PARTE PRIMA
LA PRINCIPESSA PERDUTA
01. Collasso
Niente dura per sempre. Neanche le cose che lo sembrano o che ti persuadono a crederlo. Il segreto per prevenire ferite e tutti i «mal» di quello o di questo male è vivere solo per se stessi e ignorare il resto. E ciò la maggior parte delle volte immette su una strada a senso unico.
— Clare, non puoi passare tutta la vita a vegetare. Chiama una delle tue amiche e va’ a prendere un po’ d’aria fresca. Compra i biglietti per il cinema, prenota un tavolo al ristorante più vicino, ma, ti prego, schiodati da quel letto e sparisci per un paio d’ore.
Mia madre sa farmi innervosire anche quando vuole agire per il mio bene e assume toni condiscendenti.
Alzo il volume dell’iPod al massimo. La nostalgica The lonely di Christina Perri mi esplode nelle orecchie in un trionfo di archi e piano. Lei sì che sa ascoltarmi.
Un attimo dopo, le cuffiette saltano via.
— Ehi! Ma che problemi hai?
— Il tuo comportamento è infantile. — Mamma brandisce gli auricolari come se fossero un’arma. — Devi smetterla di chiuderti in te stessa. Finirai per soffocare. Io voglio aiutarti, lo capisci?
Scatto a sedere, furiosa. — Tu non sai niente di me.
Azione, reazione. Il suo viso diventa di pietra.
— Sei mia figlia — dice piano, evidentemente per mantenere il controllo ed evitare di andare in escandescenza. È un soggetto ansiogeno. — So sempre tutto di te.
— Allora dovresti sapere che voglio essere lasciata in pace. O fingi di dimenticartene?
Le esce fuori un suono strozzato. L’inizio di un’obiezione o forse il verso dello sconcerto.
— Come vuoi — mormora stizzita. Mi riconsegna gli auricolari e va via sbattendosi la porta alle spalle.
Nella stanza si riversa un silenzio pesante più del piombo, che rischia di trascinarmi a fondo.
Infilo una mano sotto la fodera del cuscino e tiro fuori una vecchia fotografia. L’ho consumata a furia di passarci sopra le dita, ma non la butterò mai né la metterò in palio a qualche asta di beneficienza.
Una mano invisibile mi strizza il cuore. È colpa tua, grido nella testa. È colpa tua se non credo più in niente.
Riconosco il sapore salato delle lacrime che con troppa abitudine mi scivolano sul viso.
Per cosa vivere? Per cosa combattere ancora?
— Aiutami — gemo stringendo la foto al petto. — Aiutami tu.