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Autore: Erin    25/09/2015    5 recensioni
A pochi mesi dall'inizio del sesto anno, Harry, Ron ed Hermione riprovano ad usare la Polisucco per trasformarsi in Blaise, Theodore e Astoria e ottenere informazioni circa la possibilità che Draco Malfoy sia divenuto già un Mangiamorte e quali, nel caso, siano i compiti a lui assegnati. Un inconveniente, non perfettamente previsto, metterà Hermione in una complicata situazione: Draco e Astoria hanno un flirt di cui - quasi - nessuno sapeva nulla. Che fare, ora? Stare al gioco pur di ottenere le informazioni tanto agognate? O scappare via e mandare tutto in frantumi? Hermione Granger, però, non si è mai tirata indietro davanti a nulla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Intro: grazie per le recensioni che mi avete lasciato! Vi lascio alla lettura del nuovo capitolo. A venerdì prossimo! Baci, Erin.




POLISUCCO

e vicoli ciechi




« Ci devi riprovare. »

Abbassai lo sguardo sulle mani giunte che tenevo poggiate sul ventre. Dischiusi la bocca per parlare e sbattei le palpebre.

« Io... non- »

« Hermione » continuò Remus Lupin con fare paterno, accovacciandosi davanti a me e poggiando le sue mani ruvide sopra le mie. Sobbalzai appena e ricambiai lo sguardo intenso. « So che ti stiamo chiedendo una cosa davvero, davvero ingiusta per la tua età. Ma sono tempi difficili... e tu sei la strega più brillante della tua età » sorrise incoraggiante, così sorrisi a mia volta.

Mi strinse i palmi attorno alle nocche sbiancate e tese; sollevai lo sguardo verso Harry, Ron, Tonks, il signore e la signora Weasley... non potevo deludere tutte quelle persone. Non potevo deludere l'Ordine e la Resistenza.

« Lo farò » dissi con voce appena udibile. Poi ci riprovai. « Lo farò. Contate su di me » assicurai.

Lupin si alzò, non curandosi di celare la sua felicità. D'altronde ero la loro chiave di volta dopo mesi e mesi di calma piatta, in cui era difficile reperire le informazioni e anticipare le mosse delle schiere oscure.

Tremai. Il freddo della Stamberga Strillante penetrava oltre il legno marcio della struttura e ti scavava le ossa. Deglutii. Mi chiusi i bottoni del cappotto fino al mento, mi alzai a mia volta e me ne andai, seguita dai passi incerti di Harry e Ron.

Uscimmo dalla base del Platano Picchiatore e una sferzata di vento gelido pieno di neve ci colpì; sentii Ron borbottare che gli mancava l'estate.

Era passata appena una settimana da quando mi ero trasformata in Astoria e da quel giorno, almeno un po', tutto era cambiato. La mia percezione delle cose, i miei pensieri, le mie paure. La mia risolutezza era svanita, portata via dalle ultime temperature miti di fine novembre. Non ero sinceramente riuscita a dimenticare il vuoto allo stomaco che avevo provato quando Malfoy mi aveva baciata e non avevo alcuna intenzione di ritrovarmi di nuovo in sua prossimità, tanto più di nuovo nei panni della Greengrass: avevo ardentemente sperato che non dovessi rifarlo, ma non potevo concedermi il lusso di dire di no, almeno non in quel momento delle nostre vite. Mi passai il dorso della mano sull'occhio destro, poi rapidamente sul sinistro, sperando che i miei amici non capissero che stavo piangendo. Se potevo aiutare l'Ordine della Fenice, dovevo farlo.

Infilai le dita ghiacciate in tasca, abbassando la testa per via del vento; camminammo nei giardini, superando le serre e il campo da Quidditch, fino al portone principale del Castello di Hogwarts.

Appena varcammo l'ingresso, quando mi tolsi il cappello e mi portai i capelli dietro le orecchie, Ron spintonò Harry e quest'ultimo mi si fece accanto.

« Sei sicura che te la senti? » mi chiese, come sputando via delle parole che avevano a lungo premuto contro i denti.

Annuii solamente. Così, Harry ci riprovò. « Non devi sentirti addosso tutta la responsabilità di questa faccenda. Non avevamo informazioni prima e ce la siamo cavati lo stesso. Possiamo dire che ci hai provato, ma non hai ottenuto niente » continuò, poggiandomi una mano sulla spalla.

Distolsi lo sguardo. « No Harry, devo farlo. Non dormirei più la notte » confessai. « Contano su di me. Posso scoprire di Malfoy e di tante cose facendolo crollare, facendolo confessare. Non posso tirarmi indietro proprio ora che le cose si fanno difficili » aggiunsi ritrovando una certa risolutezza, alzando gli occhi nei suoi.

Harry Potter mi scrutò a lungo, poi annuì. « Noi saremo in giro, non sarai sola. Nel castello c'è Silente, la McGranitt e, insomma, per qualsiasi cosa noi-»

Gli sorrisi. « Basta » dissi con voce affettuosa. « Basta preoccuparti per me. Ora sono una persona adulta, Harry. »

Lui strinse la mano sulla mia spalla. « Lo so. »

Rivolsi il mio sguardo anche a Ronald, col viso corrucciato, incapace di comunicarmi quello che pensava davvero. « Non stare in pensiero » gli dissi. « Non sto andando in guerra. Malfoy è solo uno stupido furetto » scherzai e lo vidi sorridere.

Ci fermammo a parlare sottovoce per decidere come e quando; io premevo per farlo subito, immediatamente, quella sera stessa. Via il dente, via il dolore. Avrei scritto un gufo a Malfoy dicendogli di vederci alla Torre di Astronomia dopo cena, così saremmo stati soli, e non avrei rischiato di affrontare eventuali compagni di Casa.

Presa la decisione, mi congedai da loro per dirigermi prima alla guferia - dove con un incantesimo contraffeci la calligrafia di Astoria e scrissi a Malfoy - poi al bagno di Mirtilla Malcontenta per recuperare la Polisucco che avevo nascosto dietro un pannello segreto. Loro, intanto, avrebbero neutralizzato Astoria Greengrass.

Il bagno era deserto; esitai, guardandomi intorno. Ticchettai con i mocassini di pelle sulle piastrelle lucide e avanzai verso l'ultima toilette. Ci entrai e mi chiusi dentro. Tolsi, con un incanto, il camuffamento che avevo lanciato alla porzione di muro dietro lo scarico; spostai due pietre e ne estrassi una bottiglia di vetro dal collo allungato e una sostanza verdognola all'interno. Piegai il naso in una smorfia di disgusto. Chiusi la tavoletta del gabinetto e mi ci sedetti sopra, rigirandomi la bottiglia tra le mani.

Ora o mai più. Dovevo farlo finché ero sicura di aver preso la decisione giusta. Cos'era che mi spaventava così tanto? Perché l'idea di trasformarmi di nuovo in Astoria mi fece tremare la mano con cui aprivo il tappo della Polisucco?

Versai il contenuto in una fialetta più piccola e nascosi tutto, nuovamente, nel mio anfratto segreto. Misi la fialetta dentro al mio mantello e ringraziai che, quel giorno, Mirtilla non fosse nel bagno a rigirarsi i pollici, aspettando il malcapitato di turno per traumatizzarlo con le sue improvvise apparizioni.

Uscii nel corriodoi e scesi di qualche piano per raggiungere Harry e Ron. Bussai quattro volte, con un preciso ritmo che avevamo stabilito, sulla parete dello sgabuzzino; Ron mi aprì.

« È appena crollata » mi disse. Mi avvicinai a lei, osservandola per un istante di troppo, poi mi ridestai e le tolsi la cravatta, il maglione e le scarpe, ovvero ciò che mi occorreva per modificare la divisa standard di Hogwarts e impersonare la Serpeverde.

Quando ebbi finito, tirai fuori la Polisucco dal mio mantello, piegato e nascosto insieme alle mie cose; le staccai un capello e lo immersi nel liquido nauseabondo. Senza guardare gli occhi di Harry e Ron, buttai giù tutto d'un fiato.

Attesi, strizzando gli occhi e deglutendo più volte per mandare via il sapore.

« Ci sei » fece Harry, indicando il mio volto. Mi osservai in un pezzo di vetro di uno specchio infranto.

« Vado » annunciai, imboccai l'uscita ma un braccio mi trattenne. Mi voltai ad osservai il volto di Ronald. « Stai attenta » mi disse. Gli sorrisi solamente, poi andai.

Guardai l'orologio a pendolo del corridoio del terzo piano: le nove. La mia ora era cominciata e scivolava già inesorabile verso la fine; mi sudavano le mani e mi sentivo le gambe inconsistenti.

Salii di qualche piano, presi le scale e mi diressi rapidamente alla Torre. La stanza circolare era adornata di cuscini, magiscopi, libri e cartine dell'universo; tutto illuminato solo dalla lieve luce della luna. Accesi qualche candela con la bacchetta, poi presi posto in un angolo appartato e attesi.

Furono i dieci minuti più lunghi della mia vita; speravo e temevo che Draco Malfoy non si presentasse. Poi, eccolo lì, sulla soglia della porta: la mano destra appoggiata sullo stipite, la camicia arrotolata fino ai gomiti – come se non sentisse freddo – il pantalone nero che gli fasciava le gambe atletiche, lo sguardo tagliente come la lama di una spada, i capelli così chiari da sembrare creati dal riflesso della luna.

« Sei arrivato » gli dissi.

Lui, all'inizio, non si mosse. Poi avanzò di qualche passo, scansando i cuscini che riempivano il pavimento, raggiungendomi. Restò in piedi a guardarmi, così dovetti sollevare il collo per incontrare le sue iridi.

« Non aspettavo un tuo messaggio » sussurrò.

Cercai di calarmi nella parte lasciando Hermione nei recessi della mia persona. « Volevo farti una sorpresa » dissi, più lasciva di quello che mi sarei aspettata.

Malfoy si accovacciò sulle gambe, poggiando gli avambracci sulle ginocchia, così i nostri volti furono alla stessa altezza.

« E... ti avevo promesso che ne avremmo riparlato con più calma di quelle cose » continuai, prendendo coraggio e allungando una mano sulla sua.

Draco sembrò trasalire, il volto contratto. « Quali cose? »

« Il discorso che abbiamo lasciato in sospeso la settimana scorsa. Voglio farti capire che per te ci sono. Che voglio ascoltare le tue preoccupazioni, provare ad aiutarti... » lasciai cadere la frase.

Lui osservò la mia mano poggiata sulla propria, poi l'afferrò e intrecciò le dita con le mie. Si sedette completamente, accanto a me.

« Non c'è niente che voglio condividere ad alta voce » confessò, sempre giocherellando con la mia mano e guardandola.

« Non puoi tenerti tutto dentro » lo incitai.

Ora che eravamo più vicini sentivo di nuovo quel profumo che mi aveva attirato tanto: una miscela di ambra e sandalo che cozzava con la sua figura algida, a cui avrei associato un profumo più agrumato. La fragranza che sentivo era invece calda, accogliente, invitante, seducente e portava con sè il fascino dell'oriente antico.

« L'ho sempre fatto » sorrise amaramente, guardandomi. Le sue iridi erano rese trasparenti dalla luce della luna che tagliava la stanza con i suoi raggi bianchi.

« Puoi provare a confidarti una volta e-»

« L'ho fatto, ma non è andata bene » la sua voce cambiò di tono. Divenne amara e il suo sguardo si assottigliò. Gli strinsi involontariamente la mano.

« Riprova con me » gli sussurrai. « Io voglio davvero starti accanto... »

Chi era che parlava adesso? Ero davvero così brava a recitare? O stavo provando un'assurda e irrazionale empatia per Draco Malfoy? Perché il desiderio di aiutarlo superava il desiderio di ottenere informazioni per l'Ordine?

Lo sentii ridere. Una risata appena accennata ma pungente come non mi sarei mai aspettata in quel momento. « Astoria... » mormorò. « Tu sì che mi conosci bene. »

Mi strinse la mano più forte, fino a farmi male. Non distolse lo sguardo dal mio e nemmeno io lo feci; ma dischiusi appena la bocca malcelando una fitta di dolore al polso.

« Draco... »

Con l'altra mano afferrò la sua bacchetta e me la puntò contro prima che potessi reagire.

« Incarceramus » soffiò.

Improvvisamente comparirono delle corde dai cuscini che mi tirarono all'indietro e mi bloccarono al pavimento, intrecciandosi lungo le mia gambe, braccia e perfino intorno al mio collo. Cominciai a respirare convulsamente, abbassando e alzando il seno in un ritmo crescente.

« Che diavolo-»

« Chi sei? » alzò il tono di voce, troneggiando sopra di me.

Sgranai gli occhi e lo fissai, incapace di dire qualsiasi cosa. Poi deglutii. « Draco, sono io, ma cosa dici, lasciami! » esclamai.

Malfoy aprì le gambe e mise i piedi attorno ai miei fianchi, poi si abbassò per guardarmi dritto negli occhi. « Dimmi chi sei e giuro che non ti crucio qui, all'istante » sibilò.

Deglutii ancora una volta. Come aveva fatto a capirlo? Cosa avevo sbagliato? Cosa era successo in quei rapidi istanti?

« Draco... non so di cosa stai parlando... ti prego, lasciami » provai; i miei occhi cominciarono a farsi lucidi mentre tentavo di dare degli strattoni alle corde con tutto il corpo.

« Vuoi sapere come ho fatto a scoprirlo? Io e Astoria abbiamo litigato tre giorni fa. E ci siamo lasciati. Ma, mi dicevo, poteva anche capitare che volesse vedermi da sola per parlare... » cominciò.

« Infatti – Draco, ti prego – io volevo solo parlare un po'... sono io, ti giuro » riprovai.

Lui sorrise divertito. « Ah... che bugiarda. O devo dire bugiardo? Dimmi chi sei! Eri tu anche la settimana scorsa, eh? Ho baciato te, invece che lei... che schifo! » disse, contraendo la mascella.

« Non capisco cosa stai dicendo, Draco! Lasciami andare e ti spiego tutto! »

Lui rise ancora una volta; una delle risate più crudeli che io avessi mai visto. « Credo che invece aspetterò che passi del tempo per vederti tornare normale... e scoprire chi sei. »

Si sollevò dal mio corpo e si diresse verso le candele, spegnendole una ad una con una calma impressionante. Mi sembrava di morire.

« Sai perché so che stai mentendo? »

« Io non sto mentendo... ti prego, ti prego Draco... » lo supplicai, ormai terrorizzata.

« Perché » continuò, muovendosi sinuoso per la stanza come un ragno che osservi il bozzolo ricoperto di saliva in cui ha avvolto la sua preda, « io ho parlato con Astoria, dopo quella volta in cui ho parlato con te. Mi sono confidato. Sai cosa le ho detto? » lasciò in sospeso. « Cosa ho detto ad Astoria, eh? Sentiamo. »

Mi interrogò, avvicinandosi di nuovo. Guardai la sua figura all'ombra della sera, nel silenzio immobile della stanza; si potevano percepire solo i miei respiri agitati.

« Che non vuoi fare il Mangiamorte » provai. Seria, consapevole, intuendo i suoi pensieri.

Draco si accigliò. Sbatté le palpebre e mi guardò stranito. « Come lo sai, tu- »

« Io sono Astoria » ripetei.

« No, non lo sei! » esclamò, visibilimente alterato. « E cosa, cosa mi avresti risposto quella volta? COSA? » ripetè.

Sgranai gli occhi. Cosa poteva aver risposto? D'altronde avevano litigato e si erano lasciati e ora eravamo a questo punto. « Che non ero d'accordo... » mormorai.

« Già » sorrise lui, amaramente. « Mi hai dato del pazzo! Uno senza spina dorsale, senza palle, senza virilità. Una femminuccia, una vergogna. »

« Draco, io... »

« Ed ora mi chiedi di confidarti i miei pensieri, che tu per me ci sarai sempre » proseguì, ignorando i miei tentativi di farlo calmare.

« E' vero, io... »

« E' invece no! Astoria è solo una lurida insensibile. Non mi ha mai amato e ha sempre pensato solo al mio cognome, ai miei soldi. Sarai anche brava a capirmi ma non sei lei... »

« Ti prego, io-»

« Sei troppo dolce per essere lei » mormorò, quasi tra sè e sè, prendendo a vagare per la stanza senza una meta.

Mi zittii. Osservai la schiena ampia e muscolosa coperta dal cotone sottile della camicia bianca; mi dava le spalle, le mani in tasca, la testa leggermente abbandonata verso il basso che scopriva la nuca lattea. Poi si voltò.

« Cosa volevi ottenere? A cosa ti servono certe informazioni? Sarai mica... del trio dei miracoli? » aggiunse, sgranando gli occhi.

Mi sorpresi a mia volta. « Draco, smettila! Io ci ho pensato, ecco perché sono tornata a parlarti. Per fare pace, per farti capire che per te ci sono sempre... » mi morsi il labbro con fare nervoso.

Lui mi osservò e sorrise. « Quel gesto mi fa impazzire. Ma lei non lo fa mai » mi disse.

Mi maledissi con tutta me stessa. Distolsi lo sguardo, sempre più convinta che da quella Torre non sarei uscita viva. Sentii i rintocchi delle dieci ripetersi inesorabili, risuonando come un'eco in tutto il castello. Chiusi gli occhi con forza, sapendo che stavo per tornare normale.

Non volli guardare. Non volli guardare l'espressione disgustata di Draco Malfoy mentre tornavo ad essere Hermione Granger. Non avrei sopportato di sentirmi così umiliata, così ridicolizzata. Ma stava accadendo e non potevo farci niente.

« Tu... » lo sentii dire e capii che la trasformazione era completa. Sentii il peso dei boccoli castani che mi ricaddero lungo le spalle; avvertii i miei piedi ridursi nelle scarpe due numeri più grandi delle mie.

Aprii le palpebre e lo osservai. Sapevo di avere gli occhi pieni di lacrime e lo sguardo atterrito come mai avrei sopportato di farmi vedere da lui.

« Lasciami... » mormorai con la voce rotta. « Fammi andare via, ti prego. »

« Cosa volevi? » sbottò, poi si avvicinò a me. Si abbassò sul mio corpo e mi afferrò per i capelli. « Cosa cazzo volevi da me? » mi strattonò.

« Io volevo » singhiozzai, poi cercai di riprendermi almeno in parte. L'orgoglio mi bruciava dentro terribilimente. « Io volevo solo aiutarti » dissi. E mi resi conto che non era, poi, una bugia così grande.

Mi osservò a lungo, allentando gradualmente la presa sui miei capelli. Fece scorrere le sue pupille nelle mie e i nostri respiri si adeguarono allo stesso ritmo. Dovette percepire la mia sincerità, ma ne fu visibilmente turbato. Sollevò la bacchetta e me la puntò contro.

« Diffindo » sussurrò.

Le corde si spezzarono in tantissimi pezzi e la pressione che esercitavano sul mio corpo svanì all'improvviso. Mi toccai le braccia e le gambe, mi massaggiai il collo. Sbattei le palpebre e trovai ancora i miei occhi umidi.

« Grazie » gli dissi, sollevandomi.

Ci osservammo per qualche istante, in piedi l'uno davanti all'altra. Non sapevo davvero perché mi avesse lasciato andare, se l'avevano convinto le mie parole o se aveva provato compassione per me. Lo osservavo in viso, mai completamente sereno e disteso come lo avevo visto quella volta al suo dormitorio; potevo leggerci dentro rabbia, risentimento, diffidenza ma anche curiosità.

Feci un passo, poi un altro, diretta all'uscita. Gli passai accanto e lui non si mosse neanche di un millimetro. Lo superai e affrettai i passi, fino alla porta; poi, corsi via.

Corsi disperatamente lungo il corridoio dell'ultimo piano, strappandomi via la cravatta e cercando di guardare oltre il muro di lacrime che occludeva i miei occhi.

  
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