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Autore: pamina71    22/09/2015    14 recensioni
Un prigioniero da recuperare sulle Alpi e ricondurre a Parigi.
Un prigioniero che qualcuno non vuole far testimoniare.
Qualcuno disposto a tutto per eliminarlo.
Una storia di viaggio, letterale e metaforico.
Lungo la Francia, sulle Alpi, dentro se stessi.
Con la copertina disegnata dalla meravigliosa matita di Sabrina Sala.
Genere: Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Soldati della guardia metropolitana di Parigi, Sorelle Jarjeyes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lupi, Giganti ed altre avventure'
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22. Nomi e cognomi

 

Il mattino seguente i cinque soldati, nelle loro divise rimesse a nuovo della solerti mani delle sarte di palazzo, dopo aver fatto tappa molto presto presso l'Intendance per prendere Gustave Satie, si misero in marcia speditamente.

Non era stato trattato male, in quei giorni, ma fu felice di rivedere il sole di quel giugno stranamente caldo e di cavalcare all'aria aperta.

La permanenza solitaria in cella lo aveva reso ciarliero.

- Allora, ragazzi, si stava bene a Palazzo?

- Dal punto di vista materiale si stava benissimo: letti comodi, stanze enormi, un sacco di cibo, buono per giunta, però...ecco, io mi sentivo a disagio, era tutto così, come dire, formale. Un poco freddo, non so se mi spiego. - Rispose François.

- Infatti, dopo aver visto l'interno di uno di quei palazzi, mi chiedo, Comandante, se siete davvero sicura che mia sorella sarebbe adatta a lavorare da Voi, come avete detto. Non sa come trattare i cristalli, l'argento...

- Non ti preoccupare. Io cerco una persona affidabile, a fare le cose si impara. - Gli rispose Oscar, tranquilla - E poi, non troverai nessuno rigido come mia sorella, non sempre almeno. Solo quando lei o Geneviève vengono in visita. Persino il Generale è più aperto di loro due.

- Io non conosco questo terribile padre che ci descrivete di tanto in tanto, ma mi sarei davvero goduto la scena se André avesse rifilato a lui quella tirata sulla Bibbia per poter argomentare che il popolo ha il diritto di giudicare il Re! - Riprese Alain, facendo sorridere Oscar ed attirando l'attenzione di Satie, che non seppe trattenersi dal chiedere cosa fosse accaduto.

Andrè pareva restio a spiegarlo, così intervenne Gérard, che doveva aver ascoltato davvero attentamente poiché, sebbene con minor proprietà di linguaggio, ma molta enfasi, riassunse la tesi dell'amico. Il giornalista fu davvero colpito dall'idea di fondo.

Satie ne fu decisamente colpito, e ammirò l'idea di fondo che però, stranamente, gli ricordava qualcosa che aveva letto tempo addietro, sebbene non si ricordasse chi ne fosse l'autore. Pensò inoltre che la scorta con la quale era costretto a viaggiare fosse un gruppo tutto sommato piacevole di persone; avrebbe potuto imbattersi in un gruppo ben peggiore, come trattamento e come cultura.

Peccato lo stessero accompagnando in carcere...

 

Caro Padre,

Vi scrivo per dirvi quanto io sia sinceramente preoccupata per mia sorella.

A parte le ferite del corpo, che guariranno, mi chiedo se frequentare simili ambienti plebei non sia di nocumento al suo spirito. Vederla circondata da idee sediziose, che mi pare si stiano insinuando sin dentro il Vostro palazzo, mi lascia davvero dubbiosa riguardo alla sua vita.

Davvero ritengo, come Vi ho già umilmente espresso altre volte, che la vita che conduce non sia una buona cosa. So che non volete sentirlo ripetere, ma un marito sarebbe per lei una benedizione divina.

La lettera proseguiva con toni melodrammatici sullo stesso tema, e si concludeva con un freddo saluto, e la firma elegante e chiusa con uno svolazzo sulla lettera finale: Louise Hélène De Norpois, Duchessa di Nevers.

Louise Hélène sigillò la lettera, ma questa volta non le parve una priorità. Si limitò ad inserirla nel mucchietto della corrispondenza che il marito avrebbe spedito nel pomeriggio.

Aver scritto la faceva sentire a posto con la propria coscienza, e tanto le bastava, per il momento. Decise di essersi meritata una passeggiata in calesse, dopo quello giornate così pesanti trascorse con una compagnia tanto invisa.

 

Il Generale Jarjayes, convocato presso gli alti comandi, aveva avuto una mattinata faticosa, conclusasi con la scoperta poco gradita che la sua missione era stata anticipata al lunedì. La cosa gli seccava, perché pensava che, con il ritardo dovuto alla ferita, sarebbe partito senza poter vedere Oscar e raccontarle cosa era venuto a sapere su quell'incarico che tanto le stava costando.

Mentre si stava apprestando a rientrare a casa, incrociò casualmente il Conte di Fersen che, dopo essersi sincerato con reale sollecitudine delle condizioni di Oscar, gli disse di aver incrociato un uomo che lo cercava.

- Mi sono permesso di farlo attendere nell'anticamera principale. Pare avesse fretta di incontrarvi.

E se ne andò con un rapido saluto militare, lasciando il generale perplesso e preoccupato, mentre si incamminava.

Aprendo la porta, l'anziano ufficiale vide un uomo vestito poveramente, comprendendo immediatamente che si trattava di un emissario. Non ebbe bisogno di osservare oltre. L'uomo lo aveva evidentemente riconosciuto, qualcuno gli aveva dato indicazioni precise. Il Generale comprese immediatamente: il suo informatore aveva qualche novità da comunicargli con urgenza. Ricevette una lettera, accuratamente ripiegata.

Dopo aver dato una moneta d'argento all'uomo, che se ne andò soddisfatto del guadagno, cercò una sedia un poco in disparte e, confuso tra la piccola folla di militari e civili in attesa per i più disparati motivi, la aprì.

Poche righe:

Il Duca ha deciso. Tenteranno di eliminare Satie alle porte della città.

Non dovessero riuscire, sarà avvelenato in cella.

Il Generale richiuse la missiva e si passò una mano sul mento.

Ferita com'era, Oscar sarebbe rimasta ancora un poco dalla sorella, sicuramente. Sarebbe bastato avvisarla, e chiederle di informarlo in maniera dettagliata dei suoi piani per il viaggio di ritorno, in modo da organizzare una sorveglianza alle porte di Parigi, per sventare l'attentato.

La famiglia Jarjayes avrebbe concluso un altro incarico reale con onore.

Si attivò immediatamente per organizzare la cosa.

 

Nel frattempo, Oscar ed il gruppetto di soldati stava terminando il pranzo tardivo che era stato consumato nei pressi di Giens, all'ombra di un gruppo di noccioli.

Le vettovaglie lasciate da Louise Hélène erano state abbondanti, cosicché avevano potuto sfamarsi a sufficienza.

Ciononostante, una leggera inquietudine aveva colto Oscar. Era consapevole di essere alla fine del cammino, sicura che chi era interessato all'eliminazione di Gustave Satie avrebbe ancora tentato di colpirli. Espresse ad alta voce il suo pensiero, voleva che i soldati fossero pronti ad ogni evenienza.

Fu Andrè a dare risposta ai suoi dubbi.

- Non credo che sarà un grosso problema. I due mandanti, che secondo me sono due persone che ben conosci, hanno un modo di agire ripetitivo e facilmente prevedibile. Ci attenderanno alle porte di Parigi. Sanno da dove arriviamo, avranno disposto degli attacchi presso le porte meridionali. Se all'altezza di Villejuif cominciassimo a dirigersi verso nord-ovest per entrare in città dalla parte del Fauburg du Temple, od ancor meglio dal Fauburg Saint- Martin, per raggiungere la Conciergerie da Rue Saint-Martin penso non avremmo nessun problema.

Oscar lo guardò ammirata, una soluzione rapida per un problema che a lei era parso grave ed insormontabile. Fu rapida a concordare con lui:

- Hai ragione, un paio d'ore a cavallo in più ci risolveranno molti problemi.

Ma fu Satie a cogliere il senso della prima parte del discorso.

- Quindi tu credi di sapere chi siano i mandanti dietro al mio inseguimento, quindi i potenziali organizzatori del complotto.

- Ho una mia teoria, sì.

- E sarebbe?

- Gran parte dei problemi che abbiamo avuto sono stati nel Delfinato, cosa che non è sfuggita a nessuno. Un caso? Forse. Se non fosse che il Governatore del Delfinato, oltre ad avere una serie di conti in sospeso con lei - disse indicando Oscar che sedeva sull'erba alla sua destra- ha un interesse diretto nella successione, e si sospetta abbia già provato altre volte ad ascendere al regno in qualche modo.

- E chi sarebbe? - Chiese Gérard, incuriosito.

- Louis Philippe D'Orléans, naturalmente.

Alain fece un lieve fischio, tra l'ammirato e lo stupito.

- Nientemeno!

Satie non reagì. Andrè proseguì l'esposizione della sua teoria.

- Nel suo Palais Royal si riuniscono spesso intellettuali e giornalisti, come te, Gustave. E come qualcuno che conosco io e che ogni tanto mi capita di aver modo di salutare. Penso che ti abbia contattato così, non è vero? Ti ha convinto ad agire per lui?

Il giornalista chiuse gli occhi con stizza. Non credeva fosse tanto facile collegare gli eventi.

- E questo qualcuno una sera mi raccontò davanti ad un Borgogna che negli ultimi tempi vi era un nuovo frequentatore abituale, alle riunioni di Palais Royal, un uomo robusto, col viso butterato dal vaiolo, che mi hanno descritto come "un uomo dalla bruttezza grandiosa e folgorante". Facile pensare a Honoré Gabriel Riqueti.

- Il conte di Mirabeau! - Disse Oscar alzando la voce, con gli occhi spalancati per la sorpresa.

- Ecco chi è il conte! - Soggiunse François.

Satie continuava a tacere.

Lo stavano potando a Parigi per testimoniare ed un soldato intelligente e ben informato aveva compreso quasi tutto con poche informazioni. Quasi tutto. Non tutto. Un tassello gli mancava.

Fece il gesto di sollevare un invisibile cappello, in segno d'ammirazione.

- Per le informazioni che avevi, hai dedotto bene.

Oscar gli pose la mano sinistra sulla sua, sorridendogli. In quel gesto, i due anelli risaltarono per un attimo.

 

Ripartirono rapidi e, finalmente, più consapevoli. Dare un volto al nemico era stato importante. Entro la serata avrebbero voluto essere a Nemours.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

   
 
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