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Autore: EleEmerald    27/09/2015    1 recensioni
 Dal decimo capitolo:
"Io vi maledico" disse. "Maledico tutti gli uomini di questo mondo. Tutti gli uomini che si metteranno sulla strada di mia figlia e delle sue nipoti. Quando ingannereto loro, come avete ingannato me, esse vi uccideranno. Sarà l'ultima azione sbagliata che compirete perché le mie figlie vi perseguiteranno, vi inganneranno e saranno la vostra rovina. E poi vedremo, come ci si sente a stare dall'altra parte del manico."
.
Quando Matthew Williams, un tranquillo ragazzo di diciassette anni, incontra Elizabeth, di certo non si aspetta che quella ragazza lo porterà incontro a tanto dolore. Ma, dopo averla ritrovata in un bosco ricoperta di sangue, non rimanere implicato nelle sue faccende è quasi impossibile. Le prove che dovrà affrontare si riveleranno più complicate di come sembrano e, inesorabilmente, si ritroverà a perdere molto di più che la sua semplice normalità. Implicato tra leggende e antiche maledizioni, vivrà, oltre ai momenti più brutti, anche quelli più belli della sua vita.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 18: ...e poi dritto fino al mattino

Elizabeth mi fece nascondere nel suo armadio in tutta fretta. Era abbastanza grande e largo e non fu difficile per me infilarmi tra le montagne dei suoi vestiti. Speravo solo che il ripiano reggesse il mio peso. All'interno profumava di pulito ed ero certo, grazie al tipico odore di nuovo, che non fosse appartenuto al padre di Thomas, probabilmente era uno dei mobili che era stato cambiato dopo la "morte" della nonna di Elizabeth. La ragazza lasciò l'anta leggermente aperta e la luce iniziò a filtrare dalla fessura, intorno c'era solo buio. Cercai di non respirare rumorosamente e di non muovermi mentre sentivo i passi di Elizabeth allontanarsi. I secondi passarono lenti, se Isabelle fosse arrivata davvero a casa prima del previsto, uscire da lì sarebbe stato davvero rischioso per me. E per Elizabeth.
Presi a contare. Uno. Due. Tre.
Nessun rumore, non mi sembrava che la ragazza parlasse con qualcuno. Cinque. Sei.
Mossi leggermente l'anta e feci entrare più luce. Sette.
Poi riuscii a sentire la voce di Elizabeth che si avvicinava a me. Otto. Nove.
La porta della camera si spalancò e io rischiusi l'anta con il cuore che batteva a mille per l'ansia.
Dieci. Elizabeth aprì l'armadio e mi sorrise.
Non aveva un'aria preoccupata, anzi, reggava tra le braccia Tinker Bell e accerezzava lentamente il suo lungo pelo.
- Falso allarme - disse e io mi lasciai andare in un sospiro di sollievo, smettendo di contare.
- Cos'è stato? - domandai.
Indicò il gatto e poi lo lasciò andare. - A volte quando lascio le porte accostate, lei ci appoggia sopra le zampe e le chiude, non so chi gliel'abbia insegnato, ma lo fa. Poi ha infilato le scarpe con il tacco di mia madre, probabilmente involontariamente, perché quando sono arrivata continuava a muoversi cercando di toglierle.
Scoppiai a ridere e uscii dall'armadio con l'aiuto della mano di Elizabeth. Quando fui finalmente a terra mi accorsi di esserle vicinissimo. Le guardai i grossi occhi verdi che mi fissavano e non dissi nulla. Sentivo il suo respiro sulla mia pelle. Mi accorsi che aveva un ciuffo di capelli sul viso così alzai una mano e lo spostai. Feci un passo avanti e i nostri nasi si sfiorarono. Lessi nel suo sguardo una profonda confusione e, scuotendo la testa, fece un passò indietro e si allontanò.
"Maledizione" pensai. Con lei dovevo andarci piano.
- Scusa - la sentii dire.
Mi voltai di scatto. - Cosa?
Scosse la testa. - Vale davvero la pena, Matthew?
Rimasi per un attimo in silenzio poi, con calma, sussurrai: - Per me si, per me tu vali la pena.
Per un attimo le mancò il respiro e arrossì poi scosse di nuovo la testa. - Ma è per anche per me che deve valere.
Fu come se Elizabeth avesse preso il pugnale e avesse iniziato ad accoltellarmi. Non aprii bocca, rimasi ad assorbire il colpo. Non lo aveva detto con cattiveria e poi aveva ragione, la maledizione si sarebbe compiuta su entrambi. Quella frase non significava nient'altro se non quello che diceva. Elizabeth non aveva detto di non amarmi, ma nemmeno il contrario.
- Hai ragione – dissi. - Andiamo a vedere questi filmati?
Lei annuì e uscì dalla stanza con me al seguito. Una volta in corridoio aprì la porta di quella che era stata la stanza di sua nonna e mi fece entrare. Era la camera più mal messa di tutta la casa. Intorno al letto, che aveva la testata di legno e molto rovinata, erano ammucchiati un sacco di vecchi mobili, tra cui anche un armadio. Appoggiato sopra al comodino nero c'era un disegno fatto a carboncino. Mi chinai per vederlo meglio e mi accorsi che era il ritratto di un volto. Raffigurava una donna giovane, sui venticinque anni, che sorrideva. La linea del viso era morbida e i suoi occhi erano pieni di vita mentre guardava verso di me. I suoi capelli erano invece raccolti in una coda che ricadeva arricciandosi sul collo. Era davvero molto bella. Per un attimo mi sembrò Elizabeth, aveva lo stesso sguardo e le stesse labbra, ma la donna del ritratto aveva almeno dieci anni più di lei. Immaginai che doveva essere stata sua nonna.
- È mia madre - disse la ragazza vicino a me dissipando i miei dubbi.
Prese in mano il ritratto e lo girò, indicando una scritta sull'angolo in basso a destra. La calligrafia era fine e ordinata. Lessi la dedica:

Alla mia Isabelle,
sei l'essere umano più bello che abbia mai visto. Sono così fortunato a stare con te. Ti amerò sempre.
  Malcom.


Quindi Elizabeth mi indicò la data sull'angolo opposto, in alto a sinistra: 2 giugno 1998.
- Due settimane dopo se n'è andato - mormorò. - Sono nata a febbraio, Matthew. Se fai il calcolo, ero stata concepita da appena un mese. Gli è bastato sapere che mia madre temeva di essere incinta per sparire dalla nostra vita. Ti amerò sempre." - ripetè come per schernirlo.
Riguardai il ritratto e riuscii a rivedere la donna che mi aveva minacciato in quella del ritratto. Avevano due espressioni molto diverse. Non c'era la spensieratezza e la voglia di vivere negli occhi della donna che abitava ora in quella casa.
- Era un artista come te.
- È l'unica cosa che ho in comune con lui - disse. Aveva uno strano tono, come se da una parte fosse dispiaciuta.
- Perché tua madre non l'ha buttato? - chiesi.
- Per quanto lo odiasse, in una piccola parte di lei amava ancora mio padre. Lo teneva nascosto sotto il suo letto e ogni tanto lo guardava. Me l'ha mostrato quando avevo quattro anni e mi ha fatto promettere di non dire niente alla nonna, che altrimenti glielo avrebbe portato via. - Fece una pausa. - Quando mio padre è morto non è più riuscita a vederlo, gli incubi erano già tanti senza farle provare dolore anche con questo. Lo ha lasciato qui, tanto nessuna delle due ci entra mai.
Quella situazione mi ricordò mia madre e capii che le due donne avevano in comune più di quanto immaginassi. Entrambe amavano ancora un uomo che aveva fatto loro del male.
"Io lo odio. Ma gli voglio anche bene" aveva detto mia madre quando mio padre ci aveva confessato del figlio che aspettava e io non avevo capito le sue parole. Come si poteva odiare una persona, continuando comunque ad amarla?
Forse Isabelle aveva la risposta.
Elizabeth mi fece tornare alla realtà portandomi verso il baule ai piedi del letto. Lo aprì e si chinò a cercare qualcosa. Mi appoggiai per terra vicino a lei e notai che si stava facendo largo con le mani tra numerosi album di fotografie. Decisi di rendermi utile e, siccome il motivo per cui mi aveva fatto andare da lei erano stati dei filmini, mi misi alla ricerca di qualcosa che potesse contenerli. Un attimo dopo, Elizabeth alzò il braccio reggendo una videocassetta.
- Sono lì dentro i filmati? - chiesi.
Lei annuì, tirandone fuori dal baule altre tre.
- Hai qualcosa per farle funzionare? - Le videocassette erano state sostituite dai DVD da molto tempo ormai e la maggior parte delle persone aveva buttato tutto.
Elizabeth tirò fuori il lettore dal baule. - Ho tutto il necessario.

 

Un quarto d'ora dopo Elizabeth aveva attaccato il lettore alla vecchia televisione che si trovava nella stanza e vi stava infilando dentro la prima cassetta datata il 1975. Sullo schermo iniziarono ad apparire alcune sequenze offuscate. Si vedeva male, i vecchi colori si erano rovinati, trasformandosi in un color seppia e l'audio quasi non esisteva. Poi finalmente le immagini si sistemarono e riuscimmo a vedere la scena.
Ci sedemmo uno di fianco all'altra sul letto, che non era molto comodo, e ci concentrammo a guardare il filmato.
Era stato girato in un salotto. Per terra c'era un grande tappeto pieno di colori con alcune frange e, a destra di esso, un divano imbottito e una poltrona su cui erano disseminati alcuni giocattoli: un orsacchiotto senza un occhio, una bambola e un paio di macchinine.
Due bambini si rincorrevano in giro per la stanza chiamandosi a gran voce, o almeno così sembrava, visto che non riuscivamo a sentire nulla. Dovevano avere la stessa età ed erano un maschio e una femmina. La madre di Elizabeth e il padre di Thomas.
Un attimo dopo, la piccola Isabelle si fermò, stanca, e raggiunse chi stava filmando. La telecamera si mosse e per un secondo vedemmo il soffitto, poi venne appoggiata per terra. I piedini di Andrew, il padre di Thomas, si avvicinarono e le sue manine raccolsero la telecamera. L'immagine iniziò a muoversi.
- La sta rosicchiando? - chiesi.
Elizabeth scoppiò a ridere. - Immagino di si.
Attraverso le immagini capimmo che Andrew aveva fatto cadere la telecamera e ora qualcuno la stava riprendendo. La nonna di Elizabeth, che assomigliava al ritratto della figlia in modo quasi impressionante, appoggiò la macchina da presa su una mensola del salotto e riuscimmo a vedere tutta la scena. Andrew piangeva, triste che la mamma non gli avesse permesso di finire quello che aveva iniziato mentre Isabelle lo abbracciava.
- Quanti anni avevano?
- Due. Mentre mia nonna ne aveva ventisette - rispose Elizabeth.
Non c'era niente di importante in quei video, erano solo ricordi di famiglia.
L'immagine si offuscò e si annerì. Il lettore buttò fuori la cassetta.
Elizabeth si alzò e il letto emise un cigolio poi si chinò e inserì la seconda cassetta. Questo filmato si era conservato ancora peggio del primo. Lo schermo mostrò solo un'immagine di due ragazzini sui dodici anni chini su una scrivania poi il buoio. Rimanemmo in attesa che si sistemasse e mostrasse altro ma non accadde.
Elizabeth sbuffò e fece per alzarsi.
- Ci penso io. - Infilai la terza cassetta. Aveva la data riportata sul dorso: 1991.
Il filmato cominciò subito. Era molto più chiaro rispetto agli altri e i colori non era quasi totalmente rovinati.
Inizialmente si intravide soltanto una luce che proveniva da una porta accostata ma un secondo dopo questa si aprì mostrando Isabelle e Andrew. Erano uno di fronte all'altro e lui portava dei vestiti eleganti. Compresi subito che in quella cassetta l'audio funzionava perfettamente.
"Guardati," disse lei allacciandogli la cravatta "sei bellissimo."
Lui sorrise. "Non so cosa farei senza di te, Iz."
"Forza, sbrigati. Caroline non aspetterà tutta la sera."
Andrew annuì. "Sei sicura di non voler venire?" domandò poi.
"Non ho nessun accompagnatore e non voglio fare la terza incomoda tutta la sera. Sei innamorato di Caroline da così tanto. È la tua occasione, non la rovinerò."
"Sai che per me non sei affatto una terza incomoda" disse il padre di Thomas.
"Smettila." Lei gli tirò un pugno ridendo. "Muoviti."
Andrew abbracciò sua sorella e si fece guidare verso la porta.
"Mamma!" esclamò Isabelle guardando verso di noi. "Stai filmando?"
Andrew fece una linguaccia verso la telecamera e per qualche secondo mi sembrò Thomas. Ero sempre stato convinto che assomigliasse più a sua madre, ma in quel momento mi accorsi che aveva la stessa espressione e la stessa linea del viso di suo padre, perfino la stessa identica sfumatura di occhi castani.
Isabelle accompagnò il gemello fino alla porta di casa e quando lui uscì, lei si rivolse alla madre. "Metti via la telecamera" disse in modo duro.
Sua madre la appoggiò sopra una mensola come aveva fatto nel primo video e tornò a guardare sua figlia senza dire una parola.
"È spenta?" chiese Isabelle con uno strano tono di voce. Sembrava quasi che stesse per scoppiare a piangere.
"Si" disse sua madre.
Isabelle le diede un'occhiata e, fidandosi della madre, ci cascò in pieno. Riuscimmo a vedere i suoi occhi riempirsi di lacrime poco prima che si lasciasse scivolare per terra. Avevo indovinato, poco prima aveva la voce rotta di qualcuno che sta per abbandonarsi al pianto.
Sua madre la fissò con aria dura. "Smettila."
"Come posso farlo? È sempre stato con me, tutta la vita. E ora non sarà più così. Da questa sera comincerà ad uscire con lei, si fidanzeranno, si sposeranno e allora lo avrò perso per sempre. Adoro Caroline, è meravigliosa." Prese un respiro. "Ma senza di lui cadrò nella maledizione. Io...io non ho mai avuto bisogno di un uomo. Lui era tutto ciò di cui avevo bisogno. Non voglio innamorarmi, non voglio soffrire."
I suoi occhi cercavano conforto in quelli della madre che però non fece nulla per consolarla.
Sentii qualcosa toccarmi e abbassai lo sguardo: il dito mignolo di Elizabeth stava sfiorando il mio palmo. Ci misi un attimo a capire che stava cercando di fare in modo che le prendessi la mano. Spostai il palmo dal suo tocco e mi fermai un attimo per guardarla di profilo. Era totalmente presa dalla scena che mostrava il filmato, respirava in modo irregolare e per un secondo pensai che avesse gli occhi lucidi, ma non era così. Forse non si era nemmeno resa conto di quello che aveva fatto. Magari era stata una reazione involontaria. Le afferrai la mano e gliela strinsi d'impulso. Lei guardò le nostre dita intrecciate e poi il mio volto.
- Grazie - mormorò. Doveva essere difficile sentire quelle parole uscire dalle labbra di mia madre.
Tornammo a guardare il filmato. La nonna di Elizabeth aveva messo una mano sulla spalla di sua figlia. Non c'era tenerezza nel suo sguardo, sembrava provare pena.
"Non puoi sfuggire alla maledizione. Tuo fratello ti ha allontanato dagli altri ragazzi solo per un po', ma se anche fosse rimasto più tempo con te, tu ci saresti caduta comunque" disse.
Si mosse verso di noi e poi il filmato diventò nero.
Quando Elizabeth lasciò la mia mano per inserire il quarto e ultimo filmato, sentii come se mi stessero strappando una parte di me. Non avrei voluto lasciarla andare, ma lei si chinò di nuovo verso il lettore. Fu allora che lo schermo tornò a colorarsi prima che lei potesse toccare qualcosa.
L'immagine fu breve. Mostrava Isabelle, Andrew e la mamma di Thomas, Caroline, alla cerimonia dei diplomi. Erano vicini e in posa per una foto. Aspettavano, in silenzio e sorridenti.
"Mamma, quella è la videocamera" disse Andrew scoppiando a ridere.
Caroline si lasciò trascinare nella risata e Isabelle fece lo stesso, rivolgendo uno sguardo felice al fratello.
Poi il video finì.
Elizabeth si volse verso di me con uno sguardo confuso, io le feci segno di inserire la prossima cassetta e poi di venire a sedersi vicino a me.
- Di che anno é questa?
Lei arrossì. - Del dicembre del 1999. Avevo dieci mesi.
Le rivolsi un grande sorriso. - Non vedo l'ora di vederti.
Sullo schermo comparve un piccolo Thomas di due anni e mezzo vestito con una maglietta con i personaggi di un cartone animato, che reggeva tra le braccia una bambina con alcuni ciuffi di capelli biondi e due occhi verdi. La piccola si succhiava il pollice e si guardava intorno felice.
- Eri bellissima! - esclamai.
Elizabeth arrossì ancora di più.
- Non che adesso tu non lo sia, anzi. - Mi voltai. Forse non avrei dovuto dirlo.
- Matthew, noi... - cercò di parlare mentre nel video Thomas si chinava su di lei e le toccava la guanciotta paffuta.
La bloccai. - Senti, scusami per come mi sto comportando oggi, non lo sto facendo apposta e non voglio metterti pressioni. So quello che stai rischiando e che non puoi permetterti di innamorarti di me. Ma rischio anch'io, okay? La maledizione era innanzi tutto rivolta verso gli uomini e il fatto che ci vada di mezzo tu é stato un terribile effetto collaterale.- Mi fermai per guardarla negli occhi e deglutire. - Ma nessuno dei due ne subirà le conseguenze. Devi solo fidarti di me.
Mi resi conto solo quando smisi di parlare di quello che avevo fatto: mi ero praticamente dichiarato nel modo più stupido e impulsivo della storia! Avrei voluto mettermi le mani tra i capelli e prendermi a pugni da solo. In più avevo la strana voglia di urlare contro ad Elizabeth e allo stesso tempo baciarla.
- Non è semplice - disse lei tremando.
Annuii. - Lo so. Ma...
Proprio in quel momento ci giunse la voce di un'Elizabeth di sei anni dal filmato. La scena doveva essere cambiata mentre parlavamo.
Mostrava la bambina nella sua stanza, accovacciata su uno sedia ricoperta di cuscini per arrivare alla finestra. Guardava fuori e parlava, apparentemente da sola.
"Non voglio innamorarmi. Mai."
La Elizabeth del presente mi lanciò un lungo sguardo. Quella frase stava a pennello con quello di cui parlavamo fino ad un attimo prima.
"Ti prego, Peter, portami via. Non voglio crescere, non voglio. I grandi soffrono. Non voglio soffrire, Peter. Hai portato con te Wendy e lei non ha voluto restare. Ti prometto che io invece resterò." Guardò il cielo per un secondo e prima di scendere dalla sedia mormorò ancora una volta il nome del suo angelo. "Peter..."
Poi all'improvviso sentimmo la voce di Isabelle. "Smettila di usare quella telecamera per spiare attraverso le porte." E il filmato finii.
Elizabeth si alzò di scatto, prese la cassetta e la ributtò nel baule con le altre.
- Come cavolo si è permessa di filmarmi in un momento così? Ha fatto lo stesso con mia madre. Erano cose intime. Maledizione, credevo che nessuno mi vedesse. Ero fragile. Era un momento mio e lei se ne è appropriata!
Continuò ad imprecare contro sua nonna per circa cinque minuti ma io avevo smesso di ascoltarla. Aveva detto che quelle erano cose intime a tal punto che nessuno avrebbe dovuto vederla, che mostravano la sua fragilità. E allora perchè aveva voluto raccontarmele e rendersi debole anche ai miei occhi? Per un attimo mi sentii importante. Avevo appena appreso di essere l'unico a conoscenza di quei fatti e se li aveva detti a me, proprio a me, un motivo c'era.
Deglutii e glielo chiesi.
Lei mi guardò stranita, in parte perchè avevo interrotto il suo sproloquio e in parte parte perchè non capiva il perchè della domanda. Poi, come se fosse una cosa scontata, disse: - Te l'ho già detto, Matthew. Tu non sei come gli altri, sei speciale. Mi fido di te.
- Ma non ti fidi come vorrei. - Decisi che per quel giorno non avrei detto altro, mi ero sbilanciato fin troppo e non volevo rovinare il nostro rapporto.
Mi alzai dal letto e guardai l'orologio: il corso di nuoto sarebbe iniziato di lì a venti minuti.
- Devo andare – annunciai uscendo dalla stanza e dirigendomi a prendere la giacca.
Elizabeth mi corse dietro. - Ti prego, Matthew, non andare. Non abbiamo concluso nulla oggi. Sappiamo solo che a mia nonna piaceva filmare le persone di nascosto e che è sempre stata dura con i suoi figli e che non lo era solo con me, ma...
- Devo andare a nuoto – dissi ridendo.
- Credevo fossi arrabbiato...Posso venire con te? - chiese. - Non mi piace stare a casa da sola, soprattutto dopo questi filmati. Troppi penseri in testa e troppo silenzio nella casa.
Annuii. - Ti avviso però che ci vorrà molto.
- Posso aspettare. - Sorrise.



Angolino dell'autrice: Buona sera a tutti! Alla fine si è scoperto che la madre di Elizabeth non era tornata a casa ma era solo un falso allarme mentre il nostro Matthew ha finalmente fatto capire ad Elizabeth quello che prova, anche se in un modo tutt'altro che intelligente. Cosa ne pensate? Ha fatto bene o avreste preferito che non fosse così? Alla prossima!
  
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