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Autore: HelenHM    16/09/2015    2 recensioni
"Draco" lo chiamò sorridendogli.
"Sì, Madre" rispose automaticamente lui, rivolgendole uno sguardo interrogativo.
"Penso che sia arrivato il momento di parlare del tuo piccolo ... disturbo notturno"
Il diciottenne si irrigidì immediatamente, mentre una sgradevole sensazione di calore incominciava a pizzicargli le guance, solitamente esangui.
"Non so proprio a che cosa tu ti riferisca"
Narcissa ignorò quest'ultima esternazione "Io e tuo padre pensiamo che dovresti farti aiutare da un ... Guaritore" ... "Esperto in Disturbi Mentali, ovviamente"
Aggiunse quest'ultima informazione tutta d'un fiato, mentre sul volto di Draco si dipingeva un espressione di indignazione totale.
Lui, un Malfoy, da uno ... strizzacervelli? Sarebbero dovuti passare sul suo cadavere.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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Harry aspettava ormai impazientemente l’arrivo di Draco. Per l’ennesima volta, si sporse dalla finestra, controllando se tra i passanti spiccasse un’improbabile chioma biondo platino. Sorrise lievemente, constatando il termine dell’acquazzone che aveva imperversato per gran parte della giornata, ornando le strade trafficate di stagnanti specchi d’acqua. Un timido sole fece capolino, riscaldando con il proprio fugace passaggio la pelle scoperta del ragazzo.
Non c’era motivo di essere tanto nervosi, si rimproverò Harry, non resistendo però al desiderio di rosicchiarsi le unghie a sangue. Draco era già stato a casa sua: e allora perché questo turbamento profondo all’idea che potesse aggirarsi indisturbato tra le sue cose? Certo, la casa è il luogo sacro per eccellenza. Il nido verso cui indirizzare il volo della sera, l’attracco sicuro dove rifugiarsi dalla tempesta della quotidianità. Ma era anche il posto in cui ricercare intimità da parte degli amanti, che si spogliando impazientemente, lasciando tracce di vestiario spiegazzato in corridoio, prima di correre a letto.
Era questo il problema, comprese Harry con disagio, vergognandosi per l’ennesima volta di quei pensieri sconvenienti.
Rinchiudersi in pochi metri quadrati insieme a Draco e limitarsi a pomiciare come adolescenti irrequieti e curiosi incominciava ad essere frustrante. Harry avrebbe voluto di più: non solo dal punto di vista meramente fisico (l’urgenza erotica era insopportabile, ma ancora gestibile), quanto piuttosto in ambito emotivo e sentimentale. Aveva bisogno di sapere dove fossero diretti, se la loro stravagante e bizzarra relazione li avrebbe condotti a qualcosa di concreto, o se sarebbero rimasti invischiati in un desolante nulla di fatto.

Sarebbe mai stato possibile legittimare la loro relazione, portarla alla luce del sole svelarla sotto gli obiettivi dei fotografi impazziti?
Avrebbero mai potuto rendere pubblico quell’amore, destinato altrimenti a logorarsi sotto il fardello della più omertosa segretezza? 

Aveva intenzione di porre quelle domande a Draco, quel pomeriggio. Per questo era agitato, per questo si era rosicchiato le unghie fino alla prima falange, per questo gli tremava impercettibilmente il labbro inferiore. Perché aveva il terrore di quello che Draco avrebbe potuto dire o pensare di lui, di loro. Temeva la definizione che lui avrebbe potuto dare di quello strano legame che li attraeva l’uno all’altro. Avrebbe potuto essere incredibilmente crudele, come solo lui era capace di fare quando si sentiva messo in trappola. Draco era sempre stato un maestro, nell’arte del ferire le persone.  Forse lo avrebbe guardato con disgusto, replicando sdegnato che tra loro non esisteva nulla, minimizzando i loro trascorsi, portando a galla ricordi spiacevoli per entrambi. Oppure si sarebbe rinchiuso in un silenzio indignato, prima di richiudere la porta dietro di sé, senza tornare mai più.  Quest’ultimo pensiero gli fece venire la nausea.
 

La seduta appena conclusa aveva lasciato Draco frastornato e profondamente amareggiato.
Soprattutto, era stato il comportamento feroce e, francamente, esagerato della Willowitch a ferirlo. Nel corso di quei lunghi mesi, passati a macerarsi nel suo studio, aveva imparato ad apprezzare le qualità dell’affascinante guaritrice.
Si fidava di lei per la sua straordinaria capacità di spolverare e portare alla luce gli anfratti più bui ed incagliati della sua anima lacerata. Adorava il suo pungente senso dell’umorismo, i suoi commenti sardonici e taglienti, così come si era affezionato alla sua risata cristallina. A quella strampalata biondina dagli occhi turchesi doveva tutto. Soltanto grazie a Columbine aveva incominciato a tollerare meglio se stesso e le proprie pulsioni, altrimenti impossibili da sedare ed incanalare. Lo aveva preso per mano, lo aveva coccolato con il suono della sua voce rassicurante quando tutto intorno a lui sembrava essere in procinto di crollare. Era stata proprio lei ad infondergli il coraggio necessario per avvicinarsi ad Harry.
 

Una fitta di rimpianto e rimorso gli mozzò il respiro: decise di stroncare il pensiero sul nascere. Non aveva la forza per rimuginare sul tradimento che aveva compiuto ai danni dell’unica persona meritevole di affetto nella sua vita. Non aveva il coraggio di indugiare nel senso di colpa e nella frustrazione in cui già sguazzava.
Inoltre, un’idea continuava a frullargli in testa, non lasciandogli scampo.  Forse era impazzito però … credeva che Columbine si fosse presa una specie di cotta delirante nei suoi confronti.  Gli venne da ridere: quel pensiero era semplicemente assurdo. La guaritrice si era sempre comportata in modo ineccepibile con lui, mai travalicando il confine del delicatissimo rapporto medico-paziente.
Eppure, quando gli aveva raccontato della sua imbarazzante esperienza con Pansy, il sorriso caldo ed accogliente in cui era solito tuffarsi, le si era sgretolato sul viso. Improvvisamente era apparsa risentita, infastidita… forse gelosa?
Lo aveva attaccato come una belva, accusandolo di immaturità, mancanza di rispetto e tradimento nei confronti di Harry. Aveva persino paventato la catastrofica eventualità che Pansy fosse rimasta incinta! ( Un bambino! Con Pansy! Avrebbe dovuto chiederle al più presto notizie del suo ciclo mestruale: una prospettiva entusiasmante, insomma.)

Columbine si era lasciata coinvolgere  troppo nella sua esistenza. In parte, la colpa era stata anche sua, visto che le aveva consegnato su di un piatto d’argento le chiavi d’accesso della sua anima.
Scrollò le spalle, colto da un improvviso attacco di stanchezza. Si strofinò con la punta delle dita affusolate le tempie doloranti, desideroso di tornare a casa il prima possibile.

Ancora meditabondo, le mani infilate nelle tasche, Draco continuò a camminare; preso com’era da se stesso e martellato dai propri pensieri, non si accorse di aver superato uno dei suoi luoghi preferiti. Il parchetto in cui lui ed Harry si erano ritrovati, era diventato una sorta di tappa obbligata per lui. 
Era solito soffermarsi a pochi passi dalla panchina su cui Harry era seduto quel pomeriggio inoltrato d’autunno. Respirava a fondo, socchiudendo gli occhi, lasciando che i ricordi e le emozioni lo avvolgessero in un abbraccio rassicurante. Adorava guardarsi intorno, contemplando con lo sguardo quello che , intimamente, considerava il luogo della rinascita.
Rabbia, paura, timore, desiderio, attrazione, amore si erano mescolati in lui, facendolo sentire finalmente vivo. La conversazione stentata che avevano imbastito, l’imbarazzante silenzio che n’era seguito, gli impacciati movimenti per riuscire a sfiorarsi in maniera casuale: erano questi gli istanti che lo avevano reso consapevole di essere ancora capace di provare emozioni. Di amare.
Nel momento stesso in cui i suoi occhi si erano posati sulla figura di Harry, tutto era cambiato.

I suoi incubi si erano trasformati in sogni, meritevoli di essere realizzati. 
 


Harry si arrese di fronte all’evidenza: Draco non sarebbe venuto.
Il tè che aveva generosamente preparato tremolava intonso nella teiera, ormai gelido.  Lo versò di malagrazia nel lavello, imprecando quando alcune gocce gli caddero sui pantaloni, sporcandoli. Sciacquò anche le tazze, benché non fossero state utilizzate.
Era furioso. Gli era capitato ben poche volte nella vita di essere così arrabbiato, soprattutto per questo tipo di scemenze.
 Una furia cieca ed irrazionale lo teneva in pugno, opprimendogli il petto, rendendogli difficile il respiro. Aveva voglia di piangere, gridare, sbattere tutti i piatti per terra, graffiarsi il viso. Ma niente di tutto ciò gli sarebbe servito a lenire quel dolore travestito da furore. 

Perché con Draco doveva essere sempre un giocare a rimpiattino, un nascondersi per poi trovarsi, un bramarsi per poi ritrarsi quando le cose incominciavano a mettersi al proprio posto?  Harry si sentiva impotente, svuotato ed anche un po’ stupido al cospetto di quel turbamento. 
Draco aveva sbagliato, certo. Ma era una stupida dimenticanza, sulla quale Harry avrebbe tanto voluto saper sorvolare. Forse gli avrebbe mandato un gufo di lì a poco, spiegandogli le ragioni del suo ritardo. Forse si sarebbe presentato a mezzanotte, sorridente ed innamorato. Avrebbe potuto essere più comprensivo, se solo avesse voluto.  Ma non ce la faceva ad ignorare quella sensazione.
 

 La terribile sensazione di essere stati dimenticati dalla persona che più si ama al mondo.



Angolo dell'autrice:

Questo capitolo lo voglio dedicare a voi, che in questi mesi avete letto e recensito la mia storia.
 Vi ringrazio immensamente. Ho aspettato che fosse ufficiale prima di comunicarvi una notizia importantissima: sono stata accettata in una prestigiosa scuola di scrittura. Questo lo devo anche a voi. Prima di pubblicare su questo sito scrivevo storie che tenevo per me. Ora, sento di scrivere racconti con un'anima.

A prestissimo, vi abbraccio!
  
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