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Autore: AuroraScrive    04/10/2015    0 recensioni
Il mio nome è Jane.
Sono una fuggitiva, purtroppo o per fortuna lo deciderete voi.
E questa è la mia storia.
Genere: Azione, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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È come se mi avessero infilato del ghiaccio nella schiena, sono scossa dai brividi di caldo e freddo insieme. Perché Drake ha detto quella frase? Che sappia davvero?

Sposto il peso da una gamba all'altra, a disagio. Non so cosa fare. Il passaggio di questa comitiva mi serve, ma se quel ragazzo sa davvero che non sono una ragazzina qualsiasi correrò un grandissimo rischio. Incrocio lo sguardo con Chuck un paio di volte e intravedo vicino a lui i capelli rossi dei gemelli Sam e Daniel. Mi sembra che di loro mi possa fidare ma non ci metterei la mano sul fuoco e sarebbe un altro rischio. Davanti a me ho tante opzioni e scelte ma troppi rischi. Qualsiasi cosa io decida di fare sarà inevitabilmente un'incertezza. 

Senza rendermene conto siamo entrati in una cittadina abbastanza piccola e completamente deserta. Inavvertitamente pesto un ramo secco facendo rumore e i soldati davanti a me si girano stizziti appoggiandosi l'indice sulle labbra. Così sarà più credibile la mia finta inesperienza. 
Cerco di arrossire come farebbe la vera ragazzina al mio posto alzando gli occhi sul panorama che ho davanti. E a questo punto ogni forma di interpretazione svanisce. 

Silenzio. 

Dopo due anni e mezzo dalla Grande Guerra posso dire che una delle cose che non ho sopportato e mai sopporterò di vedere sono le città morte. Come questa. 
È troppo strano vedere i semafori - quelli ancora in funzione - lampeggiare da soli, dirigendo un traffico che non esiste. Le macchinette sono abbandonate sulle corsie, alcune addirittura rovesciate. La strada è ricoperta di oggetti di qualsiasi tipo: pezzi di vetro, magliette, scarpe, borse, valigie, medicinali ormai scaduti.. La lista è lunga. Persino una lavatrice in un angolo. 
È tutto un disastro, per non parlare dei palazzi. Alcuni sono completamente caduti, altri solo in parte, altri ancora sono rimasti in piedi per miracolo ma hanno alcuni piani sfondati. 
Se dovessi disegnare l'inferno lo farei esattamente così. Viviamo tutti quanti nell'inferno.

«Dobbiamo andare alla Casa» sussurra il capitano John con fermezza. Tutti annuiscono silenziosamente. 
La Casa? penso tra me, ma so che non è il momento di chiedere e fare domande. 

Chuck, che in questo momento nella fila indiana che si è formata si trova proprio davanti a me, girandosi con gli occhi mi indica il lato opposto della strada. 
Dobbiamo attraversare. 
Non possiamo essere sicuri che non ci sia nessuno e la cittadina sia effettivamente deserta, e attraversando saremmo troppo esposti. È rischioso.

Il capitano John si volta cercando qualcuno con lo sguardo. Lo seguo fino a quando noto che i suoi occhi si sono fissati su i gemelli Carson. Questi si scambiano un'occhiata veloce e annuiscono. Sam porta una mano nella tasca anteriore dello zaino e prende qualcosa che da qui non riesco a identificare.

Flette il braccio e lancia l'oggetto nella strada. Tocca terra, rotola.. bum, bum, click. Fumogeno. 
La nebbiolina bianca si espande velocemente a vista d'occhio e nel giro di tre secondi tutta la fila si è addentrata nel fumo. 

«Su su, veloci!» sento John che ci incita mentre io sono solo concentrata a seguire i passi di Chuck davanti a me.
Nell'arco di pochi secondi abbiamo attraversato e sento un soldato che non conosco, il primo della fila probabilmente, battere il pugno sulla porta della 'Casa' due volte velocemente e una dopo una piccola pausa. Sicuramente un segnale segreto.

La porta si apre di qualche centimetro lasciando intravedere i catenacci che la tengono socchiusa dall'interno. Un piccolo occhio marrone ci scruta serrando un po️co le palpebre. 
Quando la sua pupilla arriva a me si sofferma più del solito rispetto agli altri soldati. Spero che l'unico motivo sia che io sono una ragazza e non perché mi ha riconosciuta. Anche se non penso, si parla di me solo in città.. Questo paesino desolato dovrebbe essere abbastanza lontano da ignorare tutto. 

«Dov'è il Capitano?» dice il proprietario dell'occhio con voce burbera. 
John, che è rimasto in fondo alla fila per assicurarsi che tutti avessero attraversato la strada, si fa avanti tranquillamente. Sembra Mosè che divide le acque con tutti i soldati che si scostano aprendo un varco per farlo passare.

«Sono qui.» risponde con lo sguardo severo. Tutto in lui urla 'sono un leader' per chilometri. All'occhio dell'uomo basta un secondo guardando John per convincersi della nostra affidabilità, annuisce e subito scompare sbattendo la porta. Proprio quando inizio a pensare che ci abbia voltato le spalle si odono rumori di catenacci che si muovono tintinnando e la porta si apre.

Il corridoio sembra lunghissimo, soprattutto perché non è illuminato e, tranne per i primi cinque metri, non si riesce a scorgere più nulla. Non si capisce quando le pareti hanno fine. Questo posto non mi piace, ma so che è solo perché non posso avere la situazione sotto controllo. 

Dall'ombra compaiono sei uomini armati fino ai denti, vestiti proprio come i compagni in parte a me. Spalancando gli occhi realizzo che se ci sarà uno scontro, oltre a Chuck, John, i fratelli Carson, e Drake (pensandoci a Drake potrei dare comunque una botta in testa), non saprei chi dovrei attaccare e chi no. Spero solo che non accada nulla.

Qualcosa si appoggia sulla mia spalla. Mi volto di scatto, pronta a colpire chiunque voglia attaccarmi, ma mi rendo conto che si tratta della mano di Chuck. Sorpresa alzo lo sguardo su di lui, che mi fa un sorriso incoraggiante. Si vede così tanto che sono tesa? 

In qualsiasi caso nell'arco di tre secondi mi riprendo e mi sottraggo al contatto. È passato così tanto tempo da quando qualcuno ha toccato la mia pelle che ora è come se fossi allergica a qualsiasi forma di contatto. Stizzita mi volto verso gli uomini apparsi dal nulla: non avrei dovuto mostrare la mia debolezza. 

«Ci spiace riservarvi questo tipo di accoglienza» dice uno dei sei uomini. È il più alto e il più massiccio del gruppo e dal suo sguardo sembra che gli dispiaccia davvero. «Ultimamente i Sorveglianti si sono fatti più furbi e si sono introdotti in una delle Case vestiti esattamente come noi. Quando hanno cercato di sedare uno dei soldati della Casa sono stati scoperti, ma non è servito a molto. Per difendersi i Sorveglianti hanno fatto piazza pulita ed è stata una strage. Solo un ragazzino si è salvato, essendosi introdotto in uno di quei piccolissimi e antichi ascensori di legno che spesso sfuggono alla vista.» 

I soldati in parte a me spalancano gli occhi, increduli. Dal canto suo John si si limita ad inarcare un sopracciglio, che subito torna a suo posto. «Come mai non ne sono stato informato? Sicuramente ora avrete introdotto nuove forme di sicurezza. Non avermi riferito nulla avrebbe potuto mandare all'aria la missione.» afferma secco.

L'uomo socchiude le palpebre per una frazione di secondo. «La strage è avvenuta due giorni fa, e probabilmente il responsabile della vostra unità non è riuscito a sintonizzarsi con la vostra radio.» Il soldato imponente fa una pausa, poi spostando lo sguardo incontra il mio. «A proposito della missione, devo dedurre che sia andata a buon fine?» chiede con un mezzo sorriso ironico senza distogliere lo sguardo da me. Ha una faccia da schiaffi e mi ci vuole tutto l'autocontrollo che possiedo per non corrergli incontro e spezzargli la spina dorsale con un colpo secco. Ricordando di dover recitare la mia parte mi fingo intimidita e faccio un passo indietro. John si volta verso di me, guardandomi con apprensione, e quella è l'unica emozione che fin ora ho visto trasparire dai suoi occhi. Devo assomigliare molto a sua figlia per fargli un effetto del genere, e subito una fitta di dolore per la perdita dei miei genitori mi stringe il cuore.
John apre la bocca per rispondere alla domanda, ma improvvisamente si blocca e fa un passo mettendosi davanti a me. 

«No, questa è una ragazza che ho trovato, ma non è Lei» risponde il capitano in modo circospetto. 
«Come immaginavo.» ribatte l'uomo armato sorridendo. «Aspetteremo che la ragazza faccia la sua prossima mossa, e una volta localizzata manderemo un'altra unità.» Lancia uno sguardo al capitano. «Devi essere il famoso capitano John... capitano Grayson, fazione 12.» si presenta. 

Grayson si addentra nell'oscurità del corridoio e i cinque uomini rimasti ci si affiancano con le pistole in mano, pronti a ogni evenienza. John è il primo a muoversi seguendo a qualche metro di distanza l'uomo che sembra essersi dissolto nel buio. In fila indiana avanziamo alla cieca e dopo qualche passo fortunatamente delle luci si attivano al nostro passaggio. 

Il corridoio è stretto e le pareti sono altissime e piene di quadri. Sono enormi dato che partono tutti da terra fino a elevarsi per quasi tre metri di altezza. All'improvviso il capitano Grayson che ci guida si ferma davanti a un quadro. Tutti cerchiamo di bloccarci in tempo ma due o tre soldati si scontrano comunque. Uno dei soldati sconosciuti soffoca un risolino divertito, che sparisce all'occhiata severa del capitano fermo davanti al quadro. 

Tutti stanno in silenzio, i soldati con un'aria annoiata, mentre noi appena arrivati siamo curiosi. Alzando una mano Grayson afferra il lato destro del quadro, fa un pò di pressione e un pezzo di cornice scatta verso destra. Su quella parte interna di cornice si rivela esserci uno schermo. Con un beep appena udibile lo schermo si accende, diventando completamente bianco. Il capitano Grayson appoggia la mano sullo schermo e non appena avviene il contatto, sullo schermo compare una linea orizzontale che si muove dall'alto verso il basso e viceversa tre volte, come se gli stesse scannerizzando la mano. Un'altro beep. 
Grayson lascia cadere la mano sul fianco e si abbassa con la testa, fino a quando il suo occhio sinistro non è perfettamente allineato con lo schermo. L'occhio viene scannerizzato a sua volta e lo strano aggeggio tecnologico emette un ultimo beep prima di spegnersi. 

Con un tonfo il quadro si apre, rivelandosi in realtà una specie di porta segreta. Il capitano Grayson entra immediatamente e si blocca quando vede che noi siamo fermi impalati dove ci ha lasciato. Con un breve cenno della testa ci intima di seguirlo, e i suoi soldati dietro di noi ci spingono leggermente per rendere l'ordine più chiaro. I miei compagni si voltano verso John per accertarsi che debbano seguire Grayson, e il nostro capitano annuisce leggermente. 

Al che, come se ci fossimo tutti riscossi da un incantesimo iniziamo a muoverci all'unisono seguendo Grayson.
Pochi passi e ci ritroviamo in una stanza abbastanza ampia. Al centro sono posizionati dei manichini simili a spaventapasseri, dal soffitto pendono corde di vario spessore, attaccate alle pareti ci sono diverse scale fissate orizzontalmente a due metri da terra e in un angolo sono fissati dei bersagli. Una palestra di allenamento, insomma.

«Mica male!» esclama Chuck avvicinandosi ai bersagli come se fossero i suoi giocattoli preferiti. Anche i suoi compagni iniziano ad avvicinarsi alle cose che attirano la loro attenzione. 

I gemelli Carson si guardano afflitti. «Non c'è molta roba interessante per noi qui» borbotta Sam. Daniel si limita ad annuire. 
Proprio in quel momento il capitano Grayson tira una leva di legno e come per magia la parete dietro di lui inizia a ruotare su se stessa di 180 gradi, mostrando il lato posteriore. 

I due fratelli Rossi spalancano la bocca e anche i nostri soldati sono molto ammirati. La parete intera è attrezzata di ogni tipo di arma. 

«Ragazzi, sono in paradiso.» afferma Sam. Anche Chuck si lascia scappare un gridolino eccitato ed afferra un fucile di precisione più recente e attrezzato del suo. 

«Non avete molto tempo. Prendete ciò che sapete usare e armatevi.» ordina Grayson. 

«Cosa sta succedendo? Perché ci state rifornendo di armi? Avremmo dovuto rimanere solo per la notte, ci mancano diversi giorni per raggiungere la nostra Base.» s'intromette John inarcando un sopracciglio. 

Grayson sospira. «Voglio farvi una proposta. Uniamo le nostre unità. Abbiamo moltissime armi e un riferimento sicuro. Io e i miei uomini siamo rimasti solo in sei dopo un'imboscata tesa dai Sorveglianti.» 

A questo punto John solleva entrambe le sopracciglia, lasciando trasparire per la prima volta da quando siamo qui la sua sorpresa. «È impossibile, i Sorveglianti sono venuti a sapere della nostra esistenza da pochi mesi, non possono essere riusciti a localizzarci così presto.»

«Appunto.» dice Grayson con uno sguardo cupo. «Qualcuno ha fatto la spia. La Base Centrale non è più sicura.»
   
 
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