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Autore: Soleil Jones    20/09/2015    3 recensioni
Ovunque fossero, sull'orologio di Molly, la lancetta di quei due era sempre lì; sì, c’era una sola lancetta per due, perché Molly Weasley sapeva che sarebbero sempre stati nello stesso posto. Si muovevano praticamente in simbiosi, i suoi figli; mai, però, avrebbe immaginato che un brutto giorno non sarebbe più stato così.
[...]
«Mh, siete per caso dei patiti dei prodotti Weasley & Weasley?» Tirò ad indovinare: perché, beh, quei due avevano tutta l’aria di due bambini che tutto possono avere tranne che buone intenzioni. I due gemelli annuirono all’unisono «Anche!»
«Ma non è questo il motivo per cui siamo qui, giusto Eric?»
«Giusto John! Detto senza mezzi termini, vuoi indietro tuo fratello, vero?»
«Oh, se è vero!»
[...]
«È semplice, tanto che neanche tu avrai problemi a capire come usarla.»
«Simpatica quanto un troll nel suo periodo rosso del mese, noto.» Bofonchiò tossicchiando sottovoce George. Gli occhi verdi dello spirito si ridussero a due fessure taglienti quanto il suo tono di voce. «Hai detto qualcosa, Weasley?»
«Io? Niente!»
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Di sogni, bacchette e piani d’azione

 
George era certo di stare sognando. I colori, gli oggetti, tutto era deliziosamente sfumato e confuso; era ovvio che niente di tutto quel che vedeva fosse reale!
Ma a lui andava bene, anzi, ne era persino sorpreso; era più di un mese, oramai, che non dormiva decentemente: le sue notti erano o contornato dallo stesso incubo ― ricordi, precisava ogni volta con il battito a mille e le guance rigate di lacrime ― o dal nulla. Un sonno senza sogni che durava sì e no tre ore per poi lasciare posto all'insonnia.
John ed Eric non parevano essersene mai accorti, anche perché loro dormivano eccome ― condividevano lo stesso letto, uno sul fianco destro e l'altro sul sinistro; uno di fronte all'altro, vicini, con le mani intrecciate. Il che a George stava più che bene; non avrebbe sopportato sguardi ansiosi, apprensivi, compassionevoli et simila.
Camminando con le mani in tasca lungo una stradina piena di ciottoli, il rosso guardò con espressione indecifrabile ogni persona che gli camminava intorno; il loro abbigliamento era a dir poco bizzarro ed antiquato, come quello delle donne ritratte nei quadri di Hogwarts.
Decisamente nulla a che vedere con i suoi jeans o la sua T-shirt.
Nessuno dava l'idea di poterlo vedere, però. Nessuno tranne un paio di occhi dorati. George li guardò incredulo; che ci faceva un unicorno in una cittadella inglese d'altri tempi?
L'animale girò i tacchi e trotterellò via.
«Cos― Ehi!» Senza sapere perché, George si ritrovò a seguire l'unicorno, facendosi largo tra la folla senza che questa potesse davvero notarlo, e si fermò quando non vide più il candido manto bianco dell'animale. Pareva essere sparito nello stesso punto in cui ora svettava una chioma rossa riccioluta.
La figura era piccola ed esile e, voltandosi, quel viso pieno di lentiggini colorato dal Sole irlandese e illuminato da affilati e intelligenti occhi verdi lo lasciò senza fiato.
«Ailleann ― tu sei Ailleann!» Esalò George. Il ragazzino non rispose, ma gli fece cenno di seguirlo.
George lo fece. Sogno o meno, quel ragazzino era uno dei creatori della Pozione Crononauta, una delle ragioni principali per cui lui adesso aveva la possibilità di sistemare le cose.
«Dove siamo?» Chiese a un certo punto George. «Nella tua epoca?»
Di nuovo, Ailleann non rispose.
«Non dirmelo: parli solo galeico.» Aggiunse il rosso con ironia. «Non è possibile, non credo che Salazar Serpeverde fosse anche bilingue!»
Ailleann si fermò e lo guardò con la fronte aggrottata in un'espressione quasi divertita. Poi gli porse la mano.
George, roteando gli occhi, rispose: «Certo, logico.» e gliel'afferrò.
L'ambiente circostante sparì e venne sostituito da un luogo ben più familiare a George, il quale rivolse all'irlandese uno sguardo confuso.
«Ollivander?»
–Secondo Ron avremo tutti e due la stessa bacchetta. Tu che ne pensi?– Ridacchiò una voce infantile che George riconobbe all'istante. Alzando lo sguardo, dall'altro lato del bancone vide la porta chiudersi dietro due bambini di undici anni e un ragazzo robusto e alto in età da Hogwarts, che sorrise all'indirizzo dei due fratellini.
–Non essere sciocco! Ricorda che è la bacchetta che sceglie il mago!– Esalò con fare solenne l'altro bambino, gonfiano il petto e facendo la voce grossa. Il capo reclinato all'indietro e contorto in una smorfia di sufficienza talmente fedele all'originale che sia il suo gemello che il fratello maggiore scoppiarono a ridere.
Loro e anche il proprietario del negozio.
–Charlie Weasley, quanto tempo! Come sta la tua bacchetta, ragazzo?–
–Magnificamente, signor Ollivander, sono qui per i miei fratelli.–
Con un cenno, indicò i due gemelli che, sentendosi presi in causa, lo seguirono e salutarono in coro il fabbricante di bacchette.
«Che significa questo?» Farfugliò George, sentendo qualcosa smuoversi nel suo petto. «Perché hai voluto venire qua e proprio adesso?»
Ailleann lo guardò e sollevò un angolo della bocca.
–Neanche questa, eh?–
–Non va bene neanche per me.–
–Certo che non va bene neanche per te, George, siamo gemelli!–
–Questo non ha importanza, è impossibile trovare due bacchette completamente uguali.–

Il piccolo Fred guardò Ollivander come se avesse nominato la peggiore delle Maledizioni Senza Perdono davanti a loro. –Ma chissà, mi sembri un ragazzo convinto di quel che afferma, vero?– Aggiunse l'uomo.
Si allungò su uno scaffale e ne estrasse tre scatole diverse.
George ricordava: ricordava che la bacchetta di Fred era in una di quelle scatoline passate in rassegna da Ollivander e, quando lo vide prenderla in mano e agitarla appena, sorrise inconsciamente.
Attorno al piccolo Fred si scatenò una piacevole brezza, che gli scombinò i capelli e lo fece ridere; sia George che la sua versione in miniatura non si sarebbero mai stancati di sentire quel suono.
–Lo immaginavo!– Convenne Ollivander, soddisfatto. –Frassino, nucleo di crine di unicorno, dieci pollici e tre quarti, sufficientemente rigida. È una gran bella bacchetta, quella, lo sai?–
–Lei dice?– Chiese con gli occhi brillanti d'orgoglio Fred.
Ollivander annuì: –La bacchetta di frassino è estremamente fedele e perde i suoi poteri se tramandata o regalata. Sceglie maghi coraggiosi che non si lasciano distogliere dai loro propositi e dalle loro idee, ma sta' attento: non lega bene con l'insolenza e l'arroganza.–
–Avrei detto che era fatta per te finché non è arrivato a parlare di insolenza e arroganza, sai?– Esclamò il piccolo George con fare dispettoso, beccandosi una spintarella da parte del gemello, che ribadì: –Voglio proprio vedere quale bacchetta sceglierà te, invece!–
«Corniolo.» Disse George con voce roca. Ailleann lo guardò intensamente, come cercando di capire di più, e il rosso aggiunse: «La mia bacchetta.»
Il piccolo George continuò a provare bacchette su bacchette, facendone esplodere persino qualcuna.
–Per Merlino, ragazzo mio, così mi lascerai senza merce!– Bofonchiò Ollivander, mentre frugava negli scaffali.
Fred, annoiato, gonfiò le guance e alzò gli occhi al cielo. –Io prima non parlavo sul serio, possibile che non trovi niente?–
–Nah, Ollivander non ha mai fallito in questo campo, Fred.– Replicò Charlie.
Il piccolo George, anch'egli impaziente, iniziava a dare segni di nervosismo: non trovava più molto divertente ed emozionante agitare bacchette alla cieca e Fred, capendolo, smise di dondolarsi sui talloni e gli si affiancò.
Gomito contro gomito, dopo un po' fece una smorfia e agitò la sua bacchetta, guardandola perplesso: –Sai, forse la mia non va bene. Ha preso a vibrare da sola!–
–Sei sicuro, Fred?–
Intervenne Charlie, accigliato. –Sarebbe strano, è nuova di zecca!–
«Bel mistero. Eh, Charlie?» Commentò a bassa voce George, non sapendo bene come definire la strana sensazione che sentiva. Trasalì quando il piccolo Fred guardò nella sua direzione e incrociò, senza saperlo, il suo sguardo.
Qualcosa dentro di lui si mosse a quel contatto indiretto, quasi avrebbe sperato di essere stato visto dal suo fratellino, ma in realtà sapeva che non era lui che guardava.
–Prova quella!–
–Come?–
–Signor Ollivander! Passi a George quella scatolina. No, non quella, l'altra, a destra. Sì, proprio quella lì!–

Seguendo le indicazioni del bambino, Ollivander prese un pacchetto allungato e ne estrasse una bacchetta; se la rigirò per qualche istante tra le dita con delicatezza e se l'avvicino all'orecchio per analizzarla, dopodiché la sua espressione ebbe un guizzo di incredulità.
–Mmh...– Guardò Charlie, il quale lo fissava in attesa e curioso; quand'era stato lui a comprare la sua bacchetta non era stato così, ecco cosa doveva star pensando. –Scelta interessante, davvero molto, e tuttavia sapete cosa? Potrebbe funzionare!–
Porse la bacchetta al George undicenne il quale, convinto che un tentativo in più o in meno oramai non facesse differenza, la prese.
Appena il legno entrò in contatto con la pelle del ragazzino, George lo ricordava bene, uno strano calore si propagò dal palmo della sua mano alla punta della bacchetta, dalla quale uscirono scoppiettii dorati e una brezza calda come il Sole d'estate e forte come il vento d'inverno.
–Magico!– Fu l'unico commento di George; i capelli scompigliati all'indietro e un sorriso così entusiasta che persino gli occhi nocciola e le lentiggini sul suo viso parvero illuminarsi.
–Bene, bene, dunque: corniolo, crine di unicorno, undici pollici, abbastanza rigida!– Sentenziò Ollivander. –Direi che è abbastanza diversa da quella di tuo fratello: il corniolo genera bacchette vivaci e capricciose, che cercano un mago o una strega che offra loro emozioni e divertimento, ma che in condizioni difficili compiono incantesimi davvero notevoli e se abbinate ad un abile e ingegnoso proprietario producono incantesimi davvero splendidi. Hanno solo la curiosa caratteristica di non voler compiere incantesimi non verbali e spesso sono molto rumorose, però.–
–Be', direi che è perfetta, no?–
Sorrise Charlie, battendo una pacca sulle spalle dei gemelli.
–Già!– Sghignazzò Fred. –Rumoroso è il tuo secondo nome!–
–Da che pulpito!–

George sentì la morsa allo stomaco farsi più leggera e venire sostituita da un’ondata di apatica malinconia, che si propagò fino al suo sguardo, puntato ora sulla porta del negozio, da cui facevano capolino altre due teste rosse – Ron e Ginny – seguite a ruota da altre due, cioé sua madre e Percy.
–Allora? Come sono? Eh?– Domandò eccitata la più piccola di casa Weasley, saltellando a momenti sul posto pur di poter osservare meglio le bacchette che i fratelli maggiori stringevano in mano. I gemelli fecero mostra delle loro nuove, fidate amiche con non poco entusiasmo.
Al solo vedere che il legno di quella di George era visibilmente un po’ più scuro rispetto a quello della bacchetta di Fred, Ron fece una smorfia delusa. –Accidenti, eppure ne ero così sicuro!–
–Spiacenti di averti deluso, nanerottolo.– Si scusò il piccolo Fred, anche se era palese che non gliene importava un accidente.
–Ehi, Perce! Qual è la formula da usare per rendere simpatica una persona?–
–Ecco qui, a lei!–
Decretò Molly Weasley, passando al signor Ollivander la somma da pagare per le bacchette dei figli. –La ringrazio infinitamente.–
–Si figuri. Oh, voi due, a proposito!– Prim’ancora che l’uomo potesse dire qualsiasi cosa ai gemelli, questi se l’erano già filata fuori, alle calcagna di uno spazientito e stizzito Percy – seguiti a ruota dai fratellini minori.
Scuotendo il capo invocando pazienza, Molly chiese: –C’è qualcosa che non va? Può dire a me.–
–No, no, lasci stare. Non era molto importante.–
La rassicurò con un sorriso che la diceva lunga Ollivander.
George sentì un contatto delicato e caldo contro la sua mano e, trasalendo, si accorse che Ailleann gli aveva preso la mano, senza tuttavia distogliere gli occhi verdi dal punto in cui, fianco a fianco, i due gemelli dai capelli rossi – che a conti fatti non erano che un ricordo appartenente a un passato ormai irraggiungibile – erano scomparsi insieme.
«Non rifiutare i ricordi, sarebbe come rifiutare la tua stessa vita.» Gli disse il ragazzino, alzando lo sguardo su di lui. «E spesso sono proprio loro la chiave di tutto.»
I colori si fusero, la scena di disfò e divenne un susseguirsi di voci e un alternarsi di temperature. George sentì il trascorrere degli anni fin dentro le ossa e ne capì il motivo solo quando delle voci gli giunsero all’orecchio.
–Stupeficium! — George, ma che diavolo ti prende?! Difenditi, combatti!–
–Io… La mia bacchetta! È come impazzita!–

«No! Questo no!» Sbottò terrorizzato George, sgranando gli occhi. Ricordava quell’istante, poco prima che un tremendo capogiro lo cogliesse nel bel mezzo della battaglia la sua bacchetta aveva iniziato a surriscaldarsi e sprizzare scintille per conto proprio, senza più eseguire i suoi comandi. Come se sapesse, come se sentisse. «Ailleann! Dove ti sei cacciato?!»
«Qui.» Sussurrò la voce argentina del ragazzino. Proveniva da un punto imprecisato alle sue spalle, ma quando George si voltò non lo vide, il piccolo irlandese.
Dai suoi occhi color nocciola sgorgarono scie di paura, dolore, morte. Perché erano questo, le lacrime di George Weasley.
Si sentì come attraversato da una scossa elettrica quando qualcuno gli passo letteralmente attraverso – come se fosse stato un fantasma, tanto evanescente da non poter essere visto – e ancor di più quando si riconobbe in quel qualcuno.
«No…» Scosse il capo, affondando una mano trai propri capelli e scuotendo il capo. Con l’altra dovette sorreggersi alla superficie solida più vicina per non crollare a terra; svuotato di tutto, persino della forza di reggersi in piedi, di nuovo.
Aveva davvero pianto a quel modo, come quel lui del passato?
«Il dolore di chi resta è terribile.» Commentò la voce di Ailleann. George si voltò e lo vide appoggiato alla parete, il capo inclinato e gli occhi persi a osservare il cadavere di Fred attorniato dalla famiglia Weasley. «Ma anche coloro che sono costretti ad andarsee soffrono molto.»
Con un cenno del capo, indicò una figura opalescente rannicchiata sul George del passato. Si fece più nitida, quasi più vera, fino a rivelare una chioma rossa e dei lineamenti identici a quelli del gemello in lacrime.
«Fred… Lui…»
«Se era lì?» Lo precedette Ailleann. «A quanto pare sì. Sempre. Finché non ha dovuto decidere se andare avanti o meno.»
«E che cosa ha scelto?»
Lo spirito di Fred strinse per l’ultima volta il corpo singhiozzante di George, sorridendo con affetto e sussurrandogli qualcosa lì dove avrebbe dovuto esserci il suo orecchio sinistro, prima di alzarsi.
George sentì la voce del gemello pizzicargli la ferita alla nuca. Le lacrime si erano fermate, erano ancora impresse sulle sue guance; le percorrevano fino a perdersi in prossimità delle labbra fini, che si serrarono con forza.
–Sono contento che tu sia sempre stato lì con me. E se deve per forza andare così, allora grazie, Georgie. Grazie per tutto, davvero!–
La scena tornò a farsi confusa nel momento in cui Ailleann piantò i suoi occhi chiari sulla figura di George, tanto insistentemente da costringerlo a ricambiare lo sguardo.
«Lui ha scelto di amarti. Perché solo chi ci ama desidera la nostra felicità così tanto da lasciarci andare. Se il vostro legame è così intenso, com’è che tu lo rivuoi indietro a tutti i costi?»
«Forse perché l’amore a volte è anche egoista, piccoletto, che ne dici?» Rispose con un debole sorriso George, rendendosi subito conto di avere, per la prima volta in vita sua, esplicitato il sentimento che lo legava a Fred.
«Tu non sei egoista, George Weasley.» Dichiarò Ailleann. «Non si tratta solo di te, in effetti, ma anche di Fred. Credo che succeda, quando si parla di anime gemelle.»
«Di cosa stai parlando?» Chiese confuso il rosso.
–Nuclei gemelli…– Mormorò una voce familiare. George si voltò e vide arrivare suo fratello maggiore Charlie, accompagnato dal signor Ollivander. Lo vide fare un sorriso mesto e alzare il capo a fissare il cielo. –Chissà perché la cosa non mi stupisce. –
–Quando accompagnasti i tuoi fratelli da me, nove anni fa, stavo per dirglielo.– La voce affaticata di Ollivander attirò l’attenzione di Ailleann. Si trovavano nel cimitero in cui si erano tenuti gran parte dei funerali della gente morta durante la guerra, era una bellissima giornata di Sole e Charlie Weasley camminava affianco al fabbricante di bacchette. Si fermarono all’ombra di un albero secolare dai rami pericolosamente sottili, a pochi metri da George e Ailleann.
–Ma quelle due pesti se la svignarono e, be’, ho ritenuto superfluo, a quel punto, dirlo a vostra madre. Credevo che in fondo ne fossero consapevoli.– Aggiunse il mago. –Ora come ora non penso sarebbe d’aiuto farlo sapere a George, non adesso.–
–E neanche a mia madre. Loro… stanno già abbastanza male.–
E così lui.
Se non fosse stato troppo preso a cercare di comprendere di che stessero parlando con esattezza suo fratello e Ollivander, George avrebbe pensato proprio questo: che uno dei motivi per cui Charlie era un buon fratello era la forza con cui si faceva carico di tutto nei momenti più difficili.
–Questo però spiega molte cose, sa?– Riprese il giovane.
–Che genere di cose?–
–Ad esempio il fatto che sia stato Fred a trovare la bacchetta di George. Non dico che gliel’abbia scelta, ma…–
–George era già stato scelto, la bacchetta del suo gemello e la sua si sono sentite più affini e vicine che mai. E si sono chiamate.–
–E per quel che riguarda i poteri di George? Sono come impazziti! Ha sprazzi di magia involontaria alla stregua di un bambino, non alza mai la bacchetta, ma le poche volte in cui l’abbiamo visto farlo non… non è stato lo stesso. Non rispondeva bene ai suoi comandi. Può una bacchetta sentirsi sola?–
–Le bacchette vanno di pari passo con le emozioni dei loro proprietari, Charlie. Quella di tuo fratello, se ben ricordo, è già di per sé molto vivace e instabile, se prendiamo in considerazione lo stato emotivo in cui si trova attualmente George. La bacchetta di Fred conteneva il suo stesso nucleo; erano unite, e a loro volta lo erano i loro proprietari.–
–Mi sta dicendo che… che la bacchetta di George sta morendo?–
Farfugliò con un nodo alla gola Charlie, lo sguardo ansioso. –Perché è inutile negarlo: mio fratello è peggio che morto!–
Ollivander scosse il capo. –L’arte delle bacchette è complessa, nessuna sarà mai uguale ad un’altra, e funziona così anche tra le rare accoppiate di nuclei gemelli. Io ritenevo giusto dirlo a qualcuno, per rassicurarvi: George non è impazzito, la sua magia sta semplicemente reagendo al dolore suggestionandosi a vicenda con la sua bacchetta. Spero che col tempo le cose si sistemino, che lui sia davvero forte come sembra.–
George non capiva. Era vero, per un po’ di tempo i suoi poteri avevano agito spesso a briglia sciolta, ma a un certo punto il dolore era diventato tanto che alla rabbia e al dolore era subentrata l’apatia e la tristezza. E non aveva più lanciato un solo incantesimo.
Poi erano arrivati John ed Eric, e ogni incantesimo lanciato da quel momento in avanti era riuscito!
«Ailleann—»
«Ti saluto qui, George Weasley.»
«Non ti azzardare, sai? Non puoi mettermi la pulce nell’orecchio e—!»
«Ricorda.» Lo interruppe il ragazzino. «Devi solo ricordare. E, per favore, sii gentile con mia sorella, quando si farà trovare da te.» E si dissolse, letteralmente; in una nube dorata.
George rimase completamente solo, con un’espressione contrita e contrariata in volto. Ma era niente in confronto al caos che regnava nella sua mente.
Perché diavolo doveva sempre essere così? Cosa costava essere chiari, diretti e concisi?
Frustrato, il rosso diede un calcio al tronco dell’albero secolare — o meglio, l’avrebbe fatto se non ci fosse passato attraverso; il che lo fece imprecare a gran voce. Si lasciò scivolare a terra, seduto, e si passò le mani tra i capelli con fare morboso, chiudendo gli occhi e domandandosi perché.
Cosa significava tutto quello?
 
 
*
 
 
Eric e John si rividero la mattina seguente quando furono entrambi giunti davanti all'Auditorium.
Eric aveva seguito le indicazioni dategli da Miley White, la Prefetto dei Terresploratori.
«Basta andare nello stesso posto in cui ieri sera sei stato Smistato.» Gli aveva detto pacata. «Se non lo ricordi, tranquillo: vanno tutti lì, basta seguire il flusso!»
Viso gentile, sorriso educato... Ma allora perché ad Eric quella ragazza trasmetteva così tanta malinconia?
«Non potresti accompagnarmi tu?»
«Mi spiace, davvero; ti accompagnerei volentieri, Eric, ma non posso: devo andare in infermeria a vedere come sta una mia compagna. Però, ehi, sta' tranquillo! Tra Concasani ci si aiuta sempre, e anche i membri delle altre tre Case sono molto simpatici, vedrai.»
E si era dileguata.
Sicuramente parlava di Julchen - si era detto il castano. Ed in effetti, quando arrivò a destinazione e incontrò John, quest'ultimo gli disse: «Non ho visto Eirik in Sala Comune. Eppure Alice mi aveva detto che è un Indacocclumante.»
«Non avranno passato dei guai?»
«Con Arrow no di certo. Ma non ne sono sicuro, Eric.»
E la conversazione era morta lì, riprendendo solo dopo che John fece caso al persistente andirivieni che c'era nell'Auditorium.
«Me la ricordavo diversa, questa sala!» Commentò stupito l'Indacocclumante, superando il ciglio del portone e osservando le tante tavolate circolari e le vetrate che la sera prima erano semplici muri.
«Questo è per via della parola d'ordine.» Spiegò pigramente Hikaru Hitachiin, giungendo col gemello, Kaoru, che aggiunse: «Quella che conoscono anche i Prefetti fa accedere all'Auditorium, quella che conoscono solo i Corona è per l'ora dei pasti.»
«Chi sono i Corona?» Chiesero all'unisono i gemelli.
Hikaru e Kaoru, con ancora più sincronia, risposero: «Mitch e Nick. Una coppia di sposini Tuttofare.»
Eric e John li guardarono superarli e andare a sedersi a un tavolo libero.
«Ma chi sono quelli?» Domandò Eric a John. Quest'ultimo scrollò il capo: «Quello in viola è Hikaru, l'altro è Kaoru. Credo.»
Dopo pochi secondi, davanti ai due asiatici apparvero piatti, tazze, posate e cibarie.
Alcuni studenti ne raccattavano più che potevano e, in gruppo, lasciavano la Sala; una o più tovaglie sottobraccio.
«Evidentemente nel periodo estivo gli è permesso mangiare fuori.» Ipotizzò John. «Hai fame, eh?»
«Parecchia!» annuì Eric. «Sediamoci e aspettiamo George, ti va?»
Il suddetto, in quel momento, si stava giusto finendo di infilare dei vestiti puliti: erano apparsi da soli sulla sedia posta vicino allo scrittoio — al che aveva pensato che, probabilmente, anche Amstrong ospitava degli Elfi Domestici.
La sera precedente Alice lo aveva lasciato nella Sala Comune indicandogli di affidarsi ai Fuochi Fatui, ed erano stati loro a guidarlo in una delle stanze libere del Dormitorio dei Rossincendio.
Alla luce del Sole, non gli parve tanto male: ampio, arioso, inondato dai colori caldi delle pareti, con fiammella fluttuanti... Il caminetto era acceso, e quando aveva notato la sua espressione un bambino del secondo anno gli aveva detto di non farci caso, perché: «In estate è freddo!».
Seriamente, fuoco freddo?
Sul camino, nella sua grande cornice d'oro, un uomo scrutava con orgoglio chiunque passasse di lì.
«Non indugiare per perderti in quell'illusione, ragazzo. Se vuoi uscire non devi fare altro che gettarti oltre quell'arazzo.» Gli aveva detto con uno strano accento britannico misto a qualcos'altro, indicandogli una specie di grande mosaico raffigurante un Centauro e una sirena che parlavano, sullo sfondo di un laghetto attorniato da piante verdi e rigogliose.
George annuì, ringraziò e — dopo aver visto un paio di persone farlo — immerse la mano nella raffigurazione, tirò la prima cosa che sentì al tatto e aprì l'arazzo come se si fosse trattato di una porta.
«I fondatori di questo posto avevano un gran senso dell'umorismo.» Annuncio arrivando alle spalle dei gemelli, poco dopo. Si sedette e osservò insistentemente la tavola, finché non gli apparve davanti una tazza di latte, una di caffè e una fetta di pane spalmata di marmellata.
«Devo ricordarmi di non toccare più il laghetto nell'arazzo.» Aggiunse.
«Ci sei finito dentro?» Domandò Eric, ridacchiando con il fratello.
George sorrise appena «Già.» prima di abbassare la voce: «Ieri sera ho scoperto qualcosa, comunque, forse è una pista.»
«Cioè?» Chiesero all'unisono i gemelli.
«Alice mi ha parlato dell'esistenza di un fantasma che non si fa mai vedere da nessuno.» Spiegò George, con gli occhi color nocciola brillanti di giubilo.
Non era sincero con loro, in quel momento, o almeno non del tutto. Perché se lo fosse stato avrebbe accennato ai gemelli lo strano sogno che aveva fatto e le parole che gli aveva detto Ailleann.
Ma farlo significava rievocare tutte quelle immagini, significava tornare cento passi indietro, a settimane prima, quando aveva addosso sguardi desolati, compassionevoli e tristi. E a quel punto come avrebbe fatto a cercare l’ultima Noce?
Ailleann aveva detto che sarebbe stata Ailis a farsi trovare, ma nonostante ciò cosa costava, a loro, cercarla comunque?
«Sì, Ailis, lo ha scritto Hailey nella lettera che Cheryl aveva a casa sua.» Annuì Eric, per poi aggrottate la fronte e guardare il fratello: «Ma se non si fa mai vedere...?»
«Se Hailey sapeva di lei qualcuno deve averla vista di recente.» Affermò deciso John. George annuì con vigore e schioccò le dita, esclamando: «Ed è così!»
I gemelli lo guardarono con tanto d'occhi, in attesa.
«Un tizio morto secoli fa—» e qui Eric e John parvero sgonfiarsi come palloncini. «—ed una studentessa: Cobaltaurora, Ivory Thriving.»
«Mi ricorda qualcosa...» Mormorò meditambolo John.
«Ci credo, Cheryl ce l'ha nominata due volte!» Assentì George. «Una volta quando ha parlato della fondazione dell'Armata. Hailey propose l'idea a tre ragazzi, uno per Casa, tra cui lei.»
Eric annuì con vigore. «Vero, lo ricordo anch'io! Mentre la seconda volta...»
 
- Si dice che Amstrong sia stata fondata solo di recente dagli spagnoli quando colonizzarono la California, ma effettivamente non è così. La scuola fu agibile da allora, ma esisteva già come struttura e serviva per custodire qualcosa, si dice. -
- E cosa? -
- Non si sa, George. Però Hailey mi scrisse, una volta, dell'esistenza di una camera nascosta nella torre più alta della scuola. Disse che lei e gli altri l'avevano usata per gli allenamenti clandestini, ma che c'era un lato della stanza nel quale Ivory Thriving, una Cobaltaurora, consigliò loro di non andare per evitare di far arrabbiare l'unico fantasma presente nella scuola. –
 
«…quando ha accennato all’esistenza di un fantasma proprio qui!» Concluse John. «Quindi abbiamo una pista sicura da seguire! Pur non sapendo qual è la torre più alta, possiamo provare a cercarla. E il modo c’è!»
«Parlare con questa ragazza, esatto.» Annuì soddisfatto George. «Ma credo che bisognerà andarci piano.»
«Puoi ben dirlo: ieri sera i gemelli Hitachiin mi hanno detto che di quelli che sono tornati a scuola non c’è nessuno che frema dalla voglia di parlare dell’Armata e compagnia bella. Quin—»
«Finalmente!» Sbottò una voce familiare a John, il quale – sussultando dalla sorpresa – s’interruppe e ne seguì il suono fino a vedere Samantha Puckett, la Prefetto degli Indacocclumanti, dirigersi al loro tavolo a passo di marcia.
Prese una sedia, la girò e vi si mise a cavalcioni senza dire una parola.
«Bacon!» Notò. Una forchetta si materializzò davanti a lei; la prese e rubò una fetta di bacon dal piatto di Eric. «Non ricordo bene... Jerry?» Azzardò, puntandogli contro la posata. «Perché oggi sei in giallo?»
«John.» La corresse pacato il menzionato, alzando una mano e indicando il gemello: «Lui è Eric, mio fratello. E lui George.»
La bionda corrugò la fronte e scrutò i due, come se si fosse accorta solo in quel momento della presenza di tre persone invece di una sola.
«Ciao.» Esordì perplesso Eric.
«Ehilà!» Fece invece George, decisamente più divertito.
«Tre stranieri tutti ieri sera, ecco perché mi tocca fare anche il lavoro di quelle teste di tufo!» Sbottò tra sé e sé con una smorfia, per poi sbuffare. «Okay, dunque, ehm... Ciao, voi due che ancora non conoscevo. Io sono Samantha Puckett, Indacocclumante, quinto anno, disgraziatamente Prefetto.»
George soffocò nel tentativo di non ridere in faccia; sembrava che stesse recitando una cantilena a memoria, gli ricordava molto Ron i suoi primi giorni da Prefetto.
«Visto che non siete mai stati qui è compito dei Prefetti darvi una o due dritte. Quindi mi hanno gentilmente chiesto» Virgolettò le ultime due parole condendole con quanto più sarcasmo possibile. «di farlo.»
«Va bene, bionda, spara!» La incalzò George.
«La cerimonia si terrà subito dopo gli esami di fine anno, cioè la settimana prossima, di domenica. Fino ad allora potrebbero arrivare altri come voi, quindi non prendete questa scuola per un centro vacanze. Voi due siete in età da scuola,» Eric e John si lanciarono un'occhiata che voleva dire tutto e niente. «quindi se volete - non vedo come, ma in fondo è affar vostro - avete libero accesso alle lezioni senza obbligo di frequenza. Iniziano alle otto e mezza dal lunedì al venerdì e alle nove il sabato. Finiscono questo fine settimana, poi incominceranno gli esami.»
«Lezione di sabato? Sul serio?» Domandò Eric a occhi sgranati. «A giugno?»
Samantha gli rivolse un'occhiata sepolcrale come a dire: «Tu non sei costretto a frequentarle, di che cavolo ti lamenti?».
«Già.» Rispose. «Comunque, in breve, potete gironzolare quanto volete, agli insegnanti importa poco e niente. Amstrong non ha segreti. Però la vicepreside Montgomery non sopporta gli schiamazzi - a dirla tutta quella non sopporta i ragazzini e la vita in generale - quindi rigate dritto. Se vi serve qualcosa potete rivolgervi: tu» Additò Eric. «a Brandybuck o White, un biondino alto un metro e una mela e una che profuma sempre di vaniglia. Tu» Continuò, alludendo a George. «a Rogers  o Oswald, un tipo col viso d'angelo e una moretta con un orologio appeso al collo. Ha seri problemi di puntualità. John, conosci già me e Wright. In caso ci sono anche Foster e Watson dei Cobaltaurora.»
Con tutti quei nomi Eric sentì la testa iniziare a girargli.
«Potete venire qui a fare colazione dalle sette e mezza alle nove, qui o fuori non fa differenza. Pranzo all'una nel weekend e a mezzogiorno gli altri giorni. Cena alle otto e alle sette, stessa storia. Chiaro?» Domandò loro Samantha. Non aspetto neanche una risposta, si alzò e rimise la sedia a posto. «Perfetto! Ci si vede.»
E si dileguò.
«Lo terremo a mente, grazie!» Le urlò dietro George. Tornò alla sua colazione e commentò: «Sì prospetta una passeggiata, direi!»
«Faresti meglio a sbrigarti.» Commentò John, rivolto al fratello. Eric lo guardò perplesso. «Per cosa?»
«Per le lezioni, Eric!»
«Ma non sarei più utile se cercassi anch'io Ailis? E poi, scusa, ma perché io sì e tu no?» Obiettò il castano.
«Perché ieri sera sei entrato in confidenza con ben tre membri dell'Armata di Amstrong.» Rispose prontamente John, assicurandosi di non parlare a tono eccessivamente alto.
«Ha ragione.» Annuì George. «Suona un po' brutto, forse, ma stai con loro; parlaci, scherzaci, cerca di capire il più possibile, anche se non c'entra con Ailis. Quanto più sappiamo su di loro tanto più siamo avvantaggiati nelle ricerche.»
«Puoi spacciarti tranquillamente per uno del quarto anno. Un po' bassino, forse, ma credo non ci siano problemi.» Rincarò la dose John. «Io cercherò la biblioteca e vedrò se nei libri di storia c'è qualcosa di utile. Potrei anche chiedere a Lukas di portarmi qualche volume dalla sua Sala Comune, ora che ci penso!»
«Guarda, eccolo là!» Esclamò George, indicando col capo il giovane Bøndevik. «Se non ricordo male la sua famiglia è celebre, qui. Ed è un Cobaltaurora, quindi altro che libri da sfogliare a casaccio!»
«Hai ragione, ma devo sbrigarmi!» Detto ciò, John si alzò in tutta fretta e lasciò i due con un: «Ci vediamo dopo, datevi da fare!»
«Bello ostinato, il piccoletto!» Commentò George. Eric mugugnò qualcosa con un cenno di assenso. Non doveva andargli particolarmente a genio la prospettiva di frequentare la scuola, seppure per poche ore. «Oh, andiamo, non fare così! Sono pochissimi giorni, non anni! Pensa a me che ne ho passati sette, così!»
 

 

Writer’s side
Bene, dunque, è tardi.
Ed io ho sonno.
Quindi la faccio breve. xD
Prima di tutto colgo l’occasione per ringraziare le cinquanta (non so se mi spiego, ragazzi, / cinquanta! /) anime che seguono questa storia, tutti coloro che la preferiscono, ricordano e naturalmente recensiscono. Siete splendidi, davvero! *^*
POOOOOI— partiamo dal sogno di George.
Non mettetevi ad arrovellarvi troppo il cervello, in caso non abbiate capito molto, poiché avremo un chiaro riferimento ad esso solo più in là. Ne ho approfittato, tra l’altro, per scrivere di un momento importantissimo della vita di un mago e cioè dell’acquisto della sua primissima bacchetta!
Personalmente ho sempre avuto questo headcanon sulle bacchette di Fred e George (e quanto prima arriverà una One-Shot sull’argomento!) e, precisiamolo: ho letto i libri, ricordo ciò che ha detto Ollivander circa tutta la storia dei nuclei gemelli, ma ho puntato molto sul fatto che, appunto, nessuna bacchetta è uguale a un’altra, e che comunque è impossibile capirle appieno.
Infatti Ollivander stesso non sapeva come spiegare a Voldemort perché la bacchetta di Lucius Malfoy avesse avuto la peggio su quella di Harry Potter. Né nessuno credeva che l’arma di quest’ultimo avesse agito autonomamente!
Per quel che riguarda la composizione... Quella di George l'ho sognata. E non scherzo. 
Quella di Fred invece è data da Word_shaker. L'ho trovata molto azzeccata e quindi mi sono permessa di usare il frassino (perché sì, il mio unico problema era il legno xD).
C'è da ringraziare Potterpedia, perché grazie a lei ho controllato corniolo e frassino e ho scoperto che sono perfetti per i gemelli (a parer mio)! <3
SECONDO. Vi ho risparmiato scene sui TimeRiders perché ho pensato che, dopo questo pezzo, avrebbe potuto essere “pesante”. So benissimo che la trama di questa storia ha molti particolari intricati e intrecciati tra di loro e cerco di confondervi il meno possibile e renderveli chiari quanto meglio mi riesce. X3
Passando alla seconda parte del capitolo— stavo pensando alla possibilità, più in là, nei prossimi capitoli, di scrivere una specie di raccolta a parte sui Nuovi Personaggi di questa storia. Non su tutti, intendiamoci, ma sui membri dell’Armata di Amstrong, tanto per dirne una, cosicché possiate conoscerli. Trovo che sarebbe più facile leggere un determinato nome una volta ogni tot di righe e capire/ricordare a chi si riferisca e cosa c’entri con il contesto, in questo modo.
Tratterei, direi, due personaggi o tre a capitolo. E consideriamo che i componenti dell’Armata (escludendo Alice/Artemis, Lukas/Apollo, Julchen/Sigyn, Emil/Loki e Shawn/Frei – che sono membri nuovi e che avete già avuto modo di conoscere) sono trentadue, Hailey inclusa!
Quindi trentuno.
E questa era la mia proposta. 
Ultimo ma non ultimo, vi rinnovo l’invito dello scorso capitolo. Avevo in mente di fare qualcosa di particolare per la fine della storia che, credetemi, non è lontana. E per questo invito chiunque a lasciare qui su EFP (come recensione o messaggio privato), o su Facebook (come, anche qua, messaggio privato — al mio account o alla pagina Facebook che mi hanno costretta ad aprire per i miei disegni xD Rendiamola utile), o su Ask.fm eventuali domande, impressioni etc.
Davvero, di tutto!
Domande sui personaggi (sul loro concepimento, su qualsivoglia della loro personalità, sul loro rapporto con altri personaggi, sui loro atteggiamenti & compagnia bella), sulla trama (chiarimenti, versioni alternative, momenti particolari della storia e, davvero, chi più ne ha più ne metta) e qualsiasi cosa vi venga in mente.
E a questo punto, davvero, me ne vado a letto! :”D
Perdonate eventuali errori di battitura, appena potrò ridarò una controllata al capitolo – così come sto man mano facendo con la storia in generale.
Sogni dìoro / A presto,
Soleil
 
PIESSE: Qui vi lascio i “volti” dei Prefetti nominati da Sam.
Se qualcuno si stesse chiedendo perché “Merryck”, well… “Meriadoc” era troppo ovvio, già è palese da dove provenga l’ispirazione! <3

 
[ a.s. 1997/98] Prefetti:
Terresploratori | Merryck “Merry” BradybuckMiley White |
Rossincendio | Alan RogersClara Oswald |
Cobaltaurora | Alexander WatsonJane Foster |
Indacocclumanti |
Zachary Wright Samantha Puckett |
 
  
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