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Autore: Olovar    30/09/2015    0 recensioni
Londra, giorni nostri. Un'associazione segreta in guerra da secoli con gli esseri più antichi e conosciuti: vampiri. Sanguinari e violenti che continuano a cacciare, anche di giorno, quando la fame si fa violenta e i membri dell' "Ordine" sono sempre in agguato alla disfatta degli esseri infimi che occupano gli incubi di ogni singolo umano, inconsapevole della loro esistenza. Lexie Ward, giovane cacciatrice, alle prese con le sue paure dovrà affrontarli in onore della sua antica famiglia. Ma qualcosa va storto, un incontro che le scombussolerà i forti ideali che ha sempre seguito con fedeltà.
Genere: Azione, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Bleed it out 


Chapter 3
 
 
Darius rimase al Pub per altre quattro birre, rette abbastanza bene, anche se lo sguardo brioso e opaco era sempre presente su quel volto estremante bello. Era rimasto seduto ad un solo posto, con il boccale da una parte e uno dei suoi libri dall’altra e quando Lexie gli passava accanto per servire altri clienti o gli sfilava dalle mani il boccale vuoto, lui ne approfittava per attaccare bottone. Era estremamente gentile nei modi in cui si rivolgeva a Lexie e aveva un sorriso che incantava. Aveva un leggero accento, che Lexie classificò come francese, ma nei suoi lineamenti c’era un po’ tutto. Gli occhi chiari come i mari delle isole nordiche, i capelli scuri, quasi come la notte, richiamavano origini caucasiche ma i lineamenti erano sottili. Era gentile nel modo in cui le sorrideva e lasciava che lei lavorasse a patto che reggesse il suo gioco: cercavano di scorgere la tattica di abbordaggio peggiore e il risultato ottenuto. Lexie trovò quello stupido gioco estremamente divertente e Darius era dotato di un senso dell’umorismo elegante ma spinoso. Non fece alcuna domanda troppo diretta ma restava lì seduto, ad osservarla e giovare della sua semplice compagnia. Lucas tenne d’occhio il ragazzo, ma comunicò a Gordana e Birges che il ragazzo era estremamente innocuo, solo Tobias sembrava irritato, non riusciva a concepire come Lexie si potesse far distrarre in quel modo, loro avevano un compito e nulla poteva essere motivo di rinuncia. Scrutava Lexie con sguardo truce e furioso, pregando che la smettesse di far entrare quel ragazzo nella sua mente, tanto da eliminare il reale obbiettivo che li aveva spinti lì.
Lexie si sentiva estremamente colpevole, mentre si lasciava invadere dall’egoismo di ritagliarsi un piccolo spazio di normalità. Aveva sempre l’attenzione rivolta al minimo cambiamento d’aria o di odore. I suoi occhi volavano al di fuori del Pub oppure all’interno del locale, pronto a scorgere l’entrata in scena di presunti sospetti. Ma Darius la trascinava con sé in quella sera comune, tra qualche parola urlata per coprire il frastuono della musica e ne rubò qualche sorriso. Non riusciva a ricordare quando aveva riso tanto l’ultima volta. Si sentiva estremamente leggera e per qualche secondo dimenticò del tutto le varie angosce che avevano scazzottato nel suo animo. Si sentiva molto più leggera e i nervi si rilassarono al punto da non sentirsi più estremamente tesa.
Ma la sua quiete fu interrotta da un trillo. Non era il telefono del Pub ma il suo e il display segnava un numero sconosciuto. Ebbe un  leggero fremito di rabbia e fastidio. Il telefono squillava, segnalandole dove era il suo reale posto. Non dietro il bancone delle birre a sorridere e divertirsi con Darius, ma altrove, oltre quella concezione di piacevole normalità. Rispose, cercando di trattenere il fastidio per quell’interruzione. Era Arden.
“Allontanati dall’umano e ascoltami bene” La sua voce era dura e il fastidio che provava era palpabile anche a distanza. Darius la guardava cercando di comprendere il perché Lexie avesse alzato l’attenzione a lui, scrutandolo con estremo dispiacere, il dispiacere di doverlo lasciare lì mentre le spiegava perché non avesse scelto un luogo più tranquillo per leggere. Lexie si allontanò abbastanza da poter parlare; Arden era fuori e stava tenendo d’occhio l’intero Locale. Lexie non riuscì a scorgerlo per strada, ma sapeva che era lì, immerso nel buio con occhi attenti su tutto il perimetro di Rupert St e anche oltre.
“Bene, adesso tu e Tobias verrete in perlustrazione con me. Nel locale sta per entrare un vampiro , se ne occuperanno Gordana e Birges. Andate sul retro, inforcate tutto ciò che riuscite a reggere ed uscite. Vi aspetto” Non le permise di esprimersi o di ribattere. Chiuse la comunicazione, dopo aver velocemente dato ordini ben precisi. Nell’esatto momento in cui Lexie abbassò il telefono e scontrò lo sguardo di Tobias, la porta del pub si aprì ed entrarono una coppia. Lui molto più alto della ragazza. Aveva uno sguardo adorante e le sussurrava parole estremamente imbarazzanti, tanto da farla arrossire. Lei estremamente piccole e apparentemente fragile,ma con un viso da sogno. L’odore che emanava mise i Cacciatori in allerta. Era un vampiro, ma si muoveva con estrema tranquillità, forse all’oscuro della presenza di Quattro Cacciatori, armati fino ai denti. Fu Birges ad accoglierli, con ammirante autocontrollo li sorrise e li scortò ad un tavolo, uno dei pochi ancora liberi. Erano quasi le due, ma il locale restava aperto e disponibile, con ancora tutta la notte da godere. Tobias ebbe un fremito nervoso delle mani e il suo sguardo assunse un aspra espressione; come se il lezzo del vampiro lo disgustasse, lo rendesse un animale furioso quasi incontrollabile. Se avesse preso il sopravvento la sua incapacità di autocontrollo, l’intera copertura sarebbe saltata, i civili avrebbero rischiato la vita e il vampiro, forse, avrebbe attaccato alla gola della vittima, ammazzandolo, rovinando il gioco gustoso che stava conducendo con estrema facilità. Non possedeva nulla di non umano, non assomigliava al mostro che aveva attaccato Lexie. Era bella e il suo volto era una maschera di estrema dolcezza; chiunque ne sarebbe rimasto ammaliato e nessuno sentiva l’odore diverso che emanava, unico punto distintivo che metteva ogni singolo muscolo dei Cacciatori in allerta.
Doveva intervenire, Lexie, prima che Tobias si scagliasse contro di lei. Darius era ancora seduto al bancone, con lo sguardo chino al libro che era sul punto di fine. Il boccale di birra era ancora intero: aveva bevuto troppo e non poteva utilizzare ancora la scusa della birra per restare, avrebbe raggiunto casa sua strisciando o su una barella. Era estremamente dolce e Lexie si sentì morire quando si avvicinò per dirgli che sarebbe andata via.
“Ehi” La salutò come se fosse stata via troppo a lungo. Lexie ebbe un leggero brivido all’addome, come se si stessero scontrando al suo interno. Era troppo bello per essere vero, troppo gentile per rivolgersi a lei, una perfetta sconosciuta, in quel modo. Forse l’alcol addolciva un carattere rude e aspro, forse era solo divertito nel prenderla in giro per una notte per poi sparire. Qualunque fosse il motivo per cui un perfetto sconosciuto, avesse quasi sgomitato per conoscere il suo nome e aveva quasi perso la sua lucidità pur di restare lì con lei a parlare di sole sciocchezze.
“Io…. Io devo andare. Il mio turno è finito e stanno quasi per chiudere” Doveva affrettarsi. Con la coda dell’occhio scorse Tobias che fissava troppo il Vampiro, avrebbe fatto saltare l’intera copertura e tutto il piano sarebbe andato in bricioli. Forse Arden voleva allontanarli perché consapevole della natura animalesca di Tobias quasi incontrollabile.
“ Queste birre, spero che siano servite a qualcosa” Darius scivolò giù dalla sua postazione, mettendo maggiormente in mostra la figura sottile e in forma. Era molto più alto di Lexie, che solo adesso potè guardarlo meglio. Il caos del locale l’aveva costretta a soffermarsi solo sul volto, che come il resto del corpo, era bello da guardare. Era elegante anche nel modo di muoversi e gentile quando le sorrise, barcollando leggermente. Doveva smetterla di osservarlo in quel modo. Era chiaro l’ammirazione che Lexie provava nel guardarlo, come se non avesse mai visto un uomo prima di allora.
“ Vuoi che chiami un taxi? Non sei tanto in forma” Doveva muoversi, Arden aveva sottolineato l’importanza della fretta, ma non poteva lasciare che un uomo ubriaco si mettesse alla guida e magari rischiare. Lui scosse il capo, chiudendo gli occhi; stava cercando di recuperare lucidità persa sul fondo di troppi boccali e rise, più di se stesso.
“Voglio solo rivederti. Senza ridurmi cosi, però” Risero insieme e Lexie assaporò quella sensazione piacevole di felicità e di un comune incontro. Erano due ragazzi, apparentemente normali, che ridevano su note caotiche dopo troppe birre. Assaporò una piacevole immagine in cui tutto era molto più semplice, dove la sua fuga non sarebbe seguita da un ipotetico scontro, dove quell’incontro poteva susseguirsi ancora e ancora. Come potevano rivedersi? Lei non aveva alcuna libertà di farlo, non poteva far nulla che l’Ordine non poteva sapere e non poteva frequentare nessuno, rischiando per la sua sicurezza e la sicurezza di un intera generazione di Cacciatori. Darius aveva scelto la persona sbagliata sul quale puntare gli occhi, e Lexie dovette affrontare la consapevolezza, amara, di dover rinunciare alle risa e alla spensieratezza assaporata con gusto.
“Io… non credo che sia una buona idea.” Notò il cambiamento d’espressione di Darius; abbassò gli occhi, indurendo la mascella: una maschera delusa. Si passò una mano nei capelli e respirò, aveva bisogno d’aria. L’alcol stava facendo maggiormente il suo effetto e Lexie sentì la tensione farsi sempre più tagliente. Doveva assicurarsi che Darius ritornasse a casa, infondo era stata colpa sua se si era ridotto come uno straccio, ma doveva raggiungere Arden e portare Tobias fuori dall’orbita del nemico.
“Insomma non ti conosco e tu sei piombato così.. improvvisamente” stava ricercando le parole più gentili per allontanarlo. Non si sarebbero rivisti mai più, lei era una Cacciatrice e la sua vita era legata all’Ordine, mentre lui un semplice umano, con la libertà che Lexie non avrebbe mai avuto.
“ Hai ragione… cioè insomma, un tipo mezzo ubriaco che si sviscera per conoscere il tuo nome. Farebbe paura a chiunque. “ Lexie sarebbe rimasta lì ad ascoltare la sua voce, con quella leggera cadenza straniera, tutta la notte. Ma gli ordini bruciavano sulla pelle come se la voce di Arden avesse un potere indecifrabile, come se ci fosse un criptico marchingegno che si attivava al suon di ordini. Darius strinse i libri sotto braccio e la giacca scura fu appoggiata al braccio libero. Il calore del bar con la percentuale di alcol elevata nel sangue era un mix miciadiale e Darius dovette allentarsi la camicia per respirare un po’. Le sorrise, non tramutando la sua dolcezza in altro e alzando la mano, salutò appena Lexie senza lasciarle il tempo di spiegarsi meglio. Si sentì scivolare via un lieve lembo di felicità trovata per caso, ma il dovere era più forte di qualunque desiderio. Non appena Darius uscì di scena Lixie si scagliò contro Tobias, sempre più vicino al tavolo occupato dal Vampiro e la sua vittima e lo trascinò sul retrobottega. La pelle di Tobias scottava, ardente di rabbia.
“Tobias, guardami” Sembrava estraneo dal mondo, quasi fuori controllo. Lexie non aveva mai assistito ad un fenomeno tanto inumano, ma Tobias era febbrile di rabbia e gli occhi furenti. Tremava tra la stretta di Lexie e guardava all’interno del locale. Lexie lo scosse, terrorizzata.
“Tobias, Arden ci sta aspettando. Dobbiamo andare in perlustrazione” Quasi lo schiaffeggiò, e lui ritornò calmo.
“Cavolo,Lexie non so cosa mi sia successo. Scusa… ero quasi estranea… “Era spaesato, come se fosse rimasto fuori dal Pub per tutto quel tempo. Il volto era paonazzo, come se una furiosa rabbia lo avesse accaldato. Si strofinò il volto per ritrovare la lucidità persa e guardò Lexie che intanto si spogliava della divisa da lavoro, tralasciando l’idea di farsi vedere in biancheria intima. Dovevano muoversi, Arden aveva chiamato più di 10 minuti fa.
“Muoviti, Tobias. Arden non sarà contento del nostro ritardo” Frettolosamente indossarono i pantaloni neri, il dolcevita e la giacca foderata di armi. Erano pesanti come macigni, ma agilmente attraversarono il viale alle spalle del locale, percorrendo tutta Rubert St nell’anonimato assoluto. Erano invisibili, correndo nella notte umida di quel giorno. Nessuno avrebbe notato la loro presenza e il loro attacco sarebbe stato silenzioso. Arden sbucò dal nulla, tirandoli a sé nell’oscurità di un vialetto e il suo volto non augurò nulla di buono, per entrambi.
“Se adesso ci fosse stata un’emergenza, sarei stato ucciso senza alcun problema.” Lexie era l’unica colpevole per quel ritardo e Tobias non meritava tanta severità. Si fece avanti, offrendosi come tributo per la sfuriata visibile sui lineamenti torvi del Cacciatore Master.
“è colpa mia, Signore. C’era un civile e non riuscivo a liberarmene” Arden alzò una mano, repentoria e severa. La zittì, tirando fuori una mappa puntellata di rosso: erano cerchiati vari punti nei pressi della capitale Britannica ed uno in particolare era cerchiato più volte.
“Gli strateghi sono riusciti ad individuare un punto di raccolta. Sembra una fabbrica abbandonata dove i Vampiri si divertono a radunare le loro vittime. Le fanno sballare, divertire e poi banchettano allegramente. Sono gli stessi che hanno lasciato i corpi in bella vista, credo che lo abbiano fatto semplicemente per farci incazzare. Per il vampiro nel Pub se ne occuperanno Cambpell e Schwarz, mentre noi ci occuperemo di questi. Quindi, preparate le armi” Chiuse tutto, fissò lo sguardo severo su Lexie ma si armò fino ai denti: caricò le due pistole, fece aderire perfettamenter il paletto sull’avambraccio, controllò che le spade aderissero perfettamente alla schiena e si rimise in ordine. Tobias fece lo stesso, sentendo l’adrenalina fluire velocemente in tutto il corpo. Aveva atteso fin troppo, adesso la sua sete di vendetta chiedeva di esplodere e scagliarsi su ogni singolo Vampiro. Lexie era ancora intimorita per lo sguardo privo di gioia che Arden continuava a tenere su di sé. Quella sera aveva sbagliato, aveva lasciato alla sua debolezza di farsi strada e invaderla. Se ci fosse stato un attacco lei avrebbe potuto mettere in pericolo un intera squadra. Caricò la pistola, che rimise nel fodero, e si ripromise  che non lo avrebbe fatto capitare mai più.
 
 
 
 
Arden guidò per 20 minuti, prima di uscire dall’affollata Londra. Venti minuti di silenzio teso, di adrenalina a fior di pelle. Sfrecciava ad alta velocità, con l’animo bruciante di furia. Avevano aspettato troppo tempo e il terrore di ritrovarsi di fronte ad una carneficina era l’unico pensiero che si batteva nell’animo tormentoso del guerriero. Lexie era seduta sul retro della cherokee, con lo sguardo fisso sulla strada e un tale turbamento da invadere l’auto in un aria satura di rabbia e dispiacere. Lexie era un agglomerato di insicurezza e paura, ma con una voglia di scrollarsi quei difetti e sbocciare valorosamente. La guardava dallo specchietto retrovisore, mentre il tempo scorreva frenetico, e riconobbe nei suoi occhi il suo caro maestro. L’unico che lo aveva realmente aiutato quando il suo animo era stato stracciato dalle colpe, l’unico che lo aveva accolto e non per quel valore che lo aveva fatto vergognare, ma per il coraggio di non lasciarsi invadere dall’oscurità nella quale la sua anima stava per affogare. Lexie aveva lo stesso sguardo del padre: una maschera truce che nascondeva una dolcezza ancora incompresa. Scalò le marce e premette maggiormente l’acceleratore. Gli strateghi avevano individuato un edificio abbandonato, avevano analizzato per giorni quel luogo apparentemente calmo al di fuori di Londra, nei pressi delle campagne isolate che dividevano la metropoli da Portobello Road e avevano annusato il lezzo che i Vampiri lasciavano dietro di sé, avevano scorto sangue e morte e povere vittime attirate in quel luogo con forza e terrore. Dovevano agire e anche in fretta. Un altro gruppo di giovani vittime erano state condotte in quel luogo, sicuramente ammaliati dalle fattezze splendide che ingannavano facilmente chiunque, e rischiavano di essere l’ennesimo pasto di quei mostri senza scrupoli.
Tobias, come Arden, ardeva di odio, bruciava e le mani tremavano come se stesse sull’orlo di una crisi di nervi. Il paletto, stretto nelle sua mani, sembrò quasi cedere alla pressione sottoposto. Non riusciva a placare quella sete di vendetta e sangue, assaporata non solo i giorni precedenti nel parcheggio, ma anche quella sera stessa. Aveva in gola il sapore rugginoso di sangue, nonostante non lo avesse mai assaporato. Era come una reminescenza, ricordare un sapore già assaporato nonostante non fosse mai accaduto, realmente. La pelle bruciava e Arden ne sentiva il calore. Quel ragazzo lo preoccupava, quel suo istinto quasi animalesco avrebbe potuto compromettere la loro copertura, esporli non solo agli occhi dei civili ma anche ai Vampiri stessi e renderli quindi, facilmente rintracciabili. Si inoltrarono nell’aperta campagna e il prefabbricato abbandonato fu subito visibile. Era immerso nel buio pesto, nel silenzio che separava Londra da tutto il resto. Parcheggiò abbastanza lontano, spegnendo il motore prima che l’acuto udito dei Vampiri li percepisse. Erano sempre un passo avanti a loro, per la loro natura sovrannaturale. Belve sempre in agguato, pronte a stracciare carne e tendini, per cibarsi sanguinosamente.
“è troppo silenzioso…” Lexie notò la macabra quiete. Era un brutto segno, e lo sguardo di Arden fu la conferma.
“Non sarà una semplice perlustrazione. Affinate le spade e tenete in caldo le pistole. Stasera si caccia”
 
 
Il prefabbricato era immerso nel buio totale, silenzio e odore di polvere e ruggine. I raggi della luna cadevano nel luogo colorandolo tenuemente, opaco, da rendere la visuale poco nitida. Era umido e freddo e quel silenzio era un preludio spaventoso. Lexie camminava alle spalle di Arden, tenendo l’attenzione ai massimi livelli. La pistola stretta in una mano e la spada cerimoniale impugnata nell’altra. Non avrebbe dato spazio alle paure, anche se formicolavano minacciose lungo la schiena. Avrebbe protetto Tobias, anche se la frenesia che stava manifestando, sempre più feroce, sarebbe stata sufficiente da permettere alla sua vita di non correre ad alcun pericolo. Le gocce rimbombavano in quel silenzio, mentre cadevano al suolo, quasi a creare un baratro sul pavimento lurido e lasciato ossidare dal tempo. Annusavano l’aria e lì c’era tanfo di Vampiro. Odore di sangue e morte. Arden aveva la vista acuta, e scrutava attentamente il luogo con entrambe le spade sguainate. La sua spada cerimoniale era tenuta nascosta dalla giacca pesante color pece. Tobias impugnava le pistole: enormi e lucenti, pronte a scattare. Era un silenzio tetro e Lexie le sembrò di sentire il rombo del suo cuore. Doveva calmarsi, era giunto il momento di mettere alla prova il suo sangue freddo, il coraggio che non aveva dimostrato. Doveva eliminare le paure di Lexie e far entrare il coraggio da guerriera che i Cacciatori dell’Ordine mostravano sul campo.  
Arden si fermò e la testa scattò di lato: un tubo in metallo rotolò sul pavimento e si fermò ai suoi piedi. I suoi sensi erano fini e capaci di percepire ogni minimo rumore. Era un animale pronto per la caccia e ogni muscolo, ogni tendine era teso, pronto a scattare. Fece un gesto, appena percettibile, verso Lexie indirizzandola a coprire il suo lato destro e lo stesso fece con Tobias che lo affiancò. Percepiva qualcosa che i due neo-cacciatori non avevano udito e presto avrebbero messo in pratica le tecniche di combattimento. Arden soffiò rabbioso, quasi un ringhio che ruppe il silenzio teso nel quale erano immersi, ed ebbe uno scatto fulmineo. Lexie non comprese nulla, avvenne tutto troppo improvvisamente. Arden urlò qualcosa e in un attimo si sentirono ringhia, come se fossero stati circondati da leoni inferociti. Ma ciò che si fece largo nel buio non aveva nulla né di umano e né di animale. Erano pallidi, con occhi quasi folli. Le fauci erano scoperte mostrandosi in tutta la loro ferocia e i muscoli erano pompati e pronti ad attaccare. Erano circondati, Vampiri sanguinari e feroci con sorrisi macabri e soddisfatti per le prede attirate nel loto territorio.
“è una cazzo di TRAPPOLA” Arden lo urlò nell’esatto momento in cui si scagliarono contro di loro. Erano feroci e agili, si muovevano con tale velocità da essere quasi impercettibili eppure Arden riuscì a colpirne un paio dritti al cuore. Lexie sentì Tobias tremare ed urlare, anche lui si era gettato in campo e sparava a raffica contro le creature che stramazzavano al suolo in un tonfo boato per poi divenire semplicemente polvere. Lexie aveva le gambe tremanti e il petto era quasi sul punto di esplodere. La paura era ritornata, feroce e pericolosa. Ma doveva attaccare, i suoi compagni erano in pericolo. Scattò di lato, quasi fuori controllo, senza pensare, appena in tempo da schivare un attacco. Fu tutto estremamente automatico, con il cervello completamente spento e le sole paure a gestire ogni movimento. Tremante ma feroce, la testa del vampiro che aveva quasi cercato di azzannarla, rotolò lungo il pavimento. Lexie non aveva reagito lucidamente, ma aveva appena mozzato la testa ad un Vampiro e non sentì alcuna sensazione piacevole. Aveva appena ucciso un vampiro e sentiva i muscoli tesi come corde di violino, quasi sul punto di esplodere. Tremava, respirava a fatica e aveva voglia di urlare. Aveva ucciso un vampiro, eppure aveva provato solo odio in quel suo gesto. Alzò gli occhi e notò con disgusto che altri Vampiri stavano attaccando Arden a gruppo. Era splendida la forza che riusciva a mostrare, con gesti veloci e rapidi, con attacchi precisi. Sembrasse danzare tra quel bagno di sangue. Doveva aiutarlo, doveva intervenire. Fece forza nelle gambe, pompò ogni muscolo in direzione della folla violenta. Il cuore prese battiti accellerati e il fiato quasi si fermò. Lexie era agile, lo aveva dimostrato più volte negli allenamenti all’accademia. Il suo fisico mingherlino e fragile era capace di correre velocemente, di scansare attacchi con estrema fluidità. Ma ciò che le mancava era il coraggio. Saltò accanto ad Arden e con un colpo secco, ruppe la cassa toracica fino ad arrivare al punto del cuore: il Vampiro si pietrificò, diventando poi polvere. Era una sensazione disgustosa, notare che i Vampiri erano esattamente fragili come un qualsiasi essere umano. Stava ammazzando, non importava se in quel momento fossero Vampiri, ma Lexie si sentiva un assassina senza scrupoli. Ma lo spirito di Sopravvivenza le tamburellò più volte la coscienza e attaccò ancora e ancora. Spegnendo i pensieri, dando libero spazio all’istinto. Uccideva a ritmo automatico, non contando quante volte riuscì a colpire i nemici, non contando quante volte le loro mani arrivarono a destinazione ferendola il braccio, poi le gambe, il collo. Sentiva lievi bruciori sui punti esposti, ma era in uno stato di trance, era completamente scissa dalla sua carne sentendo solo paura. Ma poi si bloccò. Un urlo lacerante squarciò quel silenzio della sua mente. Fu la sveglia che fece ritornare la lucidità di Lexie. Si ritrasse dall’incapacità di ragionare e si voltò: alle sue spalle un Vampiro donna strappava la pelle di Tobias, senza sosta, senza giudizio. Era una scena macabra e cruda. La pelle lasciava il braccio di Tobias mentre lui urlava e piangeva, il sangue scorreva a fiumi lungo il pavimento e il Vampiro godeva di quel dolore. Tobias stava soffrendo come un cane, immobile, sotto quel cruente nemico che senza pietà rendeva il suo corpo quasi a brandelli. Arden urlò il suo nome e con un balzo gettò Lexie da parte prima che lei potesse raggiungere l’amico, scagliandosi contro il Vampiro. La prese per la gola, la scaraventò sul pavimento e iniziò a tempestarla di pugni. Tobias respirava a fatica, il petto andava su e giù frenetico, mentre le lacrime scorrevano sul suo viso. Lexie aveva il fiato corto, il cuore si fermò per la paura e scivolò accanto a lui incapace di ragionare e trovare la calma necessaria per poter tamponare le troppe ferite. Aveva perso la capacità di urlare o piangere e tremava mentre cercava di fermare la lava di sangue che usciva dal braccio ormai crudamente esposto. Aveva la spalla completamente distrutta, e un foro che per poco aveva colpito il cuore. Lexie iniziò a tamponare, mentre le lacrime calde e dolorose le rigavano il volto. Le sue mani erano impregnate di sangue fresco ma non demordeva: non poteva lasciarlo morire, non poteva vedere Tobias in quello stato.
“Tobias guardami” Ritrovò la voce ed urlò sentendo la gola bruciante. Gli occhi di Tobias erano socchiusi, in un’espressione di resa. Non poteva arrendersi, non poteva lasciarla. Si tolse la giacca, strappò un lembo dal dolcevita che usò per rimettere a posto quel disastro. Ma fu inutile, in un attimo si impregnò di sangue. Era impossibile fermare tutto quello scorrere, veloce e letale.
Arden la mise da parte con estrema facilità, mettendola in piedi, sorreggendola per le spalle. Si chinò sopra Tobias e senza sforzo- nonostante la gamba sanguinante- lo prese tra le braccia. Era così piccolo tra le possenti braccia di Arden, così indifeso e senza la grinta che lo contraddistingueva. Arden non ebbe titubanze, corse fuori il prefabbricato, dritto verso l’auto e Lexie fece lo stesso. I Vampiri erano stati sterminati con un enorme perdita per la squadra: Tobias era sul punto di morte. Corsero per la campagna desolata e saltarono in auto, muti, con il terrore stampato in volto. Tobias respirava a fatica, tossica e piangeva per quel dolore che lo aveva lacerato. Lexie gli teneva il capo, mentre il cherokee rombava feroce.
“Dobbiamo andare in ospedale! Dobbiamo fermare l’emorragia! Non può morire” Lexie urlava incontrollabilmente, arrabbiandosi con Arden che stava proseguendo lontano dalla città.
“ L’Ordine non può rischiare di essere scoperto. Come giustifichi le sue ferite?” Arden tremava ma riusciva a controllare lucidamente la guida, accelerando e non perdendo la testa, come invece stava accadendo a Lexie.
“Tobias potrebbe morire!” Non le importava dell’Ordine, della segretezza. Voleva solo che il suo amico stesse bene, che quelle ferite mortali fossero curate e ricucite. Singhiozzava incontrollabilmente e la paura di perdere Tobias era un ossessione che le portò via l’aria, la lucidità. Margery le aveva ordinato di tenerlo al sicuro mentre lei aveva dato spazio solo alla sua stupidità, perdendolo di vista. Tobias stava morendo e lei non era stata in grado di proteggerlo, quando invece Tobias era riuscito a tenerle in salvo la vita. Era un’incapace, una sciocca incapace. Arden si voltò rabbioso verso di lei, tenendo attenzione alla strada.
“ Stai zitta! E parlagli, tienilo vigile. Siamo quasi arrivati al quartiere Generale” Fu schiaffeggiata con parole forti e rabbiose. Anche Arden era immerso nella paura, aveva lasciato che un suo cadetto rischiasse la vita. Aveva permesso a stupidi esseri di attirarli nella loro trappola. Maledizione! Se fosse morto, non se lo sarebbe perdonato. Non poteva morire, non DOVEVA morire.
Lexie non si rese conto di essere appena rientrati a Londra. Guardava Tobias e cercava un contatto con lui che iniziò a delirare: muoveva la testa in modo sconnesso e la pelle era bollente. Il dolore e la ferità stava gettando il corpo e la mente in un dolore febbrile.   
L’auto si fermò di colpo e Arden saltò fuori, tirando Lexie e Tobias. Furono raggiunti da altri uomini e tutto intorno era buio e sconosciuto. Lexie aveva perso la cognizione dello spazio. Era tutto estremamente confuso mentre Arden la teneva stretta per le spalle e Tobias veniva trascinato fuori dalla sua vista da un gruppo di Cacciatori che comunicavano velocemente i parametri vitali del Cacciatore. Lo vide sparire, sentiva la presa di Arden intorno alle sue spalle, come se cercasse di fermarla e comprese anche il perché: stava scalpitando e piangeva a dirotto; voleva sapere dove stessero conducendo il suo amico, voleva assicurarsi che avrebbe rivisto Tobias. Arden era forte e quasi la stritolò tra le mani. Lo stomaco di Lexie sembrò sul punto di esplodere e incontrollabilmente gettò fuori il peso che si tratteneva dentro di lei. Vomitava e piangeva, tremava e le gambe divennero improvvisamente deboli. Vide Arden stringerla ancora di più, il volto preoccupato entrare in contatto con la sua vista e poi…. Buio.
 
 
 
Lexi ebbe la sensazione di dormire altrove e non su un letto. Aveva un dolore lancinante su tutto il corpo, fitte che si facevano sentire sempre più frequentemente e socchiuse gli occhi molte volte. La vista appannata le diede l’opportunità di orientarsi e cercare di comprendere dove si trovasse. Luci al neon, una sagoma indistinta accanto al suo letto, poi un’altra. Visi confusi e opachi che le facevano compagnia. Sempre più frequentemente ebbe questo ondeggiare tra incoscienza e veglia e poi gli occhi si spalancarono prepotentemente. Sobbalzò dal dolore furente che la infiammavano. Ogni centimentro del corpo era soggetta a quel dolore, era insopportabile.
Cercò di muoversi ma il suo corpo sembrava immerso in uno stato catatonico, infermo e paralizzato. Il suo corpo si ribellava alla sua volontà di uscire dal letto e capire dove si trovasse. Era una sensazione fastidiosa e ad aggiungersi, una fitta la testa la fece restare distesa sul letto morbido, candido, che profumava di pulito. Doveva alzarsi e cercare Tobias, assicurarsi che stesse bene. La mente, nonostante l’incoscienza, non aveva dimenticato. Le immagini si erano susseguite a rallentatore, mentre era rimasta distesa a letto, come se la sua memoria avesse riavvolto un nastro e con precisione avesse settato ogni azione. Lexie aveva sfoderato tutta la sua forza, lasciandosi guidare dall’istinto di sopravvivenza. Arden aveva quasi danzato mentre tranciava in due più di un vampiro e Tobias… Tobias era stato colpito mortalmente. Doveva assicurarsi che fosse ancora vivo, doveva accertarsi che lo avrebbe rivisto, che la promessa fatta a Margery non fosse stata infranta.
Puntellò sui gomiti per darsi la spinta necessaria; sentì ancora dolore, quasi indecifrabile, da oscurarle nuovamente la vista. Doveva alzarsi, non poteva lasciarsi abbattere da qualche graffietto. Riuscì a mettersi in piedi, sudando dal dolore. La stanza inziò a girare, stava dando di stomaco nuovamente; per tutto ciò che aveva vomitato in quei giorni il suo fisico ne avrebbe risentito. Dando ascolto alla sua testa si fermò, contò fino a cinque prima di voltarsi e mettere i piedi sul pavimento freddo. La stanza era di un bianco paradisiaco e c’era un silenzio tombale. Non poteva essere sola, aveva visto un via vai di ombre e al di là della porta avrebbe sicuramente trovato qualcuno. Si trascinò con fatica dal letto all’armadietto incastrato in un angolo. Trovò appiglio al muro e si trascinò a fatica lungo la stanza. La gamba era malferma e fasciata, il braccio destro indolenzito e un dolore al collo le impediva di muoverlo agilmente. Si appoggiò alla porta e respirò pesantemente; faceva fatica a muoversi e la vista ritornò offuscata, ma la forza di volontà e il desiderio di rivedere Tobias era molto più forte. Si ripetè più volte che doveva farcela, era una Cacciatrice e qualche graffio non l’avrebbe fermata. Voltò appena il capo e ciò che vide allo specchio del bagno fece decadere le sue convinzioni: non era qualche graffio, ma ferite diverse e profonde. Sul lato destro del volto, dove c’era l’attaccature dei capelli,  un taglio percorreva il suo profilo interrompendosi sulla curva della mascella: se quel percorso avesse proseguito, avrebbe perso l’orecchio. Il labbro era spaccato e gonfio e le bende sul braccio e sulla gamba, stavano assorbendo il sangue di ferite che sembrarono riaprirsi. Era un disastro. Il volto era pallido, quasi smorto, le occhiaie profonde e sentiva lo stomaco ribellarsi per rigurgitare altri acidi. Se lei era conciata in quel modo, l’aspetto di Tobias non sarebbe stato migliore. Respirò, decisa a raggiungere le altre stanze in cerca di Tobias.
Riuscì ad aprire la porta ma la socchiuse immediatamente, scorgendo Arden esattamente fuori la stanza. La tenne socchiusa in modo da ascoltare cosa avesse da dire con il suo interlocutore,che dalla voce parve essere una donna.
“Era una maledetta trappola. Ed io li ho condotti lì, mettendo a repentaglio la propria vita” Conosceva poco Arden, ma quel tono distrutto non gli apparteneva. Era pieno di dolore, tremante di rabbia pura, maledicendo se stesso.
L’interlocutore parlò, con toni dolci e calmi.
“Arden non è stata colpa tua. Gli strateghi si sono fatti ingannare. Prima di mandarvi in perlustrazione dovevano accertarsi che fosse realmente un insediamento di Vampiri e una seconda squadra doveva raggiungervi. Sono ancora esperti e tu eri l’unico capace di tenere a bada un gruppo tanto numeroso di Vampiri” dallo spiraglio tenuto aperto, Lexie scorse piccole mani accarezzare il braccio di Arden, ma lui si ritrasse, portandosi le mani al volto: Era distrutto.
“Quei maledetti bastardi sono sempre un passo avanti a noi!Tobias è quasi morto e Lexie…. Ha perso quasi il controllo, stava per farsi ammazzare” Le si gelò il sangue nelle vene: non aveva idea di cosa le fosse successo, ricordava solo di aver attaccato a ripetizione senza sosta i Vampiri che le si piombavano addosso, ma non riusciva ad immaginare che stava quasi lasciando che l’ammazzassero.
“Tobias sta bene adesso. I parametri vitali sono stabili e le ferite sono state ricucite e tamponate perfettamente. L’operazione è andata bene e ha mostrato una capacità di recupero rapida. Lexie era scossa e ha avuto un crollo psicofisico, ma le sue ferite si risaneranno. Sono fuori pericolo, Arden!” Intravide la figura mingherlina della dottoressa. Cercava un contatto con lui per poter rassicurarlo ma Arden si manteneva a distanza, come infastidito dal tocco della donna. Si scostava e dava le spalle, tremando da capo a piedi. Si sentiva in colpa per ciò che era successo nel prefabbricato, si sentiva in colpa per il disastro accaduto. Lexie dovette farsi forza per ascoltare ancora, le gambe stavano cedendo.
“Erano Vampiri Minori. Delle stupide pedine. Quei bastardi non si fanno vivi, attaccano indirettamente e si divertono. Non hanno il coraggio di affrontarci, giocano con la vita altrui e ci tengono in pugno” Lexie serrò gli occhi all’udire di una sedia scaraventata via. Arden cuoceva di rabbia pura, quell’animo dannato e maledetto era solo un animo tranciato in due dall’odio. I Vampiri avevano distrutto le vite di molti, trasformando i loro cuori in freddo marmo, rendendoli un agglomerato di rabbia e odio represso che si era alimentato e aveva mobilitato molti ad indossare la tunica nera e scendere in battaglia. Lexie stava iniziando a comprendere cosa spingesse generazioni di uomini e donne a sacrificare la propria vita. Non volevano che il dolore della perdita si espandesse come olio su specchio.
Doveva restare in piedi, non lasciare alle gambe di cedere, alla debolezza di governare sul suo corpo. Tobias stava bene e la paura di non rivederlo più si era placata. Avrebbe rivisto Tobias, avrebbe riabbracciato la testa quadra del suo amico irascibile, avrebbero combattuto ancora insieme.
“Arden dovresti calmarti. Anche tu sei stato ferito e agitarti non giova alla tua situazione! Sono il tuo medico e ti proibisco di stare nel corridoio, rimettiti immediatamente a letto” Adesso vedeva meglio la donna che si rivolgeva ad Arden. Era molto piccola di statura, mingherlina e con una fluente chioma biondo platino, rasata ai lati. I percing sul labbro e il tatuaggio sulla spalla, facevano decadere il senso di fragilità che il suo piccolo corpo comunicava . Doveva essere della squadra medica, nonostante non indossasse un camice ma una maglietta corta e un paio di Jeans stracciati sulle cosce.
“Nina, sto bene. Ho bisogno solo di scaricare questa rabbia e accertarmi che i miei cadetti stiano bene. Sono di mia responsabilità” Lexie aveva ascoltato troppo, si notava che tra i due ci fosse una certa intimità e ora che sapeva che Tobias stesse bene, poteva riposare ancora un po’. Non appena si fosse ripresa sarebbe andata da lui. Fece per chiudere la porta, quando le parole della dottoressa Nina, la paralizzarono.
“Lo so che hai fatto una promessa a Master Ward. Ma capisci che non potrai difenderla per sempre. È il destino di ogni cacciatore iniziare un nuovo percorso, da soli. È momentanea la tua presenza qui. Non appena Lexie sarà più forte tu dovrai andare altrove” Cercò di poggiargli una mano sulla spalla, ma Arden si scostò aggressivamente e la guardò con sguardo infiammato di odio
“ Fin quando è sotto la mia responsabilità, non devo permettere che la sua vita venga minacciata.” Lexie sentì le gambe perdere completamente forza; aveva resistito fin troppo e non riuscirono più a reggere la pesantezza delle ferite e anche del colpo appena giunto. Sapeva che suo padre aveva addestrato Arden come lui ,adesso, stava facendo; ma non poteva immaginare suo padre affidare ad Arden la sua vita, la vita di sua figlia. Non aveva mai mostrato quell’affetto che si aspetta da un padre, ma addirittura far promettere ad un altro Cacciatore di difenderla anche a costo della vita. Lexie sentì le forze abbandonarla nuovamente, la pelle infuocarsi e le ferite bruciare, come se fossero state messe sul fuoco. Accasciata sul pavimento cercò di raggiungere il letto. Non doveva farsi sentire e attirare l’attenzione di Arden, che avrebbe scoperto che lo stava spiando, doveva procedere lentamente ma il suo corpo ritornò a non essere guidato dal suo cervello, ritornò a delirare e vedere solo immagini confuse.
Il suo corpo stramazzare al suolo produsse un tonfo sordo e in un attimo Arden piombò in stanza.
“Lexie” Arden sussurrò appena il suo nome e non perse tempo a sollevarla tra le braccia. Bruciava ed era leggerissima, facile da prendere e portare sul letto. Nina era alle sue spalle e assisteva alla scena con un velo di tristezza a opacizzarle gli splendenti occhi azzurri.
“Devi riposare, maledizione” Lexie sentì il viso infiammarsi nuovamente; la febbre era ritornata a farle visita e il fastidio delle ferite era scottante. Voleva alzarsi ma Arden la costrinse a stare a letto.
“Tobias….” Era delirante, nuovamente incapace di distunguere i volti intorno a lei. Quelle ferite sarebbero guarite in fretta, a detta della dottoressa, ma intanto la stavano catapultando in un luogo di confusione e ombre. Sentì la mano di Arden premere sulla fronte e poi scendere sul viso.
“Riposa, dopo vedrai Tobias” Fu rassicurante il tono con la quale si rivolse a lei, sperando di riuscire a tranquillizzare i movimenti sconnessi provocati dalla febbre che l’aveva raggiunta rapidamente. Lexie sentì la gola irritarsi e le labbra divenire secche come il deserto. Voleva alzarsi e chiedere ad Arden cosa suo padre gli avesse fatto promettere, lui aveva conosciuto suo padre al di fuori del rapporto tra Master e Cadetto. Aveva conosciuto anche lei, ancora prima di incontrarsi. Voleva sapere di più, voleva sapere, chiedergli di più di suo padre.
Arden la fece bere, era fresca l’acqua e miracolosamente spense quel fuoco che stava ardendo senza freno. Poggiò il capo sui guanciali freschi e in un attimo ripiombò nel buio, senza sogni.
 
   
 
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