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Autore: Roof_s    23/09/2015    1 recensioni
“Quindi voi due vi conoscete abbastanza bene!”
Sia io sia Catherine la guardammo, nuovamente a corto di scuse.
“No, non ci conoscevamo davvero” fece Catherine. “Harry ha... solo...”
“Ho suonato a casa sua” dissi.
Catherine mi lanciò un'occhiatina scocciata.
“Sì, ma solo per...”
“Aspetta un secondo” intervenne mia sorella. "Lei è la ragazza che ha organizzato la festa dove avete suonato tu e gli altri?”
Questa volta Catherine non si sforzò nemmeno di nascondere la propria espressione allibita.
“Ehm... Già, è lei” ammisi.
“Già, sono io” ridacchiò Catherine, imbarazzata.
Gemma rise. “Ora mi ricordo! Ma mi avevi detto che tra di voi non scorreva buon sangue, Harry!”
Con la scusa di voler mostrare una finta affinità tra noi due, Catherine mi rifilò un colpo al braccio che le riuscì straordinariamente violento.
“Ma non è affatto vero!” esclamò, fingendosi divertita.
“Oh, forse avevo capito male quando mi avevi detto che ero un insignific...”
Mi sentii pestare il piede con forza sotto il tavolo e le parole mi morirono in bocca. Catherine scoppiò a ridere e riprese a parlare: “Sono molto grata a Harry per aver accettato di suonare a casa mia con i suoi amici”.
“Sì, molto grata...” borbottai.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Armi


Harry


 
Uno schioccare di dita. Per poco non rotolai a terra dalla sedia sulla quale mi stavo dondolando per riuscire a spiare meglio la ragazza seduta quattro tavoli più avanti del nostro.
“Okay, non sarò una bellezza ultraterrena, ma potresti anche guardare me ogni tanto”.
Nick e Haydn scoppiarono a ridere, ma Elisabeth, che naturalmente era uscita con noi anche quella sera, non seguì il loro esempio. Will le lanciò un'occhiata divertita e alzò le spalle, come a discolparsi.
Sbuffai e accennai un veloce sorriso poco convincente.
“Grazie del sostegno, eh” borbottai.
“Harry, amico, Felicity non ti guarda nemmeno per sbaglio! Mettitelo in testa!” gli fece eco Nick, sporgendosi in avanti sul tavolo per afferrare il proprio bicchiere di vino.
Piantai gli occhi sul tovagliolo di carta che avevo iniziato a spiegazzare e strappare dal nervosismo.
Alla lista delle cose che odiavo — che ormai avevano toccato apici sensazionali — avrei dovuto aggiungere anche il sabato sera. Non solo ero costretto a trascorrere ogni serata sempre negli stessi locali o seduto agli stessi bar, ma dovevo pure sorbirmi l'immagine di Felicity che flirtava con ragazzi sempre diversi e sempre più belli di me.
“Non vedo l'ora di avere l'occasione di vendicarmi” mormorai tra i denti, rivolgendole un'altra occhiata di sbieco, che lei nemmeno notò.
Haydn sbuffò e si stiracchiò con pigrizia.
“Che cosa intendi dire?” domandò.
“Intendo dire” iniziai, frustrato, “che quando saremo una band famosa lei si pentirà amaramente di avermi ignorato per tutto questo tempo”.
“E sarà allora che ti imbambolerà come uno sciocco e andrà in giro a vantarsi di averti in pugno” completò Will.
Nick scoppiò a ridere e Haydn sorrise. Will sembrava compiaciuto di avere il controllo della scena, sapeva che si muoveva su un terreno sicuro perché tutto ciò che diceva non faceva altro che rispecchiare la realtà.
Felicity mi piaceva da impazzire da troppi anni. Che cos'era quella? Una semplice cotta o amore vero? Avevo paura che il mio amico avesse ragione: se lei si fosse accorta di me, forse sarebbe stato impossibile resisterle.
Guardai un'altra volta nella direzione di Felicity: riuscivo a spiare il suo profilo perfetto da dove mi trovavo, e guardarla ridere di gusto alle battute dei suoi amici mi rendeva irrequieto, come se non avessi potuto godermi la bellezza del suo sorriso allegro finché non fossi stato io a procurarglielo.
Ma poi la visione paradisiaca fu interrotta dall'ostacolo che si pose tra me e Felicity Skinner, proprio al tavolo davanti al mio: una ragazza, seguita a ruota dalle amiche, si era avvicinata ad alcune sedie lasciate libere, occupandole e ostruendo la scena.
Alzai gli occhi, profondamente infastidito, e vidi Catherine Alexandra Cavendish sfilarsi una giacca di pelle nera con lentezza snervante. Si passò una mano fra i lunghi capelli castani, quella sera arricciati con maestria come se fosse appena uscita da una sfilata di moda, e gettò la giacca sullo schienale della sedia; si sedette con ricercata grazia e accavallò le lunghe gambe, intrappolate in un paio di collant neri trasparenti decisamente sensuali.
Mi voltai verso i miei amici e vidi Haydn fissare Catherine Alexandra con sguardo vacuo, come molti altri clienti seduti tutto attorno.
“Abbiamo un altro tramortito. Chiediamo rinforzi. Passo e chiudo” fece Nick, fingendo di parlare attraverso un Walkie-Talkie.
Elisabeth, che non si era ancora espressa apertamente a proposito di Felicity, finalmente partecipò alla conversazione dicendo: “Che stupida sceneggiata”.
Haydn e Nick la scrutarono in attesa che aggiungesse altro, e Elisabeth aggiunse: “Non è evidente? Si comporta così perché è il suo unico modo di farsi notare”.
“Non penso passerebbe inosservata nemmeno se fosse vestita con un sacco della spazzatura” scherzò Nick, incauto.
Elisabeth gli scoccò uno sguardo infuocato e lui strabuzzò gli occhi, spaventato.
“Non intendevo...”
“Sei un deficiente! Ti facevo un po' più intelligente di quella lì!”
“Amore...”
“Ehi, ci volete dare un taglio?” intervenni, annoiato dai loro battibecchi. “Tra poco vi sentirà tutto il bar”.
Quando però mi voltai al sinistra per spiare ancora una volta Felicity, notai lo sguardo terribilmente magnetico di Catherine Alexandra puntato su di me. I nostri occhi si incrociarono e io mi sentii immediatamente bruciare dalla sfacciataggine con cui lei mi osservava.
No, non un'altra volta...
Tornai a concentrarmi sul mio bicchiere quasi vuoto e spostai gli occhi sui tavoli vicini, ostinato nel non voler concedere a Catherine Alexandra un'altra scusa per attaccarmi.
“Comunque, lei sta guardando dalla nostra parte” notò Haydn con una punta di emozione nella voce.
Di tutte le persone che avrei desiderato non facessero caso a tale dettaglio, Haydn era forse la prima.
Perfetto. Questa storia sta iniziando a dare nell'occhio, pensai con terrore.
Avevo trascorso intere ore a chiedermi per quale maledetto motivo Catherine Alexandra si stesse accanendo così tanto contro di me, ma non ero ancora giunto a una risposta esaustiva. Potevo capire la sua paura di venire screditata davanti agli amici importanti e ai giocatori di rugby della scuola, ma io le avevo espressamente garantito di tenere il segreto per me: allora perché continuava a minacciarmi e a trattarmi come se fossi un sacco della spazzatura costretta a tenere sempre sotto il naso?
“Da un po' di giorni ho iniziato a pensare che quella non stia tanto bene” sentii dire Will.
Avevo sperato che si fossero distratti da Catherine Alexandra, e invece il discorso era ancora aperto e, a quanto pareva, fruttuoso.
“Sì, insomma... perché se la prende tanto con noi ogni volta che ci vede? Non siamo mai esistiti per lei e ora sembriamo i suoi peggiori nemici” continuò Will, perplesso.
Haydn spostò il proprio sguardo direttamente su di me, forse insospettito dal mio silenzio.
“Tu ne sai qualcosa, Harry?” mi chiese, la voce bassa.
Scossi in fretta il capo, deciso a non fornire dettagli ai miei amici.
“Devo andare un attimo in bagno” proruppi improvvisamente, prendendo i miei amici in contropiede.
Nick, ancora imbronciato dopo il breve litigio con Elisabeth, alzò gli occhi e mi guardò con evidente invidia: avrebbe fatto comodo anche a lui allontanarsi un attimo da lì.
Mi alzai e avvicinai la sedia al tavolo. Feci attenzione a non passare in mezzo ai tavolini occupati, senza smettere di fissare la porta del bar con intensità. Quando però fui all'altezza del tavolo di Felicity e i suoi amici, non potei fare a meno di lanciare un'occhiatina curiosa nella sua direzione: lei non mi stava guardando, ma era intenta a controllare lo schermo del cellulare.
“Guarda chi si vede!” esclamò una voce allegra.
Ebbi un tuffo al cuore e mi voltai in tempo per vedere Catherine Alexandra avanzare nella mia direzione. Quando mi fu vicina, sorrise con ferocia e aggiunse: “Ho visto bene? Stai davvero spiando la tua amata?”
La fissai, pietrificato.
“Non so se l'hai notato anche tu, ma lei non ti degna nemmeno di uno sguardo” esclamò Catherine Alexandra a voce sempre più alta.
Qualcuno ai tavoli più vicini si era già voltato nella nostra direzione e mi stava indicando col dito. Mi sentii sprofondare ancor di più dalla vergogna.
“Catherine, stai zitta” sibilai a labbra strette.
Ma quelle furono le parole sbagliate: il suo sorriso si intensificò e i suoi occhi verdi brillarono dall'eccitazione di avermi in trappola.
“Devo dire che tu hai gusto, Felicity è davvero niente male” esclamò, rivolgendosi adesso al suo nuovo pubblico.
I ragazzi seduti attorno la fissarono con tanto d'occhi, ipnotizzati dalle sue movenze e la sua espressione falsamente cordiale.
Notai con orrore che Felicity, al sentir pronunciare il proprio nome, si era voltata sulla sedia in metallo e ora ci scrutava con aria interrogativa.
Catherine Alexandra tornò a guardarmi dritto negli occhi: le lessi chiaramente in volto tutto il disprezzo che nutriva nei miei confronti.
“Smettila, ti prego...” sussurrai, disperato e immobilizzato nel punto dove mi trovavo.
“Ma siamo proprio sicuri che lei possa abbassarsi ai tuoi livelli?” continuò Catherine, feroce. “Non credo si sentirebbe molto a suo agio con uno come te al suo fianco”.
Strinsi i pugni e mi sentii pronto a mettere le mani addosso a quella strega che mi stava di fronte.
“Smettila” feci, glaciale.
“Ti vergogni, per caso?” mi stuzzicò ancora Catherine Alexandra, felice come non l'avevo mai vista.
Ripresi a camminare diretto verso l'entrata del bar, cercando di ignorare il vociare frenetico tutto attorno a me.
“Dove corri, Harry? Dobbiamo ancora sentire che cos'ha da dire Felicity in proposito!” urlò Catherine Alexandra alle mie spalle.
Qualcuno rise e io mi bloccai proprio sulla porta. Chiusi per un istante gli occhi e inspirai profondamente.
Non era giusto. Non aveva alcun diritto di comportarsi così con me, non dopo che le avevo praticamente salvato la vita e le avevo giurato di proteggere il suo segreto. Si pensava tanto più astuta di me solo perché era bella e popolare, ma io ero stanco di farmi calpestare da lei e dalle sue amiche come se fossi un totale idiota.
Mi voltai di nuovo verso il dehors popolato, e Catherine ne approfittò per ricominciare a parlare.
“Penso che potreste almeno candidarvi per i ruoli di Belle e della Bestia in un futuro remake de...”
Mi avvicinai a lei con passo lento e la guardai con odio.
“Ti credi tanto forte solo perché mi hai chiesto un favore e pensi che manterrò la parola data?” sbottai senza rendermene nemmeno conto.
Improvvisamente Catherine Alexandra si zittì e la sua espressione selvaggiamente felice sparì.
“Credi davvero che mi lascerò trattare così ancora a lungo?” domandai, tutto a un tratto forte. “Ti sbagli, Catherine: io sono stanco e pronto a dire a tutti la verità”.
Catherine Alexandra mi guardò con aria sgomenta, e pian piano sentii diminuire le risate attorno a noi, sostituite da un vivace chiacchiericcio. Lei si guardò attorno, terrorizzata e per un attimo pensai che avrebbe perso il controllo.
“Chiudi quella schifosa bocca se non vuoi che riveli a tutti che cosa hai fatto” sentenziai con un tono velenoso che sorprese persino me.
Qualcuno in lontananza fischiò in segno d'ammirazione e sentii levarsi alcune risatine contenute.
Catherine Alexandra aveva la bocca aperta per l'orrore e restò praticamente immobile. Con la coda dell'occhio vidi Felicity spiarmi confusa.
Girai sui tacchi e mi diressi verso l'ingresso del bar, nauseato dall'umiliazione subita ma forte di un nuovo coraggio che non mi apparteneva.



“Tu ci devi ancora spiegare un paio di cosette, Harry”.
Mi tirai su lo zaino e mi sforzai di guardare altrove, ma era difficile evitare Haydn e allo stesso tempo tutti gli sguardi che improvvisamente mi ritrovavo addosso.
“Ve l'ho già detto: non ho voglia di raccontarlo” mentii stancamente.
Haydn incrociò le braccia al petto e mostrò un broncio insoddisfatto. Will e Nick guardarono da me a lui, preoccupati che quella storia potesse degenerare.
Davanti alla mia classe passarono due ragazze accompagnate da un loro amico e scoppiarono in un mormorio eccitato non appena mi videro.
“Ehi, non sei mai stato tanto interessante! La scuola ora è curiosa di sapere che cosa condividete tu e Catherine Alexandra di tanto segreto” mi fece notare Will, seguendo con lo sguardo le due.
Alzai gli occhi al cielo: i miei amici non aiutavano a risolvere la situazione, visto che Haydn si era fatto più sospettoso che mai.
La mia performance del sabato precedente aveva suscitato parecchi pettegolezzi e congetture sul 'segreto di Catherine Alexandra Cavendish'. La gente era rimasta esterrefatta dalla scoperta che la ragazza più bella e desiderata della scuola potesse aver scelto me come suo confidente, anche se naturalmente nessuno poteva immaginare quale fosse la realtà.
Ora ovunque andassi, ero seguito da sguardi curiosi, come se la gente sperasse di carpire il segreto di Catherine anche solo guardandomi.
E se io avevo subito faccio marcia indietro, evitando di rispondere alle molte domande dei miei amici, Catherine Alexandra si era affrettata a smentire ogni voce. Avevo sentito dire che era addirittura arrivata a proibire alle sue migliori amiche di tirare fuori l'argomento spinoso.
Il problema maggiore, però, era costituito dal mio migliore amico: Haydn, infatti, vedeva la novità come un torto nei suoi confronti. Aveva a lungo insistito affinché gli parlassi di quanto era successo tra me e Catherine Alexandra, arrabbiandosi anche per il fatto che non gli avessi mai detto di aver avuto a che fare con lei, ma io ero stato irremovibile.
Nonostante avessi minacciato Catherine Alexandra apertamente, non mi sentivo davvero pronto a denunciare in pubblico il suo tentato suicidio. Non si trattava di un argomento leggero, di un semplice gossip liceale, la situazione era seria e decisamente delicata. Non avrei mai voluto arrivare a mettere in imbarazzo Catherine Alexandra per un gesto tanto disperato, ma lei si era spinta troppo in là nel farsi beffe di me. Avevo reagito d'impulso e l'avevo minacciata esattamente come lei aveva fatto con me.
Mi riscossi, cancellando dalla mente il ricordo dello sguardo impaurito della mia nemica.
In fondo, è tutta colpa sua se siete arrivati a questo punto, cercai di convincermi.
“... tutto incasinato, vero, Harry?” fece Haydn, scontroso.
Lo guardai, confuso. “Eh?”
Il mio amico sembrò perdere le staffe, ma non rispose. Nick alzò le braccia e intervenne: “Va bene, va bene, calmatevi tutti adesso. Ne riparliamo oggi pomeriggio durante le prove”.
Haydn annuì senza guardarmi negli occhi, e io persi la pazienza.
“Haydn, ti prego, smettila di tenermi il broncio. Non è successo nulla di grandioso tra me e lei” spiegai.
Lui non rispose, ma non si tolse nemmeno quello sguardo tetro di dosso. Will lo prese per un braccio e lo trascinò dietro di sé verso le scale.
“Ci vediamo più tardi, ragazzi!” esclamò.
Nick rimase dov'era e mi guardò di sottecchi.
“Che cosa nascondi, Harry?” chiese.
“Nulla. Vi sarei grato se smetteste di fare domande”.
“Se non volevi domande, avresti dovuto evitare di strillare ai quattro venti che stai coprendo le spalle alla ragazza di cui Haydn è innamorato follemente da anni”.
“Non potevo stare zitto e restare a guardare mentre lei mi ridicolizzava! Vorrei ricordarti che Felicity stava assistendo”.
Nick sospirò stancamente. “Tanto ora il pasticcio è fatto, quindi non ci sono altre soluzioni se non parlare con Haydn”.
Scossi il capo con decisione. “Non ci penso nemmeno!”
Nick alzò un sopracciglio. “Che cosa c'è di tanto sconvolgente? Non avrete... non sarai...”
Lo guardai, perplesso. “Che cosa?”
Nick allargò gli occhi con fare terrorizzato.
“Tu e Catherine non avete avuto una relazione segreta, vero?”
Scoppiai a ridere proprio mentre il mio professore di letteratura Inglese arrivava e varcava la soglia dell'aula.
“Ma sei impazzito? Ti pare che potrei davvero uscire con una così?!” esclamai, divertito.
Nick alzò le spalle e arrossì leggermente. Lo fissai serio, smettendo all'istante di ridere.
“Nick, tu e gli altri pensate davvero che io e Catherine...?” domandai, schifato.
“Senti, Harry, non prendiamoci in giro: lei è... molto bella e...”
“... e senza un minimo di cervello, giusto” terminai con rabbia. “Non potrei mai uscire con una ragazza che si comporta come lei, che si prende così sul serio come fa lei e che...”
La frase mi si spezzò in gola all'istante perché, in lontananza, intravidi proprio Catherine Alexandra, straordinariamente sola per la prima volta da che riuscissi a ricordare.
Si avvicinò a me e a Nick, mantenendo però una certa distanza di sicurezza. Inizialmente pensai che stesse solo controllando le mie mosse, ma quando la vidi fermarsi esattamente di fronte alla porta della mia classe, a qualche metro da me e Nick, dovetti ricredermi.
“Devo andare” dissi al mio amico, fissandola in cagnesco.
Lui si voltò, la vide e annuì senza troppe repliche. Non appena si mosse, io feci dietrofront verso la mia aula.
“Posso parlarti?” sentii alle mie spalle.
Mi fermai davanti alla porta già semichiusa.
Non voltarti, non se lo merita.
Rimasi zitto e immobile, combattuto tra la voglia di terrorizzare ancora un po' quell'arrogante di Catherine Alexandra e quella di ignorarla.
La sera in cui l'avevo salvata dalle sue paure, avevo creduto di intravedere in lei una profondità morale che andava ben oltre l'immagine che dava di se stessa; ma lei aveva fatto sì che la mia stima nei suoi confronti tornasse a livelli bassissimi.
“Che cosa vuoi?” le domandai, voltandomi.
Lei rimase dov'era, ma i suoi occhi si strinsero alla vecchia maniera. Ero pronto ad andarmene, se avesse ricominciato a prendersi gioco di me.
“Parlare con te” disse.
“Bene” feci, raggiungendola. “Sentiamo”.
Catherine Alexandra sospirò, infastidita dalla situazione. Si guardò attorno, indecisa se proseguire o mollare tutto.
“Dopo quello che è successo quattro sere fa, ho capito che la nostra guerra non poterà a nulla di buono” sentenziò con aria pomposa.
“La nostra guerra, hai detto?” ripetei, incredulo. “Pensavo fosse un tuo stupido capriccio, quello di rendermi la vita un inferno”.
Lei mi lanciò un'occhiata furente.
“Ho agito in maniera impulsiva” si giustificò.
“Questo perché non hai alcun rispetto per gli altri” sbottai.
Catherine Alexandra incrociò le braccia al petto e mi fissò con il solito, vecchio sguardo disgustato.
“Ti fa male la verità?” le chiesi.
“Ora smettila, stai diventando ridicolo” cercò di zittirmi. “Puoi lasciarmi parlare?”
Annuii svogliatamente e attesi, ribollendo per la rabbia.
“Ho deciso di gettare le armi” annunciò. “Finiamola qua. Niente più frecciatine o dispetti”.
Lei attese una mia risposta, e anche se cercava di non darlo a vedere, io capii quanto temesse ciò che avrei detto. Mi sentii di nuovo potente, perché possedevo un'arma con la quale tormentarla.
Guardai dritto nei suoi occhi verdissimi e grandi, truccati con meticolosità.
...lei è... molto bella e...”
Per caso anche Nick aveva avuto una cotta per la ragazza che stava di fronte a me? Perché aveva detto quelle cose su di lei in tono allusivo?
“Tutto qua?” domandai.
Lei alzò le spalle. “Non era ciò che desideravi? L'hai detto tu stesso davanti a mezza scuola...”
Sorrisi con la stessa ferocia che lei mostrava nei miei confronti.
“Perché non alzi un po' la posta in gioco?” la sfidai.
Catherine Alexandra socchiuse gli occhi con aria sospettosa.
“Che diavolo vuoi dire?” sibilò.
Continuai a sorridere. “Hai approfittato della mia pazienza anche troppo a lungo. Non mi stanno bene le tue condizioni, le tiri fuori solo ora che vanno a tuo vantaggio. E io? Che cosa ci guadagno?”
“Ehi, furbone, non mi pare di aver parlato arabo!” mi prese in giro lei. “Io smetterò di parlare male di te, non farò più allusioni su Felicity Skinner e...”
“Non avresti mai dovuto farlo, è questo il problema” dissi in tono dolce.
La vidi sbiancare e temetti che potesse davvero arrivare a picchiarmi.
“Hai intenzione di raccontare ai tuoi tre amichetti sfigati che ho provato a uccidermi?” bisbigliò, tornando in fretta ai soliti metodi intimidatori.
Scossi il capo e mi feci serio.
“Io non sono come te, Catherine”.
“E allora che cosa vuoi da me?”
“Non lo so, pensaci tu. Che cosa potresti fare perché io ti perdoni definitivamente?”
Lei ammutolì all'istante. Non riuscivo ancora a credere che io avessi davvero messo a tacere la ragazza più insopportabile e crudele di tutta la scuola.
“Mi stai ricattando” constatò.
“Vedila come ti pare. Intanto, però, aspetto di sapere che cosa farai per me”.
“Non starò ai tuoi patti, sappilo. Hai detto che non intendi rivelare il mio segreto, quindi posso...”
Le feci cenno di no col dito indice. “Ennesimo passo falso, Catherine: non provare a tirarti indietro, altrimenti non mi fermerà nessuno dal mettere in giro voci sul...”
“Basta!” esclamò lei, stanca. “Va bene, farò ciò che vuoi tu, razza di...”
Lei si bloccò per evitare di prolungare quella lite, io sorrisi divertito e la guardai distogliere lo sguardo, accecata dalla rabbia. Non le andava proprio giù di aver perso una battaglia contro uno che considerava una nullità.
E poi, proprio in quel momento, ebbi un'idea geniale.
“Sai, Catherine, io ho una band” la informai.
Lei mi guardò storto.
“Abbiamo un po' di difficoltà nel trovare posti dove suonare, ma forse tu conosci locali adatti dove sarebbero felici di ospitarci” continuai in tono amabile.
Vidi Catherine Alexandra farsi improvvisamente meno scura in volto e la cosa mi insospettì; anche io persi la mia aria trionfante. Poi lei sorrise inaspettatamente e io rimasi in silenzio.
“Sì, conosco un certo posto” disse. “Si chiama casa mia e sarà felice di ospitarvi questo sabato sera, in occasione di una festa dove parteciperà chiunque conti un minimo in questo posto”.
Sentii le gambe tremarmi un po' per l'emozione e un po' per la paura. Esibirci davanti a metà della scuola? Era un'idea tanto assurda quanto spaventosa, ancor più se pensavo che mancavano appena tre giorni al sabato.
“Ah, ci sarà anche Felicity Skinner” aggiunse con aria cattiva. “Vedremo se sarai ancora tanto in gamba, quando sarai in piedi davanti a tutta quella gente che ti disprezza”.
Catherine mi salutò con la mano e se ne andò felice, mentre io tornavo a rimpiangere la sera in cui avevo deciso di impicciarmi delle vicende private di quella ragazza.



Attesi con impazienza la fine delle lezioni di quel giorno. L'agitazione mi stava divorando vivo, mentre pensavo al modo migliore di annunciare ai miei tre amici che avevamo finalmente trovato un aggancio, dopo anni e anni di tentativi. Normalmente la prospettiva di una festa in casa Cavendish sarebbe stata accolta con esclamazioni di gioia da tutti noi; ora che però io mi ero esposto rivelando di avere a che fare con Catherine Alexandra, l'idea di parlarne a Haydn mi spaventava.
Sicuramente s'insospettirà su come tu sia riuscito a convincerla, rimuginai, rigirandomi la matita tra le dita e fissando un punto indefinito fuori dalla finestra al mio fianco.
Be', ora tutti sanno che hai ricattato Catherine, quindi non apparirà tanto strano il fatto che canterai alla sua festa. Lei ha paura di te e fa ciò che tu ordini, semplice.
Sbattei le palpebre e lanciai un'occhiata distratta alla lavagna.
Certo, e chi sarà tanto stupido da crederti? Lo sanno tutti che quella pazza dà retta solamente a se stessa.
Mi sentii colpire leggermente alla spalla e sobbalzai, mandando la matita per terra. Mi voltai e vidi Alex, una delle compagne che più mi stavano simpatiche, reggere un biglietto nella mia direzione.
“Per te” sussurrò, annoiata.
“Perché?” chiesi sottovoce.
“E che ne so! Non l'ho scritto io”.
Afferrai il pezzetto di carta e lo aprii; con grafia precisa e molto femminile, qualcuna delle mie compagne pettegole aveva scritto: Ciao, Harry. Volevo sapere se hai risolto con Kate.
In un primo momento non capii di chi si trattasse; chi era Kate? E perché qualcuno in quella classe così scostante doveva farmi certe domande criptiche?
Rilessi il biglietto e capii finalmente il messaggio: si parlava di nuovo di Catherine e quello era un modo penoso di farsi gli affari miei. Appallottolai il pezzetto di carta con rabbia e lanciai un'occhiata interrogativa ad Alex. Questa alzò le spalle e ripeté: “Non c'entro niente, non so chi me l'abbia passato”.
“Riferisci alle altre che non ho nulla da risolvere con Kate” dissi, pronunciando il nome di Catherine con disprezzo.
Alex aprì bocca per rispondere, ma non fece in tempo a parlare...
“Signor Styles, signorina Rayner, forse preferireste finire la vostra conversazione fuori dall'aula?” tuonò la voce del professore.



“Grazie tante, eh”.
“Non è colpa mia”.
“Oh, certo, non eri mica tu a ricevere bigliettini pieni di stronzate, vero?”
“Vuoi smetterla? Tra dieci minuti la lezione sarà finita”.
Alex incrociò le braccia e continuò a dondolare i piedi avanti e indietro, seduta su una scrivania nel bel mezzo del corridoio.
“Che cosa volevano da te?” mi chiese a un tratto, brusca come sempre.
Non avevo ancora realizzato per bene il fatto che stessi sostenendo una vera conversazione con Alex Rayner, la bisbetica e ombrosa compagna di classe che in cinque anni aveva messo a tacere più professori di chiunque altro in tutta la storia di Holmes Chapel. Non si contavano nemmeno più tutte le punizioni e le note disciplinari che Alex si era beccata, visto il suo caratterino vivace. Tutto ciò che era trapelato sul suo conto riguardava il suo orientamento sessuale: era chiaramente lesbica e provava un certo disprezzo per la maggior parte dei ragazzi della scuola.
“Sapere di più su ciò che è successo con Catherine Alexandra Cavendish” sbuffai, stanco di ritrovarmi sempre a parlare di lei.
Alex sorrise con aria cattiva e annuì. “Ancora lei...”
Guardai la mia compagna con maggiore interesse.
“Tu sapevi che vuole recitare?” domandò lei, chiaramente incredula. “Io le sono scoppiata a ridere in faccia”.
Mi tirai più su dal bordo della scrivania. “Dici davvero?”
“Sì, è stato più forte di me...”
“No, intendevo dire il fatto che lei voglia recitare. Sei sicura?”
Alex annuì, perplessa. “Certo che lo sono, me ne ha parlato lei stessa”.
Ora ero io a non capire la faccenda.
“Come sarebbe a dire che ne ha parlato con te?” domandai.
Alex ridacchiò sprezzante. “Mi ha visto appendere i volantini di mio padre e si è interessata. Perché ti sembra così incredibile, scusa?”
Scossi il capo e tornai in silenzio. E così Catherine Alexandra aveva davvero dato una svolta alla sua vita, si era decisa a iscriversi a quel corso che tanto desiderava frequentare.
Le parole di quella famosa sera in cui aveva tentato di uccidersi mi tornarono in mente e risuonarono più forti che mai: “Lui mi ignora, finanzia i miei studi e i miei corsi di danza, ma non mi permetterà di iscrivermi all'accademia teatrale una volta finito il liceo”.
Allora non mi aveva preso in giro su quel ponte alle porte di Holmes Chapel, non era la persona che voleva mostrare con tanta ostinazione.
Sorrisi tra me e me, perché ora condividevo un segreto in più con Kate.



 
   
 
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