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Autore: Piperilla    25/09/2015    1 recensioni
[Dal Capitolo 3]
«Lei è una Sibilla?» ripeterono in coro Giovanni e Sofia. In tutti i viaggi che avevano intrapreso, non ne avevano mai incontrata una.
«Proprio così. Tuttavia non credo di potervi aiutare. Noi Sibille possiamo predire il futuro solo alle persone normali... i Portatori sfuggono in gran parte alla nostra Vista. Dovete rivolgervi altrove...ma questo lo sapete già» disse Samaah.
«Però lei sa perché siamo qui. Sa cosa vogliamo sapere» insisté Giovanni.
«Lo so benissimo, ma voi non comprendete i misteri della Vista e della Verità. Ci sono segreti che possono essere rivelati solo se si domanda, e misteri che possono essere svelati solo se a domandare sono i giusti» cantilenò la vecchia.

Dopo la tregua costata tanto sangue, Giovanni e Sofia si ritrovano per un nuovo viaggio: quello che li porterà a scoprire la verità sul quel legame così potente e misterioso che impedisce loro di separarsi.
[Per capire la storia, è necessario leggere "I Testimoni del Fuoco"]
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga degli Elementi'
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Confusa, Sofia si guardò intorno mentre grida di stupore e di saluto si alzavano.
   La mensa era strapiena.
   «Sofi!». Sollevato, André le corse incontro. «Finalmente sei tornata!».
   Tirandosi indietro prima che qualcuno potesse abbracciarla, la ragazza si guardò di nuovo intorno.
   «Che ci fanno tutti qui?»
   «Anche noi stiamo bene, grazie per avercelo chiesto. A proposito, hai un aspetto orrendo» disse Blaze.
   Lei non lo ascoltò; continuava a osservare le decine di Portatori che, seduti ai propri posti, continuavano a mangiare e ridere come se nulla fosse.
   «Che ci fanno tutti qui?» ripeté.
   Claudio e Cornelia si scambiarono uno sguardo preoccupato.
   «Sono tornati tre giorni fa per riprendere gli addestramenti, come era stato stabilito» disse l’uomo cautamente. Sofia scosse la testa.
   «Credevo sarebbero rimasti per un po’ con le loro famiglie».
   Laurence lasciò Ambrosine e si avvicinò alla sua giovane amica.
   «Ma l’hanno fatto. Sono stati via per cinque settimane, Sofi, dal giorno in cui hai trovato Ambrosine».
   La ragazza scosse di nuovo la testa, prima di afferrarsi i capelli.
   «Io e Giovanni siamo partiti sei giorni fa, era il diciannove di Agosto… i ragazzi erano partiti da nove giorni, come puoi dire che sono stati via cinque settimane?» si lamentò. Non riusciva a pensare; sentiva una morsa stringerle la testa mentre teneva gli occhi socchiusi, infastidita dalla luce.
   Calò un pesante silenzio, che si sarebbe protratto a lungo se lo sbattere della porta non avesse fatto trasalire tutti.
   Gregory entrò trafelato nella stanza. Claudio lo prese immediatamente da parte e iniziò a bisbigliargli qualcosa, ma l’altro lo bloccò con un secco: «Lo so!» prima di superarlo e dirigersi deciso verso Sofia.
   «Sofia» disse, afferrandole i polsi e costringendola ad aprire gli occhi doloranti «oggi è il diciannove di Settembre. Tu e Giovanni siete stati via per un mese intero»
   «Questo non è possibile, e lo sai» replicò la ragazza. Lui l’afferrò per un braccio e la trascinò di fronte alla finestra.
   «Guarda» disse rudemente, costringendola a osservare l’esterno. «Guarda la Valle. Osserva i prati, gli alberi e le colline che conosci tanto bene, e dimmi chi ha ragione».
   Con uno sforzo, la ragazza ubbidì. I suoi occhi si posarono su una vegetazione che non era più viva e brillante, ma che iniziava a scolorire: le prime foglie si staccavano dagli alberi cadendo dolcemente a terra. I fiori estivi erano appassiti e uno sbuffo d’aria quasi fredda s’insinuava nelle finestre socchiuse.
   «Siamo in autunno» notò Sofia con voce piatta. Posò la fronte sul vetro freddo. «Tutto questo non è possibile. Stamattina siamo riusciti ad avvicinarci al Custode, ci ha parlato, ma non siamo rimasti con lui più di un’ora».
   Gli altri Maestri la fissavano con aria preoccupata; Ailie bisbigliò qualcosa a Emma, che annuì.
   «Forse dovresti riposare» suggerì Emma incerta. «Hai davvero una pessima cera».
   «Già, forse» rispose l’altra. Si sentiva svuotata e incapace di formulare un solo pensiero razionale. «Ci vediamo più tardi» disse, trascinandosi faticosamente fuori dalla stanza mentre i suoi amici le rivolgevano un’ultima occhiata piena di dubbi.

*

L’autunno era arrivato, e con esso le prime piogge.
   Gli addestramenti erano stati spostati nelle grandi stanze al pianterreno, e in una di queste Sofia trovò Emma e Gregory intenti ad allenarsi.
   «Allora, come va qui?» chiese la ragazza sedendo accanto a Ailie e Fernando, che si erano sistemati in un angolo della stanza.
   «Bene, ma bisogna stare attenti… ogni tanto qualche schizzo d’Energia arriva da queste parti» rispose Fernando con un sorriso, senza staccare gli occhi da Emma.
    Ailie scosse la testa.
    «Non fa altro che guardarla. Pensa che l’ha anche portata con sé in Spagna per qualche giorno!».
    Sofia sorrise.
    «È innamorato. Che sia l’aria della Valle a fare questo effetto? Dovunque guardi, vedo coppiette che spuntano come funghi!» disse, facendo scoppiare a ridere Ailie che dichiarò che a lei non sarebbe mai successo.
   «Chi vivrà vedrà» rispose con un ghigno la giovane, raccogliendo i lunghi capelli castani con un elastico. Poi si rivolse a Gregory. «Da dove arrivavi così di corsa, la mattina in cui sono tornata?».
   Distratto dalla domanda, l’uomo fu colpito da Emma.
   «Accidenti Sofi, per colpa tua mi ha preso!» si lagnò lui prima di risponderle. «In ogni caso, ero al Centro. Non avevano ancora trovato un nuovo Maestro dell’Acqua e ho accettato di aiutarli fino a quando non fosse tornato almeno Giovanni»
   «Come ha reagito, quando ha scoperto che siamo stati via per un mese intero e non per una sola settimana come credevamo?»
   «Come te. Non poteva crederci, ma per fortuna si è convinto piuttosto rapidamente della verità delle mie affermazioni. A proposito, hai qualche idea su come sia potuta accadere una cosa simile?»  le domandò.
   «Neanche una» ammise Sofia. «Dovrò fare qualche ricerca in biblioteca»
   «Abbiamo già controllato. Non c’è niente al riguardo» la informò Fernando. Il ghigno che ricevette in risposta fu sufficiente a farlo preoccupare.
   «Non ho detto di dover controllare in questa biblioteca» precisò la ragazza. Gli altri quattro si misero le mani nei capelli.
   «Perché quando dice così mi preoccupo sempre?» chiese Ailie.
   «Cos’hai intenzione di fare, Sofi?» domandò invece Emma.
   L’altra si alzò.
   «Non fatemi domande e non vi dirò bugie» rispose con un sorrisetto, prima di uscire dalla stanza e scontrarsi con Blaze.
   «Scusa Sofi, non ti avevo vista» disse, afferrandola prima che rovinasse a terra.
   «Non ti scusare Blaze, stavo cercando proprio te».
   Il ragazzo assunse un’aria sospettosa.
   «Me? E perché mai?» indagò.
   Sofia si esibì in un sorriso rassicurante che però non ingannò il suo amico.
   «Devo fare una cosa, e ho bisogno d’aiuto».
   «Se chiedi aiuto a me, deve essere qualcosa di tanto rischioso da suscitare la disapprovazione generale» notò lui.
   «Hai ragione» ammise Sofia. «È tanto rischioso, che tentare è un’impresa da pazzi».
   Blaze sollevò un sopracciglio.
   «Allora ci sto!».

*

«Brava Nabeela, ora va’».
   Con un buffetto sul collo Sofia congedò rapidamente la Fenice, guardandosi attorno preoccupata. Fortunatamente, nel vicolo in cui erano comparsi non c’era nessuno. Uscendo cauto dall’ombra, Blaze si guardò intorno.
   «Dove accidenti siamo?» chiese sottovoce.
   «Vicino al Parlamento» rispose Sofia, afferrandolo per un braccio e trascinandolo velocemente fuori dal lungo vicolo.
   «Accidenti se fa caldo, qui» notò il ragazzo, sfilandosi la felpa. Anche se erano i primi giorni di Ottobre, la temperatura era ancora mite.
   «Certo non è l’Irlanda, Blaze. Roma è molto più a Sud di Cork… di qua» rispose lei, afferrandolo per la manica per farlo girare a sinistra. «Guardati bene intorno… credi di riuscire a ritrovare la strada?» gli domandò preoccupata. Blaze sbuffò.
   «Sofi, non sono un novellino!».
   Camminarono per qualche altro minuto, durante i quali Sofia indicò a Blaze dei punti di riferimento per essere certa che in caso di necessità riuscisse a ritrovare la strada. Alla fine, il ragazzo sbottò.
   «Sofia, basta! Sono in grado di orientarmi, abbiamo svoltato una sola volta e stiamo passando davanti a questo coso enorme…».
   Stizzita, la ragazza si voltò a guardarlo.
   «Prima di tutto questo coso, come lo chiami tu, si chiama Pantheon ed è uno degli edifici storici più famosi al mondo. In secondo luogo, credo tu non abbia ben capito quello che stiamo per fare e a danno di chi, altrimenti comprenderesti perfettamente per quale motivo voglio essere assolutamente certa che riuscirai a tornare indietro!».
   Fingendo di non sentirla, l’altro continuò a camminare. All’improvviso Sofia lo afferrò e lo trascinò dietro a un’edicola, ignorando gli sguardi stupefatti dell’edicolante e di un paio di uomini in giacca e cravatta.
   «Ora, Blaze» disse Sofia, cingendogli il collo con le braccia e ostentando un’aria tenera, in modo da ingannare eventuali osservatori «ricorda bene tutto quello che abbiamo provato questa settimana. Soprattutto, non emanare l’Aura a meno che non sia assolutamente necessario, e controllati».
   «Avanti Sofi, mi hai ripetuto tutto per giorni e giorni, so cosa devo fare» replicò lui, abbracciandola e dandole un bacio su una tempia. «A proposito, come si chiama il tizio?» le domandò, scoppiando a ridere di fronte all’aria sgomenta che la ragazza aveva assunto. Si separarono e, dopo essersi guardati per un attimo, Blaze la lasciò dietro all’edicola e tornò a percorrere i pochi metri di salita che lo separavano dalla sua meta. Un istante più tardi, Sofia tornò indietro e corse nella direzione opposta.

*

Dopo una rapida occhiata all’orologio, Blaze accelerò il passo. Girò l’angolo e vide l’uomo che cercava scendere da una berlina nera. Tutto come previsto.
   Il ragazzo si fece avanti, gridando in italiano con voce isterica: «Non ci posso credere, il signor Limardi!».
   Le guardie del corpo dell’uomo si interposero tra i due prima che Blaze potesse raggiungerlo. Uno di loro lo afferrò rudemente per un braccio.
   «Cosa credi di fare, ragazzino?» ringhiò, sospingendolo indietro.
   «Ma io…» piagnucolò Blaze, seguendo alla lettera le istruzioni di Sofia.
   Ci sono sempre almeno sei guardie scelte con lui, lo aveva avvertito, ma se lo avvicini in pubblico, non potranno usare gli Elementi per fermarti. Comportati in modo isterico, come farebbe una ragazzina di fronte a una rockstar, e sarà lui stesso a intervenire in tuo favore.
   Un attimo dopo, infatti, l’uomo si fece avanti e fece cenno alle guardie di spostarsi.
   Blaze lo osservò attentamente. Dopo tutto quello che Sofia gli aveva detto su Prospero Limardi, non si aspettava di trovarsi di fronte un uomo dall’apparenza tanto anonima. Di media altezza – non superava il metro e settanta – e con un fisico che mostrava chiaramente i segni del tempo, non aveva nessun tratto che lo distinguesse in modo particolare dagli altri uomini della sua età.
   «Allora ragazzo» disse Prospero Limardi con voce morbida, «cosa posso fare per te?».
   Ostentando confusione, Blaze iniziò a balbettare.
   «Signor Limardi, è un tale onore incontrarla! Lo desideravo da tempo!».
   Sorridendo soddisfatto e sistemandosi i capelli neri in un gesto che tradiva tutta la sua vanità, l’uomo osservò Blaze con fare paterno.
   «Via, via, ragazzo, non esagerare» disse, schermendosi.
   «No, no, signor Limardi, dico davvero… un Portatore, un Maestro della sua levatura, conoscerla è, per me, un sogno che si avvera!» replicò l’altro con voce strozzata dalla presunta emozione.
   Quella frase risvegliò l’attenzione di tutti.
   «Sei un Portatore, dunque?» indagò infatti Prospero, osservandolo con appena una punta di sospetto.
   «Oh, sì. Sono anch’io un Portatore, della Terra per la precisione, signore» ansimò Blaze. Sofia si era molto raccomandata su quel punto: doveva lusingare la vanità di quell’uomo, che si riteneva un Maestro di grande talento.
   «E hai sentito parlare di me?» insisté l’uomo. Il ragazzo annuì.
   «Abbiamo bisogno di qualche informazione su di te. Ed espandi l’Aura, per favore» ordinò una delle guardie di Prospero, estraendo un taccuino per prendere nota.
   «Mi chiamo Mattia Liverano, abito a Milano» snocciolò obbediente Blaze, utilizzando l’identità che lui e Sofia avevano rubato per l’occasione ed espandendo una minima parte della propria Aura in modo da non lasciar capire quanto fosse potente. Agli occhi di Prospero Limardi non doveva passare che per un banale Apprendista di livello intermedio.
   «Milano, eh? Come mai ti trovi a Roma?» indagò un’altra guardia.
   «Volevo visitare la città» rispose prontamente il ragazzo.
   Prospero intervenne per bloccare le domande.
   «Non c’è bisogno di tutte queste formalità con un ragazzo così simpatico» disse. Blaze sorrise riconoscente. «Allora Mattia, ti piacerebbe vedere di cosa è capace un Maestro degli Elementi?» riprese l’uomo, abbandonando ogni pretesa di modestia. Ottenuto in risposta un frenetico cenno d’assenso, gli fece cenno di seguirlo e il gruppetto entrò nel palazzo alle loro spalle.

*

Dall’angolo della strada parallela a quella da cui era sbucato Blaze, Sofia osservava con attenzione la scena. Sorridendo compiaciuta, guardò Prospero Limardi condurre il suo seguito all’interno dell’antico palazzo. Tutto era andato come previsto: Blaze aveva recitato la sua parte in modo magistrale. Sperando che non si lasciasse spazientire dalle sciocche dimostrazioni di Prospero, anche lei si accinse a fare la propria parte.
   Alzò gli occhi sulla facciata laterale dell’edificio. Le finestre del pianterreno erano a un paio di metri da terra e coperte da solide inferriate… ma non era a quelle che puntava.
   Si guardò attorno con molta attenzione. Era quasi ora di pranzo, e dei grossi nuvoloni neri stavano oscurando il sole. I turisti che di solito passavano per quella viuzza, diretti a Piazza Navona, si dileguarono con impressionante velocità. Dopo aver atteso per un paio di minuti, approfittando della momentanea solitudine, Sofia si preparò a entrare.
   Contò le finestre individuando quella che, secondo i suoi calcoli, doveva affacciarsi su una stanza vuota. Indietreggiò fino a toccare con la schiena il muro dell’edificio dall’altro lato della strada, respirò profondamente e prese la rincorsa, spiccando un alto salto e aggrappandosi alle inferriate di una finestra del piano terra. Rapidamente si arrampicò fino a issarsi sullo stretto cornicione della finestra e, pregando perché nessuno la vedesse, con un altro piccolo salto si appese alla soglia della finestra del primo piano. Portando gli occhi al livello delle dita sbirciò all’interno. Quello che vide fu sufficiente a rassicurarla e, silenziosamente, sgusciò dentro.
   Soffocando l’agitazione degli ultimi due minuti, si addossò alla parete e si concesse un istante per tirare un sospiro di sollievo. Eccola lì, nella biblioteca privata di Prospero Limardi, a cui lui solo aveva accesso.
   Con passo leggero Sofia andò alla porta e vi poggiò un orecchio, in ascolto. Sapeva che c’era solo un vecchio custode, a guardia di quella porta – una sorveglianza considerata superflua dai più, ma a cui Prospero teneva particolarmente. Sentì dei fruscii e qualche colpo di tosse: probabilmente l’uomo stava leggendo il giornale.
   La ragazza tornò indietro e iniziò a girare tra gli scaffali di legno, cercando. Sapeva che i Portatori lasciavano una traccia della propria Aura, nei manoscritti che redigevano – una specie di firma – e che espandendo anche al minimo la propria Aura, avrebbe trovato immediatamente quello che cercava: ciò che non sapeva era se il custode, al di là della porta, fosse un Portatore oppure no.
   Ormai sono arrivata fin qui, pensò Sofia. Un rischio in più o in meno che sarà mai.
   Lasciò libera una minima, infinitesimale parte della propria Aura, e li sentì.
   Reprimendo nuovamente l’Aura andò quasi di corsa in fondo alla biblioteca, cercando la vetrina giusta. Quando la trovò, la sfiorò leggermente con le dita e provò ad aprirne le ante. Come prevedeva erano chiuse a chiave.
   Sogghignando, decise di ricorrere a un trucchetto che aveva imparato anni prima.
   Posò una mano sulla piccola serratura della vetrina e lasciò che un sottilissimo fascio d’Energia fluisse all’interno. Un istante dopo la serratura scattò e Sofia spalancò le ante.
   Fremendo estrasse un libro dietro l’altro, divorandoli con gli occhi: c’era così tanto sui Portatori e sugli Elementi, in quei volumi, che avrebbe desiderato portarli via tutti. Recuperando la concentrazione la ragazza prese a sfogliare i volumi, cercando quello di cui aveva bisogno. In pochi minuti selezionò alcuni libri e li infilò rapidamente in uno zainetto.

*

«Signor Limardi, è davvero stupefacente!» guaì Blaze con aria adorante.
   Con un vacuo sorriso impregnato di arroganza, l’uomo continuò a esibirsi in piccole dimostrazioni. Pensando che non si era mai annoiato tanto, Blaze continuò a fingere di essere stupito dalla bravura di Prospero.
   Devo ricordarmi di chiedere a Sofi perché lo considera tanto pericoloso, annotò mentalmente. Quello che aveva visto fino a quel momento lo aveva lasciato senza parole…in negativo: Sofia gli aveva detto che quell’uomo si considerava molto più abile di quanto non fosse in realtà, ma Blaze non si aspettava fosse a un livello tanto basso.
   Riscuotendosi dai suoi pensieri rivolse un’occhiata alla mezza dozzina di guardie che, dietro di lui, osservava attentamente ogni suo movimento. All’improvviso vide uno di loro bisbigliare qualcosa all’orecchio del suo vicino e, ricevuto un cenno di assenso, allontanarsi rapidamente.
   Avanti Sofi, sbrigati, pensò Blaze, tentando di soffocare un brutto presentimento.

*

Uscito dalla sala di rappresentanza in cui Prospero stava tenendo il suo spettacolino, l’uomo si guardò intorno, rassettandosi meccanicamente la giacca. Qualche minuto prima aveva percepito, debolissimo, qualcosa di insolito. Nessun altro se n’era accorto; erano tutti concentrati su Prospero e sulla sua Aura, che copriva ogni altra cosa; ma lui, che stava controllando le Aure al di fuori di quella stanza, l’aveva sentito.
   Salì le scale senza fretta, scuotendo impercettibilmente la testa e trattenendo la propria Aura. Arrivato in cima alla rampa andò a sinistra, dirigendosi verso la biblioteca.
   «Aldo, buongiorno. Come va la tosse?» chiese gentilmente al vecchio custode.
   «Come sempre, come sempre» rispose l’altro burbero. «Che ci fai da queste parti?»
   «Sono venuto a fare un giro di controllo» spiegò il primo.
   «Nella biblioteca di Prospero?» indagò sospettosamente il custode.
   «Su tutto il piano» ribatté l’altro.
   Il vecchio si alzò.
   «Visto che ci sei tu, vado a fare una pausa» disse, posando il giornale. Si diresse verso la porta della biblioteca e la chiuse a chiave.
   «Via, Aldo, non ti fidi di me?» lo punzecchiò il più giovane.
   «È il mio lavoro. Non mi fido di nessuno, io, quando si tratta di questa biblioteca» replicò l’altro, andando lentamente verso le scale.
   Non appena il vecchio sparì dalla vista la guardia, rimasta sola, andò alla porta e, estratta una copia della chiave in possesso del custode, fece scattare la serratura. Entrò silenzioso nella biblioteca e si richiuse la porta alle spalle.
   «A noi due» bisbigliò.

*

Lavorando febbrilmente, Sofia stava mettendo in atto un altro dei suoi trucchi: utilizzando l’Energia, stava replicando i volumi che aveva appena sottratto. Era una lavoro delicato: doveva eliminare ogni traccia della propria Aura dall’Energia che stava plasmando. Se non ci fosse riuscita, per Prospero e i suoi uomini sarebbe stato fin troppo facile rintracciarla, quando si fossero accorti del furto.
   Non le restava da replicare che un libro. Mentre iniziava il lavoro, sentì dei passi avvicinarsi e una voce. Troppo giovane per essere quella del custode, che un attimo dopo, infatti, rispose. Manipolando rapidamente l’Energia, ascoltò il breve scambio di battute tra le due voci. Tirò un secondo sospiro di sollievo sentendo il custode chiudere a chiave la porta dall’esterno e si accinse a dare gli ultimi ritocchi alla sua opera. Un minuto dopo, però, sentì la serratura scattare di nuovo.
   Concludendo frettolosamente il lavoro, sistemò le copie nei posti prima occupati dai manoscritti originali, chiuse di nuovo a chiave la vetrina e si nascose dietro lo scaffale più vicino.
   Con il cuore che le rimbombava nelle orecchie, ascoltò dei passi leggeri avvicinarsi. Non aveva idea di chi fosse; non poteva percepirlo con l’Aura per paura di essere scoperta, così si affidò al solo udito.
    «Sofia, so che sei qui» disse la voce di Michele sommessamente.
   La ragazza uscì cautamente allo scoperto, controllando che l’uomo fosse solo.
   «Come hai fatto a scoprirmi?» domandò.
   «Ti ho percepita» replicò lui. «Adesso sono io a doverti fare una domanda. Che cosa ci fai qui?»
   «Era una bella sfida. Mi piace il brivido del rischio, lo sai» rispose Sofia sorridendo.
   Michele la guardò con serietà. «Sofia, sii seria e rispondimi» la esortò.
   «Oh, d’accordo… mi servivano delle informazioni»
   «Riguardo a cosa?».
   Sofia gli sventolò un dito contro.
   «Ora vuoi sapere troppo, mio caro» lo redarguì.
   «Sofi, ti rendi conto di quello che hai fatto? Ti sei introdotta di nascosto nella biblioteca privata di Prospero. Hai idea di quello che farebbe, se lo scoprisse?»
   «Non ci crederai, Michele, ma in effetti un’idea ce l’ho. Inoltre non ci tengo affatto a incontrare il tuo capo… quindi, se potessi evitare di dirgli che sono stata qui, mi faresti veramente un gran favore» disse la ragazza, ostentando un’aria tenera e implorante. Michele la guardò alzando un sopracciglio.
   «È inutile fare quella faccia, Sofi, non sei credibile» la informò.
   «Lo so, ma dovevo tentare». Tornando all’abituale atteggiamento, Sofia lo fissò attentamente. «Allora, hai intenzione di dire a Prospero che sono stata qui?».
   Dopo un attimo di esitazione, Michele scosse la testa.
   «Tu sarai la causa della mia morte, Sofia, lo so» si lamentò. «Comunque sta’ tranquilla, non glielo dirò… in teoria non sono neanche mai stato qui»
   «Grazie». Alzandosi in punta di piedi, la giovane lo attirò a sé e gli stampò un grosso bacio su una guancia. «Ti devo una cena»
   «Solo una?» disse Michele incredulo.
   «Non esagerare!» ribatté Sofia, andando verso la finestra. Si stava già calando con cautela sul cornicione della finestra sottostante, quando la voce di Michele la richiamò.
   «Sofi?»
   «Cosa c’è?»
   «Sei qui perché sei riuscita a parlare col Novizio, vero?»
   «Sì»
   «Prima che tu faccia un altro viaggio a Roma per chiedermelo… tu sai già, dov’è un Ministro. Ci sei già stata» le disse con un’occhiata significativa.
   «Akasha…» disse Sofia, pensierosa. Poi si riscosse. «Come sai che ci sono già stata?»
   «Lo so e basta» rispose l’uomo, uscendo dalla biblioteca e richiudendo a chiave la porta. Sofia tornò velocemente a terra e si preparò a dare il segnale di fuga a Blaze.

*

Michele sgusciò silenziosamente nella sala e si affiancò ai suoi colleghi proprio mentre Prospero interrompeva la sua dimostrazione e si rivolgeva a Blaze.
   «Mattia, ti piacerebbe provare a eseguire qualcuno degli esercizi che ti ho fatto vedere?» lo invitò. Qualcosa in quel ragazzo non lo convinceva: lo aveva osservato attentamente e un paio di volte aveva scorto, fugace, l’ombra della noia sul suo volto. Una cosa improbabile, se fosse stato davvero solo un Apprendista.
   Capendo al volo di essere caduto nell’errore contro cui Sofia lo aveva messo in guardia, Blaze tentò di recuperare.
   «Mi piacerebbe provare l’ultimo, signore, ma non sono certo di aver ben capito come si fa» mentì spudoratamente.
   Guardandosi con sospetto – seppur ben celato – reciproco, il più anziano si accinse a ripetere la sua ultima dimostrazione.
   Proprio in quel momento, sotto le finestre risuonò una serie di forti scoppi. Immediatamente quattro delle sei guardie accerchiarono Prospero e lo condussero via quasi di corsa, mentre gli altri due uomini andavano all’esterno a controllare la situazione.
   Rimasto solo, anche Blaze corse via. Uscì dal palazzo e ripercorse al contrario la strada su cui si era incamminato con Sofia poco più di un’ora prima, facendosi largo con violenza tra turisti e passanti e controllando che nessuno lo seguisse.
   Rallentando appena, alzò gli occhi sulla targa che indicava il nome della strada su cui stava per lanciarsi: Via del Seminario. Stava andando nella direzione giusta.
   A ogni passo vedeva, più chiaro, il punto in cui avrebbe dovuto girare. Era così concentrato che non si accorse della persona che, sbucando da una via alla sua sinistra, stava per tagliargli la strada.
   I due si scontrarono violentemente e finirono contro il muro, attirando gli sguardi allarmati di un paio di passanti. Blaze fece per attaccare il suo aggressore, ma quello lo fermò.
   «Sono io Blaze, sta’ calmo» lo bloccò Sofia, prendendolo per il polso e ricominciando a correre.
   «Dovresti stare più attenta Sofi, stavo per attaccarti!». Non ottenendo risposta, Blaze proseguì. «Ci sei riuscita?»
   «Sì» rispose sbrigativamente la ragazza, trascinandolo nella prima via a destra che incontrarono sul loro cammino.
   «Devi spiegarmi perché era tanto importante, per te, entrare lì dentro senza essere vista»
   «Non mi sembra il momento, Blaze!» si lamentò Sofia.
   Preoccupato, il ragazzo sbirciò alle proprie spalle.
   «Credi ci stiano seguendo?» le domandò.
   «Me, no di certo. Quanto a te… forse la tua sparizione improvvisa potrebbe far sorgere qualche dubbio!».
   Senza troppi complimenti Blaze la tirò verso destra, nel vicolo in cui erano arrivati con Nabeela. Una donna affacciata alla finestra li guardò con curiosità fino a quando non si nascosero in un angolo, sparendo nel nulla.

*

Quando arrivarono, la Valle era spazzata da una pioggia torrenziale.
   Nabeela li lasciò in una piccola depressione del terreno, facendoli sprofondare nell’acqua e nel fango fino alle caviglie, e volò al riparo.
   Blaze e Sofia rimasero immobili a guardarsi, increduli, mentre la pioggia li inzuppava fino alle ossa. Poi, un minuto dopo, scoppiarono a ridere, finendo lunghi distesi nel fango, incapaci di smettere.

*

«Voi due! Si può sapere dove vi eravate cacciati?».
   La voce sonora di Claudio li accolse in questo modo, mentre tutti gli altri li fissavano allibiti.
   «Be’? Che avete da guardare?» domandò Blaze.
   «Allora ci siete proprio voi due, sotto tutta quella melma!» li prese in giro André.
   Sofia gli fece la linguaccia mentre Laurence si faceva avanti e le puliva il volto con un fazzoletto.
   «Già, sono proprio loro» disse sorridendo. Gregory e Claudio, invece, sbuffarono.
   «Sembrate proprio due bambini…» esordirono; senza lasciar loro il tempo di continuare, i due giovani gli si scagliarono contro e li abbracciarono, inzaccherandoli, sordi alle loro proteste.
   «Così imparate a essere sempre tanto noiosi» li rimproverò Blaze.
   «Allora Blaze, dov’eravate finiti, per conciarvi in questo modo?» chiese Laurence.
   «Non l’abbiamo certo fatto apposta. Non sapevamo stesse piovendo» rispose l’altro, tentando di staccarsi un po’ di fango di dosso.
   Gregory drizzò le orecchie.
   «Non lo sapevate? Dove accidenti siete stati?» ruggì, immaginando solo vagamente quel che potevano aver combinato.
   «A prendere questi» rispose Sofia, aprendo lo zaino impermeabile e rovesciandone il contenuto sul tavolo.
   «Libri?».
   L’esclamazione indignata di Blaze la fece sorridere.
   «Tu mi hai fatto sopportare quel vecchio borioso per prendere alcuni libri?» insisté il ragazzo.
   Sofia accarezzò i volumi con affetto.
   «Questi non sono libri qualunque, Blaze. E poi, è possibile che la noia sia l’unica cosa di cui ti sia preoccupato?»
   «A cos’altro avrei dovuto pensare? Mi avevi messo tanto in guardia contro quel Prospero Limardi, su quanto fosse pericoloso, e invece non è che un banale, mediocre Portatore di medio livello!».
   «Che cosa c’entra Prospero Limardi?». Questa volta fu Claudio a ruggire, impedendo a Sofia di ribattere.
   La ragazza lanciò un’occhiataccia al giovane americano. Nonostante il silenzio, il suo padrino fece due più due in un attimo.
   «Libri antichi… Prospero Limardi… ti sei introdotta nella sua biblioteca!» strillò.
   «Sì, zio Claudio, l’ho fatto» ammise Sofia, rassegnata. Sapeva che negare l’evidenza sarebbe stato inutile. L’uomo si coprì il volto con le mani.
   «Non ci posso credere… sei sempre stata così attenta, prudente, responsabile… che ti sarà mai accaduto in questi anni, per farti cambiare tanto, io proprio non lo so…» bofonchiò tra sé.
   Blaze, ritenendo eccessiva la reazione di Claudio, intervenne.
   «Su, Claudio, non è successo nulla… che cosa potrebbe mai fare, poi, quest’uomo, se anche scoprisse che è stata Sofi a rubare i libri? Non è poi così potente!» lo blandì.
   Sconcertato, Claudio lo fissò.
   «Sofia, come hai potuto farti aiutare da lui senza spiegargli che rischio correvate?» la rimproverò.
   «Ehi, un momento» ribatté lei offesa. «Io gliel’ho spiegato benissimo, è lui che non mi ha voluto credere!»
   «D’accordo, sentite. Ci ho parlato, mi ha dato delle dimostrazioni del suo potere… non è così pericoloso come me l’ha descritto Sofi!» spiegò Blaze, con l’aria di stare parlando a due stupidi.
   «Ci hai parlato? E sei riuscito a tornare qui?» domandò Claudio, sempre più incredulo, mentre gli altri non perdevano una sola parola. Sofia spiegò rapidamente in che modo avevano distratto Prospero e le sue guardie e si erano introdotti nel palazzo.
   «In effetti il piano era ottimo e ha funzionato» fu costretto ad ammettere Claudio, «tuttavia, Blaze, non lasciarti ingannare da quello che hai visto. In quel momento era troppo occupato a compiacere la propria vanità, ma la verità è che Prospero Limardi è esattamente il tipo di persona a cui bisogna stare attenti. Ha nelle sue mani molto potere, sia a livello sociale che come Portatore, e in caso di uno scontro è un avversario temibile. Non si fa scrupoli a utilizzare sotterfugi e inganni, e in generale non mostra mai pietà per il nemico».
   «Da come lo dipingete, sembrerebbe persino peggio di Giovanni» notò il ragazzo.
   «Prospero Limardi è peggio di Giovanni, Blaze, molto peggio. Per questo spero che sfidarlo in questo modo fosse assolutamente necessario» concluse Claudio, rivolgendo un’occhiataccia alla sua figlioccia, che però non si scompose.
   «Lo era» disse infatti Sofia con un sorriso «e con questi libri ve lo dimostrerò».
   
 
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