Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Carlos Olivera    20/09/2015    1 recensioni
Mi chiamo Derek Norway.
Quando avevo 9 anni, il mondo in cui vivevo è cambito per sempre.
Era il 1979 quando due scienziati europei, i professori Ward e Brennon, con le loro ricerche rivoluzionarie portarono la magia dal mondo delle favole a quello della realtà, scoprendo il codice genetico che ne permetteva l'utilizzo.
In pochi anni la magia si è diffusa in tutto il mondo, e ora, al pari di una scienza, è diventata il motore che alimenta la nostra civiltà.
E' stato creato uno speciale corpo di polizia internazionale, allo scopo di regolamentare l'uso della magia e prevenirne l'utilizzo a fini criminali.
Io faccio parte di questa unità speciale.
Siamo il Magic Administration Bureau.
Noi siamo... la M.A.B.!
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

EPISODIO 1

IL GIOCO DELLA MORTE

(PARTE III)

 

 

La chiamata era arrivata da un vicolo sudicio nel Queens.

La polizia aveva effettuato una retata contro un gruppo di spacciatori, e per puro caso, inseguendo e bloccando uno dei sospettati, uno degli agenti aveva notato uno strano sacco gettato malamente all’interno di un cassonetto, ed era stato sufficiente aprirlo perché dal suo interno apparisse il volto, deformato dalla decomposizione ma ancora riconoscibile, di una giovane donna.

Quando Derek e gli altri arrivarono sul posto il corpo era già stato estratto e adagiato a terra, e a tutti bastò uno sguardo per capire che si trattava veramente di un’altra, ulteriore Lucy Ferrazzani.

Anche la causa della morte appariva simile a quella della vittima di Brooklyn, con lo squarcio nel ventre a fare bella mostra di sé, anche se stavolta la ferita appariva molto meno orrenda della precedente.

«E con questa siamo a tre» commentò O’Bryan.

«Aspetta a dirlo» osservò Derek. «Stavolta potrebbe essere quella vera.»

«Ne dubito» rispose il detective che coordinava le indagini per la polizia. «Se la storia che mi avete raccontato è vera, stamattina la presunta vittima era ancora viva e vegeta. Questo cadavere invece ha come minimo tre settimane.»

«Il che fa risalire questa morte a prima di quella di Molly Tips» disse Jane. «Forse l’assassino aveva rapito Molly già da diverso tempo, e quando questo clone è morto ha tentato di ripetere l’esperimento, ottenendo però gli stessi risultati.»

In quella il grido di una voce famigliare attirò l’attenzione degli agenti, e Derek, alzati gli occhi, distinse tra la folla il professor Ferrazzani che cercava furiosamente di farsi largo tra gli agenti.

«Lasciatelo» disse quindi ai poliziotti, ottenendo di fargli varcare i nastri

«Detective, la prego, mi dica che non è lei!»

«Stia tranquillo, non è sua figlia» lo rassicurò. «È morta da almeno una settimana.»

«Grazie al cielo. Questa situazione sta diventando paradossale. Da dove saltano fuori tutti questi cloni della mia Lucy?»

«Vorrei tanto saperlo anch’io, professore. Ora però dobbiamo preoccuparci di sua figlia. È evidente che qualcuno è molto interessato a Lucy, e che non riuscendo a sostituirla con dei cloni ora tenterà di appropriarsi dell’originale.»

«Ha ragione. La chiamo subito!»

Il professore si portò un dito all’orecchio, e dopo pochi secondi iniziò subito a parlare.

«Lucy, sono papà. Dove ti trovi? All’università? No, ascolta, lascia perdere tutto. Torna subito a casa.

Non commentare, poi ti spiego.»

Poi, d’improvviso, l’espressione del professore cambiò, e con essa il suo tono di voce, che si fece terrorizzato e sconvolto.

«Lucy, che succede? Lucy!»

«Che sta succedendo?» domandò Derek

«Ascolti!» replicò Ferrazzani toccandogli la fronte con un dito

Nella testa del detective si palesarono allora rumori concitati, di lotta, sovrastati dalle urla strazianti di una ragazza, ma prima che Derek potesse anche solo pensare di domandare qualcosa o capire cosa stesse succedendo il legame mentale si ruppe, e tutto tacque nuovamente.

Un nome, però, si stampò nella sua mente: Peter. E fu l’ultima parola che sentì prima che il silenzio inghiottisse ogni cosa.

I due uomini si guardarono ugualmente atterriti.

«L’hanno presa! Hanno preso mia figlia!»

«Mantenga la calma, la ritroveremo» rispose Derek, che subito dopo chiamò a sé tutti i suoi collaboratori per informarli di quanto accaduto. «Chiamate la centrale, subito!»

 

In un mondo in cui la maggior parte degli stregoni preferivano ricorrere al nuovo sistema integrativo che permetteva di comunicare a livello telepatico usando gli invisibili flussi di energia che percorrevano la Terra da una parte all’altra come un’immensa rete piuttosto che ai normali telefoni, non era facile in questi casi riuscire a tracciare una chiamata.

Per fortuna la scuola di magia di New York era dotata dei più moderni sistemi di sorveglianza, ma date le circostanze non c’era tempo per ricorrere ai metodi convenzionali.

Così intervenne Foch, il quale oltre che per esercizio abusivo della stregoneria aveva avuto dei precedenti con la polizia anche per aver curiosato in diversi sistemi protetti tra multinazionali, corporazioni varie e persino forze armate, ma servirono quasi tre ore per riuscire ad avere accesso all’archivio della sorveglianza.

Bastarono pochi minuti per trovare il momento fatidico, che per una fortuita coincidenza si era consumato proprio davanti ad una delle telecamere di sorveglianza.

«Eccola» disse Derek indicando Lucy intenta a percorrere un porticato arioso ma isolato ai margini del parco della scuola.

A giudicare dall’ora e dal dito che la ragazza aveva poggiato sull’orecchio, doveva trattarsi proprio del momento del rapimento; e infatti, dopo qualche attimo, un giovane, apparentemente della sua età, le si parò dinnanzi, scambiando alcune parole concitate con lei per poi afferrarla violentemente, colpirla alla fronte con il palmo della mano e trascinarla, apparentemente svenuta, dentro al vicoletto da cui era venuto.

I detective seguirono la scena in silenzio, intenti a cercare il più piccolo elemento che potesse aiutarli a chiarire l’identità dell’aggressore, il quale era stato bene attento a dare sempre le spalle alla telecamera, così da non rendere visibile il proprio volto, nascondendosi oltretutto dietro ad un cappello da baseball e un voluminoso cappotto con un curioso disegno a teschio sulla schiena.

«Abbiamo immagini del volto del sequestratore?» domandò O’Bryan

«Nessuna, purtroppo. All’interno del vicolo non ci sono telecamere, e quella che riprende l’ingresso del parcheggio del campus, sfiga nera, era in riparazione.»

«Il custode ha detto che la macchina era una vecchia De Ville del ’94 grigio scuro, ma non è riuscito a leggere la targa né a vedere in volto l’aggressore» disse Jane. «Abbiamo diramato un ordine di ricerca per tutti i modelli corrispondenti, ma ce ne saranno migliaia solo a Manhattan.»

«Hanno un bel coraggio a chiamarlo sistema di prim’ordine» mugugnò Derek. «Comunque, dobbiamo trovare qualcosa.»

 

Purtroppo, anche dopo aver speso tutta la sera e buona parte della notte a guardare e riguardare non solo quelle immagini, ma anche tutte quelle che era stato possibile mettere insieme sia all’interno del campus che nelle zone immediatamente attigue, la squadra non fu in grado di giungere a nessuna conclusione significativa.

Tutto ciò che era stato possibile stabilire era l’identità della nuova vittima, una certa Teresa Stegen, una prostituta trentunenne scomparsa da alcuni mesi ma che nessuno, a cominciare dalla polizia, si era preso la briga di cercare.

A turno Derek e gli altri si erano concessi qualche ora di riposo nella stanzetta attigua agli uffici, ma dopo oltre ventiquattro ore di lavoro ininterrotto, constatando anche la mancanza di progressi, i nervi di tutti erano ormai sul punto di cedere.

«Abbiamo visto questi filmati almeno cento volte» mugugnò sconsolato Foch sorseggiando un po’ del caffè che Helen aveva caritatevolmente portato per tutti i suoi colleghi. «Stiamo girando in tondo.»

«Sveglia, pivello» lo imbeccò Derek, di rientro dai suoi quarantacinque minuti di sonno, dando un calcio alla sua sedia che per poco non lo mandò gambe all’aria. «Non abbiamo tempo per riposare.»

«Però, anche se mi secca ammetterlo» sospirò Jane. «Devo riconoscere che l’avanzo di galera ha ragione. Questo tizio è stato davvero attento a non lasciare indizi, e quel poco che siamo riusciti a mettere insieme dallo screening delle immagini non corrisponde a nessuno stupratore, predatore sessuale o maniaco noto alla polizia.»

«Dalle analisi del computer è venuto fuori qualcosa?» domandò O’Bryan come se sapesse già la risposta.

«Solo scambi di messaggi con amiche e compagni di università» rispose Helen. «Niente sulla casella postale, sul suo blog o sui social network che faccia pensare all’attività di uno stakler.»

«Posso darvelo io il nome che cercate» disse il professor Ferrazzani comparendo sull’uscio dell’ufficio.

Aveva gli occhi rossi, il volto consumato, e bastava guardarlo per capire che non aveva dormito; senza dire altro, il professore fece qualche passo avanti, gettando sul tavolo interattivo una chiavetta e una pila di fogli.

«Cosa sono?»

«Li ho trovati nella casella telematica universitaria di mia figlia.

A quanto pare quel maledetto non aveva perso il vizio.»

«Di chi sta parlando?» chiese Derek

«Peter. Peter Walcott. Frequentava uno dei miei corsi. Sono ormai quasi sei anni che la tormenta, fin da quando si sono conosciuti quando lei è entrata all’università.

È un perdigiorno e un poco di buono, che in due anni di studi non ha mai preso nessun voto sopra il diciotto, per quei pochi che è riuscito ad ottenere.

Inoltre, so per certo che ha seguito un corso di stregoneria anatomica, lo so perché il suo professore me ne ha parlato; pare fosse l’unico in cui eccelleva.»

I detective si guardarono tra di loro, passandosi a vicenda le lettere e sospirando dubbiosi.

«Grazie della segnalazione, professore» rispose Derek quasi balbettando «Condurremo un’indagine, e le faremo sapere.»

«Come sarebbe a dire che farete un’indagine?» sbraitò il professore. «Vi ho appena dato il nome del rapitore di mia figlia! Quindi ora prenda i suoi uomini e la trovi!»

«Cerchi di capire, professor Ferrazzani» intervenne Hogdson. «Non possiamo arrestare una persona solo sulla base di pochi messaggi farneticanti. Dobbiamo avere qualche prova in più.»

Il professore, trattenuto da Jane, sembrò calmarsi, ma quando fu lasciato andare si avvicinò, quasi minaccioso, a Norway, fissandolo dritto negl’occhi.

«Sappiate che se succede qualcosa a mia figlia, farò causa all’agenzia, e a Lei in special modo. Voi pensate che amministrare la magia in una città come New York sia difficile? Dovreste vedere cosa succede altrove. A Porto Rico per esempio. Mi basta una telefonata per spedirvi tutti a sventare riti vodoo o fatture di malasorte in qualche isola dei Caraibi, e allora sì capirete fino a quali abissi di mostruosità può arrivare questa pratica ultramillenaria.

Se lo ricordi bene, detective.»

Quindi, detto questo, il professore se ne andò, lasciando Derek e gli altri immersi in un lungo, angoscioso silenzio.

«Proviamo a fare un controllo su questo Peter Walcott» si riscosse infine Norway. «Vediamo se salta fuori qualcosa.»

 

Qualcuno dei presenti aveva ben chiaro in mente quanto i giudizi di un padre verso il compagno o spasimante della propria figlia potessero risultare il più delle volte affrettati, o addirittura assolutamente sbagliati, ma in questo particolare caso il professor Ferrazzani sembrava averci visto lungo, oltre che giusto.

«Santo cielo, questo tizio si è dato da fare» commentò O’Bryan sciorinando i dati contenuti negli archivi della polizia. «Peter Walcott, ventisei anni. Detenzione e spaccio di droga, rissa, aggressione aggravata.

Si è fatto anche un periodo in prigione.»

«È stato buttato fuori dalla scuola di magia a vent’anni» lesse Jane sul dossier che aveva in mano, camminando su e giù per la stanza. «Da allora non ha fatto altro che cacciarsi nei guai.

Come ha fatto quella santarellina a innamorarsi di uno così?»

«Il fascino dell’uomo ruspante e sopra le righe» tagliò corto Jason. «Ne so qualcosa. Molte ragazze perdono la testa per tipi così. Perché poi, ancora non lo so.»

«Però sembra che suo padre la pensasse diversamente» lesse Derek. «Due anni fa, dopo varie denunce, ha ottenuto una ordinanza del giudice che gli imponeva di stare trecento metri dalla figlia, ma l’ha violata tre volte nel giro di un mese, e alla terza è finito dentro. Condannato a diciotto mesi.»

«Mi sembra tanto per un’accusa di questo tipo» obiettò Helen

«Mai mettersi contro un professore di stregoneria con amici importanti» tagliò corto Jane. «Ad ogni modo, sembra aver imparato la lezione. Anche dopo che è stato rilasciato sei mesi fa, non ci sono più state segnalazioni a suo carico.»

«Anche le e-mail e i messaggi sulla sua casella di posta universitaria sono cessati dopo l’arresto» osservò Foch analizzando il contenuto della chiavetta. «Almeno fino a oggi. L’ultima e-mail infatti risale proprio a ieri mattina.»

«Hai detto che è fuori dai sei mesi» rimuginò Derek. «Se non sbaglio la vittima del Queens è scomparsa proprio in quel periodo.»

«Cominciò a pensare che il padre abbia ragione su di lui» disse Jane.

«Questa cosa è interessante» intervenne ancora Foch. «Sentite cosa ha scritto nella sua ultima e-mail, quella di ieri mattina: “Ho cercato di non pensare più a te, ma la verità è che ormai le nostre vite sono legate a doppio filo dal destino. Credevo che avere al mio fianco qualcuno che avesse il tuo stesso viso mi avrebbe fatto stare meglio, ma ora mi rendo conto che non è così. Tu sei l’unica, e devo averti tutta per me. Perciò sarai mia, anima e corpo, in un modo o nell’altro.”»

I detective ammutolirono, ma il direttore, riavutosi, riportò subito tutti alla realtà.

«Abbiamo un indirizzo di questo Peter?»

«L’indirizzo riportato sui documenti del carcere appartiene ad un palazzo del South Bronx che nel frattempo è stato abbattuto» rispose Foch controllando i dati «e da quando è uscito non risulta che abbia usato né bancomat né carte di credito.

Nulla che ci permetta di risalire al suo nuovo domicilio.»

«Non ci rimane che la televisione. Chiamo subito il Direttore Generale a Washington, e gli chiederò il permesso di rilasciare una conferenza stampa. Con un po’ di fortuna, qualcuno riuscirà a dirci dove trovarlo.»

«Ma se Walcott scopre che gli siamo addosso potrebbe avere tutto il tempo di sparire, o peggio ancora di fare del male a Lucy.» obiettò Jason

«Dirameremo solo una richiesta di aiuto riguardo una ragazza scomparsa, senza fare riferimento all’identità del rapitore.

A questo punto, è l’unica alternativa che ci resta.»

 

Ricorrere alla stampa, e soprattutto a quella di New York, era sempre un rischio.

I giornalisti andavano pazzi per qualunque questione inerente all’uso illegale della magia o al lavoro della MAB, e se per di più nel caso era coinvolta la figlia di un famoso docente di stregoneria era come invitare dei bambini in pasticceria.

In verità le maggiori testate e redazioni dovevano avere già subodorato qualcosa, perché prima ancora che, iniziata la conferenza, il direttore Hogdson avesse avuto il tempo di aprire bocca, era stato immediatamente tempestato di domande riguardo ad uno o più cadaveri ritrovati con i connotati alterati.

Per fortuna, se non altro, la mossa si rivelò vincente.

In un primo momento vi furono i soliti falsi allarmi e le segnalazioni di qualche mitomane in cerca dei suoi cinque minuti di gloria, ma poi, la mattina dopo di buon’ora, arrivò alla stazione di polizia la telefonata di un’anziana signora che abitava in una palazzina sulla 54ma strada e che asseriva di aver visto la ragazza scomparsa in compagnia di un giovane uomo che, dalla descrizione, somigliava molto a Peter Walcott.

La testimonianza fu giudicata credibile, e Derek e Jane, di ritorno da una obbligata notte di riposo, vennero subito inviati sul posto.

«Sì, è lei» disse la signora, sull’uscio di casa, vedendo la foto di Lucy. «Era in compagnia di Peter.»

«Ha detto Peter?» saltò sul posto Derek

«Sì, Peter Walcott. Un caro ragazzo. Mi aiuta spesso con la spesa e và a prendermi la pensione. Il suo appartamento è il trentaquattro, proprio alla fine del corridoio.

Ma è forse successo qualcosa?»

«Grazie, signora» tagliò corto il detective, che seguito dalla sua partner raggiunse armi in pugno l’appartamento indicato, sfondando la porta senza neppure intimare al proprietario di aprirla.

Considerato il posto e la zona, per non parlare del padrone di casa, quel semplice bilocale non era tenuto troppo male, ma nella stanza da letto, dove Derek e Jane sorpresero Peter, i due trovarono a dire poco un vero supermercato della droga, tra anfetamine, sonniferi e varie altre porcherie.

E Peter Walcott doveva averne ingerita parecchia di quella roba, perché dopo essere saltato dalla paura sul suo letto come sentì la porta di casa andare in frantumi non ebbe neppure il tempo di scendere dal letto, prima che Derek gli fosse addosso.

«E voi chi siete?» domandò con gli occhi fuori dalle orbite e un alito che avrebbe ubriacato anche il più incallito dei bevitori. «Che ci fate in casa mia?»

«Siamo della MAB. E tu sei in un mare di guai, Peter Walcott

«Ma di che state parlando? Che guai?»

«Non far finta di non sapere. Dov’è Lucy?»

«Lucy? Che c’entra Lucy? Io non ne so niente.»

Ma i fatti sembravano dargli torto, perché oltre alla droga e alle siringhe, su di una sedia, faceva bella mostra di sé anche un cappotto dall’aspetto inconfondibile.

«E questo come me lo spieghi?»

«Non è mio! Non l’ho mai visto prima!»

Ma una seconda prova, la più orribile, li aspettava nel bagno, tanto che perfino Jane, aperto l’uscio, rimase per qualche secondo come pietrificata, lo sguardo attonito e la bocca spalancata.

«Derek…» ebbe la forza di mormorare

Il partner quindi la raggiunse, e la sua reazione fu la stessa.

Lucy Ferrazzani, se di lei si trattava, era nella vasca, nuda, le braccia e le gambe lasciate a penzolare all’esterno; difficile dire cosa l’avesse uccisa, se l’acqua in cui era immersa o il contenuto delle siringhe disseminate sul pavimento, ma una cosa era certa: era morta.

E le brutte notizie, purtroppo, non erano ancora finite.

Dopo averla tirata velocemente fuori dalla vasca, constatandone il decesso, Jane provò a passare una mano sul suo volto, i cui tratti però, anche dopo diversi tentativi, seguitarono a rimanere inalterati, dimostrando di essere autentici.

«Sì, è lei» disse con la voce rotta dalla rabbia e dal dolore

Peter, però, sembrava ugualmente sconvolto, anche se era difficile capire se si stesse davvero rendendo conto della situazione in cui si trovava, stordito com’era dalle schifezze che aveva in corpo.

«Io… io non c’entro. Non so cosa sia successo…»

Ma erano solo parole al vento per Derek, che dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non venir meno alla sua etica di agente di polizia.

«Peter Walcott!» disse mettendogli le manette. «Sei in arresto per utilizzo illegale della stregoneria, e per l’omicidio di Molly Tips, Teresa Stegen e Lucy Ferrazzani

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Carlos Olivera