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Autore: whitemushroom    05/10/2015    3 recensioni
"My friends are my power!"
Una raccolta di flashfic sui numerosi personaggi che viaggiano tra i mondi, amano, giocano, sorridono e sperano. Figure maggiori e minori, importanti o poco degni di nota, ma che anche con poco sono riusciti a rendere magico ed indimenticabile il videogioco che ci ha stregati per la sua purezza e la gioia di credere nell'amicizia. Questa raccolta origina dal contest Storytime organizzata per festeggiare il quinto anniversario del nostro fantastico forum, il xiiiorderforum, che è sempre pronto ad accogliere tutti coloro che si sono smarriti tra luce ed oscurità e cercano amici con cui condividere storie e magia.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Personaggio: Lady Tremaine
Genere: Introspettivo, Malinconico. Missing Moments.
Rating: Giallo
Avvertenze: liberamente ispirato a qualche dettaglio della vita di Lady Tremaine narrato nel film "Cenerentola" del 2015. Il titolo della storia è una citazione ad una vecchissima serie animata, chi riesce a riconoscerlo?


Il futuro non tradisce i sogni

Il futuro non tradisce i sogni.

Dove ha già sentito quella frase?
Le parole si formano nel silenzio, lette da una voce di bambina di cui aveva quasi dimenticato l’esistenza. Si sovrappongono alle grida concitate di Genoveffa ed Anastasia mentre le chiedono dove stanno andando, perché hanno abbandonato la villa nel cuore della notte lasciando quella misteriosa sconosciuta nel salone.
La bambina rilegge ancora una volta quelle parole sollevando la testa dal grande libro illustrato: immagina un grande eroe a bordo di una gummyship pirata, la disegna su tutti i fogli della casa ogni volta su un mondo diverso. I suoi genitori le dicono che adesso è una signorina, che dovrebbe smetterla di sognare ad occhi aperti ed imparare a vestirsi come si deve, perché i principi azzurri non esistono e gli uomini vogliono soltanto donne belle, eleganti e rispettabili. Deve portare il corsetto e smetterla di disegnare. Suonare il piano si addice di più ad una brava ragazza.
Eppure ha continuato a sognare, perché tutto sommato il futuro era troppo pieno di cose belle per lasciarlo andare via nel cielo stellato con una gummyship pirata.

“Dico sul serio, mamma! Ci verranno i geloni, lo sai che ho i piedi delicati! Tanto ormai la carrozza sarà arrivata a palazzo …”

Il principe azzurro è arrivato. Non ha una carrozza o una corona, ma un cuore aperto e pieno di vita e la conduce al lago ogni volta che il sole fa capolino tra le nuvole: canta e rema senza sosta, e tra i deboli spruzzi d’acqua che si alzano al di sotto della tremolante barchetta, tra le anatre che si sollevano nel momento meno opportuno, tra gli sguardi invidiosi delle dame lasciate a riva le proclama il suo amore. È un po’ impacciato, ma forse è proprio per questo che risponde di sì. La ragazza è una donna, ma il futuro non ha tradito i suoi sogni.
Nella grande casa risuonano i vagiti della sua prima figlia. È un po’ preoccupata perché tutti le avevano detto che sarebbe stato meglio un maschio, ma suo marito le stringe la mano e le promette che farà della neonata la fanciulla più bella del regno. Il lavoro va bene, la richiesta di stoffe pregiate aumenta ogni giorno.
Quando nasce la loro seconda bambina organizza un banchetto degno della figlia del re.

“Mamma, per favore, torniamo indietro … Quella maledetta di Cenerentola ce l’ha fatta sotto il naso, ma io voglio dirgliene quattro a quella tipa che si è intrufolata in casa nostra!”
“Almeno a quella lì non le permetteremo di farla franca! Ho ragione, mamma?”

Le bussano alla porta. Due, tre volte.
Sta piovendo a dirotto, quindi fatica a distinguere l’inaspettata violenza delle nocche contro il massiccio portone dalla pioggia battente. C’è qualcosa di strano, un grigio nodo le si stringe intorno alla gola ed il cuore le batte forte mentre scende le scale, ignorando la servitù che le consiglia di tornare nelle sue stanze e di non crucciarsi per un banale mendicante che supplica riparo per una notte. Ma non è un mendicante, questo lo sa.
Il valletto le fa scivolare la lettera tra le mani e svanisce nel temporale senza chiedere nemmeno la mancia.
Deve essere svenuta, perché si risveglia a letto, il foglio di carta ancora tra le mani.
Rimane a letto ancora per tanti giorni, osservando la luce del sole svanire e poi comparire di nuovo: ascolta da quel rifugio di seta e broccato il cinguettare degli uccelli che discutono d’amore sforzandosi di trovare calore nelle risate delle sue bambine. Le ascolta giocare con le bambole e poi a saltare alla corda, ancora ignare di tutto e scaldate dalla luce del giorno. Pensa solo che non vuole vederle piangere, e quando vengono al suo capezzale nasconde la lettera sotto il cuscino. “La mamma non si sente molto bene. Cose che capitano alle donne grandi, sapete? Andate a giocare, che con questo sole è un peccato starsene chiuse in casa”.
Uno ad uno i servitori se ne vanno: li ascolta andare via, sente prima il portone aprirsi, poi chiudersi. Il grande cancello cigola al loro passaggio, nessuno pulisce più i cardini e l’erba è cresciuta così tanto che non si apre nemmeno del tutto; il rumore di stoviglie nella cucina si trasforma in scalpiccii lievi ed in chiacchiere fugaci tra le ultime due governanti, due donne troppo vecchie per sperare di poter trovare lavoro altrove. Eppure anche loro se ne vanno, spariscono dalla sua vita mentre lei riposa, nel cuore della notte, lasciandole un foglio bianco con scuse ipocrite al di sotto della porta senza degnare di un saluto nemmeno le bambine.
La casa cade nel silenzio, una condanna il cui verdetto è stampato su quella lettera che troppe volte ha bagnato con le lacrime: un incidente in carrozza, questo decretano le poche righe. L’inchiostro è quasi svanito, sbavato nel suo dolore, ma fissa ogni singola lettera cercando di imprimerla nel suo petto. È in quel silenzio innaturale, in quella grande casa vuota, che capisce di dover riprendere in mano la sua vita e quella delle sue figlie. Sognare non serve a nulla, perché il futuro ha tradito i suoi sogni.

“Mamma, perché quella zucca è così grande? Non … non sono occhi, giusto?”

La bellezza è l’unica arma di una donna. Non ha più la freschezza dei suoi diciassette anni, ma il tempo le ha donato grazia, portamento e le ha insegnato a comprendere ed ascoltare; gli uomini le scivolano tra le mani uno dopo l’altro, riempiono l’aria dei saloni con l’odore dei sigari ed apprezzano le sue parole, i buoni consigli ed i calici di vino. Tintinnano nell’aria scura, creano una magia torbida ed amara in cui lei si scopre l’unica signora, una strana regina che cammina tra un salotto e l’altro lasciando a quei gentili signori soltanto una scia di profumo e la promessa di qualcosa che apparterrà soltanto a chi non si limiterà a donarle il proprio cuore. Si lascia corteggiare e cercare, inseguire e adorare, impegna ciò che le resta dei beni di suo marito per avere gli abiti più belli della città, per non essere mai seconda, per trarre a sé gli occhi di quei gentiluomini e non farli scivolare su quelle fanciulle graziose che parlano di amore e primavera.
Quando un adorabile vedovo si fa avanti capisce che è quello giusto: il vecchio amore è un’eccellente maschera, e danza con lui nel suo gioco fatto di ragnatele e lacrime per una donna che non tornerà. Parla di una bambina, la luce dei suoi occhi, e lei parla delle proprie. Non c’è nulla di meglio di un dolore comune.
Le sue figlie avranno una bella casa e lei un uomo che pagherà ogni debito.
Il giorno del suo funerale piange solo per il proprio futuro.

“Mamma!”

Il marchese Descartes le ha detto che è troppo vecchia. Il duca Guillon vorrebbe una moglie in grado di dargli almeno dieci figli, tutti maschi; persino monsieur Leblanc, che non ha mai smesso di mandarle mazzi di rose in dono, sostiene ridendo che ogni cosa ha il proprio tempo e che sarebbe invece molto interessato alla sua bionda figliastra, quella ragazza che trascorre i giorni in cucina e nell’orto. Porta Genoveffa ed Anastasia nel suo salotto, ma il pomeriggio si conclude soltanto con saluti calorosi e la promessa di perpetua amicizia. La bambina diventata donna vede il mondo vestirsi di abiti scuri e capisce che il futuro appartiene soltanto alle sue ragazze.
Appartiene anche a quell’altra, alla fanciulla dal canto soave che vive sotto il loro stesso tetto. Appartiene a quella voce che canta di un principe azzurro, di un bel palazzo, di un futuro che non tradisce i sogni perché i suoi sono fatti di oro e broccato, di una luce in grado scacciare ogni ombra e preoccupazione.
Vorrebbe strapparle di dosso quel futuro come si fa con un vecchio abito. Vorrebbe darlo alle sue figlie e mostrare loro come i sogni non esistono e che le speranze sono tutte destinate a cadere. Vorrebbe cancellare per sempre il sentiero luminoso che Qualcuno ha aperto per lei donandole una scarpetta di cristallo in grado di andarsene per sempre dalla loro casa in rovina verso un futuro che a lei ed alle sue figlie è stato chiuso in faccia quando la carrozza con Cenerentola ed il granduca è uscita per sempre oltre il cancello arrugginito della villa. Il suo Domani è sfiorito per sempre, ma può ancora tingere di nero quello di colei che lo ha portato via alle sue bambine.

Il futuro non tradisce i sogni.
A patto che i sogni non tradiscano il futuro.
  
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