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Autore: melhopes    05/10/2015    1 recensioni
“E se non dovessi incontrarla di nuovo?”
“Senza volerlo, vi siete incontrati tre volte. Accadrà di nuovo e, quella volta, le parlerai”
“Me lo assicuri?”
“Dovessimo andare in capo al mondo, Harry”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Lotus flower. 

Sbadiglia sui titoli di coda. Dev’essere incredibilmente stanca. Nonostante la differenza d’età minima, mi ricorda una bambina. E’ tenera.
 
Si alza per accendere la luce.
 
Rinunciare alla penombra non è facile per i miei occhi. O per me. Mi ero talmente abituato a spiare la sua essenza.
 
Accenna un sorriso. Ricambio senza indugi.
 
E’ una strana situazione. Non mi sento a disagio ma non stiamo parlando. Non so cosa le passi per la testa. Resta il fatto non abbia detto una parola dopo il mio “Solo per te”.
 
Vorrei essere pentito di una simile esclamazione ma, pur volendo, non riesco. Non mi sento più vulnerabile. Devo pensare sia perché adesso siamo onesti l’uno con l’altra? O è perché, a suo modo, si è esposta abbastanza da farmi sentire…non indifferente?
 
<< Ti è piaciuto? >> chiede, tornando a sedersi accanto a me.
 
Mi sembra addirittura si sia avvicinata di qualche centimetro rispetto a prima. Forse mi sto solo impressionando. E’ solo il mio desiderio di vederla compiere altri passi nella mia direzione.
 
<< Da morire >> esclamo, cercando di risultare serio.
 
Spalanca gli occhi. Vedo la sua sorpresa. << Davvero? >>
 
<< Soprattutto la parte in cui la ragazza mi confessava il suo amore >> affermo, fingendomi ancora serio.
 
Scoppia a ridere. << Per questo ha sposato Albert? >>
 
Mi torna alla mente la scena in cui la protagonista femminile esce da una chiesa mano nella mano con un altro uomo rispetto a quello del campo.
 
Annuisco. << Telepaticamente le ho detto di farsi una vita perché sono impegnato >> e un sorriso alquanto insolente si piazza sul mio viso.
 
<< Impegnato? >> la sua espressione è puramente maliziosa.
 
Vuole che lo dica? Vuole che mi sbilanci ancora? Sì. Lo leggo nei suoi occhi.
 
<< A lanciare succhi sulle ragazze-calamita, volare da un continente all’altro a mo’ di stalker. Cose di questo tipo, insomma >> pronuncio, con sufficienza.
 
Scuote la testa divertita. Anche un tantino compiaciuta e lusingata.
 
Mi piace farle quest’effetto.
 
<< E’ un’attività ben retribuita? >> mi prende in giro.
 
Mi stringo nelle spalle. << Non te la consiglierei >> affermo, come se parlassi di una terza persona.
 
La sua espressione interrogativa mi sprona a proseguire con le mie ragioni.  
 
<< Ci ho messo una vita per rivederla >>
 
Inconsciamente non ho messo in parole solo il periodo Luglio-Settembre ma tutti gli anni precedenti a questo piccolo miracolo. Quando era solo una foto da stringere gelosamente. Quando era solo una storia nella mia testa da non divulgare.
 
Le sue labbra si incurvano in un sorriso. Ha uno sguardo davvero amorevole.
 
<< Sei sempre il solito >>
 
Sono inondato dall’impulso di baciarla. All’istante. Non posso. Non adesso. Voglio che sia diverso. Vorrei avere più certezze sulla sua “partecipazione”.
 
Mi piacerebbe lo sentisse a sua volta. Non voglio sia un’esigenza solo mia.
 
Non posso restarle così vicino. Anche se è esattamente quello che ho desiderato dal primo istante. 
 
Mi alzo di scatto. Sussulta. Immagino di averla spaventata con un gesto tanto brusco.  
 
<< Avrei bisogno d’una doccia >>
 
Ci mette qualche secondo a rispondermi. << Oh, sì >>
 
Si alza a sua volta e mi fa strada verso il bagno.
 
<< Gli asciugamani puliti sono nel primo cassetto >> indica, rimanendo sull’uscio.
 
<< Grazie >> mormoro.
 
<< Se dovesse servirti altro, mi trovi in camera >>
 
Cosa? No. Non voglio vada lì. Vorrebbe dire finire la serata. Andrebbe a dormire e io sarei obbligato a fare lo stesso. Perché? Okay, forse è colpa mia.
 
Non avrei dovuto chiedere di fare una doccia così bruscamente. Devo averle dato esattamente la stessa idea che lei ha dato a me dicendo “mi trovi in camera”.
 
Sono un completo idiota. Il punto è che davvero non potevo restarle così accanto ed è l’unica alternativa mi sia venuta in mente. Ci sarà pure un modo per rimediare, no?
 
Non posso dirle “Oh, non mi sembra più una buona idea” e tirarmi indietro. Se le ho detto di voler fare una doccia, devo farla. Troverò qualcosa una volta uscito. Sperando di non trovarla già addormentata.
 
In fondo, però, ha detto “se dovesse servirti altro, mi trovi in camera”. Vuol dire che aspetterà io abbia fatto per accertarsi io non abbia bisogno di qualcosa, no? Vero?
 
Ho bisogno di convincermi sia così. L’idea di essere stato il guastafeste mi torturerebbe.
 
<< Ti ringrazio >> dico semplicemente.
 
Troverò qualcosa. Dovessi passare ogni secondo in questo bagno a pensarci.
 
 
 
Con un asciugamano in vita, mi dirigo in salone per recuperare dell’intimo pulito dal borsone. Con mia grande sorpresa, mi rendo conto non sia lì. Dove potrebbe essere finito?
 
<< Char! >> urlo, richiamandola.
 
Sono certo sia la responsabile. Non risponde. Non deve avermi sentito. Torno indietro.
 
<< Char! >> riprovo a qualche passo dalla sua porta.
 
<< Harry? >> il suo tono è dubbioso.
 
E’ come se non fosse sicura di aver sentito davvero la mia voce, come se volesse accertarsi non si tratti di un’allucinazione acustica.
 
<< Puoi venire un attimo? >> domando, cauto.
 
<< Eccomi! >> esclama in tutta risposta.
 
Sento i suoi passi affrettarsi. Apre la porta e sussulta, trovandomisi di fronte. Forse si aspettava fossi più distante. O vestito.
 
La sua espressione rimane indecifrabile e non si accinge a parlare. Mi vedo costretto a prendere la parola.
 
<< Non trovo la mia roba >> affermo semplicemente.
 
<< Te l’ho-te l’ho portata in camera >> balbetta indicando alle proprie spalle.
 
Sono stranito ma non le chiedo nulla a proposito. << Posso? >> azzardo, riferendomi all’entrare.
 
Annuisce e si sposta, permettendomi il passaggio.
 
Una volta dentro, mi guardo intorno in cerca di dove l’abbia poggiato. Di sottecchi noto lasci la porta semiaperta alle mie spalle.
 
<< Pensavo avessi preso con te il necessario e, come una stupida, ho portato qui il borsone >> spiega, ritrovando la sua parlantina.
 
Risuona un po’ in imbarazzo. Non riesco a far altro che sorriderle. Scosta la sedia dalla scrivania, mostrandomi il mio bagaglio sul pavimento.
 
Mi allungo per prenderlo, superandola. Recupero un paio di boxer e una t-shirt bianca e, a malincuore, mi dirigo alla porta.
 
Devo cambiarmi in bagno.
 
<< Ti va di tornare qui quando hai fatto? >> domanda mentre sono sull’uscio.
 
Sembra le sia costato fatica chiedermelo. Sono estremamente e piacevolmente sorpreso.
 
Mi volto a guardarla. E’ un po’ tesa. Sorride debolmente quando i miei occhi si posano su di lei. Dov’è finita la solita ragazza spavalda e indipendente? Mi piace.
 
Mi limito ad annuirle con un sorriso abbastanza ampio.
 
Come sollevata, ricambia. Come può aver solo pensato che avrei rifiutato una simile proposta? E’ tutto ciò in cui speravo. E non ho dovuto nemmeno inventarmi qualcosa. Ha fatto tutto lei.
 
E’ bastato portasse il mio borsone in camera sua. Lascio la stanza senza indugiare. Chissà perché l’ha spostato poi. Voleva una scusa per non concludere la serata?
 
Immagino rimarrà un mistero finché lei non vorrà altrimenti.
 
Stringendomi nelle spalle, entro in bagno. In un istante, mi libero dell’asciugamano. Indosso i boxer e la t-shirt. Piego per quella che potrebbe essere la prima volta in vita mia un asciugamano ed esco.
 
A pochi passi dalla stanza di Charlotte, noto la porta sia poco meno che appannata. La luce è accesa ma non sento alcun rumore venire dall’interno.
 
Mi avvicino. Dovrei bussare? Entrare e basta? Non so come comportarmi.
 
Magari potrei fare un po’ di rumore e sperare sia lei a venire ad aprire risolvendo, così, i miei dubbi. No, è stupido.
 
Senza esitazione, decido di bussare. Appena le mie nocche toccano la porta la prima volta, risponde.
 
<< Un minuto! >>
 
Perché mi fa aspettare? Che si stia cambiando a sua volta? Credo sarebbe l’unico motivo per cui mi relegherebbe fuori.
 
Nell’attesa, passo il peso da un piede all’altro, mi guardo intorno senza trovare qualcosa di interessante e conto mentalmente quante ore mancano all’arrivo di Paul.
 
Spalanca la porta senza alcun preavviso.
 
Mi fissa. Aggrotta la fronte. Mi indica.<< Quello è il tuo pigiama? >>
 
Ricambio l’occhiata poi guardo me stesso. Cos’ho che non va? << Sì >> rispondo incerto.
 
<< Non lo trovi un po’ inappropriato? >> mi fa notare con un sorrisino.
 
Guardandola meglio mi rendo conto si sia cambiata. Ha una canotta lilla aderente e un paio di pantaloncini della tuta di un grigio chiaro.
 
Come si permette di rivolgermi simili accuse quando lei è da capogiro? Dovrebbe vedere la faccenda dal mio punto di vista.
 
Invece di farle notare quanto sia sexy, decido di punzecchiarla, sperando in una qualche reazione positiva per la mia autostima.
 
<< Hai paura di non riuscire a trattenerti dal saltarmi addosso? >>
     
<< Non è esattamente quello che ho sottinteso rivolgendoti quella domanda? >> ridacchia.
 
Sgrano gli occhi. Non può averlo detto davvero. Non si sbilancia mai così tanto, di solito.
 
<< Non lo trovo un problema >> ammetto con una lieve inflessione maliziosa nel tono.
 
Ridacchia. << Adori torturarmi >> mormora divertita e mi lascia passare.
 
Faccio finta di niente e la seguo. Non saprei come appigliarmi a quest’ultima frase per ricavarne qualcosa di buono. Ho paura di rovinare irreversibilmente il momento.
 
<< Ti stavi cambiando >> affermo constatando l’ovvio.
 
Annuisce rumorosamente. << Mettiti comodo, ho quasi fatto >>
 
Obbedisco e, mentre mi metto a sedere sul letto, noto si avvicini alla scrivania, dandomi le spalle. Non riesco a staccarle gli occhi di dosso. Ha una nuca piuttosto accattivante. Okay, non solo la nuca. Ma cerco di tenere lo sguardo in alto.
 
Allunga una mano ma non riesco a comprendere cosa stia facendo. Qualche istante dopo porta le mani ai suoi capelli, li raccoglie e li solleva in una coda alta. Deve legarli? E’ quello che le mancava?
 
Le piace dormire con i capelli legati? Mi rendo conto siano domande sciocche ma fremo dal desiderio di conoscere ogni piccolo particolare sulla sua persona. E le sue abitudini ne fanno parte.
 
Fa passare l’elastico e lo rigira tre volte. Sistema meglio. Il mio sguardo cade sulla porzione di schiena lasciata scoperta dai capelli. C’è del nero.
 
Sembra una macchia. Assottiglio gli occhi. E’ una scritta? Un tatuaggio!
 
Con la bocca aperta dallo stupore, seguo le sue dita mentre sistemano strategicamente delle forcine. Mi accorgo ci siano altre “macchie” di colore dietro le orecchie.
 
Sono davvero piccole. Altri tatuaggi. Non distinguo di cosa si tratti ma sono sempre più sorpreso di non essermene mai reso conto.
 
Ci ripenso. E’ la prima volta che mi si presenta con i capelli legati. O con la schiena scoperta. Non avrei potuto farci caso neanche volendo: li nascondeva.
 
<< Non pensavo avessi tatuaggi >>
 
Sgrano gli occhi. Non posso averlo detto. Non ero pronto. Come ho formulato una simile constatazione?
 
Sento le sue labbra aprirsi in un sorriso. << Ne ho sei >> afferma.
 
Non credo alle mie orecchie. Pensavo la sua pelle fosse immacolata e, invece, ha ben sei tatuaggi. Ne ho individuati tre. Dove sono gli altri? Che Niall avesse ragione? Non mi dispiacerebbe.
 
Scuoto la testa. Devo calmare i bollenti spiriti.
 
<< Il numero dei tatuaggi non deve mai essere pari >> le faccio notare.
 
Non so nemmeno perché. Vorrei essermi trattenuto. Suono così saccente.
 
Si volta. Si appoggia alla scrivania e mi scruta qualche istante prima di rivolgermi la parola.
 
<< Non ho altro che sento l’urgenza di tatuare. E, nell’attesa qualcos’altro diventi importante a tal punto per me, posso contare sul fatto sembrino cinque >>
 
Non capisco il senso. << Sembrano cinque? >> domando, esternando la mia confusione.
 
Lei annuisce. << Due tatuaggi sono così legati da sembrare uno ma li ho fatti in momenti diversi >>
 
Ora ha un senso. Non so come io abbia fatto a non arrivarci da solo. Forse è solo bello che sia lei ad illuminarmi.
 
<< Oh >> riesco a dire.
         
Sorride. << Mi dispiace di aver portato la tua borsa di qua >> inizia e si sospinge appena dalla scrivania.
 
<< Non è un problema >> proferisco pacato.
 
Si avvicina lentamente a me. << Ti devo una spiegazione >>
 
Alzo un sopracciglio. << C’è una spiegazione? >>
 
Si siede a pochi centimetri da me. Le nostre gambe si sfiorano. Mi piace il contatto con la sua pelle.
 
<< Non voglio tu dorma in salone. Voglio tu dorma qui >> stressa leggermente “qui” per rendere meglio l’idea.
 
<< In camera tua? >>
 
Si limita ad annuire.
 
<< E…? >> inizio.
 
Vorrei chiederle quale sarebbe la sua sistemazione in quel caso, il motivo per cui tiene tanto che io dorma nella sua stanza. Nessuno dei miei interrogativi abbandona la mia mente.
 
<< Con me >>
 
Sto sognando. Sto decisamente immaginando tutto. E’ il mio subconscio ad architettare tutto. Devo essere crollato durante il film. Tutto questo non può essere reale.
 
<< Ti va? >> aggiunge con un filo di voce, vedendo io non reagisca.
 
Non sono ancora sicuro sia reale. In ogni caso, non mi conviene sprecare l’occasione. Il mio subconscio potrebbe donarmi un meraviglioso scenario.
 
Annuisco. << Lo trovo solo strano >> ammetto.
 
<< Perché? >>
 
Mi stringo nelle spalle. Non lo so. Forse perché è troppo bello per essere vero? Forse perché solo un paio di giorni fa ero pronto ad andare via e adesso sto vivendo una fiaba? Il che non è molto mascolino. Ma è un paragone giusto.
 
Non riesco a metterlo in parole. << Non lo so >> ammetto.
 
<< Ti concedo del tempo per conoscermi meglio >> pronuncia con fare furbetto.
 
E’ tornata in sé. Ed è piacevole. Mi piace come alleggerisce la tensione, come colma i silenzi, come riempie i miei vuoti, come lascia che io la ami. Le sorrido.
 
Decido di prendere la palla al balzo. << Posso chiederti qualsiasi cosa, quindi? >>
 
Ci pensa qualche istante. << Va bene. Nessun limite >>
 
Si mette a sedere a gambe incrociate sul letto facendo in modo che abbia di fronte il mio profilo. 
 
Voglio iniziare da qualcosa di soft. E recente. I suoi tatuaggi sembrano essere perfetti per l’occasione. Tra l’altro sono genuinamente interessato a saperne di più.
 
<< I tuoi tatuaggi? >> pronuncio come a chiedere il permesso di addentrarmi nella sua vita.
 
Allarga appena le braccia con un palese entusiasmo nello sguardo. << Cosa vuoi sapere? >>
 
Mi faccio più in dietro col sedere, appoggiandomi con la schiena al muro contro cui si trova il letto, per poterla vedere bene.
 
<< Dove sono gli altri tre >>
 
<< Uno è qui –traccia una linea immaginaria col pollice all’altezza delle costole sul fianco sinistro- gli altri due sulla caviglia >> muove freneticamente il piede sotto il mio sguardo.
 
Aveva i piedi scalzi. I tatuaggi sono sempre stati sotto i miei occhi e non me ne sono reso conto. Adesso muove troppo in fretta affinché io possa capire cosa siano.
 
<< Posso vederli? >>
 
Poggia delicatamente il piede sulla mia coscia. I due tatuaggi le circondano la caviglia come una cavigliera. Sembrano davvero uno solo.
 
Sulla parte destra, quella maggiormente visibile in toto, c’è una piuma. Le abbraccia metà caviglia ed è fatta davvero bene.
 
Mi sporgo per ammirare la parte sinistra. Notandolo, gira il piede per aiutarmi.
 
C’è una scritta che percorre tutto l’altro lato partendo da un’estremità della piuma e finendo all’altra. Provo a leggere. Non riesco.
 
<< Cosa c’è scritto? >>
 
<< “Zo licht als één veertje” >> la sua voce è dolce.
 
Dalla sua espressione sembra quasi si stia inebriando di un ricordo. Mi piacerebbe poterlo ammirare se così fosse.
 
<< Tedesco? >>
 
Scuote la testa con foga. << Potrei offendermi >> finge di ammonirmi ma finisce col sorridere.
 
Ero davvero convinto fosse tedesco. << Non è tedesco? >>
 
<< Olandese >>
 
Conosce anche l’olandese? Ero rimasto alla sua conoscenza del tedesco, dell’italiano, del francese e –fortunatamente per me- dell’inglese.
 
<< Mio nonno è cresciuto nei Paesi Bassi. Quando eravamo piccole, passavamo un mese e mezzo con i nonni in estate >>
 
<< E’ un bel po’ >> mi esce.
 
Sono consapevole d’averla interrotta.
 
<< E’ una situazione complicata –abbozza un sorriso amaro- Mia madre lavorava senza sosta. Noi abbiamo sempre avuto Au Pair che badassero a noi nel periodo scolastico. In estate tornavano nei loro Paesi. Non potendo essere presente, mamma ci mandava da mia zia in Francia per metà dell’estate e dai nonni in Italia per l’altra metà >> spiega.

In un secondo mi sembra di vederla. Piccola. Sola. Girovaga. E’ un’immagine che mi incrina il cuore.
 
<< E’ per questo che conosci le lingue così bene? >> cerco di rendere il discorso più leggero.
 
Annuisce. << Mia madre e mia zia sono cresciute in Italia. Con zia avremmo potuto parlare in italiano ma mio zio e Leah, mia cugina, sono francesi in tutto e per tutto. Se non avessi imparato non avrei potuto comunicare >> sorride sul finale.
 
<< Non mi avevi mai accennato a Leah >>
  
<< E’ una lunga storia ma non si tratta di lei, adesso >> dismette l’argomento.
 
C’è qualcosa di cui non vuole parlare. Non riesco proprio ad immaginare cosa possa essere successo tra loro. Non è questo il momento di scoprirlo.
 
<< Mio nonno ci parlava spesso in olandese. Quando vide la piuma che mi ero tatuata con la nonna, non riuscì a trattenersi dal dirmi questa frase. Fui felice. Quando sono arrivata qui mi mancavano entrambi così tanto e non era facile restare forte senza le loro costanti rassicurazioni. Ho deciso di tatuarmelo come promemoria >> spiega, guardandosi la caviglia.
 
Sono inondato da una serie di informazioni nuove. Ci sono così tante cose che vorrei chiedere. Mentre la guardo, non potendo essere visto se non di sottecchi, non riesco a fare a meno di pensare a quanto questa splendida ragazza abbia un universo dentro.
 
<< Voglio chiederti tante di quelle cose che non so da dove iniziare >> esterno, lasciando che l’eccitazione si impossessi di me.
 
Sorride divertita di un simile interessamento. << Chiedi tutto >>
     
<< Primo: davvero tuo nonno è olandese? Secondo: tua nonna si è tatuata con te? – suono estremamente sorpreso- Terzo: Cosa vuol dire questa frase? >>
 
<< Mio nonno è di origini russe ma la sua famiglia si è trasferita nei Paesi Bassi dopo la guerra. Lui era abbastanza piccolo così ha imparato in fretta l’olandese e, nonostante le insistenze dei genitori, ha dimenticato quel poco di russo che conosceva. La frase vuol dire “Leggera come una piuma”. Non è nulla di particolare.
Mia nonna non si è tatuata con me. Mi ha voluto accompagnare dal tatuatore dopo aver sentito le mie motivazioni >>
 
Fa una pausa. << Soddisfatto? >>
 
Annuisco. Sono soddisfatto ma la mia sete di conoscenza è ancora persistente. Voglio sapere il resto. Gli altri tatuaggi. La sua infanzia. Voglio sapere di sua madre, di Sophie, di suo padre. Di tutte le persone che hanno fatto e fanno parte della sua vita.
 
Prende ad alzarsi la canotta, scoprendosi lentamente lo stomaco. Credo potrei sentirmi male.
 
<< Questo è tedesco >> esclama indicando il tatuaggio.
 
Provo a leggere ma, anche questa volta, senza alcun successo. Le lingue non sono davvero il mio forte.
 
<< E’ una citazione di Goethe >> aggiunge.
 
<< L’adori davvero! >> noto.
 
Abbozza un sorriso. Lascia andare la canotta, le ricade sul corpo, coprendola.
 
<< Mamma lo amava. Il tatuaggio è per lei >>
 
Anche stavolta evita di guardarmi. Abbasso leggermente il capo per riuscire a scrutarle gli occhi ed accertarmi stia bene. Noto un velo di tristezza. I suoi ricordi devono essere dolorosi.
 
<< Non volevo >> sussurro, rendendomi conto di quale sentiero tortuoso io abbia involontariamente intrapreso.
 
Scuote impercettibilmente la testa. <<Das Leben gehört den Lebenden an, und wer lebt, muss auf Wechsel gefasst sein”. La vita appartiene ai vivi e chi vive deve essere pronto al cambiamento. La traduzione non rende, ma…era la citazione di Goethe che mi sembrava più adatta e vera >>
 
Dal suo sguardo volutamente altrove intuisco che il suo universo stia quasi collassando su sé stesso. Vorrei essere capace di rimetterlo insieme.
 
<< Il penultimo è qui >> annuncia, come a voler cambiare argomento di proposito, allungandosi a mostrarmi il retro dell’orecchio sinistro.
 
Sbircio. La macchia di colore assume una forma concreta quando mi rendo conto si tratti di un fiore di loto.
 
<< Come mai le orecchie? >> domando, cercando di distrarla con domande interessate ma leggere.
 
<< Sono i primi due che ho fatto. Mia madre non ne era a conoscenza. Mi avrebbe ucciso se l’avesse saputo quindi mi servivano posti sicuri. Ho dovuto rinunciare ad una distribuzione equa >> abbozza un sorriso.
 
Mi sento sollevato. Forse non è così grave. Forse riesce a spaziare nei suoi ricordi senza morirne ogni volta. Forse.  
 
<< Questo è un matching tattoo con Sophie >> afferma.
 
<< Come avete fatto senza il consenso di vostra madre? >> domando.
 
Non è una domanda poi così interessante ma sono curioso di scavare un po’ nel suo passato e scoprire come aggira i problemi.
 
<< Sophie era fidanzata con un tatuatore. Non è stato difficile chiedergli di chiudere un occhio sul consenso di un adulto >>
 
Prendo nota mentalmente. Sa davvero come sfruttare le risorse umane a propria disposizione. Dovrei preoccuparmi per me stesso? Lascio che i miei occhi indugino qualche secondo in più sulla sua nuca. No. Non dovrei dubitare.
 
<< Dove li avresti fatti se avessi potuto scegliere? >>
 
L’ho chiesto davvero io? Mi sembra assurdo. Non posso essere così risoluto fuori dalla mia testa e in una trance perenne nel mio cervello.
 
<< Probabilmente sulla parte interna del braccio. Adesso, però, amo la loro posizione e non potrei immaginarli da nessun’altra parte >>
 
<< Li avrei notati subito >> commento tra me e me.
 
<< Non sarei apparsa poi così tanto misteriosa >> scherza.
 
<< Sei ancora un mistero >> stresso “ancora” di proposito.
 
Sussulta. Immagino non se l’aspettasse. Anche se dovrebbe visto la sua aura.
 
<< Credi? >> chiede con un particolare candore nel tono.
 
Annuisco, convinto.
 
Distoglie lo sguardo istintivamente. Sembra quasi soppesare le mie parole, lievemente in imbarazzo.
 
Non sembra una cosa positiva. Forse ho sbagliato qualcosa. Il tono? Le parole in sé?
 
<< Non fraintendere >> mi affretto a dirle.
 
Torna a guardarmi.
 
La luce nei suoi occhi. L’intensità con cui brilla di luce propria. Il suo cuore. Sono davvero più di quanto meriti.
 
Attende affinché prosegua. Mi faccio coraggio e, in un fiato, mi espongo per l’ennesima volta. << Sei il primo ed unico mistero che io abbia mai amato >>
 
Potrebbe risultare affrettato. Potrei spaventarla, me ne rendo conto, ma, nel momento in cui le parole prendono vita nell’atmosfera circostante, mi sento più leggero.
 
Un sorriso sbilenco si piazza sul mio viso. I suoi occhi sono su di me, ancora. Non ho paura di essere rifiutato. Non ho paura lei rifugga da me. Non ne ho perché ricordo la panchina. Ricordo le sue lacrime.
 
E mi basta. Mi basta per sentirmi amato.
 
Prima che possa rendermene conto, le sue labbra si sono posate sulla mia guancia. Ed è come sentire il battito d’ali di una farfalla sulla propria pelle.
 
<< Questo per cos’è? >> domando, mostrandomi divertito.
 
Si stringe nelle spalle. << Aggiungo azioni misteriose al mio mistero >>
 
<< Non sarebbe grandioso se lo facessi dopo aver spiegato ogni tatuaggio? >> le faccio notare con una velata malizia.
 
<< Non rovinare il momento, Harry >> mi canzona bonaria.
 
Alzo le mani all’altezza del petto in segno di difesa. << Ci ho provato >>
 
<< Ti farò sapere quando la cosa potrebbe andare a buon fine >> ridacchia.
 
Mi prende in giro? O fa sul serio? Non riesco a decifrarlo. Il suo tono è divertito ma l’espressione sul suo viso sembra intenderlo davvero.
 
Non mi resta che chiedere, immagino. << Sul serio? >>
 
Annuisce. << Potremmo inventarci una parola o un segnale >> propone.
 
Non ho più dubbi. E' seria.

<< Adesso? >> domando.
 
<< Oh, la parola “adesso” va bene >>
 
<< Intendevo… >> protesto.
 
Scuote la testa. << Penso sia perfetta >>
 
Non so cos’altro replicare quindi taccio. Sono investito dalla stranezza, bellezza e concretezza di questo momento.
 
<< E c’è un significato? >> riprendo la parola, tornando ad alludere al fiore di loto.
 
Tiene i suoi occhioni vibranti sul mio viso. Apre la bocca ma non emette un fiato. La richiude.
 
Devo intuire non sia stata una buona mossa?
 
Distoglie lo sguardo. Mi è chiaro. Non avrei dovuto.
 
<< E’ stato arduo essere forte per Sophie >> le esce.
 
La sua voce è incrinata. Sembra sul punto di piangere.
 
Guardo il miracolo che è la sua essenza, rivangare le sofferenze che l’hanno resa chi amo, e non posso non pensare a quanto io sia fortunato. So che non dovrei, visto il momento, ma non riesco a trattenermi dal sentirmi come se mi fosse stato concesso un enorme dono.
 
Un dono che saprò custodire.  
 
Mi limito a spalancare le braccia sperando possa servire. Si fionda per farsi stringere.     
 
Potrei passare la vita così. Legato al suo cuore, sempre.  
 
Il suo respiro inizia a regolarizzarsi. Mi sento così sollevato.
 
Sollevato all’idea si stia calmando. Sollevato –se non addirittura lusingato- per avermi permesso di farmi carico della sua vulnerabilità dopo avermi mostrato i meandri del suo animo.     
 
Non è da tutti. Richiede un’incredibile forza. Un coraggio indescrivibile.
 
<< Sei una persona forte, Lotte >> le sussurro, rendendola partecipe di parte dei miei pensieri.
 
Sembra paralizzarsi sul mio petto. Mi sto impressionando? Dovrei controllare?
 
<< Mi ha-mi hai chiamata Lotte >> pronuncia, incespicando nelle sue stesse parole.
 
Già. Non esattamente da me. Non parte dell’Harry che ha conosciuto finora, almeno. Ma nemmeno lei risulta essere la Charlotte che ho conosciuto dopo anni di incontri concessi dal destino. 
 
Annuisco piano consapevole di star sfiorando, nel mentre, i suoi capelli col mento.
 
Si allontana di qualche centimetro per guardarmi in viso. << Perché? >> 




SPAZIO AUTRICE: Buonasera a tutti! 
Mi sono resa conto -a malincuore- di essere rimasta sola. Non c'è più nessuno a seguire la storia su questa piattaforma. La cosa mi rende triste. (So sia colpa mia) Al punto da aver pensato di non continuare ma, qualche giorno fa, ci ho ripensato. 
Ho iniziato questa storia oltre un anno fa e ho ricevuto davvero tanto supporto (finché non ho rovinato tutto), molto più di quanto mi sarei aspettata e ne sono estremamente grata. 
Per questo motivo, nei confronti di chi era solito usare qualche minuto (o più) del proprio tempo per me, nei confronti della storia e di me stessa, sento di dover andare avanti nonostante le attuali circostanze. 
A presto col prossimo :) x
  
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