Capitolo
1 – Friends
-È
bello rivederti, Umibozu-
-È
bello rivedere anche te, Kaori- il gigante la strinse in un breve abbraccio
Poi le
prese la valigia e la condusse all’appartamento. Kaori si guardò intorno,
notando che nulla era cambiato e lei si sentì maggiormente a casa. Persino il
profumo era lo stesso…Gigli. Il fiore preferito dalla padrona di casa.
-Miki è
in camera da letto?- chiese ad Umibozu
-Sì, si
è appena svegliata, dopo che l’ho finalmente convinta a riposare per qualche
ora- le rispose l’uomo
-Testarda
come al solito, eh?-
-In
questo neanche il nuovo ruolo l’ha cambiata…-
-Posso?-
Kaori indicò la porta della camera da letto con un cenno
-Certo.
Ti stava aspettando-
Dopo
aver bussato leggermente, la donna entrò nella stanza. Non appena Miki la vide,
le rivolse un enorme sorriso.
-Kaori!
Sei arrivata!-
Quest’ultima
si avvicinò al letto e strinse l’amica in un abbraccio, attenta al piccolo
fagottino che teneva in braccio.
-Miki,
sono così felice di rivederti!- disse sedendosi sul letto –E questo tesorino chi
è?- chiese poi abbassando lo sguardo sulla meravigliosa bambina che si stava
addormentando serenamente cullata dalla madre
Era
così bella e dolce che le vennero le lacrime agli occhi. Il piccolo batuffolo
rosa aveva la testolina ricoperta di capelli neri come la sua mamma, mentre gli
occhi, che faticavano a rimanere aperti, erano di un caldo color cioccolato,
identici a quelli di Umibozu. Certo, il neo papà portava sempre gli occhiali
scuri, ma Kaori aveva avuto l’occasione di vederlo senza un paio di volte e
aveva scoperto che aveva dei bellissimi occhi marrone. Ovviamente, quando glielo
aveva detto, il gigante timido era diventato rosso come un gambero cotto e la
sua testa aveva iniziato a fumare come una locomotiva a vapore.
-Mio
Dio, è un amore- mormorò
-Già,
per fortuna non somiglia al papà…- ridacchiò Miki
Anche
Kaori rise.
-E come
si chiama? Nelle mail non hai mai voluto dirmi quale nome avete deciso…-
-Perché
volevo fosse una sorpresa. Questa piccola meraviglia si chiama Kaori…-
Uno
sguardo meravigliato incontrò quello della neo mamma.
-Cosa?-
soffiò –Ma, Miki…-
-È il
nome più bello che conosco. E appartiene alla persona più bella che conosco- le
sorrise Miki
Kaori
lottò contro le lacrime che le pungevano gli occhi.
-Mio
Dio, non so cosa dire…-
-Perché
non prendi in braccio la tua omonima, zia Kaori?-
Sorrise,
prendendo la bambina ormai quasi addormentata dalle braccia dell’amica. Sentendo
il cambiamento, la piccola socchiuse appena gli occhi, la guardò e poi dovette
decidere che non le importava poi molto chi la cullava, perché richiuse gli
occhi e continuò il suo sonno. Sentendo quel piccolo corpicino tra le sue
braccia, Kaori si sentì invadere da un calore particolare, che proveniva dritto
dal cuore. Chinò la testa e inspirò il delizioso odore tipico dei neonati, per
poi posarle un lieve bacio sulla fronte.
-Sembri
nata per questo- disse Miki
Il
volto di Kaori si rabbuiò e l’amica se ne accorse, ma decise di fare finta di
nulla.
-Allora,
per quanto rimani?-
-Riparto
dopo il matrimonio di Mick e Kazue-
Eh già,
anche se Tokyo era sempre la stessa, molte cose erano cambiate nelle vite dei
suoi amici. Miki ed Umibozu avevano una bambina e Mick si era finalmente deciso
a sposare la sua Kazue. Persino Kasumi aveva un ragazzo fisso da oltre un anno e
Saeko si stava frequentando con un affascinante avvocato. Solo di lui non
aveva chiesto nulla. Mai. Nemmeno nelle moltissime mail che si era scambiata con
Miki. Del resto, neanche l’amica aveva mai affrontato l’argomento, cosa quanto
mai strana vista la morbosa curiosità che la caratterizzava.
-Solo
una settimana?- Miki fece una smorfia
-Mi
dispiace, ma ho molto da fare a New York-
-Non
dirmi che il lavoro di traduttrice ti occupa così tanto perché non ci credo!-
-Non è
solo quello…Ci sono altre cose…Ti prego, Miki, non rendere tutto più difficile!
Anche a me dispiace non rimanere più a lungo ma non posso fare altrimenti!-
-È per
Saeba, vero?- chiese l’altra
Sentire
il suo nome le fece sussultare il cuore.
-Mentirei
se ti dicessi che non centra…- confessò alla fine Kaori –Tornare qui è già stato
un enorme sforzo per me, ma l’ho fatto. L’ho fatto perché è ora che mi lasci il
passato alle spalle una volta per tutte-
-Spero
che con “passato” tu non intenda anche tutti i tuoi amici…- replicò Miki con una
smorfia
-Certo
che no, tesoro. Tu sarai sempre la mia migliore amica- la rassicurò con un
sorriso e un bacio sulla guancia –Forza, adesso raccontami un po’…Umi-chan è
svenuto durante il parto?-
-Ancora
prima di entrare in sala parto…- sospirò la sua amica
Scoppiarono
a ridere e fu come se quei due anni non fossero mai passati.
Dopo
aver chiacchierato per oltre un’ora con Miki, Kaori decise di andare a fare una
passeggiata per Shinjuku. Aveva voglia di riprendere confidenza con quel
quartiere tanto amato, di rivedere i suoi colori e di riassaporare i suoi
profumi. La boutique di Eriko fu una tappa obbligata. Anche rivedere la sua
vecchia amica del liceo fu un’intensa gioia. Certo, ogni tanto si erano riviste
in occasione di una qualche sfilata della stilista negli States, ma le era
comunque mancata.
L’amica
la mise al corrente delle ultime novità della sua vita amorosa e Kaori come
sempre perse il conto dei nomi e delle descrizioni che Eriko le snocciolò a
velocità supersonica…Quando era eccitata diventata sempre un uragano in azione!
Anche
lì ne ebbe per quasi un’ora e la stilista non la lasciò andare senza prima
averle strappato la promessa di passare al più presto da lei per provare tutta
la sua nuova collezione.
Era
quasi il tramonto quando Kaori uscì dalla boutique, ma, prima di tornare in
albergo, c’era ancora un luogo in cui doveva recarsi. Si incamminò quindi verso
il cimitero in cui riposava suo fratello.
A
quell’ora non c’era nessuno e tutto era immerso nel silenzio. Arrivata alla
tomba di Hideyuki non si stupì di trovarvi un mazzo di fiori freschi. Per quanto
potesse dire di lui, aveva sempre portato il massimo rispetto per il suo
migliore amico e per il luogo in cui giaceva.
-Mi
dispiace di essere stata via così a lungo, Yuki- sussurrò alla foto di suo
fratello –Sai meglio di me cosa è successo, perciò non devo sicuramente
spiegartene il perché. E neppure il motivo per cui non posso restare a lungo.
Questa città, questo quartiere…Non sono più la mia casa. Non possono più
esserlo-
Per
qualche istante si concesse il lusso di non fingere, almeno con se stessa, e
lasciò che le lacrime le bagnassero le guance. Per un momento, non pensò a
nulla. Né alla difficile settimana che l’aspettava, né alle persone che avrebbe
rivisto e neppure alla vita che l’attendeva a New York. Per un attimo, fu di
nuovo la ragazza di due anni prima. Quella che aveva dovuto lasciare la sua casa
e i suoi amici. Quella che aveva visto tutte le sue speranze e i suoi sogni
infrangersi. La ragazza che si era ripromessa di lasciarsi alle spalle.
Facendo
dei profondi respiri, si asciugò le lacrime e cercò di riprendere il controllo
delle sue emozioni.
Fu in
quel momento che sentì i passi dietro di se.