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Autore: Eluviel    17/09/2015    3 recensioni
In The Long Run / A Lungo Termine
Francis ha sempre provato un certo tipo di curiosità per Arthur. Stufo di osservare il loro rapporto regredire, decide di giocare le sue carte con l'intenzione di indurre un mutamento nella visione che Inghilterra ha di lui. Nulla di più complesso, ma Francis sa essere paziente e a tratti persuasivo e non ha nessuna intenzione di gettare al vento la sua occasione.
{Cambiamento} se Arthur continua a negare.
{For Good} non importa il trascorrere delle stagioni, degli anni, dei secoli
{Cold Feet} mai si tirerà indietro.
[FrUk]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Spring


 
Da quel giorno non si rivolsero più la parola.
Ogni volta che per dovere o piacere tutte le nazioni si riunivano assieme loro due facevano in modo di trovarsi l'uno dalla parte opposta dell'altro, e se per disgrazia doveva capitare che si passassero vicino, si ignoravano nella maniera più assoluta cercando addirittura di evitare qualsiasi contatto visivo. A dir la verità nemmeno i due diretti interessati si spiegavano il perché del loro comportamento, ma nessuno voleva attaccar bottone per primo e quindi per colpa del loro orgoglio finirono per ignorarsi a vicenda. Arthur aveva ripreso -dopo averlo riempito di stregonerie varie- a parlare al brioso Alfred, Francis si limitava ad osservare i due a debita distanza e a fingere che non gli importasse nulla, aveva anche ricominciato ad uscire assieme a Spagna e a Prussia. Francia si trovava davvero bene assieme ad Antonio e Gilbert, gli ricordavano, in un qualche modo, sé stesso, perciò riusciva ad andarci d'accordo senza troppi problemi. Qualche volta ovviamente trovavano da dire anche loro, ma non erano mai arrivati alle mani. Un secondo prima si minacciavano, un secondo dopo erano già pronti a fare la pace e a dimenticarsi dell'accaduto.
Inoltre quei due erano gli unici al corrente dei problemi di cuore di Francia.



"Aaah, la Printemps!"


Quella mattina il sole si era deciso a fare capolino tra le nuvole e finalmente, dopo un gelido e lungo inverno, i primi segni della bella stagione iniziavano a vedersi. Francis si appoggiò sul davanzale della finestra e inspirò profondamente un paio di volte. Nell'aria si sentiva un leggero profumo di baguette appena sfornata -erano le sei- e negli alberi lungo il viale già si scorgevano i primi boccioli colorati. La primavera era senza dubbio la sua stagione preferita, dove la tristezza delle giornate buie e grigie lasciava spazio al tepore e ai vivaci colori dei fiori. Tutto durante la primavera raggiungeva il massimo della sua bellezza e Francia adorava perdersi tra i viali alberati di Parigi, accogliere i turisti nella sua amata città e fermarsi nei jardins ad oziare. Il suo preferito da sempre era il Jardin Sauvage di Montmartre.
Era così tanto di buonumore che mentre si cambiava canticchiava e fischiettava. Scese le scale correndo - rischiando anche di farsi male diverse volte- e prima di uscire si appese la macchina fotografica attorno al collo. Un'altra cosa che gli piaceva fare era scattare miriadi di foto e raccoglierle in vari album a tema.
Aprì e chiuse la porta tutto su di giri, non esitò a scendere in strada e a mischiarsi tra la gente. La primavera gli riempiva il cuore.
Si fermò in una pasticceria poco più avanti e comprò un paio di croissant grondanti di cioccolato bianco per poi dirigersi verso il Jardin Sauvage. Aveva intenzione di sedersi a pancia in su sull'erba del prato, poco lontano dall'ombra degli alberi, osservare il cielo azzurro chiazzato di bianco e scattare un paio di foto, e così fece. Fotografò una nuvola che gli ricordava un coniglio, una ragazza carina che passeggiava tranquilla più in là, dei graziosi fiori color lilla pallido, dei ragazzini che si divertivano a giocare con la palla accanto ai loro genitori. Poi vide passare davanti a sé un cane davvero bello e maestoso. Non se ne intendeva di razze canine, ma suppose fosse un alano poiché aveva una struttura davvero slanciata ed esile, progettata per tagliare il vento. Subito si prestò a mettere a fuoco l'immagine ruotando la lente della macchina, ma esattamente un secondo prima che premesse il bottone per scattare la foto, l'obiettivo inquadrò Inghilterra, dietro al cane, che teneva ben saldo tra le mani il suo guinzaglio.

Restarono entrambi immobili, fissandosi per la prima volta dopo settimane in cui avevano volutamente evitato di trovarsi faccia a faccia.

"...Inghilterra, che ci fai a casa mia?"

"Ah...niente di ché, insomma. E' stato il mio superiore ad insistere per farmi viaggiare un po'".

"Non sapevo avessi un cane!"

"Infatti non è mio, è di quella signora laggiù" indicò successivamente con un dito la donna mentre usciva da una caffetteria "non poteva portarlo dentro, così mi ha chiesto se potevo tenerlo per lei giusto il tempo di prendere un caffé".

"Che sciocchino che sei, era solo una scusa per abbordarti. Possibile che tu debba essere così ingenuo? Ohohoh.."

"No, non lo era! Perché devi sempre fraintendere ogni gesto di galanteria?"

"Io sono il Paese dell'amore, mi viene naturale vedere prima il lato romantico delle cose", sottolineò Francis.

"Peccato che tu romantico non lo sia affatto".

La signora intanto lo aveva raggiunto e Arthur le porse il guinzaglio sorridendo cortesemente, ricevendo tantissimi ringraziamenti per la sua disponibilità e gentilezza. I due si strinsero la mano e si salutarono, poi l'inglese tornò a fianco di Francia e si sedette sul prato, guardandolo con superiorità.

"Visto? Dovevo solo tenerle il cane".

"Oui, mi sono sbagliato, questa volta. Ci tenevi così tanto a dimostrarmi che ero dalla parte del torto?"

"Si, per farti capire che non sono uno che cede con così poco, tch."

"Ah, capisco. Guarda, si vede la Tourre Eiffel da qui".

"Ci sono salito ieri in cima. Riuscivo a vedere tutta Parigi, mi sembrava di poter stringere l'intera città tra le mani".

"E' un panorama davvero mozzafiato, la prima volta che ci sono salito sopra io mi sentivo le farfalle nello stomaco dall'emozione".

"Parigi è una città davvero piena di opere meravigliose".

"Tutti questi complimenti mi lusingano, Arthur! Ancora però non possiedo l'opera più bella di tutte".

"Eh? E quale sarebbe? Qualche dipinto italiano?"

"No, no, ci sei davvero lontano. E comunque è un segreto!" tagliò corto Francia facendogli l'occhiolino."Hai piani per stasera?"

"Pensavo di andare a mangiare qualcosa fuori".

"Ti andrebbe di andarci con me?"

Francia ora stava guardando Arthur speranzoso, quest'ultimo invece era sprofondato nei ricordi della loro ultima conversazione.
                                            
                                        

                           
Erano stati davvero troppo tempo senza rivolgersi la parola e ad Inghilterra, dopo tutto, mancavano i continui litigi con Francia. Forse invece gli mancava semplicemente lui, ma di certo mai e poi mai lo avrebbe ammesso, a costo di dover tirargli fuori le parole di bocca sotto tortura. Così giunse alla conclusione che l'invito di Francis non era una cattiva idea.


"Va bene, dove mi porti?"



---
Francia, da canto suo, voleva fare bella figura e impressionare Inghilterra, così scelse come posto dove cenare uno dei ristoranti stellati più rinomati di tutta Parigi. Vedere la faccia che fece Arthur quando entrò nella sala decorata con candelabri di cristallo non aveva prezzo, invece l'aveva, anche piuttosto salato, il conto che il cameriere portò al tavolo dei due a fine cena; sortendo un mancato malore al povero Francis, poiché toccava a lui pagar tutto di tasca sua.
Nel mentre Arthur se ne stava seduto a pulirsi gli angoli della bocca col tovagliolo e a strisciarsi la pancia bella piena, fissando Francia con gli occhi semichiusi e sghignazzando sotto i baffi tutto compiaciuto mentre il francese cercava di riprendersi dopo aver visto quella bruttissima cifra a tre zeri stampata in nero alla fine dello scontrino.

"Ohi Francis, sappi che io ho lasciato il portafoglio nella camera dell'albergo".

"R-Razza di demonio! Malvagio! Guarda, guarda quanto mi tocca sborsare! C'è pure la crisi!"

"Non sono io l'idiota che ha deciso di venire qui a mangiare".

"Ma sei tu l'idiota che si è sbafato quattro porzioni di croque mounsier e due piatti di crêpes! Ti pare normale?! Una persona non mangia così tanto! Mon Dieu, se ingrassi perderai tutto il tuo fascino! A me piacciono i sederi piccoli e sodi, non quelli flaccidi come il culo di America!!"

"Io non sono gra-- EH? Che ne sai di come ha il culo America? Depravato, gliel'hai toccato!"

"Oh suvvia non farne una tragedia, mica l'ho molestato, ohnononon..."

"Hai un concetto di 'molestia' davvero inverosimile. Comunque, alzati e va' a pagare, faccia da rana!"

"A proposito di pagare, se stasera torno a casa col portafogli vuoto è solo colpa tua che ti sei ingozzato a non finire. Fattelo pesare sulla coscienza!"

"Te lo scordi, io sono in pace con me stesso. Tu mi hai invitato, io ho mangiato, tu paghi. Fine della storia".

"Che mi cadda Notre Dame in testa se mai un giorno mi venisse ancora la voglia di portarti a cena fuori, malédiction!"

Francia si alzò dal tavolo stringendo con odio lo scontrino tra la mano e guardò in cagnesco Inghilterra per tutta la durata del percorso sedia-cassa cassa-sedia. Una volta pagato il conto e aver osservato tristemente due banconote di colore verde abbandonare le sue tasche, si infilò il cappotto con stizza e uscì dal ristorante senza neppure aspettare Arthur, che lo raggiunse qualche minuto dopo, una volto accortosi che Francis era già fuori.
Si era seduto sul ciglio della strada e aveva acceso una sigaretta, fumando nervosamente per scaricarsi un po'. Arthur gli si avvicinò coprendosi il naso col colletto del suo trench, cercando di non inalare, per quanto possibile, quell'orribile puzzo di nicotina.

"...Mi volevi abbandonare là dentro, come si fa con un cane prima delle vacanze?"

"Sarebbe il minimo che possa fare per fartela pagare, ma non sono così scortese".

Tirò un paio di volte dal mozzicone acceso, poi si girò verso Inghilterra e vendolo coperto in quel modo, gli venne una voglia tremenda di soffiargli tutto il fumo in faccia.

"Ascolta, se ti pesa così tanto la faccenda del conto, quando arrivo in hotel ti do' la metà. Così la finisci di fare la vittima e mi lasci stare".

Evidentemente quell'orgogliosetto si sentiva un briciolo di colpa addosso, altrimenti non avrebbe tirato fuori una frase del genere di sua spontanea volontà - pensò Francia-, ma anche così doveva sempre rigirare la faccenda come se non fosse mai colpa sua. Gli si ispessì per un secondo una vena nella fronte.

"Figurati se voglio i tuoi soldi! Non è per questo se ora sono arrabbiato".

"E per cosa allora? 'Questa volta che ti ho fatto?"

"Non mi hai nemmeno detto grazie".

Arthur fece scattare l'indice in avanti per ribattere ma si fermò qualche istante dopo, giusto quando realizzò che Francis aveva ragione, e lasciò cadere il suo sguardo nel vuoto, più che altro deluso per la mancanza di rispetto che aveva mostrato a Francia. Per carità, il rispetto glielo mancava tutti i giorni, lo seppelliva proprio e lo calpestava, quando gareggiavano a chi dei due si insultasse meglio. Però quella era una mancanza di rispetto diversa, o almeno così la considerava Inghilterra.
Quella era bilaterale. Questa unilaterale.
Tossì per schiarirsi la gola in modo solenne, nel tentativo di rimarcare chi dei due fosse il superiore, anche se il più immaturo della situazione era senza dubbio lui.

"...G-Grazie. Per la cena".

Disse subito dopo abbassando al minimo il volume della voce.

"Hai per caso detto qualcosa?"

Ovviamente Francia aveva capito benissimo quello che l'inglese aveva mormorato tra i denti ma voleva togliersi la soddisfazione di sentirglielo dire per bene. Così, come se fosse una mini-vendetta atta per umiliarlo un poco.

"Ti ho detto grazie per la cena..."

"Cosa?"

"GRAZIE PER AVER OFFERTO LA CENA!! HAI DEGLI STRAMALEDETTISSIMI PROBLEMI ACUSTICI, IDIOTA?" Urlò Arthur tutto d'un fiato, spolmonandosi, mentre afferrava Francia per il colletto della camicia e lo strattonava in qua e in là e quest'ultimo si lasciava scrollare fissandolo con un espressione da beota.

"Ohnonononon Arthur, ci sento magnificamente e splendidamente"

"... Are you trying to kidding me, you fucking brat??"

Inghilterra aveva assunto una spaventosa espressione in grado di far le scarpe ad Ivan, con la voglia di omicidio che gli trasudava da sotto la pelle.

"Non, non!"

"Allora cerchi la rissa? Vuoi la rissa, Francis?!"

"Inghilterra, stai zitto per cinque secondi, mollami così rerspiro, e lasciami parlare!"

"...Tch'".

Lasciò il colletto della camicia con tutta la grazia richiesta dal momento -scaraventandolo quasi a terra- e si mise a braccia conserte pestando sui sanpietrini, aspettando nervosamente che Francia prendesse fiato.

"Mon chérie, stavi quasi per uccidermi...!"

"Non sai quanto mi penta di averti mollato".

"Non volevo farmi beffa di te -almeno non stavolta-! Volevo solo divertirmi un po'".

"Sei sempre il solito cretino" ammise sommessamente Arthur stropicciandosi mezza faccia e facendo un breve sospiro.
Poi tese una mano verso Francis.

Il francese ebbe un attimo di esitazione e poi la afferrò con una presa salda ma timorosa allo stesso tempo, aspettandosi tristemente un chissà quale scherzo da parte di Arthur.
Invece si limitò solo a tirarlo su e a dargli una leggera pacca sulla spalla.

"Questa volta hai vinto tu, Francis. Ti devo le mie scuse. Ma non abituartici troppo, you bloody git!" sfuriò Arthur subito dopo, ritraendo la mano dalla spalla del francese e infilandola rapidamente dentro la tasca del suo cappotto. Poi mosse gli occhi verdi da destra verso sinistra come una persona venutasi a trovare in una situazione di disagio.

"...B-bene."

Osservò le lancette dell'orologio che indossava sul polso, segnavano le undici meno un quarto.

"E'.. è tardi e tra poco la reception dell'hotel chiude. Non voglio dormire sotto ad un dannato ponte quindi...beh..vado."

"Ohohoh se rimaner senza un letto ti preoccupa, sappi che sono ben contento di accoglierti nel mio, Angleterre~"

Di fronte a quell'avance a carattere casualmente sessuale, Inghilterra reagì nell'unico modo possibile: lo ignorò platealmente e girò i tacchi. Non aveva voglia di perder tempo a ricordare a Francis quanto fosse maledettamente fastidioso. Rischiava di fare tardi.

"Ma tourterelle, questa volta non ti lascio scappar via".

Con un rapido gesto, Francia afferrò il sottile polso di Inghilterra e, cercando di essere il più galante possibile, sollevò la mano di quest'ultimo e se la avvicinò al viso; gli poggiò le labbra sul dorso facendole schioccare lentamente.

"...GET OVER YOURSELF, FOOL!!!!" gli urlò praticamente in faccia il povero Arthur, aveva il viso più viola di una melanzana; sfilò la mano da quella di Francia e gli piazzò uno schiaffo ben assestato sulla guancia.

"N-NON TI AZZARDARE A TOCCARMI DI NUOVO!"

Si strinse la mano, le nocche gli doloravano leggermente, e fissò l'esatto punto dove poco tempo prima il francese l'aveva baciato. Si morse un labbro, guardò Francis massaggiarsi con piccoli movimenti circolari. Doveva avergli fatto davvero molto male, a giudicare dal segno delle cinque dita che gli aveva lasciato sul volto.

"Arthur.."

"Z-ZITTO, BASTARDO! TI ODIO, DANNAZIONE! TI ODIO!"


Qualcosa si ruppe.



Francis sospirò; piantò i suoi occhi azzurri nei verdi e lucidi di Inghilterra. Si fissarono a lungo, uno immobile e l'altro che tremava stringendosi nel suo trench.
Senza chiedere nessuna spiegazione entrambi scoppiarono a piangere.


Mentre l'inglese continuava singhiozzare e a tamponare le lacrime, una carezza gentile gli sfiorò il viso, salendo lungo le guance e terminando sulla sua fronte. Arthur smise di strofinarsi gli occhi arrossati ed ebbe quasi un sussulto quando si rese conto di quanto Francis gli fosse vicino in quel momento: riusciva a sentire il calore e l'umidità del suo respiro sulle guance.
Le mani di Francia si spostarono dal suo viso alla sua schiena, stringendo Inghilterra forte contro il proprio corpo.


"Je t'aime, Angleterre".


"Non parlo il francese, idiota..."




La primavera era senza dubbio la sua stagione preferita, perché tutto raggiungeva il massimo della sua bellezza.
Fiori, alberi, persone.

                                                                    

Arthur.







Note dell'autrice
Ed eccoci qua al secondo capitolo! Inanzitutto, voglio ringraziare davvero tanto tutti coloro che hanno letto il primo capitolo e che *addirittura!* hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite! Many many thanks! Un grazie speciale se ne va tutto a Lady White Witch, per avermi lasciato una bella recensione.
Fin'ora i capitoli scritti sono 6, comprendendo anche questi due pubblicati. Tempo di rileggerli, correggere eventuali sviste e/o modificare parti di testi e dialoghi che non mi soddisfano più e saranno pubblicati il più presto possibile. La prossima settimana, probabilmente di mercoledì, uscirà il capitolo 3. Spero che non ci siano troppi ritardi ma non
garantisco nulla, le lezioni universitarie mi tengono molto occupata durante il giorno.

Vi lascio con due fan comic, uno sulla Spamano e l'altro -ovviamente- FrUk. Mi spaccano in due dalle risate ogni volta che li leggo.
 
  
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