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Autore: charliespoems    26/09/2015    5 recensioni
Il dolore e l’odio di Sasuke erano troppi per essere contenuti in quell’esile corpo. Lo spirito combattivo di Naruto, invece, gli lacerava l’anima. Tutte quelle emozioni erano esagerate anche per loro, quelli che sarebbe dovuti diventare gli eroi, ma che morirono da tali, uccidendosi a vicenda.
In una pozza di amore e sangue, con le parole non dette sulle labbra, le lacrime incastrate nelle ciglia e il cuore che, debolmente, batteva. Eppure a tutti è data una seconda possibilità, e Sasuke deve ancora riscattarsi. Deve riscattare lui, gli Uchiha, l’amore del ragazzo che giace al suo fianco.
E tutto si racchiude in un fascio di luce, che lo accoglierà accarezzandolo. Gli ricorda il suo Naruto, e ci si tuffa dentro.
Sasuke sconterà la sua pena, capirà i suoi errori in modo giusto seppur doloroso. Lo stesso dolore che, a causa sua, ha subito Naruto.
Perché nel nuovo mondo - quello di città, dove nessun coprifronte o casata conta - Sasuke dovrà rincorrerlo, e fare di tutto per essere di nuovo suo.
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Storia nata da una fanart trovata su Tumblr. É un esperimento; considerata un AU, ma sempre collegata al mondo del manga.
É la mia prima storia, spero vi incuriosisca!
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Sorpresa | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo dodici:
Attesa e redenzione.
 
      Il suo risveglio fu strano. Sentiva il capo pulsare, in preda ad un fortissimo mal di testa. Aveva passato gran parte della notte a girarsi convulsivamente nel letto, in cerca di un briciolo di sonno. Morfeo aveva deciso di rifiutarlo per tutto il tempo, probabilmente non gradendo la sua compagnia. Strinse i denti, notando quanto la luce solare fosse fastidiosa al mattino. Si sarebbe lamentato con qualcuno del suo pessimo umore, pensò, scusandosi di già mentalmente con il malcapitato. Alzò il busto, sfregandosi gli occhi in modo tale da abituarli alla luce, mentre sbadigliava sonoramente. Sentì sulla pelle una sensazione strana, mentre un brivido gli passò la schiena. Più o meno conosceva quella forma di agitazione, ma era impossibile che fosse reale. L’aveva solo nei sogni mentre combatteva Sasuke – e a quel pensiero divenne sempre più scettico, ancora incredulo nelle nuove scoperte – eppure quella notte non aveva sognato un bel niente. Sbuffò, gli occhi ancora chiusi. Avrebbe preferito sognare altre mille volte quella maledetta battaglia piuttosto che patire l’insonnia. Una volta sollevate le palpebre, però, capì il sentimento che oscuro era celato dentro sé. Sentì la pelle accapponarsi e cacciò un urlo disperato, cadendo quasi dal letto.

        Ad attenderlo sveglio erano un paio d’occhi tutt’altro che assonnati o tranquilli, di un nero piombo che faceva maledettamente paura, soprattutto se circondati da quello sguardo truce. Era troppo presto per essere morto – probabilmente per chissà quale volta – eppure quello sguardo che lo scrutava in modo critico lo faceva sentire all’inferno. Anzi, deglutì, Satana a suo parere sarebbe sembrato un cucciolo, in confronto. Pensò anche che quell’uomo avesse qualcosa contro di lui, poiché se avesse potuto polverizzarlo con un solo sguardo, bè, ci sarebbe riuscito eccome. Il signor Otsutsuki l’osservava perentorio, mentre batteva l’indice su una coscia con fare nervoso. «Buongiorno, signor Uzumaki. La stiamo aspettando da circa due ore e mezzo, è mezzogiorno. Ma, sa, siamo persone buone, l’abbiamo aspettata» Naruto giurò di non aver mai sentito una minaccia così ben esplicita in parole che dovrebbero essere sembrate di pura gentilezza o quasi affetto. Nemmeno Sakura era così terrificante, quando gli urlava contro di essere un emerito cretino e sparpagliava pugni un po’ ovunque invocando il suo «Shannaaroo!».

        Oltre ad Indra che composto su una sedia davanti a lui sostava, Ashura camminava avanti e indietro nella stanza, guardandolo di sottecchi per non mettergli soggezione. Idea assolutamente violata dal fratello, che aveva pensato bene di farlo sentire una merda da subito. Ma si sapeva, Indra odiava aspettare e quel ragazzaccio lo stava facendo attendere fin troppo. «Buongiorno Naruto. Siamo venuti qui senza un avviso, ti siamo effettivamente piombati in casa, ci dispiace per questo-» «Oh, certo, sto proprio per piangere» sbuffò l’altro, incrociando le braccia al petto, mettendo Ashura in difficoltà e facendo sentire Naruto ancora più inutile, tanto che incassò la testa nel collo, come a volersi nascondere. Ashura tossicchiò. «Emh, sì, dicevo, ti abbiamo portato qualche idea per i dipinti. Pensavamo avessi bisogno di qualche spunto. Abbiamo preso qualcosa dal libro che scrisse tua madre, la cara Kushina. Era una gran donna, sai?» Naruto sussultò. No, non lo sapeva. Non conosceva nulla di sua madre, non ne ricordava l’odore od il dolce sorriso se non grazie alle foto. Avevano vissuto per anni insieme, l’aveva cresciuto e dato tutto il suo amore, ma non riusciva a ricordarselo. I compleanni, le prime parole, i primi passi, il grembo materno che avrebbe dovuto cullarlo nel momento del bisogno. Non c’era niente di tutto questo nella sua mente.

         «E insomma, ci chiedevamo se avessi mai letto qualche sua opera, in modo tale da renderti il lavoro facile» il più piccolo degli Otsutsuki incespicò un poco, notando lo sguardo assente del biondo che, ancora semisdraiato nel letto, aveva gli occhi persi nel vuoto in un cipiglio stanco e malinconico. «Non mi sono mai interessato, in verità, ma potrei iniziare» borbottò in risposta. «Inoltre, Naruto, sia noi due che il tuo sensei Kakashi abbiamo deciso che è meglio per te se continui la scuola. Potresti dare più anni in uno in modo tale da avere il prima possibile una certificazione che non sia un semplice diploma. In questo modo aumenterebbero di gran lunga le tue possibilità, che già al momento non sono poche» proseguì Indra alzandosi in piedi. Il ragazzo strinse forte le mani tra loro, provando un senso di fastidio alla mano destra e alla bocca dello stomaco. «Se non volessi prendere in considerazione l’idea?» bisbigliò. «Te ne pentiresti in futuro, quando sarà troppo tardi» concluse il maggiore, con tono perentorio di chi non ammetteva repliche.

        «Per quanto riguarda la mostra non preoccuparti, andrà bene. L’unica cosa che ci serve è un’orchestra. Stiamo cercando vari musicisti, non per forza dei professionisti ma anche dei giovani ragazzi come te che vorrebbero farsi notare» concluse Ashura. «Tu ne conosci qualcuno?» chiese. «Vi farò sapere» sospirò Naruto, passandosi una mano fra i capelli sempre più frustrato. Se prima il mal di testa era fortissimo, adesso la sentiva spaccata in più parti. Gli sembrò quasi di vedere il suo cervello misto a sangue colare dalle orecchie copiosamente. Avrebbe tanto voluto rompersi il cranio da qualche parte in modo tale da non provare più alcuna sofferenza. Si chiese per quale motivo dovesse capitare tutto a lui. Nuove vite, persone che lo uccidevano solamente con lo sguardo, baristi a forma di cetriolo cotto con la pettinatura più bizzarra del mondo e amiche dai capelli rosa che entravano di soppiatto e chiamandolo a gran voce.

         Sakura si fermò un secondo, per poi scusarsi più volte di fila con i signori Otsutsuki. Dopo il terzo inchino e le guance completamente rosse, Ashura le sorrise cordialmente sussurrandole di stare tranquilla, mentre Indra uscì dalla stanza e dall’abitazione stessa senza nemmeno un cenno di saluto. Non che Naruto si aspettasse chissà quale riverenza. Salutò un po’ impacciato Ashura, per poi buttarsi di nuovo nel letto e coprirsi il viso con il cuscino. Voleva sparire. «Che figura» Sakura si sedette vicino a lui, togliendogli il cuscino dalla faccia. «Mi devi raccontare cos’è successo con Sasuke. Suigetsu mi ha detto che c’era di divertirsi» sorrise, vedendolo arrossire. «Abbiamo solo parlato» sussurrò, cominciando a raccontare.
 

 
           «Non credere di scamparla, Uchiha del cazzo» Pensava di averla scampata. Quella mattina era entrato dalla porta del retro già vestito, in modo tale da non dover fare casino con gli armadietti dello sgabuzzino dove venivano stirati e tenuti pronti i vari grembiuli della divisa. Aveva aspettato lì dentro l’orario di apertura, in preda ad una noia imparagonabile ad altre, in modo tale da poter stare da solo. Aveva tenuto le orecchie ben aperte per essere pronto una volta che lui sarebbe arrivato. Perché se la sera prima aveva continuato il suo lavoro per poi darsela a gambe evitando interrogatori vari, quella mattina proprio non c’era riuscito. Non appena aveva messo piede fuori dalla porta per arrivare al salone e cominciare ad apparecchiare, Suigetsu l’aveva preso per il colletto e l’aveva trascinato al bancone, sotto lo sguardo intenerito di Karin. Jugo, intanto, faceva il suo lavoro come sempre. E sotto un certo verso Sasuke non poteva fare altro se non invidiarlo. Suigetsu delle volte sapeva essere la più pettegola delle galline. Perché sì, si meritava quel nome, a detta sua.

        Si girò per liberarsi e magari mandare al diavolo quell’idiota, ma tutto quello che ricevette fu una mestolata nel naso che gli fece male e non poco. «Questo è per ieri, razza di imbecille» Una pazza isterica, pettegola e anche manesca. Si ritrovò a chiedersi, con il naso che pulsava maledettamente, se Suigetsu avesse davvero i coglioni. Era davvero l’essere più stupido al mondo. Eppure riusciva a sopportarlo. In un certo senso aveva bisogno di quella poca intelligenza nella sua vita. Lui, che era così pieno di pensieri intelligenti, doveva per forza avere come pecca un amico cretino quanto il mestolo che gli era arrivato in piena faccia. «Per ieri perché non mi hai detto niente, e soprattutto perché hai continuato a fare lo sbruffone con il tuo ragazzo nonostante io ti avessi fatto un cazziatone bello e buono» sputò veleno, l’albino, con gli occhi che s’imporporavano di un sottile strato di rabbia. E da lì Sasuke pensò che fosse anche parecchio frustrato. Karin non lo aveva ancora nemmeno sfiorato dopo la pazzesca promessa. Fece un risolino ironico.

             «Vedrai che prima o poi te la darà» detto questo si incamminò verso Jugo, per aiutarlo. Peccato che uno sbuffo pericoloso lo fece tornare indietro. E di sua spontanea volontà, addirittura. Suigetsu si stava incazzando, e anche parecchio. Non che avesse paura di lui, assolutamente. Ma sapeva essere davvero convincente, una volta persa la ragione-causa-nervosismo. Quindi avrebbe ricevuto un altro signor discorso, rimanendo senza parole. Sbuffò rumorosamente, avvicinandosi. «Che vuoi» suonò più come un comando che come una domanda. «Solamente che mi racconti cos’è successo» «Come se non lo sapessi già» borbottò, alzando gli occhi al cielo. D’un tratto si aprì la porta, rivelando la figura di Madara Uchiha in tutto il suo essere perennemente incazzato con il mondo. «È arrivato lo zietto» gli diede una gomitata Suigetsu, facendogli scappare un sorriso sghembo. Cosa diamine ci faceva lui al locale? «Senti, tu. Non ho intenzione di perdere tempo quindi mi starai a sentire. Ho parlato con tuo fratello e per quanto gli abbia detto di iscriverti e basta mi ha chiesto di venire da te e farti presente che tu, a partire da domani pomeriggio, frequenterai un corso serale di musica. Ci sarebbe un’iscrizione per una scuola, ma a quanto pare la rigetti come fosse me in persona» sbuffò alla battuta priva di gusto. «Sta di fatto che avrai un insegnante che conosci abbastanza bene» Sasuke assottigliò le palpebre. «Non lui» bisbigliò.

         «E invece sì, Sasuke. Lui» continuò Madara, senza badarci troppo. «Parteciperai per il tuo bene e per quello di tuo fratello. Intesi?» Sasuke era confuso. Si guardò intorno, cercando di nascondere il fastidio al braccio sinistro e il pulsare alla testa. Perché gli faceva così tanto male? Il dolore partiva dal gomito fino alla mano, lo sentiva quasi bruciare. Non voleva veder quella feccia, l’aveva portato sulla via distorta, perversa. L’aveva reso ciò per cui in quel momento, in quella vita, doveva rimediare. Strinse forte i denti. «Non ci penserò due volte a strozzarlo con queste mani, Uchiha» sibilò, aumentando la stretta. Non riusciva a capire nemmeno cosa potesse c’entrare Itachi in tutto quello. Era la sua vita, erano le sue colpe. Sopportare il fatto che lui fosse presente e sempre pronto ad aiutarlo era già tanto come redenzione. Era stato lui ad ucciderlo. Certo, sotto il suo volere, ma era stato comunque per mano sua. Aveva tolto la vita a suo fratello. Sbatté forti le mani sul bancone, in un moto di cieca rabbia. Tentò di calmarsi subito dopo. Pensare a quella perdita lo faceva sragionare.

           «Calmati, coglione. Distruggere il locale non ti porterà a nulla» gli bisbigliò Suigetsu, una volta che anche lui era riuscito a riacquistare tutto il suo autocontrollo. «Sasuke, vorrei anche che tu prendessi la patente. Con il corso non dovresti contare sempre sulle spalle di Itachi» continuò Madara. Il ragazzo si morse la lingua a sangue. Sembrava quasi che volesse allontanarlo dal fratello il più possibile. Ma perché? Che fosse stato proprio Itachi a volerlo? No, ne avrebbe sicuramente parlato prima con lui. Probabilmente era per via della sua nuova ragazza, ma forse gliel’avrebbe presentata. Si corresse subito dopo. Non l’avrebbe mai fatto, com’era giusto. Nei suoi panni anche lui si sarebbe comportato allo stesso modo. Sospirò di nuovo. Una patente. In Giappone non era per niente cosa facile potersi prendere una patente. Poggiò i gomiti sul bancone, pensandoci, mentre sentiva Suigetsu cercare di trattenere in malo modo una risata, tanto che poi scoppiò a ridere tutto in una volta. Lo incenerì con lo sguardo, pronto ad una schifosissima battuta. «Vuo-vuole davvero fargli prendere la patente?» chiese, fra una risata e l’altra. «No ma dico, l’ha visto?» gli prese le guance fra le dita, dandogli un’espressione buffissima e da immortalare, tanto che Karin da lontano fece immediatamente una fotografia. «Lui anche alla guida di un triciclo diventerebbe un pericolo pubblico. Lo guardi bene. Un piccolo Sasuke Uchiha con i capelli a culo d’anatra che minaccia gli altri bambini perché hanno invaso il suo spazio, che va dai diciannove ai venti metri di distanza dal suo corpo» per poi mollargli il viso e scoppiare a ridere nuovamente.

          «Vuoi morire» sibilò, guardandolo minacciosamente. Tanto che l’altro, una mano spiaccicata fra le labbra per non ridere troppo sguaiatamente, se ne andò verso i tavoli. Sasuke non seppe mai che Karin, di soppiatto, aveva inviato la sua foto a Sakura, la quale aveva apprezzato particolarmente. «Sui» si avvicinò al ragazzo, passandogli una tovaglia in modo tale da farsi aiutare ad apparecchiare. «Ti va di accompagnarmi da mio fratello, oggi?» chiese. Era agitata, non lo aveva mai conosciuto davvero, se non solo per sentito nominare. E nemmeno in quella vita ricordava molto di lui, se non spezzoni di vita. Non sapeva nemmeno se ricordava il mondo dei ninja o solamente quello di Tokyo. Aveva bisogno di qualcuno che le facesse compagnia. «Mh, d’accordo» fece finta di niente lui, mentre una particolare contrazione dello stomaco lo fece sentire particolarmente felice.

   «Ci penserò» sbottò Sasuke, quasi a mandarlo via. Aveva troppe cose a cui pensare, quella notte non era riuscito a chiedere occhio e si sentiva incredibilmente stanco. Gli mancava la sua vita da ninja, e non poco. Ma per stare in balia dell’odio, era meglio avere riprendersi ciò che era suo.
     Naruto.






Angolo autrice:
la scuola è iniziata, con mio immenso dispiacere.
Sfortunatamente non ho più tempo per scrivere velocemente, per cui credo che aggiornerò per lo più il sabato e soprattutto quando potrò. Mi dispiace, cercherò in ogni caso di non rendere inconclusa questa storia perché è un progetto a cui sono molto affezionata e che voglio assolutamente portare a termine.
Capitolo più o meno di passaggio, dove i due cari devono cominciare a pensare alla propria carriera. E poi bè, la dichiarazione di Sasuke ci stava. Tanto ormai più ooc di così si muore.
Mi dispiace scrivere così poco ma sto davvero poco bene, quindi è il caso che vada.
Risponderò alle recensioni il prima possibile, promesso.
Un bacione, grazie mille a tutti coloro che supportano e soprattutto sopportano sia me che la storia.
Charlie;

P.s. Scusate eventuali errori.
   
 
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