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Autore: Selhen    29/09/2015    1 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non ero stata capace di chiudere occhio quella notte. Più volte il verso di qualche animale notturno mi aveva svegliata, ed io, rigirandomi su un fianco, avevo rabbrividito. Il mio unico pensiero fisso era Velkam. Se Gaar non fosse riuscito a farlo scappare in tempo, sarebbe morto; visto che all'indomani mattina era stata fissata la sua esecuzione.
Riuscii ad attendere soltanto la prima timida luce dell'alba, ma, ovviamente, di Gaar non c'era stata ancora alcuna traccia.
Fremente per il nervosismo e l'agitazione raccolsi allora la mia sacca e mi preparai a raggiungere Kamar. Non potevo rischiare di perdere Velkam per sempre.
La mia wuff, accoccolata in un angolo roccioso del rifugio, sollevò la testolina assonnata e mugolò sorpresa.
"Vieni Daff, è ora di andare", le dissi. 
Rovistai nella borsa, controllando che fosse presente tutto il necessario. C'erano dei kisk, delle pergamene che conducevano ai punti nodali di Atreia, e ancora del cibo.
Decisi che per precauzione avrei lasciato un kisk in quella caverna. Ci legai l'anima anche quella volta, nella speranza che un elisiano qualunque non me l'avrebbe mandato in frantumi, e poi raccolsi una pergamena per Kamar e la srotolai.
Era il caso che cominciassi a muovermi a quell'ora, perchè, più si avvicinava il momento dell'esecuzione e più la fortezza si sarebbe riempita di gente.
Con quel pensiero lessi la formula vergata sulla pergamena, e mi dissolsi, come sempre, comparendo ai piedi dell'obelisco principale di Sarpan. Mi dispiacque di non poter sparire, ma quella era solo una prerogativa di assassini e cacciatori, perciò dovetti solo darmela a gambe e impegnarmi a trovare un nascondiglio efficace prima che il sole fosse completamente sorto.
Sorrisi quando mi balenò nella mente un'ottima idea. Perchè non nascondermi nella zona in costruzione di Kamena? Era un angolo della fortezza che dava perfettamente sulla piazza e gli edifici, da quando avevano interrotto i lavori, erano deserti. Non c'erano negozi nè taverne. Gli accessi erano chiusi e questo mi garantiva di certo una tranquillità maggiore.
Approfittando del favore della poca luce mi incamminai in fretta verso piazza della pace. La attraversai furtiva e quando giunsi all'ingresso di Kamena mi ci gettai, evitando per un pelo di essere vista da un Reian che iniziava a montare di guardia davanti al Palazzo di Kamar.
Un'apertura faceva da ingresso ad un palazzo in costruzione. Appoggiandomi alla parete per evitare di cadere giù dalle scale salii, alla ricerca di una qualche altra apertura che desse sulla piazza. Dovetti salire più piani, ma alla fine il risultato fu quello sperato. Direttamente dal terrazzo di quella alta abitazione potevo avere una panoramica perfetta della piazza. 
Potei notare l'obelisco elisiano che per l'occasione era stato sistemato al centro e la pedana sulla quale, supposi, Velkam avrebbe udito la sua sentenza. 
Avrebbero costretto Velkam a legarsi a quell'obelisco e solo allora il guaritore dell'anima avrebbe proceduto allo scioglimento dell'anima da esso.
Il pensiero dell'uccisione di Velkam senza una conseguente rinascita mi fece cedere le gambe. Dovetti sorreggermi alla merlatura del tetto dietro cui mi ero nascosta. 
Strinsi i pugni. Chissà se Gaar era venuto a cercarmi...
Supposi che se l'avesse fatto a quell'ora doveva essere furibondo perchè gli avevo disubbidito.
Mi appostai dietro quella merlatura e scivolai a sedere per terra sospirando. Avrei dovuto attendere un po' prima che la piazza si riempisse di gente, anche se, dentro di me, speravo che un funzionario qualunque annunciasse al pubblico che il prigioniero era scappato.
Passarono attimi, minuti, ore... non lo seppi mai con esattezza, ma poi udii il suono di alcune trombe cerimoniali. Mi riscossi e mi voltai, carponi, a sbirciare da dietro la merlatura di pietra, verso la piazza.
Adesso un vociare continuo la riempiva, numerosi elisiani e asmodiani erano accorsi a Kamar per assistere all'esecuzione del cacciatore traditore, poi, non pochi, a mio parere, erano lì nella speranza che un mio arrivo potesse trasformare quell'esecuzione in uno spettacolo meno noioso e più plateale.
Mi sistemai meglio scacciando con una mano un sassolino che mi si era conficcato in un ginocchio e ne approfittai per legare i miei capelli in un alta coda di cavallo sulla quale sistemai una benda che mi copriva parzialmente gli occhi. Era l'unica cosa che avevo trovato rovistando nella sacca. In questo modo sperai di essere meno riconoscibile, dopotutto usavo sempre portare i miei capelli sciolti e a volte, anche una coda di capelli raccolti e un coprifronte potevano fare miracoli... 
Dopo averlo fatto mi trattenni nuovamente alla merlatura di pietra e rivolsi maggiore attenzione al pubblico della piazza.
Riuscii a scorgere Saephira e Kazuyro in un angolo. Dal viso della mia amica barda traspariva una tristezza smisurata, e sembravano anche inutili le parole che il suo nuovo ammiratore cercava di pronunciare per confortarla.
Sospirai, avrei voluto essere là per abbracciarla. Per cercare da lei un po' di conforto, proprio lei che tante volte aveva asciugato le mie lacrime e raccolto le mie confidenze.
Scorsi Dahnael avanzare verso Saephira e mormorarle qualcosa all'orecchio che parve gettarla maggiormente nello sconforto. 
La mia amica affondò il viso tra le mani artigliate e scosse la testa disperata.
Quando spostai lo sguardo lo vidi. Tra le prime file laterali. Lui e la sua zazzera rossa.
Supposi che dopotutto ad Araziel non poteva dispiacere che l'elisiano che aveva infangato il nome della sua legione venisse ucciso. Stava mormorando qualcosa a Flamet. L'assassina aveva sorriso melliflua, causandomi nello stomaco un chiaro moto di fastidio e... gelosia?
Abbassai lo sguardo, tristemente. Dietro ad Araziel stava schierata tutto il resto della legione.
Infine un viso gradito fece capolino tra la folla. Bello come la notte e gelido come il ghiaccio.
Shad stava salendo le scale di piazza della pace. Portava al braccio la chierichessa, Ethun, e sembrava fare certi sorrisi di circostanza a chi si fermava a parlare con lui.
Studiai l'aspetto di Ethun. Il fermaglio dorato che sembrava ferire la grande crocchia scura, spiccava ai primi raggi di sole più intensi. Le lunghe gambe della chierica erano ristrette in un paio di eleganti calze e il vestito corto, rigorosamente in maglia metallica, le conferiva una rispettabilità senza pari.
La piazza era sempre più gremita. 
Così come mezza Pandaemonium era accorsa, notai che anche gli elisiani non erano stati da meno, quanto a pettegolezzi.
Intere legioni elisiane sostavano ai fianchi della grande pedana in legno. La loro lingua sconosciuta si intrecciava alla nostra più familiare e giungeva a me, nell'eco di singole parole o di suoni sconnessi.
Stavo ancora scrutando l'immensa folla quando mi sentii spingere in avanti da qualcosa.
Mi sorressi alla parete e quando mi voltai per poco non urlai. Davanti a me c'era il muso di un fiero spirito del vento. Mi fissava silenzioso con i suoi occhi assenti e senza pupille.
Ad averlo vicino potei percepire il gelo del suo respiro, ma non mi mossi di una virgola e capii, nel momento in cui l'essere animato si spostò e venne ad accovacciarsi al mio fianco, chi fosse il suo proprietario.
Guardai con tenerezza quello spirito grande e grosso rimanere a farmi compagnia e pensai a Shad. Si era accorto di me e mi aveva mandato un segno.
Quando mi sporsi a guardare nuovamente oltre le mura e lo cercai, trovai i suoi occhi. Mi lanciò solo uno sguardo fugace, poi tornò a voltarsi con teatrale disinvoltura verso l'asmodiano che gli stava rivolgendo la parola in quel momento, e riprese una fitta conversazione stringendo la mano di Ethun nella sua.
Ad un certo punto sembrò che la piazza non fosse più in fermento. Calò un silenzio lugubre, e ai lati della pedana due guardie Reian accompagnarono il prigioniero.
Velkam teneva le mani legate dietro la schiena e la testa bassa.
Il panico mi assalì, quando lo vidi, come se fino a quel momento mi fossi aspettata un esito diverso.
Dov'era finito Gaar? Perchè Velkam era ancora in catene?
La mia evidente agitazione infastidì lo spirito che grugnì di disapprovazione.
"Velkam...", mormorai con gli occhi che mi diventavano lucidi.
Gli animi iniziarono a surriscaldarsi quando un elisiano che non riconobbi, probabilmente uno dei governatori elisiani, salì sul patibolo ad annunciare l'ingresso del prigioniero. Era un tiratore biondo e dall'aspetto severo e fiscale.
All'inizio pronunciò alcune parole incomprensibili, poi però, la sua voce forte e chiara si levò, e riconobbi nel suo accento melodioso la nostra lingua. 
"Signori...", disse, " Voglio solo esprimere la mia più sentita disapprovazione per quanto è accaduto con il nostro prigioniero. Questa è la sorte di chi tradisce Atreia... e il popolo elisiano, naturalmente!". Rimase terribilmente serio e rivolse uno sguardo rammaricato verso Velkam, che da un angolo guardava con ostentata ostilità il tiratore. "Spero che quest'esecuzione di oggi sia di monito per tutti quanti, mi dispiacerebbe se si ripetesse una cosa simile ancora una volta... Lord Silence è un governatore di buon cuore e odia gli inutili spargimenti di sangue...", annunciò con quello che mi parve un finto rammarico. 
"Se così fosse, sarei costretto ad agire allo stesso modo. Non si dica mai che gli elisiani non sono rispettosi della legge... ed è lo stesso atteggiamento che ci aspettiamo da voi... asmodiani, quando avrete trovato la traditrice".
Silence volse i suoi gelidi occhi verso la platea. Nella parte in cui erano raccolti la maggior parte degli asmodiani, poi fece un cenno del capo col quale invitò il guaritore dell'anima ad apprestarglisi incontro.
"Con il potere conferitomi dal Governatore del Sanctum, Fasimede, e dalle leggi che da sempre la governano, io, Governatore Silence, dichiaro te, Velkam, figlio di Cornelius, responsabile di alto tradimento e massimo disonore nei confronti del popolo elisiano. Per tutto ciò ti sarà negata l'immortalità di cui un Daeva gode. Da oggi, nessun obelisco potrà più accogliere la tua anima....", chiarì il Governatore lanciando un occhiata al cacciatore elisiano che lo guardava con disprezzo.
Il Guaritore che aveva salito le scale lentamente, impacciato dalla sua lunga veste, si accostò al nuovo obelisco consacrandolo affinchè Velkam potesse legarvi la sua anima.
I miei respiri iniziarono a divenire irregolari, senza che me ne fossi accorta. 
Scossi il capo terrorizzata. 
Adesso la legione di Velkam farà qualcosa, ne sono certa. Gaar apparirà con un manipolo di uomini e lo porteranno via... pensai.
Tutto continuava ad accadere, lentamente, ma nessun manipolo di uomini assaltava l'obelisco e portava via Velkam.
A quanto sembrava, piuttosto, gli Empirean Knights erano tutti presenti alla cerimonia.
Mi accorsi con sgomento dell'arrivo di qualcuno che mai, mi sarei aspettata, di vedere tra la folla.
Gaar e un pugno di altri pochi funzionari avanzavano placidamente nella piazza. L'assassino sembrava discutere animatamente con uno di loro. Un fattucchiere, a dirla tutta.
La pistola che avevo stretto in un pugno mi cadde di mano. 
Ero allibita... troppo sconvolta per riuscire a pensare lucidamente a cosa fare. Gaar aveva tradito Velkam?
Non sembrava per nulla preoccupato dell'imminente esecuzione del cacciatore, anzi, rideva e discuteva con altri elisiani con la massima spensieratezza.
Mi morsi il labbro tanto violentemente da farlo sanguinare.
Dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa. Causare un diversivo, dare a Velkam il tempo di scappare, quantomeno.
Senza indugiare ancora raccolsi la mia borsa e mi lanciai a capofitto giù per le scale. L'unica soluzione era gettarsi nella piazza e lasciare che gli altri mi vedessero per far scoppiare un finimondo. Al resto avrei pensato a tempo debito.
Non feci caso a quello che lo spirito del vento fece, non appena mi vide alzare e andare via. Probabilmente era rimasto di sopra come gli era stato ordinato dal padrone.
Attraversai la piazza spintonando la gente. "Permesso", "Scusate", dicevo, tentando di apparire il più disinvolta possibile.
Avevo scelto di mescolarmi tra le fila degli elisiani, che, ne ero certa, avevano meno familiarità col mio volto di quanto potessero averla quelli della mia legione. 
Fu quando riuscii ad arrivare a due file dal patibolo che gli sguardi miei e di Velkam si incontrarono.
Il cacciatore scosse il capo preoccupato, tentando di dissuadermi da quello che stavo per fare, ma era troppo tardi.
Mi gettai davanti al patibolo, esattamente davanti agli occhi di tutti, tra lo stupore del maggior numero degli asmodiani.
"La traditrice!", qualcuno urlò tra la folla.
"Sì, è proprio lei".
Lo sguardo di Gaar si sollevò dallo stupore. Il flusso di parole che stava pronunciando si bloccò, e il fattucchiere che gli stava accanto seguì il suo sguardo cosciente.
Riuscii a svincolarmi con facilità da una guardia che mi si era gettata addosso, poi, quando raggiunsi il largo maggiore della piazza, cercai di scappare verso la zona commerciale di Lamina ma in quel momento mi sentii le gambe paralizzate e ruzzolai a terra.
Consapevole di essere stata vittima di un qualche incantesimo sollevai lo sguardo a cercarne l'autore e vidi il fattucchiere che prima era intento a conversare con Gaar, con la mano ancora sospesa.
Come aveva osato attaccarmi in una zona neutrale? 
Sguainai le pistole nel tentativo di difendermi ma già una nuova formula stava per essere pronunciata da quell'ufficiale elisiano.
In quell'attimo di immobilità, in cui tutti rimasero a guardare cercando di indovinare quello che di lì a poco sarebbe accaduto, si udì uno sparo che colpì in pieno la barriera del fattucchiere elisiano.
Araziel, da lontano, aveva sparato e teneva palesemente in mano la pistola ancora fumante.
Lo vidi avvicinarsi piano.
"E' una zona neutrale, Cohaku, non la toccare!". 
L'ufficiale elisiano lo guardò con scherno. "Levati di mezzo, Araziel, è una traditrice".
"E' nostra...", aveva soffiato tra i denti il tiratore caricando nuovamente i revolver, "tocca a noi catturarla, non a te!".
Approfittai di quel temporeggiamento per alzarmi, ma una freccia del vento, lesta, mi tagliò la coscia facendomi urlare di dolore. Mi accasciai, senza avere più le energie necessarie per poter correre fuori dalla fortezza. 
"Prendetela!", aveva urlato l'elisiano ai suoi legionari, ignorando il minaccioso invito di Araziel.
Quell'intervento azzardato era costato a Cohaku l'ostilità di tutta la mia legione. Il capannello di curiosi adesso si era allargato lasciando ai due lo spazio di fronteggiarsi. 
Notai l'elisiano sollevarsi nell'aria per caricare un colpo potente, questa volta diretto ad Araziel, ma il tiratore fu più lesto. Lo schivò, reagendo alla provocazione con un colpo stordente. 
"Che cosa state facendo? Non sapete che piazza della Pace è una zona neutrale?", stava urlando una guardia Reian indignata, cercando di farsi spazio tra la folla.  
Sia il tiratore che il fattucchiere ignorarono l'avvertimento. Bastò un colpo ben assestato di pistola a spaccare la barriera di protezione di Cohaku e a ferirlo mortalmente.
"Ehi tu! Tiratore!", urlavano intanto le guardie, a monito, cercando di placare la rissa.
Flamet, l'assassina, si affiancò subito ad Araziel quando uno degli altri elisiani aveva cercato di immobilizzarlo. Dalle sue labbra sottili uscì un ringhio minaccioso, e ad essa presto si affiancarono Galthun, Pausania, e Yumeria.
"Se è la guerra che cercate, guerra sia", aveva sibilato minacciosa Flamet sguainando i pugnali che rilucettero alla luce del sole, ormai alto.
"Araziel!", lo chiamai arrancando, sperando che mi sentisse. Non volevo che si mettesse nei guai, non per me... attaccare in una zona neutrale e uccidere un nemico poteva essere punibile tanto quanto un tradimento. "Non farlo"
Troppo tardi. Una serie di pallottole ben calibrate investirono l'ormai inerme petto del fattucchiere elisiano. Nessuna barriera lo proteggeva, e questo comportò la sua totale disfatta.
Cohaku si accasciò, spalancando le candide ali in un gemito, mentre il mana gli veniva soffiato via da una potente raffica di colpi di pistola.
Se prima pensavo che si fosse scatenato il finimondo, non avevo ancora visto quello che sarebbe accaduto di lì a quel momento.
Tutti i compagni di Cohaku si gettarono contro Araziel, il quale, dal canto suo, aveva chiamato allo scontro i suoi legionari.
La voce di Galthun era emersa tra la confusione nel pronunciare parole di formule magiche. Sebbene Araziel fosse attaccato da più angolazioni le sue ferite sembravano rimarginarsi all'istante, tanto potenti erano le cure del chierico di legione.
Anche Flamet adesso era alle prese con un'altolocata barda elisiana, Yumeria, invece, aveva spedito il suo spirito del  vento a impacciare, con i suoi stordimenti, un altro fattucchiere che dalla folla si era unito alla mischia per vendicare il loro compagno.
Avvertii una calda cura avvolgere la mia gamba e risanarmi la ferita. Notai lo sfarfallare di un archetto e compresi che Saephira aveva cercato di aiutarmi. Da lontano i suoi occhi sembravano dirmi: scappa.
Le rivolsi un mesto sorriso, prima di rimettermi in piedi e cercare di correre nella direzione opposta.
"Prendetela, sta scappando!", aveva detto un Elisiano indicandomi.
Mi soffermai davanti al patibolo, dove Velkam, notai, aveva poggiato una mano all'obelisco e vi aveva appena legato la propria anima. 
Raggelai e il mio cervello andò momentaneamente in tilt. Non era possibile... erano riusciti a imporgli di farlo. Scossi il capo sbaragliata dallo stupore. "No...", urlai, rimanendo impietrita davanti alla pedana.
Non mi opposi quando due guardie asmodiane mi immobilizzarono. 
"No... no... vi prego! Prendete me, ma non lui!", dissi in preda ai singhiozzi. "Vi prego!".
Scorsi il governatore elisiano indirizzare un cenno del capo al guaritore, poi dopo quella che mi parve una triste nenia funebre, l'obelisco si lineò. Delle profonde crepe comparvero sulla superficie liscia della pietra finchè non si spezzò del tutto.
"Velkam!", avevo detto piangendo, mentre cercavo di divincolarmi. "No! Ti prego! No!".
Sentivo la testa pesante, e i sensi talmente allerta da star male. "Velkam..." stavo mormorando in preda alla disperazione.
Non riuscivo a scorgere più Gaar, non sapevo che fine avesse fatto, e l'unico motivo per cui avrei voluto saperlo era quello di ucciderlo con le mie mani.
"Traditore bastardo!", avevo ringhiato tra me, al suo pensiero.
Nel silenzio assordante della piazza, adesso, si potevano solo sentire i miei respiri affannati e i miei singhiozzi mentre cercavo di divincolarmi senza risultato.
Scorsi Gaar avanzare tra la folla che sembrava essersi spartita per formare un corridoio e permettergli di passare. L'assassino camminava a passo lento, sul suo viso era dipinta un'espressione grave e tormentata.
Lord Silence gli si accostò per qualche momento, mormorandogli all'orecchio alcune parole che sembrarono avere l'aria di un falso conforto. Vidi il giovane assassino elisiano annuire mestamente e sguainare entrambe le spade dai foderi fissi alla sua schiena.
"Un momento!", disse Lord Silence, richiamando l'attenzione di tutti con un cenno della mano.
"Adesso che la vostra prigioniera è catturata, noi elisiani ci auguriamo che giustizia sia fatta anche nei nostri confronti", aveva concluso gelidamente, invitando Gaar a salire sul soppalco.
Il popolo elisiano sembrò levare un cenno d'assenso alle parole del Governatore.
"L'ufficiale a cinque stelle Gaar, in quanto ammirevole soldato della fazione, e rispettabile nuovo capo della prestigiosa legione degli Empirean Knights, sarà il giusto punitore del suo predecessore".
Scossi il capo sconcertata a quelle parole. Incredula... basita... mentre vedevo Gaar avanzare sul patibolo con le spalle ricurve dal peso di quell'incarico.
Perchè?
"Sei un bastardo!", stavo urlando, sicura che mi sentisse.
Gaar mi ignorò. Lo vidi esitare solo un momento, come se fosse stato toccato nel profondo dalle mie urla di dolore, poi si dispose davanti a Velkam, che sollevò il capo per incrociare il suo sguardo un'ultima volta.  
Le lacrime che mi offuscavano la vista scorrevano copiose sul mio viso ormai sciupato. Non potevo più fare niente, mentre la morsa di quelle mani asmodiane mi immobilizzava. Sentivo i loro artigli affondarmi violenti nella carne, e sentii le loro dita stringere ancora più forte nel momento in cui Gaar levò entrambe le spade preparando il colpo.
"Non farlo, ti prego!", dissi accasciandomi sfinita sul pavimento della piazza "Gaar, non farlo...". 
Non riuscii a guadagnami neanche l'attenzione della folla, che intenta, stava aspettando con trepidazione il momento dell'uccisione del capo degli Empirean knights, da parte del suo secondo. Solo gli occhi di Saephira incontrarono i miei e compresi in essi tutto lo strazio e il tormento che le mie sofferenze le arrecavano.
Quando Gaar, con un movimento secco e preciso affondò entrambe le spade nell'addome di Velkam , urlai.
Mi sentii morire dentro nel momento in cui nei suoi occhi indifesi e nel suo sguardo smeraldino vidi, piano piano, svanire tutta la vitalità. 
Le labbra sottili e morbide del cacciatore elisiano, che tanto avevo baciato, si spalancarono come per un respiro mancato e le sue gambe cedettero, mentre sotto di lui si apriva una pozza di sangue scarlatto.
Barcollai quando i miei occhi incrociarono i suoi, sempre più assenti e spenti. Avrei voluto morire, avrei voluto che in quell'istante avessero fatto di me qualsiasi cosa.
Uccidetemi, vi prego... voglio andare da lui... 
"Velkam...", fu quello che uscii, debole, dalle mie labbra. Ero distrutta, spiazzata, mentre lasciavo ciondolare la testa ormai priva di qualsiasi forza, abbandonandomi alla forza dei miei carcerieri.
Non potei scorgere il viso di Gaar. Avrei voluto proprio vedere la sua espressione mentre lo uccideva.
Con che coraggio era riuscito ad ammazzarlo? Come aveva potuto tradire il suo migliore amico in quel modo?
Quando cavò via le spade insanguinate dalla ferita, Velkam si accasciò sul suo stesso sangue. Lo vidi rannicchiarsi su se stesso nell'ultimo anelito di respiro.
Le ali del cacciatore elisiano si spalancarono per l'ultima volta, macchiando il loro candore con il sangue copioso che fuoriusciva dalla ferita, poi, per l'ultima volta, il suo corpo si dissolse nell'aria per non fare mai più ritorno. 
La sua anima, ormai, era perduta per sempre. E io con essa. Non provai neppure a scappare dal mio destino.
Presto, molto presto, ci saremmo reincontrati...


[Non odiatemi, vi prego... anche se me lo merito ç_ç Al prossimo capitolo e... recensite pure, ditemi tutte le brutte parole che vi passano per la testa... io le accetterò]
Link del gruppo per fare tutte le discussioni che desiderate:   https://www.facebook.com/groups/964519573578228/
  
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