Pieno
«Hermione,
ti ricordi di
Blaise, vero?»
Lei annuì, allungando
una mano per stringere quella del moro, mostrando tutto il suo sollievo
e l’altro
ricambiò con un sorriso breve ma sincero.
«Loro, invece, sono sua
moglie Daphne e le loro figlie Cassandra e Anfitea.»
presentò, prendendo a giocare con le bambine. Hermione si
schiarì la voce,
imbarazzata per il trovarsi con sconosciuti, ma i sorrisi
incoraggianti di
Draco la calmarono.
«Scorpius
e Astoria?»
domandò il biondo alla donna. «L’ha
già riportato a Hogwarts?»
«No,
non credo. L’ho
vista ieri, e mi ha detto che oggi sarebbe stata presente. A quanto ne
so,
avrebbe portato anche Scorpius.»
Draco le annuì,
abbassando lo sguardo verso la bambina che reclamava la sua attenzione.
«Zio,
voglio giocare.»
«Tea,
gioca con tua
sorella.»
le consigliò Daphne, scusandola con i gesti. «I grandi devono
parlare. Ora arriva anche tuo cugino, contenta?»
«Bene,
uhm… Hermione?»
la chiamò Zabini, grattandosi distrattamente la nuca. «Posso
darti del tu, sì? Tanto ormai sei di famiglia.»
«Oh,
è arrossita!»
«Daphne!»
esclamò Draco, stringendo a sé Hermione con un
sorriso divertito in viso. «Avessi
saputo che saresti venuta anche tu, avrei chiesto a Blaise di
incontrarci nel suo studio.»
«E
privarmi delle guance
rosse della tua nuova moglie?»
ribatté lei, scherzando. «Non
avresti potuto farmi questo, tesoro.»
Ad Hermione per poco
non andò di traverso la sua stessa saliva, e Draco dovette
darle dei colpetti
sulla schiena per farla riprendere, mentre rivolgeva
un’occhiata truce a
Daphne.
«Daphne.»
si intromise allora Blaise, gelando con lo sguardo sua moglie. «Chiamalo
ancora tesoro e giuro
che divorzio anch’io.»
La donna rise di cuore,
avvicinandosi al marito per baciarlo, e subito l’espressione
di lui tornò
serena come era stata fin dall’inizio, ed anche Hermione non
poté trattenere
una risata.
«Papà!»
L’esclamazione
improvvisa fece girare tutti i presenti, notando l’entrata di
Astoria e di suo
figlio. Hermione lo ricordava bene, dal funerale di Lucius; se anche
non
l’avesse fatto, non sarebbe stato comunque difficile capirne
l’identità. Quei
capelli biondi erano identici a quelli di Draco. Il bambino corse verso
suo
padre, incurante del lieve rimprovero sul suo viso che si
aprì subito in un
sorriso quando lo strinse tra le braccia, inginocchiato sul pavimento
per
abbracciarlo meglio.
«Siete
in ritardo.»
«Già.
Dillo a lui,
Daphne. Non ne voleva sapere di alzarsi dal letto, stamattina.»
spiegò Astoria, rivolgendo un sorriso di saluto ad Hermione.
«Vedo
che ci siete tutti. Scorpius, perché non vieni a giocare con
me e la
zia? Di là ci sono due sorprese per te…»
«Cassandra
e Tea!»
esclamò il bambino, correndo nella direzione indicatagli
dalla madre. Astoria e
Daphne lo seguirono con un sospiro rassegnato, ed uscirono dalla sala
senza più
dire una parola.
«Allora,
Hermione.»
il moro la chiamò nuovamente con un tono serio, sedendosi
davanti a lei. Una
pergamena ed una piuma svolazzano a mezz’aria, e si
sforzò di ignorarli. «Astoria
mi ha spiegato brevemente quello che è accaduto, ma vorrei
che me
lo ripetessi tu. So che riguarda tuo marito, quel rosso di Weasley.»
«Sì.»
confermò torturandosi le dita, ma la stretta di Draco la
fermò. Rivolse un
breve sguardo agli occhi del biondo, che la spronavano a continuare. «Lui…
lui ha detto che… ha detto che mi avrebbe tolto la custodia
dei miei
figli.»
«Dì
le cose come stanno,
Hermione.»
la interruppe Draco seccamente, gli occhi pieni di
scintille di rabbia. «L’ha
minacciata di non farglieli più
vedere, Blaise, dopo averla persino accusata di essere una…
una di quelle.»
«Draco.»
lo chiamò l’altro, ammonendolo con lo sguardo. «Capisco
la tua ira, ma
è superflua. No, aspetta, mi sono espresso male. So che ci
tieni a lei, e che
faresti tutto per cercare di proteggerla, ma… ma ci sono
altri metodi, per
farlo. Per questo sono qui.»
gli mormorò, evocando un libro.
Cominciò a sfogliarlo in silenzio, ma ben presto si
interruppe. Rivolse
nuovamente la sua attenzione ad Hermione, chiudendo quello stesso libro
con uno
scatto secco che la fece sussultare.
«Hermione,
devo
chiedertelo, e spero che tu mi dica la verità.»
iniziò,
esitando subito dopo. «Draco,
potresti…»
«No.»
pronunciò secco, sistemandosi meglio sulla poltrona. «Non
me ne vado, Blaise.»
«Draco,
quello che… ci
sono domande che devo farle, ed ho bisogno di privacy. Devo davvero
chiederti
di uscire.»
si scusò alzando le spalle. «Non
posso fare altrimenti, lo sai bene.»
Il biondo se ne andò
controvoglia, sbattendo la porta infuriato mentre usciva, e Blaise
poté
continuare quel colloquio con una Hermione sempre più
nervosa.
«So
che tanto poi gli
dirai tutto, ma per legge non potevo farlo rimanere. Sai, segreto tra
avvocato
a cliente.»
Hermione annuì,
sorridendo alla smorfia infastidita che l’altro fece subito
dopo.
«Draco!»
tuonò, afferrando l’oggetto che spuntava da sotto
la porta. «La
privacy!»
Hermione rise,
osservando la scena : Draco se ne stava comodamente contro lo stipite
della
porta della stanza davanti lo studio, in mano un riconoscibilissimo
filo color
carne, ed alzò gli occhi quando incrociò quelli
grigi che le fecero l’occhiolino.
Guardò Blaise rientrare, insonorizzando la stanza, e subito
fece evanescere le
Orecchie Oblunghe sequestrate a Draco.
«Scusalo,
Hermione. A
volte è più infantile di Scorpius e delle mie
figlie messi insieme.»
«Sì,
me ne sto
accorgendo.»
confermò lei, un sorriso sinceramente divertito
sulle labbra, vedendo l’altro annuire vigorosamente.
«A
volte mi domando
quanti anni abbia esattamente. Ha l’aspetto di un adulto, ma
si comporta ancora
come un undicenne.»
mormorò fingendosi esasperato. «Comunque…
pronta, per le domande?»
***
«Padrone…»
«Cosa
c’è?»
gli si rivolse con un sibilo, sgridandolo con gli occhi per il tono
troppo alto
che aveva usato nel chiamarlo. Diede un’occhiata ad Hermione,
fortunatamente
ancora addormentata di fianco a lui.
«Il
signor Harry Potter,
padrone. È sotto che aspetta padron Malfoy.»
Il biondo si affrettò a
rivestirsi, dopo aver congedato l’elfo, riflettendo sul
motivo che avrebbe
dovuto spingere Potter a presentarsi a casa sua. Sapeva di non riuscire
a darsi
una risposta, al momento, e comunque non prima di aver parlato con
l’Auror. Che
Weasley gli avesse spifferato tutto quello che era accaduto poche ore
prima?
No, non poteva essere, pensò subito dopo. Lenticchia non era
il tipo da
umiliarsi con gli amici, per quanto tardo potesse essere.
Si affrettò a
raggiungerlo, incuriosito, e lo trovò nel corridoio centrale
che si guardava
intorno, accompagnato da un nucleo di altri Auror. Draco li
guardò uno per uno,
non riconoscendoli.
«Potter.»
lo chiamò, piazzandosi davanti. «A
cosa devo l’onore di
avere te ed altri… sei Auror in casa mia?»
«Siamo
qui per Narcissa
Malfoy.»
gli rispose, ed il biondo capì ancora meno di prima.
«Mia
madre?»
sussurrò, l’espressione sinceramente confusa. «Cosa
volete da lei?»
«Affari
del Ministero.»
lo liquidò lapidario, ma fu grazie a quella reazione che
Draco capì il motivo
di quella visita. Gli unici affari del Ministero, perlomeno i
più urgenti,
riguardavano tutti l’assassinio di suo padre e
l’attacco a quel negozio. Ma
perché il dipartimento Auror avrebbe dovuto cercare sua
madre? Cosa c’entrava
lei, e in che modo quella situazione la riguardava?
«Perché
la cerchi,
Potter?»
gli domandò, ma l’Auror scosse la testa
dimostrando così la sua intenzione a
non rispondergli.
«È
qui?»
Draco tentennò, non
sapendo bene cosa rispondergli. Da un lato, sapeva che prima o poi
Potter e gli
altri se ne sarebbero accorti, della sua menzogna, ma d’altro
canto… era pur
sempre di sua madre, che si stava parlando. Sapeva che erano
lì per
interrogarla - Merlino solo sapeva per quale effettivo motivo - e
ostacolarli
sarebbe significato finire immischiato anche lui. Ed era
l’ultima cosa di cui
aveva bisogno in quel momento, caricare di lavoro extra Blaise,
già indaffarato
per conto di Hermione.
«Ecco,
non…»
«Hermione?» l’esclamazione
stupita di Potter lo fece
voltare verso le scale che lei stava scendendo. Si fermò a
metà, rivolgendo uno
sguardo altrettanto stupito ad Harry, sinceramente sorpresa di trovarlo
lì.
Come lui, del resto.
«Ciao, Harry. Volevo
andare in cucina.»
si scusò lei, distogliendo imbarazzata
lo sguardo per fissarlo su Draco. «Ma
non so dove sia.»
Lui le sorrise, grato
di quel momentaneo diversivo. Le porse una mano, aspettando che lei
l’afferrasse. «Non
potevi chiamare l’elfo? Ti avrebbe portato
qualunque cosa volessi.»
«Assolutamente
no!»
esclamò infervorata. «Non
sfrutterò Sock, Draco. E poi, non
voglio disturbare.»
«Sciocchezze.»
minimizzò lui. «È
pagato,
per questo.»
Hermione lo guardò
prima allibita, ma subito un espressione contenta sostituì
la precedente. «Lo
paghi? Davvero?»
«Certo.»
Malfoy annuì, ghignando davanti al suo viso stupito,
tornando a prestare
attenzione a Potter. Hermione lo imitò, guardandolo con
curiosità.
«Cosa
succede? Perché
Harry è qui?»
«Questioni
di lavoro,
suppongo.»
le spiegò brevemente Draco. «Lui
e gli altri cercano mia madre.»
«Oh.
Per quale motivo,
Harry?»
«Per
questa.»
Tutti
i presenti si
voltarono in direzione delle scale, dove la voce limpida di Narcissa
Malfoy li
aveva interrotti. Stava scendendo i gradini con la solita grazia che la
contraddistingueva, tra le mani una maschera.
Draco sgranò gli occhi,
riconoscendola, osservando distrattamente che tutti gli Auror presenti
avevano
le bacchette pronte in mano. Narcissa lo raggiunse, superandolo di
poco, e si
sistemò a metà tra il gruppo del Ministero e lui
ed Hermione.
«Cercava questa, signor
Potter?»
gli domandò retoricamente, porgendogli la maschera da
Mangiamorte di Lucius. «Suppongo
di sì. La prenda, non mi servirà più.»
La maschera passò di
mano in mano, finendo tra quelle di un Auror che si
smaterializzò
immediatamente, sotto lo sguardo confuso di Draco.
«Madre…
cosa sta
succedendo?»
Narcissa si voltò verso
di lui, fiera come era sempre stata, e suo figlio poté
sentire un singulto
provenire dalle labbra di Hermione. Ma non ne capì il motivo.
«Ti
voglio bene, Draco.
Te ne ho sempre voluto.»
cominciò lei, imponendosi di non
piangere davanti a suo figlio. I Black
non piangono, i Black affrontano
tutto a testa alta. Ed era esattamente quello che stava
facendo Narcissa,
anche se le costava come nient’altro nella sua vita. Nemmeno
dare alla luce
Draco le era stato così doloroso. «Tutto
ciò che ho fatto…
è stato per te. Perché tu fossi davvero felice,
perché tu potessi essere
realmente te stesso, senza costrizioni, pregiudizi ed ordini.»
Draco la guardava a
bocca lievemente aperta, e lei vi vedeva non l’adulto che era
adesso, ma il
bambino paffuto e maldestro che era da piccolo. Questo, sarebbe stato
sempre
per lei : il bambino che amava abbracciarla, confortandosi del suo
profumo, e darle
baci di nascosto a suo padre, custodendoli gelosamente come un segreto
solo tra
loro due; il bambino che con la sua prima magia aveva rotto il vaso
preferito
di Lucius, vecchio di trecento anni; il bambino dolce che era un tempo,
prima
di essere plasmato ad immagine e somiglianza del suo stesso genitore. E
quegli
occhi grigi… nonostante tutto, erano ancora infantili. Dopo
tutto quello che
Draco aveva passato nella sua vita, i suoi occhi avevano ancora quella
purezza
fanciullesca che l’aveva affascinata fin da subito, fin dalla
prima volta che
li aveva incrociati.
«Ti
chiedo di
perdonarmi, se puoi.»
riprese lei, sforzandosi di parlare
con voce chiara, nonostante gli occhi umidi. Ma non avrebbe mai pianto. «Per
il gesto che ho compiuto. Chiunque avrebbe agito così.»
«Madre…»
Draco la chiamò con un mormorio, più confuso di
prima. «Cosa
hai fatto?»
Narcissa non gli
rispose; si voltò verso Harry Potter con i polsi uniti ma a
testa alta. Nessuno mai
gliel’avrebbe fatta abbassare,
pensò in quel momento, lei era e
sarebbe
stata sempre una Black.
«Narcissa
Malfoy.»
Harry chiamò il suo nome, ignorando le occhiate supplicanti
di Hermione e lo
sguardo perso di Draco. Non poteva fare altrimenti. «Lei
è accusata formalmente dal Ministero per
l’assassinio di Lucius Malfoy
e l’attacco al negozio di Madama McClan.»
Narcissa gli annuì,
schiarendosi la voce per scacciare quel blocco che le stava impedendo
di
parlare. «Come
ha capito che ero stata io, signor Potter?»
L’Auror si raddrizzò
velocemente gli occhiali, cieco però alle occhiate che
Hermione gli lanciava
per fargli capire di non parlare davanti a Draco. Ma Malfoy era un
adulto, e
comunque prima o poi sarebbe venuto comunque a conoscenza delle
motivazioni di
sua madre.
«Ha
commesso un errore,
Narcissa. Certo, è stato forse involontario, ma
l’ha fatto. La bacchetta di
Biancospino. Abbiamo trovato un frammento di quel legno mischiato ad
altri, sia
dove esisteva il negozio di Madama McClan che sul luogo del…
dove è stato
trovato suo marito, insieme con Acacia e Noce.»
spiegò Harry,
prendendo un respiro veloce prima di tornare a parlare. «Gli
Incendio e l’Ardemonio non sono riusciti a distruggerli del
tutto. Ma
è stato grazie al Biancospino che sono riuscito a risalire a
lei.»
«Quella
bacchetta è di
Draco.»
puntualizzò Narcissa, e l’Auror annuì.
«Sì,
ma sappiamo tutti,
qui, che suo figlio non sarebbe stato in grado di fare male nemmeno ad
una
mosca. Non poteva essere stato lui. Non è un assassino, e
questo l’abbiamo già
appurato vent’anni fa.»
la voce di Harry finì in un sussurro,
ricordando la morte di Silente nella torre. «In
più, quella maschera
era l’unica che mancava all’appello. Quello che non
riesco a capire, - aggiunse
subito dopo, - è il motivo. Perché…»
«Perché
colpire il
negozio?»
Narcissa lo interruppe con un gesto secco della mano. «Un
semplice diversivo, signor Potter.»
«Ha
ferito delle
persone!»
Harry alzò la voce, incurante delle occhiate che la Malfoy
gli lanciava. «Decine
di persone finite al San Mungo!»
«È
vero. Ma sono ancora
vive, no? Avevo bisogno di qualcosa che vi tenesse impegnati,
mentre…»
Narcissa prese un profondo respiro, guardando addolorata suo figlio, ma
lui non
sembrava realmente vederla. Aveva gli occhi vacui, e nemmeno gli
abbracci di
Hermione sembravano riscuoterlo dallo stato in cui era caduto.
«Mentre
ordinava
l’uccisione di Lucius Malfoy?»
le domandò Harry, un finto tono
sarcastico che stonava terribilmente con tutta quella situazione, ma
lei lo
fissò con stupore.
«Ordinare?»
ripeté, le labbra strette in una linea severa. «Non
sono una stupida,
signor Potter. Non avrei mai rischiato che qualcun altro
potesse… potesse
tradirmi. Non ho ordinato alcunché a nessuno.
L’unica responsabile sono
solamente io.»
L’Auror aggrottò le
sopracciglia, guardandola con confusione. «Ma
i testimoni… giurano
di aver visto almeno un paio di persone.»
«Signor
Potter, non
credo che sia mio dovere ricordarle quanto le persone possano essere
estremamente suggestionabili. Specialmente quando vedono del sangue. Ed
un buon
Confundus ha fatto il resto, facendo credere loro che le persone
fossero molte
di più.»
«Ha
fatto tutto da sola,
quindi.»
ripeté Harry, incredulo a ciò che sentiva. «Non
mi spiego un’altra
cosa. Come ha fatto ad ucc… a colpire
suo marito?»
si corresse subito, dopo l’occhiata truce di
Hermione verso di lui. «I
Medimaghi hanno detto che sembrava
qualcosa di simile al Diffindo, ma che era un incantesimo di
tutt’altro genere.
Quale ha usato?»
Sul
volto di Narcissa
spuntò un sorriso amaro. «Le ricorda nulla, signor
Potter, il Sectumsempra?»
L’Auror sgranò gli
occhi, balbettando poi parole incomprensibili. «La
formula di Piton?»
le domandò, incredulo. «Come
fa a conoscerla?»
«Signor
Potter, come le
ho già detto, non sono una sprovveduta. Severus mi ha
confessato che lei ha
usato quella stessa formula su mio figlio, al vostro sesto anno. Se
Lucius non
avesse fallito, l’anno prima, Draco non sarebbe stato
Marchiato per rimediare
agli errori di suo padre, come invece è stato, e tantomeno
non sarebbe stato
vittima di quella maledizione. Lucius meritava di morire nello stesso
modo in
cui aveva rischiato la vita il suo unico figlio.»
spiegò senza
tentennamenti, animata dalla rabbia che la vigliaccheria di suo marito
le aveva
provocato in passato.
Si voltò brevemente
verso Draco, trovandolo con lo sguardo perso nel vuoto, e gli
accarezzò una
guancia. Lo fece piano, con estrema lentezza : voleva imprimersi ancora
una
volta la sensazione - la bellissima sensazione - che provava ogni volta
che le
sue dita entravano in contatto con la pelle di suo figlio. E, per lei,
sarebbe
stato davvero sempre un bambino, qualunque età potesse mai
avere.
Narcissa sapeva cosa
stava per accadere, lo aveva sempre saputo. Era cosciente che Azkaban
era
inevitabile, per una come lei, e nonostante conoscesse dal principio la
fine
che l’avrebbe aspettata, non aveva esitato neanche un
momento. Forse, realizzò
in quell’istante, Azkaban era un
buon compromesso.
«Non
mi pento di nulla.»
gli mormorò, mentre un sorriso dolce spuntava dalle sue
labbra rosse. «Perdonami.»
Si allontanò da lui,
pronta a consegnarsi definitivamente nelle mani del Ministero, ma un
sussurro
timido la fece voltare nuovamente indietro. «Perché?»
Narcissa guardò con
gratitudine Hermione, abbracciata a suo figlio nel tentativo di
sostenerlo, e
non poté trattenere un sorriso dolce. «Perché
ti voglio bene.
Perché sei il mio unico figlio. Perché tu,
più di tutti gli altri, meriti di
essere felice al fianco di una donna come Hermione. Perché
sono una madre.»
Si voltò, dopo aver
accarezzato ancora una volta con un sorriso il viso di suo figlio, e
superò
tutti quegli Auror giunti per arrestarla.
A
testa alta.
***
«Te
l’avevo detto che
Blaise era bravo, no?»
Hermione annuì,
giocando con l’angolo del lenzuolo attorcigliandolo tra le
dita. «Sì,
è vero. Ha fatto un buon lavoro, per Narcissa. E per me,
trovando un cavillo
che riuscisse a farmi ottenere i miei figli, nonostante avessi torto.»
«Ed
è così. La Legge
Magica è alquanto severa, su temi come questo. Sono le
madri, ad avere la
potestà in caso di separazione, o di divorzio, non i padri.»
«Non
esserne così
contento, Malfoy.»
lo rimbeccò lei, sentendo il tono con
il quale aveva pronunciato la parola divorzio. «Il
fatto che, ora,
Ronald ed io lo siamo non significa che puoi…»
«Gioirne?»
domandò lui, accarezzandole un fianco fino a farla
rabbrividire. «E’
stato difficile? Firmare quei documenti.»
Hermione
ci pensò su per
qualche istante, ma poi scosse convinta la testa. «Credevo di
sì, sai? Credevo
che avrei esitato, e che me ne sarei pentita subito dopo.»
«E
non è successo.»
«No,
non è successo.»
ripeté, strappandogli un bacio. «Merlino,
dovrò rivederlo. Devo andare a prendere Hugo, e so che Ron
sarà alla Tana. Per fortuna
che c’è Molly, con sua madre presente non
potrà fare sciocchezze.»
«Ti
stai dimenticando di
me, Mezzosangue.»
le ricordò con un bisbiglio, sfiorandole
i capelli, ed Hermione trattenne il respiro. Alzò la testa
per guardarlo, non
leggendo altro che sincerità nel grigio dei suoi occhi.
«Vuoi
essere presente?
Perché?»
«Hermione.»
scandì lentamente. «Dopo
tutto quello che è successo, come
puoi dubitare che non voglia fare parte della tua vita? Di ogni singolo
aspetto?
Devi essere davvero sciocca, per non esserci ancora arrivata.»
Lei sentì il cuore prendere
a battere forte, sempre più forte, e non poté
trattenere la parola che le uscì
dalle labbra. «Tu…»
«Sì.»
la interruppe, deglutendo improvvisamente in imbarazzo. Lo era sempre,
quando
si parlava di sentimenti, e non avrebbe mai potuto farci niente. «Mi
pare di averlo già detto. In una qualche sala da
tè, se non ricordo
male. Probabilmente quella del San Mungo.»
«Ma
non era rivolto a me,
bensì ad Astoria.»
puntualizzò lei, gonfiando lievemente
le guance come una bambina, e lui sogghignò davanti
quell’espressione buffa. «Sai,
sono contenta che sia in attesa. È una brava donna, si
merita questa
felicità. Anche Terence mi sembra gentile.»
«Vero,
lo sono entrambi.
Lo desiderava da tanto, un altro figlio, e sono contento che Terence
sia
riuscito a darglielo.»
«Ti
dispiace, non averne
avuto un altro?»
gli domandò Hermione, ma evitò di
guardarlo in volto.
«Sì,
se devo essere
sincero. Avrei tanto voluto avere una bambina. Ma Astoria…
prima non riusciva a
rimanere incinta. Aveva dei problemi, ma per sua fortuna li ha risolti.»
«Magari,
in un futuro…»
Draco la guardò con un
espressione indecifrabile, ma dentro si sentiva pieno di gioia per il
solo
fatto che lei potesse valutare quell’opportunità. «Sì,
magari.»
Hermione sospirò, non
sapendo cosa dire. Si sentiva la testa libera da qualsiasi pensiero,
ora che
era lì con Draco. Le aveva proposto di trasferirsi da lui
solo qualche giorno
prima, dietro la scusa della solitudine : le aveva detto che non voleva
sentirsi solo, in quella villa enorme, e che la sola compagnia di
Narcissa non
gli bastava. Voleva quella di Hermione, e l’aveva ottenuta.
«Sei
tu, la mia scelta
volontaria.»
affermò lui dopo qualche istante di silenzio. «E
non avrei potuto farne una migliore, nella mia vita.»
Draco le accarezzò il
volto arrossato, ammirandola mentre lo guardava trattenendo ancora il
respiro. «Voglio
darti tutto, Hermione. A volte non sarà facile, ma cosa lo
è? Potrà
capitare che litigheremo, arrabbiati l’una con
l’altro, ma sono cose che
potremo superare. Se tu lo vorrai.»
Attese in silenzio una
sua risposta, pregando Merlino che fosse quella che lui si aspettava e
non
quella che sarebbe stata capace di distruggerlo completamente. Ci aveva
riflettuto fin da quando l’aveva incontrata di nuovo, un paio
di mesi prima, e
con il passare del tempo si era reso conto che non aveva mai avuto
scelta; si
era reso conto di dipendere da lei, dai suoi sorrisi, dalle sue
occhiate e dalle
sue parole in un modo che non aveva mai creduto di provare. Nemmeno il
matrimonio, ormai sciolto, con Astoria era stato così. Ed
Hermione… Hermione gli mostrò con i gesti, quale
sarebbe stata la sua
risposta.
Draco la guardava,
abbracciata a lui e con la testa postata contro il suo petto, e sorrise
al
vuoto nella sua camera.
Era un Malfoy.
Tutto
si era risolto.
Ed
i Malfoy ottenevano
tutto ciò che desideravano, da vincenti quali erano.
Sua
madre aveva ottenuto il permesso dal Ministero per scontare la sua pena
alla
villa.
Draco
aveva ottenuto
Hermione.
Lui
aveva divorziato, ed anche lei. Sarebbero potuti stare insieme senza
ostacoli.
Fino
a quando lui l’avrebbe
voluta.
Forse…
Per
il resto della sua vita.
Note.
Scrivere
la parola fine ad una storia
è sempre difficile, ma per questa lo è stata il
doppio. Vuoto per pieno
è stata una
storia nata per caso, senza essere minimamente programmata, e fino alla
fine
non sapevo quale esito ne avrebbe avuto. Sarebbe stata a lieto fine?
Avrebbe
avuto un finale triste? Non lo sapevo, fino a quando non ho scritto
l’ultima
parola di questo capitolo.
E ne sono soddisfatta.
Nonostante i ritardi, nonostante i
blocchi che la stesura di questa breve storia mi ha portato ad avere,
ne sono
soddisfatta : si è svolta esattamente come l’avevo
immaginata fin dall’inizio,
ed è stato bello leggere i vostri commenti man mano che
postavo, sia in
pubblico che in privato, perché mi hanno aiutata ad essere
più celere e -
probabilmente - meno dispersiva negli stessi dialoghi tra i personaggi.
Per
chi se lo stesse chiedendo, Terence
ed Astoria hanno avuto una bambina, con grande invidia di Draco. Il
nome è a
vostra discrezione, ed anzi vi vorrei chiedere di suggerirmene alcuni per un probabile seguito al quale sto pensando.
Non
so se effettivamente Daphne e Blaise
fossero sposati, né se tantomeno entrambi avessero avuto dei
figli, e
sinceramente poco importa, ma questi sono personaggi a cui mi sto
affezionando
e non potevo assolutamente non metterli insieme. Con tanto di
pargolette al
seguito, i cui nomi riprendono le radici familiari dei Greengrass.
Per
quanto riguarda Ronald, anche se nel
capitolo non è specificato, diciamo che una certa Lav-Lav in forma decisamente corporea ha
fatto nuovamente capolino
nella vita del suo Ron-Ron.
Ultimo
ma non ultimo, ci terrei a
ringraziare le lettrici che hanno recensito questa storia, che hanno
semplicemente letto in silenzio e che l’hanno aggiunta nelle
varie liste.
Mi
auguro che anche quest’ultimo
capitolo vi sia piaciuto.
Per l’ultima volta, grazie di essere
arrivati fin qui.
erzsi.
P.S.
: Capitolo non betato.