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Autore: Amantea    23/09/2015    25 recensioni
Per il contest dedicato ad Alain e a Fersen, il mio contributo.
1791, il Conte di Fersen, in una notte in cui pensa a qualcuno che non ha più e a qualcuno che potrebbe ancora avere.
"Un tondo perfetto la luna, espansa nel cielo nero in un alone soffuso.
La luce bianca entrava dalla finestra aperta, inargentava i contorni, e non riusciva a scaldarli.
Appena una bava di vento, la tenda sottile, un velo che ondulava stanco, il corpo nudo -bello, ancorché nella sua virilità paga-, tremava un poco nella vestaglia damascata, lasciata aperta contro il freddo di una notte d'autunno.
Respirò a fondo. Era vivo dunque, ancora, ancora e nonostante tutto."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hans Axel von Fersen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Vile chi l'abbandona







VILE CHI L'ABBANDONA (1)


Un tondo perfetto la luna, espansa nel cielo nero in un alone soffuso.
La luce bianca entrava dalla finestra aperta, inargentava i contorni, e non riusciva a scaldarli.
Appena una bava di vento, la tenda sottile, un velo che ondulava stanco, il corpo nudo -bello, ancorché nella sua virilità paga-, tremava un poco nella vestaglia damascata, lasciata aperta contro il freddo di una notte d'autunno.
Respirò a fondo. Era vivo dunque, ancora, ancora e nonostante tutto.

Volse lo sguardo alla lunga scrivania che di giorno lo vedeva assorto in corrispondenze, relazioni e studi.
Chiuse la cintura con un nodo frettoloso, e si sedette, gli occhi ancora al manto buio che si spingeva fin dentro la stanza, senza trovare doppieri accesi a contrastarlo.
Una candela quasi consunta, una lettera aperta letta e riletta decine di volte, brunita contro la fiamma per farne affiorare la scrittura segreta, e più là un anello. Tre gigli incisi e all'interno una scritta.
Un ammonimento, una preghiera, un'allusione. Forse. O forse nulla più di ciò che sembrava.
Vile chi l'abbandona.

Una mano alla fronte, gli occhi chiusi, eppure percepì il fruscio leggero di altra seta, apparsa come ninfa segreta dall'oscurità del corridoio. Lentamente si voltò, altra ombra avrebbe celato l'ombra scesa sui suoi occhi, gliel'avrebbe risparmiata. Candida la pelle che occhieggiava tra i lembi del banyan, nuda anch'essa. Morbida lo aveva accolto poco prima, lo reclamava forse di nuovo, nel cuore già soffocata la sentenza. Lo sapevano, lo sapevano bene, tutte, che lui non si negava mai al piacere, né mai giaceva due volte con la stessa donna.
"Hans... ?". Nella voce suadente un lieve fremito.
"Tornate pure a letto, mia cara, e riposate. Domattina vi farò riaccompagnare".
Non si accorse se indugiò, o se richiuse su di sé la stoffa, in un pudore tardivo.
La sua mente era già altrove. Dall'unica donna che non poteva avere il suo corpo, ma possedeva il suo cuore.

26 settembre 1791
Per due mesi non ho avuto vostre notizie, né nessuno mi ha detto dove eravate ...

Maria Antonietta, ormai segregata a le Tuileries, aveva affidato ad un amico, l'ungherese Esterhazy, il compito di fargli avere l'anello. Lo aveva indossato per due giorni, perché il suo sangue ne riscaldasse il freddo oro.
Fersen lo strinse nella mano, portando poi il pugno alle labbra.
Immaginò il profumo del polso, il candore delle dita, le labbra di rosa che si posavano sull'ovale inciso prima di consegnarlo a Esterhazy. E la speranza, nel cuore, che quel dono e il suo messaggio lo raggiungessero.
La fuga che lui aveva organizzato si era conclusa disastrosamente. Aveva sbagliato, più di una cosa. Il rimorso gli divorava le viscere, come un mostro insaziabile.
I reali erano stati riconosciuti e catturati a Varennes. E lui li aveva lasciati a Bondy. Lasciati.  
Uno strazio indicibile essersi allontanato dalla loro carrozza, nemmeno il conforto di un ultimo saluto.
E ora... avrebbe potuto ancora rivederla? Rivederla! Solo un'arrogante illusione? L'illusione di un uomo innamorato? O piuttosto di un vigliacco? Nulla più di questo ... Un vigliacco. Un vigliacco che cedeva alle lusinghe della carne, perché non riusciva a colmare un vuoto immenso, la bestia che dimorava nel suo petto.

Amica mia ...
Si alzò di nuovo, alla finestra. La luna era ancora là. Lo irrideva il bacio degli amanti, profili intrecciati d'ombre nel candore dell'astro dei poeti.
Amica mia ... se solo avessi il vostro coraggio.
Bene non seppi cosa mi portò quel giorno da voi. Vi avevo riconosciuta infine a quel ballo. Io, il solito sciocco vanesio, affascinato da una dama straniera, e nei suoi occhi, una luce che conoscevo bene, eppure così impaurita e amara.
Cosa volessi dimostrare, non saprei dirlo. Forse la presunzione di voler ancora cogliere in voi quello sguardo. Voi così eterea e irrangiungibile, voi così sdegnosa delle attenzioni degli uomini. Oscar! Non avevo capito nulla... nulla di voi.

E quando fuggiste via ... mi avete mai perdonato? In un solo momento avevo spazzato via ogni vostra illusione e ogni amicizia tra noi. L'amore può essere solo una lenta agonia ... Questo ebbi l'ardire di dirvi! Quale crudele aruspice fui!
Eppure, amica mia... Se forse rinsaldai un poco quell'antico legame salvandovi la vita, a Saint Antoine ... e salvandola al vostro André... se pure dunque un poco salvai anche me stesso, quella notte... chissà cosa ne fu di voi.
Del vostro amore, Oscar.
Sciocco fui sempre, a non accorgermene. Ma voi eravate un tale engma... un tale delizioso enigma, per me.
Se solo avessi il vostro coraggio!
A volte, sapete, Oscar ... mi cullo nella speranza che voi... che almeno voi abbiate conosciuto la felicità... e abbiate capovolto il destino che è proprio delle rose di Versailles... quello di sbocciare una volta, e poi sfiorire.
Sì, amica mia, io questo spero. Che il vostro ardore e la vostra purezza vi abbiano reso giustizia, fino all'ultimo, voi che siete un esempio per me, nonostante tutto, di lealtà e forza... voi, per me, un esempio.

Lo ripeté, le mani sul davanzale, gli occhi ancora volti al cielo.
Gli sembrò che un nuovo calore lo pervadesse. Che un proponimento potesse farsi progetto.
Che fosse giunto il tempo di vivere, ancora, e rivedere, provare a riabbracciare, la donna che amava. Che doveva farle sentire la sua presenza. Non importa se non avesse potuto amarla come avrebbe desiderato. Evidentemente non era nato per essere felice. Ma forse solo per essere suo.

Ora sapeva cosa fare. Forse lo aveva sempre saputo. Forse aveva solo bisogno di una notte come quella per rendersene conto. Una notte che denuda i tuoi fantasmi, o li cela troppo bene per averne.
Tornò al tavolo, accese la candela, e si mise a scrivere. Alla sua regina. Al suo amore. A Marie.
Ora sapeva cosa fare.



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(1) Ho preso spunto da "Les grandes vies" di S. Zweig. La lettera di Maria Antonietta a Fersen è vera, cfr. "Diary and correspondence of Count of Fersen; relating to the Court of France", p. 164 e segg.  Valentin Ladislas Esterhazy fu intimo amico di Maria Antonietta.
   
 
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