prossima volta che la vedi buttati!-
-Sì, domani vado in facoltà. Spero che ci sia anche lei-
-Potresti invitarla a prendere un caffè -
-Sì, oh, speriamo che dica di sì- disse lei tutta contenta.
La guardai e non potei non pensare a quei tempi, fortunatamente lontani, dell’orfanatrofio.
-Tu? Hai qualche novità con qualche ragazzo? O sei ancora “statemi lontani esseri informi”?-
-Sono in modalità “off”- dissi io, facendole il verso e mimando le virgolette con le dita ad uncino.
Mary si rabbuiò un secondo, forse anche a lei era tornato qualche ricordo alla mente.
Guardò il cellulare.
-Caspita! E’ tardissimo, mia madre mi starà sicuramente cercando. Devo scappare!- mi diede un bacio sulla guancia, poi scappò via.
Sorrisi mentre la guardavo correre goffamente via, con i capelli e lo zaino che rimbalzavano ad ogni passo.
Rimasi seduta al mio tavolo, con la cioccolata calda tra le mani, intenta a guardare fuori la vetrata del bar. Non prestai molta attenzione alla gente che passava, erano solo controfigure di quella scena, ma ad un tratto, una in particolare attirò la mia attenzione.
Forse perché era vestito in modo strano, forse perché lo avevo già, incontrato, ma mi bloccai a fissare un ragazzo dall’altra parte del marciapiede, appoggiato ad un palo della luce, che si guardava in giro e teneva le mani in tasca.
Era il ragazzo di Central Park, ecco perché mi pareva di conoscerlo.
Quel giorno indossava dei jeans normali, delle calzette spaiate, una a righe e una con le stelle, sopra i jeans, una camicia a grossi pois viola con sopra un gilet di pelle con le frange.
Trattenni una risata. Che stesse facendo pubblicità?
Finii la mia cioccolata e guardai di nuovo in strada, ma era sparito.
Sospirai di sollievo, poi uscii e mi avviai per la metro.
Entrai nel treno che mi avrebbe portato nei dintorni di casa mia, mi sedetti e presi il libro che stavo leggendo dalla borsa.
Dopo circa due fermate, qualcuno si sedette nel posto libero accanto a me.
Non ci prestai molta attenzione, finché non notai le calzette di colore diverso.
Risalii la sua figura, fino a ritrovarmi a guardare il suo viso sorridente.
-Ciao!- disse tutto allegro.
Restai imbambolata a fissarlo. Che ci faceva quel tizio lì? Come aveva fatto?
-L’altro giorno non mi hai permesso di presentarmi. Mi chiamo Zack-
-Oh, ehm… Artemisy- dissi io imbarazzata.
Ci guardammo per qualche secondo, aspettando che l’altro dicesse qualcosa.
-Non volevo spaventarti l’altro giorno. Giuro- disse mettendosi una mano sul cuore. -E’ solo che ho davvero bisogno di parlarti-
Feci un respiro profondo e iniziai la solita storia che rifilavo ai ragazzi quando mi si avvicinavano per chiedermi di uscire.
-Scusami, sei carino e gentile, ma io non ho intenzione di uscire con nessuno. Non voglia una storiella da una notte, non voglio una ragazzo serio con cui accasarmi, voglio solo essere lasciata in pace-
Lui mi guardò perplesso.
-Ma io non volevo chiederti di uscire- disse lui.
Alzai le sopracciglia sorpresa.
-E allora di cosa vuoi parlarmi?-
Lui si guardò attorno. C’era molta gente attorno a noi.
-Non è questo il posto giusto-
-Non verrò con te da nessuna parte- lo anticipai io.
-Ma non posso parlartene qui-
-Allora non me ne parlerai- ripresi a leggere il mio libro.
Zack si guardò in giro preoccupato, poi si abbassò verso di me.
-Sei in pericolo-
Lo guardai.
-Cosa?-
-Non sto scherzando. Ti stanno cercando da ogni parte. Hanno scoperto che sei qui. Non possiamo permettergli di trovarti-
-Ma di cosa stai parlando?- era uno scherzo? Il cuore però prese a battermi velocemente. Il disegno del quadro mi passò nitido davanti gli occhi, come se fosse davanti a me e sentii il peso della collana contro lo sterno.
Mi guardai in giro.
-E’ uno scherzo, dov’è la telecamera?- finsi una risata, per sdrammatizzare
-No, non è uno scherzo, devi ascoltarmi…-
-Senti, se è uno scherzo non mi piace- dovevo svignarmela alla svelta. Non mi sentivo a mio agio. Mi stava venendo un attacco di panico. Aspettai che la porta della metro si aprisse, poi scappai via spaventata e mi confusi tra la folla prima che lui potesse seguirmi. Corsi veloce fuori dalla metro. Mi voltai a guardare indietro, di lui non c’era traccia.
Mi misi una mano sul cuore che batteva fortissimo e la strinsi salda sulla collana che portavo sempre al collo.
Mi allontanai dal quartiere, prima che decidesse di scendere e prendere il treno per tornare indietro.
Decisi che sarei tornata a casa in autobus. Mi sedetti sulla panchina della fermata e aspettai impaziente che ne arrivasse uno. Mi tremavano ancora le mani.
L’autobus arrivò e io mi rilassai un pochino.
Salii veloce, pagai il biglietto e mi sedetti, Guardai fuori dal finestrino.
Un tizio vestito strano mi fissava.
Sperai che fosse solo una mia impressione, ma mi seguì con la testa mentre l’autobus ripartiva.
Mi appoggiai allo schienale.
Stavo diventando paranoica. Si sa che alcuni uomini sono così, fissano le ragazze senza un reale motivo.
Ma questo non riuscì a tranquillizzarmi.
C’era qualcosa di strano, una sensazione viscida che mi sentivo addosso. Avvertivo che c’era qualcosa che non andava, non era il solito sdegno, era terrore.
E se quel ragazzo stesse dicendo la verità?


Ciao a tutti, curiosi no? Cosa è successo all'orfanatrofio? Chi è questo tizio? Che succede? Non perdete il prossimo capitolo e lasciate un commentino, ciao!
Seguitemi su wattpad se volete https://www.wattpad.com/user/jeanjervs ricambierò!
  
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