Whispers
L’aveva
avvertito quel
giorno.
Proprio lui.
Un brivido, all’epoca per nulla familiare, che lo avvisava di
quel qualcosa che
sarebbe potuto accadere. Qualcosa che riguardava loro. Che sarebbero
potuti non
ritornare a casa.
Era questo quello che quel brivido bisbigliava al suo orecchio, quasi
fosse un
serpente tentatore.
Quando davvero quel presentimento si avverò non
poté fare altro che lasciarsi
trasportare dalla rabbia verso se stesso, per non essere stato con
loro; verso
di loro, per non essere stati abbastanza accorti; verso il gigante, che
avrebbe
potuto tranquillamente evitare di camminare in mezzo a quella foschia;
verso
Erwin, che aveva tacitamente ed inconsciamente trascinato i suoi due
più
preziosi tesori verso un destino macchiato di sangue.
Alla rabbia si alternò il rimorso per essere stato
così avventato, per aver
voluto di più, per aver cercato di inseguire da solo il
sogno che insieme
avevano cercato di costruire attraverso tutti i mezzi loro disponibili.
Al rimorso susseguì il dolore.
Era indescrivibile.
Due sole immagini riempivano ora la sua testa: quella chioma fulva,
separata
dal suo corpo ancora acerbo e grondante di vitalità, che
giaceva a terra e un
altro corpo orrendamente dilaniato. In entrambi poteva scorgere la
voglia di
lottare, la voglia di vivere; il loro sguardo era irrimediabilmente
puntato
verso il cielo, come la notte in cui si promise di fidarsi di loro, di
non dare
ascolto a quel brivido.
Solo quando la sua furia venne placata si rese conto che
l’intensità dei
sentimenti che nutriva per loro era venuta fuori come un fiume in
piena,
travolgendolo.
Da allora decise di seguire Erwin, non perché non aveva
più nulla da perdere,
forse anche per questo, ma perché sapeva che nella sua mente
c’era un disegno
grande e rivoluzionario che doveva ancora essere tracciato e che lui
stesso non
aveva ancora delineato.
Accantonò la rabbia, il rimorso, il dolore, quel brivido e
procedette
camminando insieme ad Erwin, sicuro che non avrebbe mai più
provato nulla di
simile.
Isabel e Farland sarebbero stati gli unici.
Eppure, ora che
aveva
conosciuto lui, con gli occhi di lei e la determinazione di lui, non ne
era più
così tanto sicuro.
Quei maledetti occhi, quell’assurdo e quasi maniacale
complesso dell’uccidere i
giganti, che lo faceva sentire così vicino a se stesso, la
sua intramontabile
motivazione nel perseguire il suo obiettivo.
Se loro, anni addietro, avevano dato vita ad una delle ali della
libertà, ora
lui si stava accingendo a procacciare quella mancante.
Per questo il brivido ritornava, forte come la prima volta, ad
avvertirlo di
stare attento.
Isabel e Farland sarebbero dovuti essere gli unici.
Con la loro morte i suoi occhi si erano spenti, lasciando al loro posto
un’anima combattiva, pericolosa e letale ma priva di una luce.
Quella luce, che sembrava essere stata spenta per sempre ora era stata
accesa
ed era più viva che mai.
Ma quel brivido
attendeva nell’ombra.
Durante ogni missione, ogni allenamento fuori dalle mura lo sentiva
persistente
e onnipresente, come fosse un demone.
Gli allenamenti che sosteneva erano estenuanti, ma Eren non badava a
certe cose;
ciò che gli faceva più male era la consapevolezza
di essere additato come un
mostro. Riceveva sguardi guardinghi da chiunque, poteva scorgere nello
sguardo
di chi lo guardava diverse espressioni: compassione, rabbia, sfiducia.
Ciononostante Jaegar non ci badava, anzi, lui stesso pensava di non fidarsi abbastanza degli
atri ma, durante
l’incidente del cucchiaino da tè , dovette
ricredersi.
Fu allora che vide nei suoi occhi una scintilla diversa: quella della
rassegnazione.
Lui cercò in tutti i modi di far capire agli altri quello
che vedeva lui; in
Eren si poteva leggere la chiara e splendente possibilità
dell’umanità di
sovvertire le sorti di quel fato immane e bastardo che gli aveva resi
non solo
prigionieri dei giganti ma anche di loro stessi, dei loro imiti, dei
loro
simili, di tutto ciò che avrebbe potuto rompere quel
precario equilibrio che si
era venuto a ricreare dopo la ricomparsa del Titano Colossale.
Nell’essere umano è insita la contraddizione: vi
è la voglia di cambiare, di
ribellarsi al sistema e alle avversità ma, allo tempo
stesso, vi è la paura di
rischiare, di correre pericoli, di giocarsi ciò che si
è guadagnato durante una
vita di stenti e l’egoismo di non pensare agli altri.
È stato proprio nelle
situazioni critiche che si può scorgere come
l’istinto di autoconservazione
vada a ledere quello della cooperazione.
Però, in tutto quel marciume, c’era la Legione
Esplorativa.
Formata da pazzi, da ribelli, da sognatori che non pensavano alla
vanagloria
personale ma a quella che sarebbe potuta sopraggiungere nel caso in cui
avessero vinto contro la lotta che oramai durava da secoli.
Ecco perché ogni vita veniva ricordata e si accodava a quel
sogno che tutti
speravano di vedere realizzato.
Ecco perché Eren teneva così tanto a vedere
l’oceano, ecco perché lui stesso,
quando guardava il cielo stellato, o l’alba o il crepuscolo,
si rendeva conto
che non si sarebbe mai sottratto dalla scelta che aveva fatto in
passato; anzi,
si sarebbe comportato allo stesso modo.
Ecco perché quel luccichio era tornato.
Ecco perché aveva iniziato a provare dei sentimenti forti
per quel ragazzo
caparbio, impulsivo e generoso dagli occhi meravigliosi.
Ogni volta che
lo
possedeva lo accarezzava, imprimeva ogni suo dettaglio dentro la sua
mente. Ma
questa nota quasi romantica era ben presto sostituita dalla passione
del loro
amplesso ma anche dalla paura che quella sarebbe potuta essere la loro
ultima
volta.
Per questo spingeva sempre più forte, si faceva graffiare,
prima di venire gli
scostava i capelli sudati ormai incollati alla fronte e lo guardava
negli
occhi.
Poiché,
se fosse morto,
non gli sarebbe importato: Eren avrebbe continuato il suo sogno e lui
avrebbe
fatto di tutto affinché accadesse, avrebbe dato la sua
stessa vita.
E
poco importava se non fosse riuscito ad osservare interamente il mondo
al di
là delle mura.
L’oceano
l’aveva già visto nei suoi occhi.
E
quel brivido poteva anche andare a farsi fottere.
[The end]
Salve,
buonasera cari
lettori!
Spero che questa piccola oneshot vi sia piaciuta; è la prima
che scrivo in
questo fandom e spero di ricevere qualche recensione così da
potermi migliorare
e scrivere altra robbbba buona (… si spera).
Alla prossima!
Un bacio a tutti e per ciascuno