Fumetti/Cartoni americani > I Pinguini di Madagascar
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Autore: bulmasanzo    24/09/2015    2 recensioni
Che fine ha fatto l'anima gemella di Skipper? Ma i pinguini non dovevano andare in viaggio di nozze? In questa storia i primi due film di Madagascar della Dreamworks e la serie dei pinguini di Madagascar della Nickelodeon sono considerati in diretta conseguenza... con tutte le incongruenze che ne derivano! La serie sarebbe dunque ambientata temporalmente a metà tra il secondo e il terzo film, come se la squadra di pinguini fosse tornata allo zoo prima di partire per Montecarlo
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kowalski, Marlene, Rico, Skipper, Soldato
Note: Nonsense, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rico stringeva convulsamente la sua bellissima Miss Perky al petto, nell'imitazione di un capriccio infantile che, lo sapeva benissimo, avrebbe fatto infuriare Skipper se solo il contesto lo avesse richiesto e permesso. Quasi se lo sarebbe augurato.

La bambola allargò le proprie braccine di plastica aggrappandosi al forte collo del pinguino.
"Non lasciarmi per nessunissima ragione" le gracchiò Rico continuando a correre.

Gli inseguitori erano vicini, vicinissimi. Li avrebbero catturati sicuramente se non si fossero dati una mossa. E Rico si sentiva il cuore pulsare nella gola.

Gli occhi dipinti di lei si serrarono, il sorriso si incurvò e quasi sparì. Quasi. Non sarebbe mai sparito del tutto, era impresso nei lineamenti del viso che l'improvvisa infusione della vita in lei non aveva potuto alterare.

"Ho paura, Rico" strillò con la sua vocetta smielata.
Rico si sentì importante. Lei aveva bisogno di essere protetta da lui. E Skipper aveva mentito, non gli impacciava per niente i movimenti, era leggera, la trasportava senza problemi.

La baciò per rassicurarla, ma non ci fu il tempo di godersi quel momento. La grossa mano di un sapiens aveva afferrato Rico alle spalle, non aveva fatto in tempo a scansarsi, lo avevano preso. Si sentì sollevare, Miss Perky cadde giù dalle sue pinne.

Era inerte lì da sola e lo fissava disperata, ma il suo sorriso perfetto era onnipresente.
"Scappa, piccola" le urlò.
"Ti amerò per sempre" sussurrò lei.

Poi le mani che lo tenevano incominciarono a stringere il suo ventre, sapeva che la contrazione gli avrebbe fatto vomitare qualche arma. Terrorizzato, pensò che sarebbero finite addosso a Perky se non si fosse spostata.
Guardò in basso, la bambola non c'era più. Sospirò sollevato, ma per lui era ormai finita.


 


 

---

Aprí gli occhi e intravvide il soffitto della sua branda, un raggio di sole era penetrato filtrando dall'apertura del rifugio e gli batteva fastidiosamente sull'occhio destro. Era mattina.

Si rotolò sul fianco e vide la bambola seduta nel posto in cui l'aveva lasciata. Era ovviamente inanimata, non poteva abbracciarlo né sussurrargli parole d'amore. Quello era stato solamente il suo sogno. L'ennesimo sogno in cui la bambola era viva e in grado di parlare correttamente, e in cui anche lui ci riusciva. Nella realtà non ce la faceva, non c'era mai riuscito, farsi comprendere da chi non lo conosceva e non era capace di interpretare i suoi farfugliamenti era forse la più grande difficoltà della sua vita. Soldato era quello che lo intendeva meglio di tutti, non era raro che gli facesse da traduttore per gli altri. Le orecchie di plastica di Perky, prive di condotti uditivi, non sarebbero comunque state in grado di sentirlo.

Sotto di lui, Soldato ancora dormiva tranquillo. C'era qualcosa che non andava, perché Skipper non suonava la sveglia chiamandoli all'adunata, come ogni giorno? Era sempre il primo ad alzarsi.

Rico saltò giù dal letto, rendendosi conto che non c'era nessun altro nella stanza.

Iniziò a strepitare frasi sconnesse e a scuotere Soldato per svegliarlo e metterlo in allarme.

"Ma che c'è?" si lamentò il più giovane, ancora mezzo addormentato.
Rico non riusciva ad articolare parole per esprimere la sua agitazione, ma Soldato capì che cosa voleva dirgli quando allargò le braccia indicando tutta la stanza vuota.
"Skipper e Kowalski non ci sono" constatò "Non si allontanerebbero mai senza avvertirci" questa informazione non si sapeva da dove gli venisse, forse ne era soltanto convinto per i fatti suoi.

Rico stava urlando, quando non c'era Skipper a guidarlo si sentiva perso. Aveva sempre visto nella sua presenza un qualcosa di rassicurante.

"Calma, Rico! Magari sono solo usciti presto per... ehm, per portarci la colazione"
Conoscendo Skipper, quella era l'ipotesi più improbabile che si potesse formulare. Rico girò gli occhi e scosse la testa con energia.

Saltarono fuori dal rifugio e iniziarono a cercarli, ma non riuscirono a trovarli da nessuna parte, non si azzardarono a perlustrare le gabbie degli animali perché non volevano rischiare di allarmare tutto lo zoo. Era ancora troppo presto per gridare alla scomparsa, dopotutto.
Non potevano sapere che stavano cercando in una parte totalmente sbagliata.


 

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Kowalski non aveva mai visto una 'fortezza della solitudine' più grande di quella in cui si trovava in quel momento.

Il soffitto era altissimo, calcolò, almeno due metri e mezzo, forse anche di più. Per le misure di un pinguino è tantissimo.

La stanza si estendeva inoltre in larghezza, ed era piena di monitor e di telefoni e di un sacco di stranissimi apparecchi che gli facevano venire l'acquolina in bocca, scientificamente parlando. Stava morendo dalla voglia di scoprire a cosa servissero, si sarebbe perso in quell'intrico infinito di macchine per giorni interi.

La sua faccia doveva essersi tipo imbambolata in un'espressione idiota, quella che gli veniva quando vedeva qualche cosa di tremendamente interessante. Si sentiva un bambino in un negozio di caramelle. Si mollò un ceffone da solo per darsi un contegno.

E solo così si rese conto che, in qualche modo, quell'ambiente così meraviglioso era claustrofobico.

"E allora" fece, più che altro perché il silenzio lì dentro lo intimidiva non poco "È questo il tuo posticino segreto in cui organizzi le tue missioni segretissime... "

Skipper si avvicinò al gigantesco schermo del computer che copriva tutta quella enorme parete di fondo e si sistemò nella sedia "Esattamente. I miei informatori mi contattano da questo nodo, quello centrale collegato con tutti gli altri, l'intero sistema è saturo di informazioni riservatissime che concernono la sicurezza mondiale" rivelò "Informazioni di cui solo pochissimi elettissimi fidatissimi possono essere a conoscenza senza rischi e che se finissero nelle mani sbagliate comprometterebbero l'ordine. È importantissimo che non escano mai e poi mai da queste quattro mura" fece un gesto molto eloquente allargando le pinne a ipsilon sopra la testa.

"Pochissimi elettissimi fidatissimi " ripeté Kowalski "Sono un bel po' di superlativi, grammaticalmente non dovresti usarne così tanti...” si fermò dalla sua precisazione perché Skipper stava di nuovo sbuffando “E tu sei uno di questi?“ chiese.
"Mi sembrava chiaro"
"C'è una cosa che però non torna."
"Sarebbe?”
"Perché me ne stai parlando? Non dovresti avere l'obbligo di mantenere il segreto?“
"Non ti sfugge nulla, cervellone" gli rivolse un sorriso furbo.

Kowalski non riuscì a non voltarsi ancora una volta verso le macchine, staccare gli occhi da tutto quello sembrava per lui impossibile. Ma poi ci fu un'altra cosa che incredibilmente attrasse la sua attenzione.

"L'ho fatto perché..." aveva incominciato Skipper ma fu interrotto.
"Ehi, cos'è quella cosa lì all'angolo?"
"Ecco, appunto." sbottò.

Kowalski andò a recuperare quell'oggetto e, una volta che lo ebbe tra le pinne e fu sicurissimo di che cosa si trattava, si trovò a fissare il suo superiore con un sincero stupore dipinto sul viso.

"Ma Skipper... Questa è la tua bambola hawaiana con la testa a molla, quella che avevi sposato in Africa, quella di cui parlava Soldato proprio oggi..."
"Sì" confermò l'interessato "Ho pensato che questa sala supersegretissima fosse il posto migliore per nasconderla"
"Eravamo convinti che l'avessi perduta" disse.
Skipper sembrò improvvisamente triste. "Infatti io l'ho perduta"

C'erano dei punti oscuri in quella storia, Kowalski non riusciva proprio a comprendere, poi sentì qualcosa che si muoveva tra le sue braccia.

Cacciò un urlo terrorizzato lasciando cadere a terra la bambola. Il legno di cui era composta fece un rumore strano nel finire a terra, sembrava emettesse un sospiro, quasi fosse ripieno d'aria.

"Non ci posso credere!" balbettava Kowalski "È impossibile! Scientificamente e razionalmente impossibile!"

"Evidentemente non lo è. È il risultato, grottesco, di un esperimento andato male che ho voluto fare da solo" disse Skipper con un tono fin troppo calmo "Hai visto le macchine. Sono tutte indubbiamente interessanti, per te, ma sono tutte difettose. E questo bel risultato ne è la prova"

Kowalski continuava a non credere all'evidenza che aveva davanti agli occhi.

Hulagirl, la bambola di legno con la sua ampia gonnella di paglia, si muoveva, e non era il semplice dondolio ipnotico della testa, quella era fissa sul busto perché attaccata con il nastro telato. Gliel'aveva messo proprio lui, Kowalski, quel nastro, per ripararla quando si era rotta. No, erano le braccia quelle che lei muoveva, a scatti. E visto che le articolazioni dei gomiti non esistevano, restavano sempre piegate.

Cosa ancora peggiore, quella bambola respirava. Anzi, per meglio dire, traspirava, non avendo un naso nemmeno disegnato da cui farlo.

La vide alzarsi da terra, la base unica che aveva al posto delle gambe scattò all'improvviso e lei si tirò in piedi, la bocca dipinta era atteggiata in un eterno e larghissimo sorriso da clown. Ma si rovesciò di colpo, trasformandosi nel suo opposto, un broncio che rese quel grazioso viso di legno un vero incubo.

La bambola era viva, viva! E Kowalski stava per perdere la testa perché la sua indole troppo razionale non gli permetteva di accettare una cosa simile.
Non era possibile, era assurdo. Ma poteva stare lì a declamarlo all'infinito, non cambiava ciò che era, ciò che vedeva con i propri occhi.

Uno schiaffo lo riportò alla realtà "Credevo che lo avresti trovato interessante, non spaventoso" Skipper sembrava seccato dalla sua reazione.
"Si può sapere che razza di... di... di 'esperimento' hai fatto?" esplose lui "E, in nome del cielo, perché diavolo non hai chiamato me per fare qualunque cosa tu abbia fatto?“
“Ma io ti ho chiamato!" protestò Skipper "E tu mi dicesti esattamente quello che hai detto adesso. Che era impossibile, scientificamente e razionalmente impossibile, dare la vita a un oggetto inanimato..."
"E infatti è così" fece lui.
"Ah! Sei tu che lo credi! Hai proprio qui la prova del contrario! Guardala!" esultò Skipper "Guardala bene! Tu sei lo scienziato che sa tutto e per questo dice di no, eppure io, io che non sono la metà del genio che sei tu, ho dimostrato che tu hai torto!" sputacchiava senza accorgersene, era stato preso dalla foga.

Kowalski non si ricordava di aver mai avuto quella conversazione con lui, ma era probabile che non vi avesse dato l'importanza che Skipper invece evidentemente gli aveva dato.

"Quindi lo hai fatto per questo?” fece, schiacciato “Per essere più bravo di me? Lo sai che hai sfidato le leggi della natura?"
"No, non l'ho certo fatto per questo!”

“E perché allora?”

“L'ho fatto per amore!” quella parola detta da lui era strana.

Indicò Hulagirl "Io ero innamorato di quella cosa lì e tu lo sai benissimo, lo so che non te lo sei dimenticato, anche se fai finta di niente. Ma dopo averla trasformata in questa sottospecie di Frankenstein, mi sono reso finalmente conto di quanto fosse assurdo e ridicolo questo amore! E soprattutto di quanto fosse sbagliato!“
Kowalski fu colpito da quello che stava dicendo il suo superiore, che era sempre obbiettivo ma rarissimamente ammetteva di essersi sbagliato su qualcosa.

"L'amore sembra sempre ridicolo, visto dall'esterno. Ma quando ci sei dentro non te ne accorgi" continuò in tono adesso quasi struggente "E quando inizi a vedere le cose in modo più razionale -come probabilmente le vedresti tu, Kowalski- è allora che ti accorgi di essere stato tu il primo a essere ridicolo."
"Ma come ti è venuta in mente l'idea di dare la vita a quella cosa!?”
“Te l'ho detto” insisté Skipper "L'amore ti fa fare e pensare delle cose assolutamente ridicole!" (quarta volta che usava quella parola, registrò mentalmente Kowalski) "Come il fatto che avrei tanto voluto che potesse ricambiarmi un bacio, un abbraccio... Oh, andiamo, tu lo capisci di sicuro quello che voglio dire, scommetto che volevi le stesse cose da Doris! Ma da quando io stesso, con le mie pinne, l'ho ridotta in questo stato... Maledizione, non lo ha mai fatto. Ho fallito!“

“Pensa?” chiese allora lo scienziato “Voglio dire, hai la prova che faccia dei pensieri razionali?”.
“Credo di sì. Ma se lo fa non me ne ha mai dato una conferma. Non mi ha mai rivolto la parola, non so nemmeno se possa parlare. Però so benissimo che mi odia per quello che le ho fatto."
"In che senso?”
“Nel senso che mi respinge. Non si fa nemmeno toccare! Per portarla qui ho faticato non poco, dovevi vedere come protestava! E non hai idea di quante schegge di legno ho dovuto estrarmi dalle pinne dopo la nostra lotta! Sono convinto che preferisse restare quello che era, e che ritenga che io, nel mio egoismo, l'abbia strappata alla felicità della sua non-esistenza."

Mentre loro parlavano, Hulagirl aveva iniziato a ballare agitando le braccine a tempo di una musica che probabilmente stava nella sua testolina di legno.

"Mi fa impressione" disse Kowalski.
"È per questo che non volevo vantarmi della mia impresa. E lo sai quanto mi piace vantarmi, no? A volte penso che dovrei distruggerla, ma... non ce la posso fare. È viva, sarebbe un omicidio" scosse la testa.

Kowalski ebbe compassione di quel pinguino che aveva dato la vita e non riusciva a toglierla.
"Ti capisco, se ricordi, nemmeno io son riuscito a eliminare quel mostro di blob che avevo creato per sbaglio..."

Skipper sgranò gli occhi, sembrava che rabbrividisse.

“È un po' l'equivalente di ciò che hai fatto tu con lei" si giustificò.
Sembrò che gliela lasciasse passare liscia.

"Adesso capisco perché hai accettato che Rico si tenesse la sua miss Perky in casa." fece poi, colto da un altro pensiero.
"Ah sì? Perché?"
“Perché, in un certo senso, volevi concedere a lui quello che avevi perso tu."

Skipper abbassò il capo tristemente, guardando Hulagirl che ballava "Sì, probabilmente è per questo..."
Poi il suo tono cambiò del tutto in maniera repentina, ritrovando l'autorità di sempre "Come ti stavo dicendo prima, se ti ho portato qui e ti ho rivelato l'esistenza di tutto questo è perché tu sei il mio secondo"
"Lo sono?"
"Come vuoi definirti? Vice-leader? Fa lo stesso. Se un giorno mi dovesse succedere qualche cosa, tu dovrai prendere il mio posto qui ed è indispensabile che tu sappia tutto quello che devi sapere."

"Perché, pensi che ti potrebbe succedere qualcosa?" si informò Kowalski, leggermente preoccupato.

Skipper sospirò di nuovo pesantemente "Figurati. Ma con la vita che conduciamo non si può mai sapere... Oh, no, ecco che lo fa di nuovo!"
Hulagirl aveva piegato l'unico ginocchio protendendosi in avanti. Dopodiché si sentì come il rimbalzo di una molla. Il corpo della bambola si proiettò in avanti di colpo, spiccò un balzo cercando di caricare Skipper con la testa. Ma questi si scostò subito e lei finì di nuovo ad abbracciare il pavimento.

"Visto? Te l'ho detto che mi odia!" lo disse come se avesse avuto ragione su qualcosa su cui era stato contraddetto.

La bambola ringhiava, producendo un suono rauco e rabbioso. Era furibonda, la bocca contratta, gli occhi trasformati in spilli. L'odio che irradiavano era concreto.

Kowalski si chiese se Skipper non intendesse dire che aveva paura di essere ucciso proprio da lei.

Il suo cervello mise in moto le rotelline finché una lampadina non carburò abbastanza da accendersi.
"Forse te la posso aggiustare" disse fissandola.

  
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