2
The First Blaze
.
.
-
-
.
Sembrava che fossero passate
ore da quando dalla coffa era giunto il grido che annunciava l’avvistamento
della terra ferma. Una scialuppa venne calata in acqua e subito Visenya prese
il comando dei remi, ansiosa di raggiungere la loro meta. Aegon fece per
seguirla, ma prima tentò di rintracciare l’altra sorella, scrutando con
attenzione il cielo. Niente.
«Se non ti sbrighi farà in
tempo a sorvolare la Barriera andata e ritorno» gli urlò Visenya. Era
impaziente; quanto a Rhaenys, non avrebbe avuto problemi a raggiungerli una
volta approdati.
Erano salpati dalla Roccia del Drago un
paio di settimane prima. Avevano passato un intero ciclo di luna intorno a quel
tavolo, a pianificare, progettare, studiare, ogni singolo dettaglio di
quell’impresa; alla fine avevano preso una decisione: sarebbero sbarcati in
quella che veniva chiamata la Baia delle Acque Nere, un piccolo golfo nel quale
sfociava il fiume delle Rapide Nere. La zona era povera, scarsamente popolata,
eccezion fatta per un pugno di marinai; inoltre era oggetto di una contesa tra
alcuni dei regni limitrofi, il che voleva dire che era terra di nessuno. Perfetta
per il loro approdo. Effetto sorpresa, unito a un’ottima conoscenza del
territorio e delle rivalità tra i regni, avrebbero in breve sancito la loro vittoria.
E poi avevano i draghi. Rhaenys aveva insistito per cavalcare il suo fino a
destinazione, nonostante questo avrebbe aumentato di molto la possibilità di
essere avvistati; ma sua sorella era sempre stata testarda e anche quella volta
aveva finito per averla vinta; Aegon non aveva potuto fare altro che
raccomandarsi al suo buon senso. Dopo essere salpati, drago e cavaliere avevano
seguito per un po’ la rotta delle navi, per poi perdersi tra le nubi; erano due
giorni che non avvistava né lei né le altre due fiere.
Intanto avevano ormai raggiunto la riva; solo
un piccolo peschereccio era ormeggiato, mentre di presenza umana non v’era
traccia. Aegon e Visenya volteggiarono giù dalla scialuppa e iniziarono ad
addentrarsi nell’entroterra. Un piccolo e modesto villaggio sorgeva a ridosso
del fiume, assediato da ogni lato da una rigogliosa foresta; dalla loro
posizione si potevano chiaramente distinguere tre basse colline, evidentemente disabitate e ricoperte di vegetazione. Dalla cima di una di esse si sollevava
un acre e denso fumo scuro. I pochi abitanti erano ai piedi del piccolo monte,
e, sebbene armati di asce e grossi secchi, esitavano ad avvicinarsi alle fiamme,
che ormai ne avevano cinto la sommità con una voluttuosa corona di fuoco. Un
vento caldo attraversò l’aria, alimentando le fiamme e sospingendole verso le
altre colline. Aegon percepì chiaramente l’arrivo del proprio drago prima
ancora che la sua ombra nera oscurasse il sole. Si voltò e vide arrivare
Balerion, affiancato dalle sue sorelle. I draghi atterrarono, permettendo ai
loro cavalieri di montargli in groppa, quindi spiccarono il volo. L’incendio
stava ormai devastando buona parte della zona, e aveva quasi raggiunto la
spiaggia. «Dracarys» sussurrò, quasi impercettibilmente, perché sapeva che la
mente e il cuore dell’animale erano in stretta connessione con i suoi. Infatti,
Balerion aprì le enormi fauci, eruttando una densa fiammata scura, incenerendo
quel che restava del villaggio; la sorella, Vhagar, lo imitò. In un istante
l’intera baia bruciava. I draghi erano arrivati.
«Non è stata una grande idea» sentenziò Aegon.
Tutti e tre erano seduti attorno ad un piccolo bivacco, acceso con la legna degli
alberi della foresta che ora si estendeva a qualche miglio di distanza da dove
si trovavano. Il fuoco dei draghi aveva incenerito quasi cinquemila ettari di
bosco prima di estinguersi, trasformando la zona in un’enorme pianura bruciata,
mentre i tre colli, ora spogli e solitari, parevano osservarli.
«Sono morte delle persone»
proseguì «Ci hanno visto da subito come dei crudeli invasori senza che avessimo
sferrato un solo attacco» Aveva completato lui stesso l’opera di devastazione
iniziata da Rhaenys, non c’era poi molto da fare dopotutto; tuttavia si
maledisse per aver concesso alla sorella di cavalcare il suo drago e dunque di
precederlo, impedendogli di fermare quella follia.
«Rilassati, Aegon» rispose
Rhaenys, ridacchiando. Per lei tutto era un gioco, un aspetto di lei che amava,
ma era una guerra quella che stavano per affrontare, gli scherzi da bambini
erano fuori luogo.
«Ci avrebbero odiati comunque»
intervenne Visenya «Siamo invasori, lo siamo oggi e lo saremo domani, finché
non li avremo sottomessi tutti non ci ameranno»
Aveva ragione. Visenya era
razionale quanto Rhaenys era impulsiva, austera quanto l’altra era giocosa. E
lui era nel mezzo, il fulcro di tutta quella energia, l’unico che fosse in
grado di controllarla e incanalarla nella giusta direzione. Ma forse Visenya
aveva davvero ragione: loro erano degli invasori. Si massaggiò le tempie,
laddove la corona aveva cominciato a far sentire il proprio peso.
Visenya aveva insistito perché Aegon si
facesse incoronare lì, nel punto in cui era sbarcato per conquistare tutto il continente.
Davanti ai suoi lord, al suo esiguo esercito di neanche duemila uomini, si era
inginocchiato come lord Aegon Targaryen, per poi rialzarsi come Re Aegon
Targaryen, primo del suo nome, Signore dei Draghi e lord dei Sette Regni. Una beffa, nient’altro che un vuoto titolo e ancora più vuote parole. C’erano otto
re nel continente e lui era quello con l’esercito più esiguo, l’unico a non
avere un territorio, un castello, un popolo, un alleato.
«Ci siamo, maestà» annunciò Orys, il suo
fratellastro. Aegon annuì e insieme alle sorelle lo seguì fino alla riva della
baia. Lì erano stati sistemati gli uomini, i duemila che erano sbarcati con
lui, oltre a quelli che si erano uniti alla sua causa dopo le prime vittorie:
Rhaenys aveva preso Rosby, Visenya Stokeworth, mentre Aegon si era occupato di
Duskendale e Maidenpool. Ora il suo esercito superava le tremila unità e si
apprestava ad attaccare un territorio molto più prezioso: Città del Gabbiano,
una fiorente città portuale affacciata sulla Baia dei Granchi, nel regno degli
Arryn. “Di Sharra Arryn” pensò. La regina della Valle gli aveva sì offerto un’alleanza,
a condizione però di un matrimonio e della promessa di nominare suo figlio Ronnel
come erede. Una clausola inaccettabile.
«Non credi che dovremmo prima
occuparci di quel porco di Argilac?» chiese Orys. Suo fratello era impaziente
di ricambiare l’offesa al re della Tempesta, tuttavia Aegon sapeva che non era
ancora il momento, non erano pronti per un assedio.
Re Argilac Durrandon, signore della
Tempesta, era stato suo alleato nella guerra contro Volantis. Preoccupato dalla
crescente potenza del vicino re Harren, gli aveva proposto una nuova alleanza, promettendogli
anche alcuni territori e la mano della figlia Argella. Aegon aveva rifiutato, offrendo
al proprio posto Orys; questo aveva offeso il re, e il suo sdegno non era piaciuto a Orys. Sarebbe venuto
il tempo di ripagare i torti subiti, ma prima c’erano questioni più urgenti da
risolvere: re Harren Hoare, per esempio.
Guardò Visenya e Daemon, il suo primo lord
ammiraglio, salpare verso la prima battaglia navale del suo regno. Città del
Gabbiano era solo un porto come gli altri; distruggere la flotta degli Arryn,
quello era il vero scopo.
«E noi che cosa faremo?»
chiese Rhaenys. Era impaziente di fare la sua parte, Rosby non era stata una
vera battaglia, dare fuoco a un villaggio di pescatori nemmeno lontanamente «Tu
resterai qui» annunciò. Aveva troppo pochi uomini, e Rhaenys era troppo impulsiva
perché lui potesse fidarsi a lasciarle il comando anche solo di un centinaio di
soldati «Abbiamo bisogno di una base solida e duratura. Cominceremo con un
fortino, una torre e un fossato basteranno» disse, e, senza aggiungere altro, si
allontanò, ignorando le proteste della sorella. Era una guerra, Rhaenys doveva
capirlo, e quello era il sistema più pratico. Vicino alla sponda del fiume scorse
la sagoma scura del suo drago. Stava guardando il cielo, come se stesse dando
un silenzioso addio alla sorella che si allontanava veloce sul mare. L’altra
metà del suo esercito era già da giorni in marcia verso nord; a dorso di drago
Aegon l’avrebbe raggiunta in poche ore. Quando lo raggiunse, Balerion si rizzò
sulle zampe e lui poté intuire la propria immagine riflessa nell’enorme placca
pettorale della bestia, assicurata con spesse cinghie a quella che avrebbe
potuto essere definita una sella per draghi. Vi montò sopra e subito il calore
dell’animale lo pervase, solo toccando le sue scaglie nere poteva percepirne la
forza ed essa diveniva una parte di lui; quando lo cavalcava, uomo e drago
divenivano una cosa sola, unica, formidabile, invincibile. Balerion allargò le
immense ali e caricò per spiccare il volo, un gesto familiare, quasi meccanico,
eppure ogni volta intriso di un magico stupore. Presto il continente
occidentale avrebbe udito il suo primo, potente ruggito.
“La pietra non brucia”
Erano state queste le ultime
parole di Re Harren. Sordo ai suoi appelli, aveva chiuso le porte del suo
mostruoso palazzo, preparandosi per un assedio che non ci sarebbe mai stato.
Dopo due battaglie combattute in campo
aperto, la maggior parte dei lord delle terre dei fiumi si era ormai arreso alla
sua avanzata, conservando i propri titoli e terre. Era dunque rimasta solamente
Harrenhal, la gigantesca fortezza appena ultimata, dimora di un re senza più un
regno. Aegon gli aveva offerto la pace, la propria amicizia, e il titolo di
lord delle Isole di Ferro, il piccolo arcipelago da cui Harren proveniva, ma
lui aveva rifiutato.
Non aveva avuto altra scelta.
Quando l’ultimo tramonto scese su
Harrenhal, Balerion si alzò in volo sopra il castello. Aegon non si era mai
sentito così potente, sarebbe bastata una sola parola per cancellare la costruzione
più imponente a memoria d’uomo, e con essa tutti i suoi abitanti. Contemplò per
un istante quell’orrore, costato migliaia di vite, frutto di un’ambizione cieca
e sfrenata, riflesso di un potere corrotto eppure stupefacente: con del vile
denaro Harren aveva fatto tutto questo, uomini comuni lo avevano edificato a
mani nude; nessun incantesimo, nessun sortilegio lo proteggeva dal respiro dei
draghi, quell’abilità era andata perduta un secolo prima.
Poi l’istante passò ed Aegon
si lanciò nel suo solitario attacco. Spinse Balerion in picchiata e sussurrò il
comando. Una pioggia di fuoco si abbatté sulla fortezza, bruciando, disintegrando,
sciogliendo, la pietra. Vide le cinque torri accartocciarsi su sé stesse, deformandosi,
consumandosi come nere candele. Vide gli uomini avvolti in sudari di fuoco
cercare salvezza, mentre ogni cosa attorno a loro prendeva fuoco e bruciava. Vide
i vetri delle serre esplodere e cavalli dalle criniere infuocate calpestare i
corpi dei moribondi. Fiamme incandescenti strangolarono Harren e i suoi figli, seppellendoli
per sempre nella loro chimerica fortezza. Come un enorme castello di carte, Harrenhal
bruciò.
.
-
Angolo Autrice
Orbene salve gente :)
Me ne rendo conto, lo so, sto giocando col fuoco (letteralmente) e mi
sono presa alcune licenze, specialmente nella prima parte, dove ho
inserito una buona parte di nozionistica... non so se voi sapevate
già tutto degli antefatti pre- conquista, ma per faciltare la
comprensione (no, non è vero l'ho fatto per me perchè
altrimenti perdo il filo, però uffcilamente ho pensato a voi!)
li ho inseriti, quindi, nel caso non si rendano necessari,
cercherò di limitarmi nella sezione polepttone storico e mi
concetrerò più su azioni, battaglie etc, di cui avete
avuto un modesto assaggio con il rogo di Harrenhal. Beh che dire,
attendo con ansia i vostri commenti e vi posso già
anticipare che nel prossimo capitolo ci saranno molti più eventi
;)
_Jo