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Autore: ToscaSam    29/09/2015    1 recensioni
importantissimo!
Come il precedente Nate Babbane e l'Estera Rimpatriata, questa storia seguirà la trama di uno dei libri della saga di Harry Potter, solo da un punto di vista diverso. Stavolta sarà Harry Potter e i Doni della Morte a fare da sfondo alla vicenda che mi accingo a narrare.
Si tratta del QUARTO E ULTIMO capitolo di quella che vuole essere una gigantesca fanfiction, regalo per le mie più care amiche.[...]. In secondo luogo, sarà un percorso attraverso i libri di Harry Potter, solo da un’altra prospettiva, un po’ meno in luce. Il punto di vista sarà quello di studentesse “normali”, che non hanno a che fare niente con le vicende eclatanti che gravitano attorno al trio protagonista della serie.
Vorrei specificare che cercherò di essere più fedele possibile ai romanzi, nel senso che leggerò accuratamente e riporterò in chiave personalizzata tutti i momenti “generali” presenti nei libri. Voglio dire che quando si nominerà “la Sala Grande gremita di studenti”, probabilmente i miei personaggi saranno lì presenti, o che quando si parlerà di “partite di Quidditch” le mie protagoniste si uniranno al resto della scuola per fare il tifo. [...].
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nate Babbane (OLD VERSION)'
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Imminenza
 
La casa dei Clarke era sempre stata in ordine: i soprammobili venivano curati con minuziosa attenzione, i libri riposti con straordinaria premura, e ogni singola componente dell’arredamento domestico riceveva attenzioni che non tutte le persone gli avrebbero dedicato.
Se qualche frequentatore abituale della casa vi fosse entrato in quell’agosto, si sarebbe messo le mani nei capelli e avrebbe urlato: “dove diavolo sono finito?!”.
E fu proprio quella la prima cosa a cui pensò la signora Clarke quando udì suonare il campanello.
Avvicinandosi velocemente all’ingresso, spostando inutilmente l’insolito disordine che regnava nel suo salotto, sperando di dargli in de secondi una rassettata accettabile, chiese a voce alta:
« Chi è?»
Non fu data nessuna immediata risposta.
La signora aggrottò le sopracciglia in un’espressione preoccupata.
Il cuore le batté più forte nel petto.
Sbirciò nello spioncino della porta portandosi contemporaneamente una mano all’altezza della vita, dove teneva la bacchetta.
« Chi è?!»
Ripeté, notando la figura sconosciuta di un ragazzo piuttosto giovane.
« Signora Clarke? Sono… sono Dario, signora. Un amico di sua figlia».
La donna si sciolse da ogni timore e aprì la porta quasi spalancandola:
« Dario!!» urlò tirando dentro il ragazzo per un braccio.
« Dario! Sei proprio tu? Oh povero caro, Dara mi ha avvisato delle lettere che stanno mandando a voi poveri tesori. Oh! Sono così contenta che sei venuto qui! Con cosa sei arrivato? Con i tuoi genitori? Vieni, siediti caro, siediti mentre vado a chiamare Dara e scusa il disordine … Dara! DARA!!».
Dario fu scaraventato su un divano molto morbido, che lo inglobò nella sua imbottitura. Era trafelato e appesantito da tre grandi borse rigonfie.
La mamma di Dara era, come già Alice aveva raccontato a tutti, una Dara di vent’anni più anziana: l’atteggiamento e persino la voce erano uguali; si assomigliavano molto pure dal punto di vista fisico, anche se la carnagione della signora Clarke era più scura di quella della figlia e l’abbondante chioma bruna, molto più voluminosa – quella di Dara aveva subito di recente una non desiderata sfoltita – .
Dario si lasciò coccolare dalla stanchezza unita al morbido appoggio.
Non prestò attenzione allo scambio di battute vociate molto forte fra le due donne di casa, ma gli parve che dicessero qualcosa riguardo una doccia.
Confermando la sua ipotesi, qualche minuto più tardi, Dara Silva Clarke, o semplicemente la sua amica di Corvonero, scese le scale avvolta in un accappatoio bianco.
Sua madre gli stava al fianco, rimproverandola di non essersi sbrigata.
Quando Dara vide Dario appollaiato sul divano, in mezzo alla confusione che regnava nel salotto, gli corse appresso e si tuffò letteralmente su di lui.
Dario accolse con un doloroso tossicchiare il peso dell’abbraccio, piombato direttamente sulle sue costole già provate dalle borse a tracolla.
« Dario!! Che ci fai qui? Come stai? Ho parlato con Alice, mi ha detto delle orribili lettere che vi hanno mandato. Dario, prendi qualcosa. MAMMA! Offri qualcosa a Dario invece di continuare a ripetere che ho fatto tardi!».
Mamma Clarke scosse il capo, per evitare di continuare il battibecco, e si diresse in cucina a prendere qualcosa dal frigo.
« Ciao Dara» sputacchiò il ragazzo, liberandosi dell’amica facendola scivolare al suo fianco. Si sentì un rumore di risucchio d’aria.
Mentre Dara si preparava a continuare il suo interrogatorio anche dalla nuova postazione, con espressione affranta l’amico disse:
« So che è un po’ sfacciato da chiedere, ma avrei bisogno di un posto dove dormire, stanotte».
Dara si sistemò l’asciugamano-turbante che le avvolgeva la testa e fissò l’ospite dritto in faccia.
« Per quello non c’è problema, puoi stare qui quanto vuoi. Ma cosa ti è successo?».
La mamma di Dara tornò in salotto con tre Burrobirre fresche, già stappate. Si sedette con i ragazzi, porgendo loro le bottiglie.
Dario sospirò e allungò una mano per prendere la bevanda.
« Sono praticamente scappato di casa. I miei pensano che tu mi abbia invitata per le vacanze, ma in realtà non tornerò né da loro, né a Hogwarts».
Non ci fu tempo per entrare in un clima di tristezza, come il tono sconsolato del ragazzo avrebbe potuto causare, poiché la signora Clarke replicò con un energico:
« Ben detto! Che non ti venga in mente di mettere piede in quel posto! Povero caro, devi nasconderti al più presto! DARA. Perché non hai detto tu a Dario di venire qui? Oh e anche a quella vostra altra amica. Come si chiama?!»
Dara scoccò un’occhiata infastidita alla madre:
« Alice, mamma. E per favore, non ti ricordi più che stiamo sloggiando anche noi?».
La signora Clarke affievolì l’energia del suo sorriso e si guardò intorno, desolata.
« Hai ragione. E dobbiamo ancora pensare a dove andare. In Brasile di certo …. Ma a casa di chi? Di sicuro, però, non prima di aver risolto la questione di Dario e Anita. La sicurezza dei Nati Babbani è la cosa più importante»
« Alice, mamma. E anche papà è un Nato Babbano e anche a lui è arrivata la lettera. Comunque. Parliamo della riunione: ho sentito dire che ce ne sarà una. Dico male?».
Mentre parlava, Dara si sciolse l’asciugamano dai capelli e iniziò a massaggiarseli per riportarli alla naturale curvatura.
Dario intanto si era liberato dai lacci delle tre borse che continuavano a mozzargli il respiro.
« Si, faranno una riunione ed è per questo che sono venuto via da casa proprio ora. Casa tua era la più vicina e …. Aspetta un attimo! Anche tu non tornerai a Hogwarts?»
« Hah! Non ci pensa nemmeno!» Sbraitò la signora Clarke prima che Dara potesse rispondere.
Anche se era una strega purosangue, discendente di una lunga linea dinastica del Brasile, Rayane Clarke non aveva avuto nessun tipo di problema a sposare un mago nato dai Babbani. Non aveva mai considerato i non-maghi degli esseri inferiori, né nessuno gliel’aveva mai fatto credere. Diceva sempre che l’Inghilterra era malata, per questa questione del sangue, e che in Brasile la mentalità era decisamente più aperta.
Era molto preoccupata per la rinascita di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e quando a sua figlia era arrivata una lettera (firmata dal Ministero) che informava dell’obbligo di frequenza a Hogwarts, non aveva avuto alcun dubbio sul da farsi: preparare le valige, prenderle e andare molto molto lontano.
Dara aveva smesso di scuotere la chioma riccia e si era attaccata alla Burrobirra, quasi famelica.
« Che poi, non so nemmeno se mi ci vorrebbero davvero in quella scuola marcita. Nella lettera che mi hanno mandato, c’è scritto che all’arrivo mi avrebbero fatto un controllo per verificare il mio stato di sangue. Sembrava che mi parlassero come se avessi l’ebola, accidenti a loro e le loro corna»
Sbuffò, dopo aver tracannato il primo sorso.
Rayane non disapprovò i toni poco educati della figlia.
« Dario, tu dove pensi di andare?» chiese al ragazzo che era rimasto in silenzio, a contemplare gli scatoloni dell’imminente trasloco.
« Vieni con noi. In Brasile ti confonderai bene. Ho venticinque cugine, di certo Tu-Sai-Chi impazzirebbe prima di riuscire a capirci qualcosa nel nostro albero genealogico» suggerì la donna, invitando Dario a bere la Burrobirra con così tanta frenesia che ne versò una buona dose sul divano.
Dario per un attimo immaginò sé stesso sopra un aereo, che volava alto sull’oceano e atterrava in un paese dove venticinque Dara lo strapazzavano a destra e a manca, riempendolo di moine.
La vera Dara, invece, ebbe un’idea.
« Mamma. Perché non nascondiamo Dario a Maison Lavande? Chiederò a François se hanno un posto per lui … e io potrei accompagnarlo, così non sarebbe solo».
Nella mente di Dario si delinearono i contorni violetti della villa ben conosciuta.
La prospettiva lo entusiasmò molto e sentì quasi l’impazienza crescergli in petto.
Mentre Rayane rifletteva sulla proposta della figlia, la serratura dell’appartamento scattò. I tre occupanti del divano fecero un balzo all’unisono e si voltarono per vedere chi fosse: un uomo sulla quarantina, con la fronte molto solcata dalle rughe, i capelli e barba castani e due grandi occhi spiccatamente verdi, fece il suo ingresso nella casa.
« Han! Bentornato. Questo è Dario, un amico di Dara … stavamo appunto pensando al suo nascondiglio».
Il signor Clarke parve un attimo sconvolto. Passò in rassegna il volto della moglie e della figlia, per poi fissare Dario. Aveva lo sguardo identico a Dara, pensò lui.
Riscuotendosi dallo spaesamento, il padrone di casa disse:
« Ah, sei un Babbano di nascita anche tu, vero figliolo? Ce l’hai fatta a spiegarlo ai tuoi genitori? Un mucchio di ragazzi sta scappando di casa …».
Dario arrossì e tacque, tormentando l’etichetta della Burrobirra.
Il signor Clarke tuttavia, non badò alla reazione del ragazzo e subito si rivolse alla moglie: « Rayane. Ho sentito Sally Smith, che abita a due isolati da qui: dice che dei funzionari del Ministero sono andati a bussare alle porte di tutti i Nati Babbani della zona. Bisogna sbrigarsi … ce la facciamo a partire domani mattina?».
La donna non fu troppo sorpresa e il suo occhio divenne determinato.
Annuì al marito, poi afferrò il braccio di sua figlia e strinse la presa:
« Dara, scrivi a François. Dario non può andare là da solo. Senti se ha posto per voi due. Di noi non preoccuparti, sai che in Brasile non ci verrà certo a cercare nessuno».
Dara si alzò dal divano e prendendo Dario per mano lo condusse al piano di sopra, lasciando i suoi genitori a discutere della partenza e delle preoccupazioni.
Quando entrarono in camera, la ragazza scagliò l’asciugamano sul letto sfatto e iniziò ad armeggiare sulla scrivania, buttando all’aria mille foglietti di pergamena, piume e calamai.
Era stranamente buffo l’accozzo che produceva l’arredamento magico in un appartamento di un condominio Babbano nel centro di Londra, pensò Dario.
Come se in una casa torre del medioevo, entrando, uno si fosse trovato davanti un divano di pelle sintetica, l’interruttore della luce e un computer portatile su un tavolino di vetro.
Rapito dalla praticità con cui Dara interagiva nel suo mondo, Dario si concedette un’occhiata alla stanza: non era grande né piccola, ma ad ogni parete erano appesi poster di modelle che si muovevano sulle passerelle di chissà che sfilate di moda. Erano sicuramente streghe, perché come nelle foto, si muovevano davvero. Ce n’era una con una stravagante veste verde, che inciampava in continuazione, tra i flash dei fotografi.
Dara incrociò lo sguardo del suo amico:
« Ah, si. Quella è un pezzo raro! È uno scatto originale, ma il fotografo l’aveva buttato via perché pensava che nessuno volesse vedere una modella che inciampa. A me però fa ridere … guarda! È inciampata di nuovo! Ah ah!»
Dario rise con più forza di quanto si sarebbe aspettato da sé stesso in un momento come quello.
« Dopo ti faccio vedere la mia stanza segreta. Vedi quella porticina? In realtà era uno sgabuzzino, ma papà con la magia l’ha Estesa e dentro ci tengo due manichini e un sacco di stoffe. Mi mancherà un sacco, se andremo davvero a nasconderci in Francia. Vabbè, tanto non l’avrei usata nemmeno a Hogwarts … Comunque! Dario. Sei sicuro di non voler tornare a casa dai tuoi genitori?».
Dara brandiva una pergamena abbastanza grande e una bella piuma d’aquila per scrivere.
Aveva acceso uno sguardo molto penetrante.
Dario sospirò:
« Si. Ho parlato con Alice ed è la cosa giusta da fare. Dovrò scrivere una lettera ai miei genitori, dove gli spiegherò al meglio le cose. Gli dirò che vadano a nascondersi da qualche parte. Però non adesso. Lo farò quando anche i tuoi saranno partiti e noi saremo lontani da qui … altrimenti mi verrebbero a cercare». Sospirò il ragazzo.
Dara si rimboccò le maniche pelucchiose dell’accappatoio e intinse la piuma in un calamaio ricolmo di inchiostro azzurro.
 
Caro François,
 
Prese un bel respiro.
Guardò la sua camera, Dario e quel poco delle strade di Londra che si riusciva a vedere dalla finestra.
« Ma Alice dove andrà?»
Dario non ne aveva idea.
« Passami quella cornetta, Dario. Anzi, fai tu il numero. Chiamala!»
Dario ruotò di centottanta gradi e afferrò la cornetta di un telefono arancione elettrico, che lasciò un lungo filo arricciolato penzoloni dietro di sé.
« Aspetta, ma a me ha detto che sarebbe scappata di casa …. Non posso chiamare i suoi genitori!»
« Hai detto che andava a casa di Irene per questa famosa riunione, no? Chiama Irene!».
Dario non se lo fece ripetere e premette a memoria la combinazione di numeri sui tasti del telefono.
Dopo qualche squillo monotono, si sentì un click, poi una voce rispose:
« Pronto?»
« Signora Tennant? Sono Dario Nub, un amico di sua figlia …»
« Sono io, Dario. Non mi riconosci? Ah ah, dimmi tutto»
« Oh, ciao Irene. Volevo … ehm … volevo sapere se Alice è già da te per quella riunione»
«No, mi ha scritto una lettera. È in viaggio da Ashington; dovrebbe arrivare domani. Che succede? Tu ci sarai, vero?»
Dario gemette: « No, in realtà non credo. Penso che mi nasconderò in Francia con Dara. Sai … la serra. … Però volevamo sapere se Alice ha già un piano»
« In effetti credo che ci sia un’altra proposta … Moris ha offerto casa dei suoi nonni. Sai, credo che faranno un Incanto Fidelius sulla casa, mentre lei andrà a scuola, così che nessuno sospetti niente. Credo che anche io mi nasconderò lì. Quindi tu vai a Maison Lavande?»
Dario fissò Dara, che cercava di seguire la conversazione, mentre reggeva in mano la penna sempre intinta di inchiostro azzurro.
« Si, a questo punto credo di si. I genitori di Dara partono domani, non possiamo aspettare. Ci sono quelli del Ministero già a due isolati da qui.»
Irene tacque per una buona manciata di secondi.
Dario la sentì respirare più forte, da dietro la cornetta.
« Ho capito. Allora … buona fortuna».
« Grazie. Anche a te buona fortuna»
« Stammi bene Darius»
« Anche tu. Salutami Tegamina»
« Certo!»
« Ciao Ire ...»
« Ciao …»
  
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