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Autore: Adeia Di Elferas    06/10/2015    2 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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~~ Quel ventiquattro maggio stava acuendo in tutti l'idea che l'estate fosse arrivata anzitempo.
 Roma era appena visibile, in lontananza, in un'immagine eterea e ondulata per via dell'afa e del calore che si alzava dal suolo.
 Il sole era impietoso e Caterina si sentiva la fronte imperlata di sudore e la schiena completamente fradicia. Fosse dipeso da lei, sarebbe rimasta in maniche di camicia, come faceva d'estate da bambina, ma ovviamente non poteva più permettersi certe libertà.
 Stava in testa al corteo che l'aveva scortata per tutto il viaggio e non vedeva l'ora di poter trovare un po' di ombra, fosse anche in casa di suo marito.
 Lungo la strada avevano sentito più di una chiacchiera circa un'epidemia improvvisa di colera e avevano cercato di evitare le zone più colpite, tuttavia, quando quel caldo aveva fatto svenire due delle dame di compagnia, tutti loro avevano temuto il contagio. Per fortuna si trattava solo di due donne troppe influenzabili e in breve si erano riprese grazie a un intruglio preparato dalla stessa Caterina.
 “Quando dovrebbe arrivare mio marito?” chiese Caterina, impaziente, a uno dei soldati che l'affiancava.
 Quello, ovviamente, ne sapeva quanto lei, perciò fece spallucce: “Sappiamo solo che dobbiamo aspettarlo qui.”
 'Peggio per lui – pensò Caterina – gli farò pagare caro ogni minuto che passo sotto questo sole cocente...'
 Finalmente, al trotto, arrivò un ristretto drappello di uomini vestiti in modo elegante. Portavano le insegne papali e quelle dei Riario, quindi non c'erano dubbi sul fatto che si trattasse proprio delle persone che aspettavano.
 Caterina accarezzò il collo del suo cavallo, quasi per distrarsi. Ora che Girolamo era lì, si accorgeva di preferire il sole infuocato alla compagnia di quell'uomo.
 Una volta che il manipolo di cavalieri fu davanti al loro, Caterina cercò il marito con lo sguardo, ma non lo riconobbe.
 Forse aveva tanto distorto il ricordo che aveva di lui, da non averne in mente un'immagine fedele. In effetti, ricordava poco o nulla dell'aspetto del marito. Ogni dettaglio era stato rimpiazzato dall'odio più cieco.
 Girolamo, invece, aveva riconosciuto subito Caterina, ma solo perchè l'aveva vista in testa al corteo, affiancata dai soldati che le facevano da scorta.
 Nemmeno lui aveva molti ricordi legati all'aspetto della moglie. Aveva cercato di dimenticare, perchè col tempo si era vergognato sempre di più per la sua condotta.
 Quel poco che ricordava di lei erano gli occhi impauriti, il silenzio e la bambola che aveva stretto a sé per tutto il tempo...
  Quindi vedere che sua moglie era una donna, seppur giovanissima, di aspetto magnifico e dal volto deciso e fiero, fu per lui una vera foglorazione. Ne restò talmente colpito che per qualche minuto non riuscì ne a parlare né a fare nulla.
 Siccome nessuno prendeva un'iniziativa, Girolamo alla fine si riscosse e scese da cavallo, sorridendo.
 Si avvicinò a Caterina e fece un profondo inchino.
 Dunque era lui. Caterina lo guardò con attenzione. Non poteva negare che fosse di aspetto gradevole. Era molto alla moda, portava i capelli come facevano a Firenze e i suoi vestiti erano stretti al punto giusto, tanto da far notare i muscoli prestanti e la schiena dritta.
 Tuttavia, malgrado oggettivamente dovesse riconoscere che Girolamo era più che appetibile, Caterina non riuscì a provare altro che disgusto.
 “Sono così felice di potervi rivedere, mia adorata Caterina.” disse Girolamo, con la voce appena più acuta del solito. Era sinceramente emozionato e non riusciva a nasconderlo.
 A Caterina non sfuggì il rossore fulmineo che imporporò le guance dell'uomo che le stava di fronte, e non le sfuggirono nemmeno gli sguardi curiosi della scorta del marito.
 Ricordò le parole di sua madre Bona e capì che era il momento di mettere in pratica tutti i buoni consigli ricevuti prima della partenza.
 Sorrise nel modo più sponteo che le riuscì e allungò la mano verso il marito, che le si era ulteriormente avvicinato e che ora si sporgeva un po' per poterle fare un baciamano che fosse ben visibile a tutti i presenti.
 “Sono io a essere lieta di rivedervi, mio signore.” disse Caterina, la voce bassa quel tanto che bastava da simulare una forte emozione.
 Non appena la mano di Girolamo prese la sua e le labbra dell'uomo le sfiorarono la pelle, Caterina sentì di nuovo montare dentro rabbia e ribrezzo. Il senso di nausea che aveva provato così tante volte al pensiero di quell'incontro, si ripresentava, amplificato, intensificato all'inverosimile, tanto che temette di dar di stomaco davanti a tutti.
 Per fortuna nessuno pensò che il suo pallore fosse legato a quella sensazione, anzi, per molti fu la prova della sua gioia e della sua ammirazione nei confronti del marito, uomo forte e potente.
 Girolamo fu l'unico ad accorgersi della vera reazione della moglie. L'aveva percepito subito. Ostilità. Odio. Disprezzo. Stava tutto nell'impercettibile tremolio che la mano della sua sposa aveva avuto nel momento in cui lui l'aveva baciata.
 Quando poi l'aveva guardata un momento in volto, per cercare conferma o smentita delle sue impressioni, non aveva avuto dubbi. Anche se Caterina sorrideva, apparentemente raggiante, i suoi occhi erano rimasti freddi e impassibili, e dalle sue guance il colore era scomparso improvvisamente.
 Fingendo che tutto fosse a posto, Girolamo tornò al suo cavallo e fece segno a tutti di precederlo: “Vogliano i lor signori farci strada, mentre io e la mia sposa conversiamo finalmente, dopo un'attesa così lunga.”
 Così tutti, uomini d'arme e dame di compagnia, ripresero il cammino verso Roma, mentre Girolamo aspettava paziente che la moglie l'affiancasse.
 Caterina prese qualche secondo, prima di convincere il proprio cavallo ad avvicinarsi a quello del marito, un giovanissimo cavallo da guerra nero.
 Appena poterono cavalcare l'uno vicino all'altra, lontani dalla scorta, che li teneva sempre d'occhio, ma che non ne poteva più origliare i discorsi, Girolamo si voltò verso la moglie e disse, con una serietà tale che avrebbe convinto chiunque: “Il nostro matrimonio è cominciato nel peggiore dei modi, ma ora vi prometto che le cose saranno molto diverse.”
 Caterina aveva lo sguardo sulla città che si avvicinava e la voce di suo marito le risultava fastidiosa e petulante, benché il timbro fosse in effetti gradevole.
 “Mi pento per come vi ho trattata.” confessò Girolamo, sperando di poter incrociare gli occhi – di un verde così meraviglioso – di Caterina, che invece continuava a non guardarlo.
 “E ve ne pentirete ogni giorno di più.” disse Caterina, subito, con una naturalezza tale che Girolamo non riuscì a controbattere in alcun modo.
 
 Per il resto della giornata, Caterina si lasciò distrarre quasi completamente dalle feste, dalla musica, dagli spettacoli e dal cibo. 
 La corte di Roma la stava accogliendo come fosse una regina e nel momento stesso in cui se ne rese conto, Caterina capì l'immenso potere che aveva suo marito. Solo che, più osservava silenziosamente Girolamo, mentre salutava ambasciatori e riceveva congratulazioni da vescovi e autorità varie, più comprendeva quanto questo dettaglio fosse ignoto al marito.
 Girolamo era il nipote del papa e veniva trattato da tutti, malgrado la sua palese ignoranza – in poche frasi dimostrò alla moglie le proprie abissali lacune in campo geografico, politico, linguistico e militare – come fosse un principe. E lui non se ne rendeva conto...
 Caterina, per contro, fece del suo meglio per mettere in mostra la sua vivacità d'intelletto e la sua cultura, che per una donna era veramente sorprendente. Quando uno dei Della Rovere presenti glielo fece notare, Caterina sorrise amabilmente e disse con semplicità: “Alla corte degli Sforza le figlie femmine sono ritenute importanti quanto i figli maschi e perciò vengono istruite come i fratelli.”
 Questa affermazione causò qualche borbottio tra alcuni esponenti di certe famiglie importanti che non condividevano un simile liberalismo, ma alla fine tutti ne parvero ben impressionati.
 
 Era ormai notte, quando finalmente Caterina fu condotta in un bellissimo palazzo in cui lei e Girolamo erao stati ospitati. Le avevano spiegato il perchè e il per come e lei aveva ascoltato ogni spiegazione, ma senza badarvi molto, perchè era stanca e perchè la sua mente era in blocco, all'idea di restare da sola con suo marito fino al mattino seguente.
 Le dame di compagnia la prepararono per la notte tutte ridenti, ripercorrendo le fasi più salienti della giornata, glorificando la munificenza del papa e della sua corte.
 Caterina avrebbe voluto zittirle tutte e per sempre, ma non doveva apparire irascibile, perciò fu un grande sforzo, per lei, lasciarle cincischiare per tutto il tempo senza reagire in alcun modo.
 Prima di venir presa in ostaggio da tutte quelle ragazze, aveva nascosto il pugnale che teneva sotto le vesti in un cassetto. Per quanto non volesse seprarsene, non voleva che suo marito scoprisse subito il suo asso nella manica.
 Quando fu pronta, le dame uscirono ancora ridendo dalla stanza e subito dopo arrivò Girolamo.
 Si era cambiato e indossava solo una camicia molto larga e un paio di brache nere che mettevano in risalto le gambe magre e lunghe.
 Dopo che egli ebbe chiuso a tre mandate la porte, i due si guardarono a lungo. Entrambi si erano persi nei ricordi di oltre quattro anni addietro e – per motivi diversi – entrambi si sentirono perseguitati dai propri fantasmi e si trovarono colmi di collera.
 “Quello che mi avete detto oggi, mentre raggiungevamo la città...” prese a dire Girolamo, ricordando la minaccia di Caterina.
 “Non mi rimangio nulla.” lo interruppe lei: “Farò quello che devo per essere una buona moglie, in pubblico, ma sappiate che farò del mio meglio per rendere la vostra vita privata un inferno.”
 Anche ora che quella giovane parlava in modo così sfrontato e categorico, Girolamo la trovava bellissima. E un po' ne aveva paura. E la paura è una cosa molto strana...
 “Vi ho preso questa.” disse Girolamo, prendendo una scatola di valluto che era stata appoggiata accanto alla porta per tutto il tempo, senza che Caterina la notasse.
 L'uomo l'aprì e le porse il contenuto: una collana di brillanti e rubini. Caterina la prese e la guardò un momento: “Non basta certo una collana per farmi cambiare idea.”
 “Forse no.” convenne Girolamo, mentre dentro di lui sentimenti contrastanti cominciavano a lottare tra loro, trsformandosi in desiderio: “Ma io vi farò cambiare idea. So farmi amare dalle donne. Alla fine mi amerete anche voi.”
 “Mai.” ribattè immediatamente Caterina, con la certezza incrollabile di chi sa la verità, e lasciò cadere in terra la collana.
 Girolamo ignorò quel gesto e fece un passo avanti. Caterina lo fissò con una luce pericolosa negli occhi. Quanto avrebbe voluto aver ancora addosso il pugnale... Lo avrebbe ucciso in quel momento, senza pensare alle conseguenze e, nel bene o nel male, sarebbe stata libera.
 “Io sono vostro marito.” fece Girolamo, allungando una mano verso di lei, per accarezzarle una guancia.
 Caterina l'allontanò con un colpo secco, che suscitò una reazione molto violenta in Girolamo, che le afferrò entrambi i polsi, storcendole le braccia dietro la schiena, immobilizzandola.
 “Vi ci vorrà il vostro tempo per accettarmi, lo capisco, ma ricordatevi che ho dei diritti. Siamo uniti agli occhi del Signore e del papato e non ho intenzione di...” cominciò lui, la voce distorta in un ringhio di rabbia.
 Caterina non gli lasciò la soddisfazione di finire la minaccia, sbottando: “E prendetevi pure i vostri diritti! Prendete di me quel che volete, ma state certo che da me non avrete mai nemmeno un briciolo d'amore!”
 Tanto bastò a Girolamo per perdere la testa. Le strappò di dosso la veste da camera che le cameriere avevano tanto delicatamente accarezzato poco prima, lodandone la fine trama, e la buttò sul letto che era stato preparato per loro.
  Caterina rivide quello che era per lei il vero volto di Girolamo Riario, più simile a un demoe che non a un uomo, e quella notte gli giurò di nuovo odio eterno.
 Lui non cercò di essere più gentile, o di farle dimenticare la loro prima notte, come invece si era ripromesso di fare fino a pochi minuti prima. Dopo pochi istanti, Caterina non si ribellò più, fisse nella mente le parole di Bona, sicura che la madre avesse ragione. Sperò con tutta se stessa di avere figli presto, per non dover mai più sottostare a suo marito.
   
 
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