-Come mai non parla?-, chiese Chin di ritorno dall’hotel dove Kono lo aveva lasciato. Aveva rivoltato le camere delle guardie del corpo da cima a fondo, eppure niente. Era come se non fossero mai state lì. -È affetta da DGS-NAS-, rispose McGarrett senza alzare troppo la voce. Chin Ho alzò un sopracciglio. -È autistica-, spiegò Danny. -Non è “autistica”. Ha un Disturbo Generalizzato dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato-, precisò McGarrett. -Non penso possa esserci d’aiuto con le indagini-, continuò Danny senza badare a quello che aveva detto l’amico. -Io penso di sì, Danno. Quando ero nei SEAL abbiamo mantenuto varie volte la sicurezza nazionale grazie a dei ragazzini affetti da qualche Disturbo dello Spettro Autistico-. Chin aggrottò le sopracciglia. -Non ho mai sentito parlare di nulla del genere, a che operazione ti riferisci?-, domandò grattandosi il capo. -È top secret-, risposero in coro gli altri due. Risero tutti. Seduta nella stanza con la ragazza, Kono non rideva, continuava a fissare i numeri che ormai avevano riempito anche il lenzuolo per cercare di trovarvi un senso. Il telefono di Chin squillò, si alzò per andare ad ascoltare. -Era Fong-, disse il cugino chiudendo la chiamata. -Ha rianalizzato una prova del “Caso Thompson”: a quanto pare la prima volta gli era sfuggito qualcosa-. -Cosa?-, domandò impaziente Kono. -Guardate qua-.
-Pensavo che Shuya Ogawa fosse in prigione-, disse Kono con le spalle agli schermi mentre fissava la sua borsa ancora a terra nel suo ufficio. -È uscito ieri per buona condotta-, spiegò Chin aprendo il fascicolo del mafioso. -Com’è possibile? Sono passati solo tre anni dalla morte di Michael Noshimuri-. McGarrett aveva già aggiunto il nome alla no-fly list, e aveva chiesto a Duke pattuglie su tutta l’isola: sapevano bene di cos’era capace Ogawa. -Ho mandato degli agenti in borghese a casa tua, Kono. Adam sarà al sicuro-. La donna annuì ancora distratta, in quel momento non le importava assolutamente niente del socio di suo cognato, continuava a pensare alle parole del medico, al pianto disperato di Adam. Le venne in mente la morte di Michael, già allora aveva visto Adam piangere, ma allora era giusto, quello che avevano scoperto quella mattina invece non era affatto giusto. -Ci sono!-, fece McGarrett guardando Danny. -Danno dimmi i numeri che scriveva Sophie, usiamoli come numero di telefono-.
Chin Ho sfrecciava sulla strada con la sua moto. Avevano localizzato il cellulare di Shuya Ogawa in una casa a North Shore, Steve e Danny lo seguivano in macchina. Mentre guidava fendendo l’aria con il corpo, i suoi pensieri erano rivolti a sua cugina, la sua amata cugina rimasta al quartier generale per monitorare gli spostamenti di Ogawa. Quando i due colleghi gli avevano chiesto cosa cosa fosse successo a Kono, lui aveva mentito. Aveva detto che era sconvolta per il coinvolgimento della famiglia di Adam, che era sconvolta perché l’uomo che l’aveva costretta a scappare per mesi era ancora in libertà: niente di più falso. La situazione sembrava non averla minimamente sfiorata, come se la cosa non la riguardasse. Chin sapeva che lei soffriva, e non spigandogli perché faceva in modo che soffrisse anche lui. Kono si fece sentire all’auricolare.