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Autore: Martymoli    05/10/2015    1 recensioni
"Tom era decisamente stato un ragazzo normale e a lui andava bene così, ma l'ambizione e il potere sono dei veleno per gli uomini."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Audrey/Percy, Bill/Fleur, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Due giorni prima, a Durmstrang, quei tre ragazzi stavano camminando velocemente per i corridori. 
"Insomma Tom, sei proprio sicuro di volerlo fare?" Chiese una ragazza dagli occhi verdi brillanti, con una certa apprensione nel tono. Amanda. 
"Insomma, Amanda, mi sembri quasi Damien" rispose il ragazzo con un tono esasperato.
"Ehi!" Ribatté Damien offeso. "Ma perché ogni volta che non ti piace il comportamento di qualcuno dici che sembro io?"
Tom sbuffò e scosse la testa senza rispondere, riprendendo a camminare. 
"E poi, sei sicuro che a quest'ora sia ancora nel suo ufficio? Qualche volta dovrà pur dormire, quell'uomo" continuò il biondo del gruppo. 
"Voi due dovreste passare più tempo a studiare i comportamenti della gente. Lui è palesemente uno che la notte dorme poco".
"Amico, lasciatelo dire, ma sei parecchio inquietante" commentò Amanda. 
Tom scosse nuovamente la testa, per poi salire insieme agli altri che per una lunga rampa di scale a chiocciola che stava nel bel mezzo del corridoio. Impugnò subito la bacchetta ed aprì con eccessiva esuberanza la porta, ma questa era una cosa che faceva sempre.
"Buonasera, Tom" lo salutò infatti il preside, senza neanche alzare lo sguardo dalle sue scartoffie. 
"Senta, professor Larsen" iniziò camminando verso la scrivania del preside e facendo segno agli altri due di restare accanto alla porta.
"Perché non mi fa il favore di fare come tutti i professori chiamandomi per cognome?"
"E va bene, Nilsen" rispose credendo di farlo contento "ti sei alzato col piede sbagliato? O meglio, vista l'ora, stavi andando al letto col piede sbagliato?"
"Oh, come lo sapevo" ridacchiò Tom avvicinandosi al preside. "Le ho detto di chiamarmi per cognome. Dovrebbe quindi chiamarmi Riddle, non trova?"
Per qualche secondo nella stanza regnò il silenzio totale. Amanda e Damien guardavano nervosamente il soffitto, Tom fissava il preside con aria di sfida, cercando di capire cosa pensasse, ma era impossibile. In quel momento il professor Larsen aveva uno sguardo del tutto impenetrabile.
"E così sei venuto a saperlo, non è così? Beh, dovevo aspettarmelo" ruppe il ghiaccio il preside, con un tono della voce assolutamente calmo e pacato. "Non ti chiamo con il tuo vero cognome, perché tu non sei come i tuoi genitori. Chiamarti in quel modo sarebbe un insulto alla tua persona".
"Lei non sa come sono io" rispose amaramente Tom.
"Ne sei sicuro? Dimmi, Tom, e non mi interrompere, perché continuerò a chiamarti così, c'è qualcuno al mondo che ti conosce meglio di me? Se ti viene in mente qualcuno, al termine di questa tua visita ti concederò due biscotti, anziché uno".
Regnò nuovamente il silenzio per un po', nuovamente dal professor Larsen, intuendo che Tom davvero non sapeva che dire. "In tutti questi anni io ti ho fatto praticamente da padre, mentre il tuo vero padre sai bene cosa ha fatto. Tu sei nato solo perché Bellatrix..."
"No, aspetti, cosa c'entra mia madre? Non era stato mio padre che voleva avere un erede?"
Il preside scoppiò a ridere. I tre si guardarono con aria interrogativa. Non l'avevano mai visto... Ridere.
"Ma davvero pensi sia andata così? Tuo padre voleva un erede? E perché mai avrebbe dovuto volerlo? Era così sicuro che sarebbe riuscito in tutti suoi intenti che neanche gli sarebbe mai venuto in mente di avere un erede. Sei nato perché Bellatrix lo voleva. È stata capace di rifilare un filtro d'amore al Signore Oscuro. Ti è stato detto così per farti sentire in dovere di continuare i suoi progetti, per convincerti che sei nato per essere un nuovo pericoloso assassino, come tuo padre".
Ora Tom era davvero sconvolto, molto più di quando aveva conosciuto le sue origini. Lui non era altro che il frutto dell'ossessione di quella psicopatica di sua madre. Per qualche secondo camminò nervosamente lungo tutta la stanza, per poi fermarsi di nuovo davanti alla scrivania, tirando fuori la bacchetta e puntandola contro il professor Larsen, il quale restò fermo, guardando il ragazzo con aria quasi di sfida, cosa che rendeva Tom molto nervoso e per poco non gli cadeva la bacchetta dalle mani, tanto tremava. Perché sembrava così sicuro di se stesso? Era una copertura per nascondere la sua paura interiore? Tom non si rendeva neanche conto che queste domande che si poneva dimostravano l'esistenza del proprio lato umano, timoroso davanti a tanta sicurezza. Non si rendeva conto di sentirsi quasi inferiore. 
"Lei crede che io non sia come i miei genitori, vero? Crede che non sia malvagio, o magari crede che io sia troppo debole. Non sbaglio, lo so. Solo che mi dispiace che non vedrà cosa sono in grado di fare, perché lei sarà il primo che ucciderò. Il primo di tanti, perché non ha idea delle stragi che compirò".
Il professore neanche rispose e continuò a rimanere del tutto impassibile. Da come lo guardava sembrava gli volesse dire "avanti, accomodati, fai ciò che vuoi, ammesso che tu ne abbia il coraggio".
In quel momento Tom odiava anche la compostezza della barba e dei capelli del preside. Gli davano un'aria ancora più tranquilla. 
Il ragazzo prese un respiro profondo e strinse più forte la bacchetta. 
"Ne vale davvero la pena?" Chiese Damien, rompendo così l'aria di tensione creatasi nella stanza. Ma perché tutti quanti sembravano così calmi? Anche Damien aveva pronunciato quella frase con un tono gentile. Questo però non irritò Tom, anzi, abbassò la bacchetta.
"In effetti non mi conviene molto ucciderla, non stanotte. Si verrebbe subito a scoprire che sono stato io, e poi può essermi utile, lei sa molte cose".
Il professore sorrise di sottecchi.
Sapeva benissimo che non era questo il motivo per cui non l'avrebbe ucciso. Magari sarebbe riuscito ad uccidere qualcun altro, ma non lui. Non ancora. Aveva ancora un lato umano troppo grande.
"E poi voglio un'entrata in scena molto più suggestiva. Bisognerebbe davvero scervellarsi per capire cosa sia successo e perché, ma so già come fare. Mi serve solo che lei ci dia un'autorizzazione per andare ad Hogwarts".
"Ah, quindi noi due siamo inclusi?" Chiese Damien con sgomento. Tom non dovette dire e fare niente, perché ci pensò Amanda a zittirlo fulminandolo con lo sguardo. Il preside scosse leggermente la testa, pensando che se Tom avesse voluto diventare una sorta di super cattivo, con Damien sarebbe stato ancora più difficile.
"E dimmi" rispose, assumendo nuovamente un'aria di sfida "perché dovrei esserti complice? Perché permetterti di riuscire nel tuo intento sarebbe un segno di complicità".
"Beh, diciamo che se non avessi un permesso per andarci, dovrei fare irruzione e morirebbero molte più persone di quante ho intenzione di ucciderne".
"Detto onestamente, caro Tom, non credo che da solo riuscirai a..." Iniziò, per poi interrompersi improvvisamente, inspirando profondamente. "Ma è pur sempre meglio evitare. Tieni" concluse, scrivendo su un foglio che aveva il permesso per inviato ad Hogwarts insieme a Damien e Amanda per scopo didattico, con tanto di sua firma. 
Tom rimase stupito, non capendo il perché dell'improvviso cambio di idea del preside, il quale poi chiese "cosa stavamo dicendo?" Lasciando Tom ancora più basito. "Oh.. Ehm... Niente!" Rispose subito, anche se colto di sprovvista. "Lei ha ragione, non posso attaccare Hogwarts e... Arrivederci". Nascose subito il foglio in tasca e si allontanò a passi veloci dalla scrivania, dirigendosi verso l'uscita dell'ufficio e ignorando l'invito del preside a prendere un biscotto.
"Ma insomma, voi avete idea di cosa gli sia preso?" Chiese Tom sorpreso, una volta uscito dall'ufficio. Damien alzò le spalle e Amanda rispose con aria furba "oh, io lo so bene. Diciamo che è stata... Opera mia". Spiegò ridacchiando. La sua risata era quasi malvagia. Da quando Tom aveva detto ai due delle sue origini, lei era profondamente cambiata. 
"L'hai messo sotto imperio?!" Chiese  sbalordito Damien tappandosi la bocca per attutire i suoni, visto che il suo istinto era quello di gridare.
"Grande!" Commentò con entusiasmo Tom, fulminando con lo sguardo Damien, che non sembrava troppo contento. "Onestamente non mi sarebbe mai venuta in mente una cosa del genere. A te, Damien?"
"Ma neanche per idea" rispose il biondo.
"Oh, beh, sapete" disse Amanda con sguardo soddisfatto "adoro avere il controllo della situazione".
  
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