Grazie tante a:
per aver recensito
la storia:cloe cullen, francef80, bellemorte86, franci_cullen;
per averla
messa tra i preferiti: bellemorte86, cesarina89, franci_cullen, skater4ever.
È la mia
prima ff, ma ho già scritto anche altri capitoli. Magari ve ne metto uno al
giorno, fino a dove ho scritto… per dopo, dovrete avere un po’ più di pazienza.
Sono felice che piaccia almeno a qualcuno. Ieri vi ho messo solo quel capitolo perché
pensavo che non l’avrebbe letta quasi nessuno, ma vedo che va bene, quindi buon
divertimento!
p.s.: a chi
piace Jacob, mi dispiace ma avrà una brutta notizia, tra un po’… anche a me non
sta tanto simpatico, da New Moon.( però l’attore è veramente carino, non quanto
Jasper!)
Visione VS distrazione
Arrivammo a isola Esme prima del previsto. Eravamo riusciti a
prendere l’aereo insieme agli altri. Jasper era rimasto sorpreso di vederci, ma
non chiese nulla, mentre Emmett cominciò con i suoi commenti allusivi. Cercai
di ignorarlo, concentrandomi sul discorso da fare a Alice. Appena la vidi mi
abbracciò, e mi raccontò del film che lei e Jasper avevano visto la sera prima.
Io cercai di lasciar trapelare un po’ di rancore per la storia delle valigie,
ma lei non ci badò. Mi ripromisi di parlarle quando fossimo arrivate all’isola.
Da quando tutto andava bene, o meglio, da quando i Volturi se ne
erano andati, quasi sei anni prima, avevamo preso l’abitudine di “andare in
vacanza”. E il posto migliore era isola Esme. Potevamo cacciare nella piccola
foresta che si trovava sull’isola, c’era il mare e avevamo una bella casa ben
attrezzata per non annoiarci. Le stanze erano sempre le stesse: Carlisle e Esme
avevano preso la stanza verde acqua, Rosalie e Emmett quella tutta rossa ( per
giunta con un letto a forma di cuore al centro della stanza…), Alice e Jasper
quella su tonalità rosa e violacee, Renesmee una stanza più piccola completamente
blu, mentre a me e a Edward, il caso vuole, ci lasciarono la stanza bianca.
Forse Edward ne aveva parlato con Jasper, visto che, sei anni prima, quando
decisero le stanze, ci fece un occhiolino dopo che avevamo ricevuto la stanza
candida…in ogni modo, ogni anno avevamo sempre le stesse stanze.
Entrammo in casa, il tempo di disfare le valigie e di riscendere
in salotto, che Alice mi si avvicinò, triste e offesa.
<< Jasper mi ha detto
che sei molto arrabbiata con me, e che avrei dovuto fare i conti con te. >>
disse con la sua voce triste, che caratterizzava i suoi insoliti momenti di
infelicità.<< non mi ha voluto dire il perché… dice che lo so da sola.
Solo che io non so cosa ho fatto di male. Mi sono comportata come un
angioletto, l’ultimo guaio che ho combinato è stato mesi fa… >>
<< Alice >>la interruppi.<< io non sono
veramente arrabbiata con te. Almeno non così tanto come lo ero quando ho
parlato con Jasper. È solo che ero stressata per Renesmee. A quanto pare è una
tua fedele allieva. Voleva portarsi più di otto valigie… >>
<< ora capisco perché Jasper era così divertito quando è
tornato a casa senza le valigie…in quel momento pensavo di aver sbagliato la
previsione, ma ora capisco. Avete costretto la piccola a portarsi dietro solo
quelle quattro cose… >>
<< solo quattro cose!? Alice, voleva portare più valigie di
tutti noi messi assieme, e solo per lei! >> ero basita.
<< va bè! Non ti scaldare! Siete proprio tutti uguali.
Neanche Jasper è affine alla moda… >>. Era ancora triste. Si voltò e
cominciò ad andarsene ma io la richiamai.
<< Alice? Tutto a posto? >>
<< perché non dovrebbe essere tutto a posto? >>
<< non so, ma mi sembrava che fossi triste per l’argomento
“valigie”. Ora che abbiamo chiarito, mi sembra che tu stia peggio di
prima…perché abbiamo chiarito, vero? >>domandai, insicura improvvisamente
delle mie affermazioni.
<< certo, che domande! >> disse, impassibile.
C’era qualche cosa che non andava. Non era da lei tenere il
broncio per certe cavolate, almeno non per così tanto. Di solito, al massimo
pochi minuti, e poi tornava normale, come niente fosse. Quando era così giù,
c’era qualche cosa che non andava…
<< dimmi la verità, Alice. Ti conosco troppo bene, e vedo
che hai un problema; anzi, a considerare dal tuo morale, direi che è un enorme
problema. Eppure all’aeroporto eri così solare. Cos’è successo? Problemi con
Jasper? >> chiesi esitanti. Per quanto non la sopportassi in certi
momenti, mi rattristava vederla così giù di morale.
<< no, con Jazz tutto a posto. È solo… >>
esitò,<< prometti di non dirlo a
nessuno, nemmeno a Eward. >>
<< per me non è un problema tenere nascosto qualche cosa a
Edward, ma te? >>
<< cerco di non pensarci mentre c’è lui. Recito a memoria
tutte le poesie che conosco, anche la “divina commedia” e “5 maggio”. Comunque,
le cose stanno così. L’altro giorno ho avuto una visione flesh: c’era un bosco,
il cielo era sereno, le stelle brillavano e c’era la luna piena, e di
sottofondo un ululato agghiacciante. Il bosco era quello di Forks, ne sono
certa. >>
Ci misi un momento per mettere insieme le sue parole. Eppure, non
riuscivo a trovarne un senso logico, o almeno un qualcosa di rattristante o
qualche traccia di un pericolo imminente.
<< e allora? Forse hai sentito l’ululato dei licantropi… >>
accennai.
<< sai bene che non posso vederli. E l’ululato non
corrisponde al loro. Quello che ho sentito era più forte, più animalesco e
mostruoso allo stesso tempo. Non avevo mai sentito nulla di simile. Non credo
che fosse un lupo solitario. Per giunta sembrava che il verso arrivasse da
qualcosa che stava in un punto scoperto, dove avrei potuto vederlo… non so se
mi spiego. >>
Qualcosa. Si era spiegata, eccome. Vedendomi
perplessa cercò di spiegarmi meglio:-<< quando ho le visioni, è come se
mi trovassi nella visione stessa, come spettatrice di ciò che accade. Io mi
trovavo nel bosco, e l’ululato era vicino a me, come se avessi avuto davanti il
lupo, ma davanti a me non c’era nulla. >>
Aspettò che le parole facessero il loro effetto. Ma non lo ebbero.
Non potevo credere nella minaccia di un lupo, ne in quella di qualsiasi altra cosa. Ormai ero troppo abituata alla
tranquillità da non riuscire a immaginare, e quasi ricordare, ciò che accadeva
quando eravamo in pericolo. James, i Volturi, Victoria, i neonati, Laurent…
erano solo brutti ricordi, dei quali la buona parte apparteneva al mio passato
sfuocato da umana.
<< non credo che la cosa ci debba turbare. Magari ti sei
solo sbagliata >>.
<< Forse >>. Mi abbracciò e uscì dal salotto, con la
sua solita andatura a passo di danza. Nemmeno quando ero diventata pure io così
aggraziata ero riuscita ad abituarmi al suo passo, sempre e comunque più
delicato e dolce del mio.
Scostai la tenda dalla finestra che dava sulla spiaggia. Vidi
Alice raggiungere Jasper, che allungate le braccia, l’abbracciò, sollevandola
da terra. Rimessala a terra, la baciò. Sorrisi a vederli così. Era raro vederli
in quello stato di fusa amorose. Di solito il loro rapporto era basato su
sguardi intensi e parole non dette. Eppure tutte le volte che eravamo su
quell’isola, erano stranamente appassionati: bho, sarà l’aria di mare…che, a
quanto pare, spostando lo sguardo su Rosalie e Emmett, ha effetto anche su di
loro: in acqua, abbracciati che si baciano.
<< che fai, li spii? >>. Era Edward. Mi cinse i
fianchi e mi baciò.<< ora non dobbiamo prendere nessun aereo, e
Ness…Renesmee è in spiaggia con Carlisle e Esme… >>
Tutto ciò era più che sufficiente. Misi le mie braccia intorno al
suo collo, e senza esitare lo baciai. Lui mi sollevò da terra e in un baleno
fummo in camera da letto. Poco importava che dovevamo dividere la casa con
altri sei vampiri e mezzo (Renesmee non contava intero), poco importava se di
sotto, appunto, c’era la nostra piccola, poco importava della visione di Alice,
poco importava del mare, della spiaggia e del resto. Ora c’eravamo solo io e
lui.
I giorni scorrevano veloci, come quelli di una qualsiasi vacanza.
Il mare era uno spettacolo e il tempo era ogni giorno sereno. Alice non aveva
più accennato alla visione: dopo averne parlato con me, dovettero passare due
giorni prima che tornasse il nostro mostriciattolo. Renesmee si era anche
abbronzata un po’, per quanto la sua natura le permettesse. Jasper e Alice
andavano spesso a fare dei giri al largo, stavano via da mattina a sera:
preferivano, come al solito, stare per i fatti loro. Non che li biasimassi. Li
potevamo essere noi stessi: sotto il sole, con la pelle lucente; scorrazzare
per la spiaggia liberi e incontrollati; potevamo anche giocare a Baseball senza
aspettare i temporali. O meglio, li creavamo noi. Sceglievamo la notte, visto
che essendo estate, i temporali notturni non erano una rarità. All’interno
dell’isola c’era una radura, un po’ più piccola di quella a Forks, ma pur
sempre adatta a una partita. Le squadre erano sempre le stesse: io, Jasper,
Rosalie, Carlisle, contro Edward, Esme, Alice, Emmett. Renesmee preferiva
sempre fare l’arbitro. Si divertiva a sentirsi nelle mani l’esito delle partite:
non era un arbitro obbiettivo, faceva vincere il simpatico del giorno, e se era
generosa, aiutava la squadra che stava perdendo… insomma, alla fine delle
partite c’era sempre qualcuno che se la prendeva con lei; e lei, tranquilla,
rispondeva che si doveva saper perdere.
La domenica mattina, dopo una caccia veloce, di cui fu vittima un
cervo, rientrai in casa. Alice e Edward stavano giocando a scacchi, mentre
Jasper e Emmett seguivano le loro mosse con attenzione. Adoravo quei momenti:
Alice e Edward erano degli scherzi della natura per giocare a scacchi. Alice
prevedeva le mosse di Edward, e lui gli leggeva le contromosse nella mente. Mi
sedetti tra Emmett e Jasper, che ricambiò il mio arrivo con un bel sorriso.
<< fatta buona caccia? >> chiese, tornando a concentrarsi
sulla partita.
<< si, direi che sono sazia. Almeno per qualche giorno… >>
<< shh!!! Li deconcentri! >> disse sibilando Emmett,
senza distaccare gli occhi dal gioco.
Di risposta gli diedi una gomitata nella pancia. Lui fece una
leggera smorfia, per il piccolo dolore che gli avevo procurato. Ora che non ero
più una neonata non avevo speranze con lui: era nettamente più forte. La mia
epoca di “forzuta” della famiglia Cullen era terminata. Alice sorrise beffarda,
mentre muoveva il suo alfiere a distruggere il re avversario. Edward appoggiò
la schiena allo schienale, in segno di resa.
<< ma come hai fatto a farti sfuggire una mossa del genere? >>
chiese Emmett, basito.
<< mi sono lasciato distrarre dalla vampira più bella che
rientrava a casa. >>si giustificò Edward. Gli feci un sorriso, in cambio
del suo complimento.
Alice si alzò, soddisfatta e disse:
<< Stasera >>
come volesse ricordare a tutti qualche cosa che gli era dovuta grazie alla
vincita della partita. Poi si chinò e diede un bacio veloce a Jasper, per poi
allontanarsi a passo leggiadro dalla stanza, uscendo in spiaggia. Mi ci volle
qualche secondo per capire che c’era di mezzo una scommessa.
<
<
<< e ora per colpa tua e del tuo innamorato ci toccherà
guardare qualche maledetto film romantico… >> borbottò Emmett.
Lanciai un’occhiata fugace a Edward, che ricambiò divertito.
<< ringraziate che sia tornata normale e solare, invece di
lamentarvi. >>dissi io.
<< perché, tu sai quel che gli passava per la testa, i
giorni della depressione? >>chiese Edward. Probabilmente era rimasto
frustrato dal fatto che, pur provandoci, nella mente di Alice non avesse
trovato nulla di interessante, a parte la “divina commedia”, e di riconducibile
all’improvvisa tristezza di lei.
<< no, purtroppo. >>mentii io.
<< Carlisle mi aveva chiesto di scoprire qualche cosa…ma
tutte le volte che chiedevo a Alice il motivo del suo stato d’animo, lei mi
distraeva…non che mi dispiacesse >> rispose beato.
Emmett fece una smorfia di disgusto, mentre Edward, di nuovo
sorridente, alzò gli occhi al cielo.
<< qualsiasi cosa fosse, ora pare passata >> dissi per
chiudere il discorso.
<< questo è quello che pensate voi. Alice sa mascherare bene
i problemi che ha. Forse all’inizio no, ma poi cerca di non far preoccupare
nessuno e torna quella di prima. Però il problema che ha, non passa. Sento che
è ancora preoccupata e stressata uguale a prima, se non di più. >> disse
serio Jasper.
<< prova chiederle di nuovo cosa c’è che non va, così
s’impegnerà ancora per distrarti… >> disse Emmett, maligno.
Lo ignorammo, e cominciammo a fissare la scacchiera, ognuno
immerso nei propri pensieri. Una cosa era certa a tutti, forse più a me che
agli altri: Alice aveva avuto una visione preoccupante.