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Autore: LittleGinGin    02/10/2015    1 recensioni
La grande guerra ninja è terminata e una nuova pace sembra essere sbocciata dalle macerie di un sanguinoso scontro. Eppure qualcosa non quadra ...
Una nuova minaccia sorge da un passato sconosciuto.
Un nuovo pericolo insorge alle porte di Konoha.
Due innamorati separati dal destino avverso.
Riusciranno i due amanti a ricongiungere il filo rosso che li univa?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la serie
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Capitolo XVI –Preparazione-

Camminava placido per la strada, senza una meta precisa, lasciando la mente vagare di pensiero in pensiero senza soffermarsi su d'uno in particolare. Sentiva il corpo fremere ogni qualvolta sfiorava l’immagine di quel bocciolo di ciliegio, e sospirava stanco.
Lei saprebbe cosa fare.
Ma Sakura non c'era e forse non l'avrebbe più rivista, o forse lei l'avrebbe ignorato per sempre negandogli la parola, o avrebbe finto indifferenza – perché finta? Vera … - facendolo stare ancora più male. Cosa doveva fare? Cancellarla per sempre dai suoi ricordi? Cancellare ogni cosa che era stata per lui?
Di nuovo fu colto da un terribile senso di smarrimento. E quasi ne fu divertito, tanto che un sorriso beffardo gli spuntò sul volto, sotto quegl'occhi dolenti e vuoti, perché una persona era riuscita a stravolgerlo a tal punto da renderlo incapace di tutto.
 
***
 
Sedeva tremante e ignara di quel che sarebbe accaduto. Per la prima volta riuscì a guardarsi attorno: Si trovava in un'ampia stanza, vecchia, dai muri scoloriti, l’intonaco sparso a colorare quel pavimento verde petrolio; tutta la stanza volteggiava in un cupo sconforto marcato da quella luce a neon, così finta e innaturale. Attorno, il poco mobilio di cui disponeva, consisteva in strumenti di pratica medica. Le si rilevò d'improvviso l'intenso odore di candeggina.
"Stai tranquilla, non ti faremo del male." Non rispose, lasciandosi prendere per i lividi polsi per condurla in un angolo rabbuiato della stanza che non aveva notato; una porta scolorita si mostrava imponente. Il cigolio metallico della serratura che scattava le intasò le orecchie; strinse gli occhietti verdi.
Dopotutto, doveva arrivare “lui”.
“Lui” chi?
L'odore che ne fuoruscì era impregnato di una leggera muffa stantia, l’aria pungeva ogni suo lembo di pelle. Le luci si accesero improvvisamente, intense, abbaglianti, costringendo Sakura a coprirsi con un palmo della mano.
"Forza. Muoviti e vai avanti." Echeggiò severa la terza donna spingendola in avanti e facendola cadere. Il respiro smorzato, il dolore che si diramava per tutto il corpo. Era diventata così fragile? Barcollò ansimante, i denti stretti attorno al labbro inferiore, verso una sbarra di metallo.
Si reggeva a stento in piedi.
Non riusciva ancora a ragionare, a concentrarsi su un pensiero e analizzarlo, percepiva tutto in un suono ovattato mentre il sangue le pulsava nelle orecchie e il corpo fremeva di dolore. Era una sensazione a dir poco sgradevole. Le dava la nausea.
La donna dal camice celeste le si avvicinò, lo sguardo serio e distaccato, e l’afferrò per le esili braccia; sembrava così esile e fragile da poter essere rotta con un misero sospiro. La fece girare di schiena, senza spiegazioni, senza che potesse reagire. Sakura sentì le dita sfiorargli il collo, poi la stoffa che le circondava il corpo cedette e cadde al suolo, in un suono sfuggente. Sgranò gli occhi intimorita, un improvviso senso di disperazione e terrore la colse. Avrebbe voluto urlare, ribellarsi da quelle mani che la tenevano ancorata al muro, ma era troppo debole, il suo corpo eseguiva a malapena i comandi più semplici. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, un magone le bloccò la gola.
“Stai tranquilla.” E la lasciò andare. Sakura si volse a guardarla, stringeva tra le mani il sudicio camice. “Stai tranquilla.” Ripeté mentre si accostava alle altre due donne sulla soglia della porta.
Respirava affannosamente, il cuore pulsava spaventato, le gambe le tremavano prive di forze.  Cadde.
“Rialzati subito.” Disse la terza donna. Sakura inghiottì a fatica e, le braccia strette alla sbarra metallica, fece leva con tutte le forze che poteva raccogliere da quel gracile corpo, quasi morto.
Piegata in due, la saliva che le colava dalle labbra, i capelli sporchi le coprivano il volto. Uno strano rumore risuonò cupo e metallico nella stanza, poi un getto d’acqua gelata la sorprese. Si contorse sotto quelle lamine taglienti che la colpivano da ogni direzione mentre il fiato si arrestò a metà nella trachea. Non saprebbe dire quanto quella straziante tortura fosse durata, vedeva solo i loro occhi guardarla impassibili, mentre cercava pateticamente di sottrarsi al getto, al dolore, a tutto. E infine cadde, priva di sensi.
Le tenebre che la circondarono serene.
La prima cosa che percepì ancor di riaprire gli occhi, furono le voci strozzate e violente che si scagliavano le une contro le altre, in una lotta di ruggiti incessanti.
“Stupide idiote! L’avete fatta svenire!”
“Come ci hai chiamato?!” “Pezzo di merda!” “Non è colpa nostra!”
“Siete delle incapaci!”
“Dovevi occuparti tu della sua salute, stronzo!”
Riaprì gli occhi tentennante, le immagini sfocate in una nebbia di colori spenti, il sapore ferroso sulla lingua.
Cos’è successo?
Si guardò intorno. Era nuovamente nel grande stanzone, sul solito vecchio lettino. Aveva una flebo conficcata nel braccio destro.
Non mi ricordo …
 Improvvisamente il dolore si fece sentire invadendole il corpo e lasciando fuoriuscire un mugolio strozzato. Gli altri si girarono in silenzio a fissarla.
L’ultima cosa che ricordava era la straziante sensazione dell’acqua sulla sua pelle. Come lame affilate. Poi il buio intorno a lei. Era svenuta?
Il medico sospirò passandosi una mano tra i capelli unti. “Faremo dopo i conti della situazione, adesso dobbiamo pensare a lei. Il tempo è veramente poco.” Accordò con quelle parole, probabilmente più con l’ultima frase, un armistizio fra di loro.
“Come ti senti?” Le chiese avvicinandosi mentre le donne sparivano in altre direzioni.
Sakura non rispose.
“Sei svenuta mentre ti stavano lavando. Ti abbiamo portato qui e attaccato una flebo per farti stare meglio. Il tuo corpo ha bisogno di mangiare.”
“Il mio corpo ha bisogno di cure mediche.” Sibilò sprezzante.
“Ti dobbiamo preparare e rimettere in sesto, dovrai essere presentabile e al pieno delle tue forze. Le ragazze ti vestiranno, acconceranno e truccheranno. Intanto che aspetti mangia qualcosa. Io ti tolgo la flebo e ti faccio le ultime analisi.”
Il dottore le porse un piatto con del formaggio, miele, del pane e un po’ di frutta. Il suo stomaco gorgogliò a quella visione, nonostante non fosse oggettivamente invitante, e assecondo il suo istinto afferrando il piatto e ingurgitando ogni morso. Poteva essere avvelenato, poteva contenere della droga, ma se avevano intenzione di ucciderla avevano avuto più di una possibilità per farlo, quindi era scartato. Inoltre le infermiere l’avrebbero vestita e acconciata come se fosse una bambola, cosa insolita da fare alla tua vittima.
“Mangia piano o ti sentirai male.” L’ammonì, gli occhi puntati sulla flebo. Quando le sfilò l’ago, Sakura fece una smorfia.
Era tutto così dannatamente strano.
Prese una siringa e le prelevò una fiala e mezzo di sangue. Poi la guardò alzandole con due dita il mento.
“Hai ripreso un po’ più di colorito.” Notò soddisfatto e riprendendo a svolgere le sue analisi.
Sakura lo scrutava perplessa, gli ingranaggi del cervello in continuo movimento. Visto il suo scarso rendimento in quanto analizzare ciò che la circondava nella speranza di raccapezzarsi in quel completo disorientamento, decise di salvare e catalogare ogni minimo particolare che riusciva a cogliere e notare nella speranza che, raccolta al più presto un minimo di stabilità, riuscisse a mettere ogni cosa nel giusto posto.
“Ma quanto ci mettono quelle racchie?” Sussurrò velenoso lanciando un’occhiataccia verso la lontana porta principale.
“Sei veramente un medico?” Proruppe la konuichi spezzando il filo dei suoi pensieri. Lui la guardò un attimo confuso, non riuscendo a cogliere la domanda. Poi si svegliò, risistemandosi sulla sedia.
“Diciamo di sì.” Sakura inclinò la testa di lato riflettendo, o meglio, evidenziando nella sua mente quel diciamo così enigmatico.
“E quelle donne?”
“No.”
“Allora cosa fanno?”
“Assistenza.”
“A chi?”
“In questo momento a te.” Evitava sempre di rivelarle troppo. Sakura lo scrutava, seduta sul lettino. Girò il voltò verso il portone principale. Per un istante si sentì tornare bambina. Non per strane coincidenze con un vecchio ricordo del passato, semplicemente per l’ingenuità che sentiva trasudare dai suoi pori, per quella leggerezza che si sentiva nel petto.
Finalmente tornarono le infermiere, in mano stoffe di ogni colore, trucchi, spazzole e oggetti vari.
“Ce ne avete messo di tempo.”
“Non rompere stronzo, così hai finito senza lamentarti i tuoi esami e ora ti puoi togliere dalle palle.”
“Cagna portami rispetto.”
“Fottiti.”
“Calmiamoci!” si intromise la donna più pacata delle tre. “Ricordiamoci che c’è poco tempo e non dobbiamo sprecarlo in stupidi litigi.”
Silenzio. Poi il medico si decise a lasciare la stanza, a lasciare Sakura e un’improvvisa morsa le attanagliò lo stomaco. In quella confusione aveva trovato sempre cose nuove a cui appoggiarsi per superare ogni attimo: all’inizio vi era il bicchiere di plastica bianca, unico oggetto che riusciva a riconoscere e che l’aveva aiutata dissetandola, lentamente quella forma di rassicurazione era cresciuta trasformandosi nel dottore che le stava di fianco, che la monitorava preoccupandosi per lei. Era probabilmente il comportamento sbagliato, non doveva fidarsi di uno sconosciuto. Eppure non riusciva a vedere in quegli occhi giallo liquido, nascosti dietro due paia di occhialoni, se non che malinconia e sofferenza, in un banco di nebbia che li velavano incupendoli. E adesso se ne andava, lasciandola nuovamente sola, senza un sostegno, senza un appiglio. Avrebbe dovuto far affidamento sulle sue uniche forze.
Prese un bel respiro e chiuse gli occhi.
 
Il tempo era trascorso lento e greve sulle sue spalle. Le infermiere non le avevano mai rivolto parola se non per ordinarle di mangiare il piatto che le aveva recapitato il medico, senza preoccuparsi che si avventasse sul cibo per mangiarlo troppo in fretta. L’avevano vestita, pettinata, truccata. Tre bambine con la loro bambola preferita tra le mani. L’avevano fatta alzare, indossare dei sandali tradizionali giapponesi e l’avevano bendata rassicurandola senza che veramente gli importasse qualcosa. E ora si trovava in ginocchio, come le era stato ordinato, in una buia stanza. L’aria profumava di incenso.
Cosa stava aspettando? Perché si trovava lì?
Tutto era rigorosamente silenzioso, vuoto. Non si percepiva nessuno.
Le avevano dato una serie di rapide indicazioni “Resta in ginocchio. Non ti muovere per nessun motivo. Non parlare finché non ti verrà chiesto.” E nessuno si era preoccupato di spiegarle dove stavano andando e cosa stava per accaderle. E ora aspettava.
Un lieve rumore attirò la sua attenzione risuonando ed espandendosi nelle sue orecchi. Il cuore iniziò a battere più deciso. Un altro rumore, leggermente più forte, echeggiò nelle tenebre. Il respiro si fece più secco e veloce. Ne seguì un altro ancora più intenso, vicino. Era il momento.
Le luci si accesero illuminando ogni cosa. Sakura abbassò il volto, strizzando gli occhi sensibili a quel brusco cambiamento.
“Bene. Bene. Bene.” Una voce sconosciuta, nuova, profonda.
Alzò lo sguardo per dare volto a quel suono





Note dell'autore: Lo so, lo so. Vi avevo promesso che avrei publicato abreve il capitolo XII e invece quant'è passato da quando ve l'ho detto? Un mese? Mi scuso tantissimo per non essere riuscita a pubblicarlo in tempi ristretti, ma ho avuto un sacco da fare, la scuola è ricominciata, sono sorti alcuni problemi personali e non riuscivo più a riprendere in mano questo capitolo, l'avevo lasciato morente e incompleto nel compuer senza la forza di digitare alcun tasto. Oggi è stata una giornataccia, è una giornataccia, e sinceramente non credevo di riuscire alcuna parola tanto che mi dicevo di non voler più continuare. Però mi dispiaceva troppo lasciare questa storia incompleta, lasciare voi lettori, voi che mi state seguendo e sostenendo, con un pugno di mosche, nel bel mezzo del fulcro della storia, or ora che le cose si fanno più interessanti e molto ancora deve venire a galla. Perciò mi son detta "Adesso aprì quel maledetto foglio di world e inizi a scrivere! Anche una sola frase va bene." E invece ecco che ho finito il capitolo. Mi ero detta di metterci altre cose che non vi spoilero, ma da buona diavoletto ho deciso di lasciarvi ancora per un po' appesi a un filo. IHIHIH. Devo dire che questa mia caratteristica non la perderò mai, neanche nei momenti peggiori XD
E così .... beh ... spero vi sia piaciuto il capitolo. Mi scuso nuovamente per l'attesa e non vi promett nulla sul prossimo capitolo. Non so quando lo pubblicherò e vi avverto che potrebbe passare un po' di tempo. Cercherò di non metterci troppo, perchè alla fine mi piace scrivere e mi piace scrivere questa storia.
Perciò vi lascio con una """perla di saggezza""":
In ogni momento della vostra vita cercate sempre di fare ciò che vi piace. Anche nei momenti più duri e più tristi, quando non avrete voglia di alzarvi dal letto, ma non per la dolce pigrizia di stare in un letto caldo e morbido, ma perchè siete troppo stanchi mentalmente, perchè vi sentite a pezzi e persi, cercate di sforzarvi e fate ciò che vi paice di più Vedrete che vi sentirete subito meglio.
(Io infatti avrei dovuto fare i compiti, ma ero troppo distrutta per concentrarmi su quello, su qualsiasi cosa che mi son detta "Fai quello che ami e vedrai che starai meglio". Infatti è così ^^ )
Bacioni!! :*
 
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