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Autore: CallMeSana    08/10/2015    1 recensioni
Mamma, ho vissuto con te per più di diciannove anni, ma poi ho conosciuto il Dottore e tutte le cose che gli ho visto fare per me, per te, per tutti noi, per questo stupido pianeta e per tutti i pianeti là fuori... lui le ha fatte da solo, mamma, ma ora non più, perché lui ora ha me.
Storia partecipante al fest "To be loved and to be in love"
Genere: Angst, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi sembra sia passato un secolo quando, lentamente, apro gli occhi e cerco di capire dove mi trovo. Mi passo le mani lungo il busto e poi sul viso per capire se ho riacquistato totale padronanza del mio corpo e della mia mente e giungo alla conclusione che sì, è tutto finito.
Ho solo un leggero fastidio alle ginocchia mentre provo a rimettermi in piedi, di traverso vicino alla porta chiusa del TARDIS. Gli occhi un po' mi bruciano, le labbra ancora mi tremano mentre le sfioro e, immediatamente, nella mia testa riaffiorano quelle immagini: ci siamo baciati, io e Harry ci siamo baciati, e ora non so di nuovo dov'è.
Mi rimetto in piedi, finalmente, notando i miei capelli arruffati e i vestiti leggermente strappati. Le luci sono fioche e mi sento solo, terribilmente solo in quel silenzio.
Poi lo vedo, inconfondibile nel suo completo e gli stivali marroni pieni di striscie fangose quasi color pece. E' disteso a terra e i comandi del TARDIS lo coprono per metà dalla mia visuale, quindi non posso impedirmi di correre da lui e assicurarmi che stia bene.
Ha il viso rivolto verso il pavimento e i capelli sparsi ovunque, mentre tiene le braccia piegate entrambe sulla testa. Sembra stia dormendo, ma è ovvio che non è così.
Mi chino su di lui col cuore a mille, mentre raduno tutte le mie forze per girarlo supino.
"Ti prego, non morire, ti prego..." e le parole mi muoiono per l'ennesima volta in gola quando lo guardo in viso. 
Chi è questo? Sembra il Dottore ma... è molto più giovane, lo noto dalla sua pelle, dal taglio pù piccolo degli occhi. Gli somiglia tantissimo ma non è lui.
Non è lui.
Più lo ripeto e più mi sento mancare. Non è possibile, adesso sembra un normale diciottenne appena uscito da scuola e vorrei tanto chiedergli cosa gli è successo, da quanto tempo è svenuto lì e, soprattutto, se è colpa mia se è cambiato.
Non ricordo molto di quel che è successo dopo che il TARDIS si è animato, ma ricordo perfettamente quando mi ha detto, disperato, che non avrei dovuto guardare nel cuore della cabina, che mi sarebbe stato letale. Eppure sono ancora qui, quindi ho il diritto di sapere cosa gli è successo.
Svegliati, Harry!

"Louis..." sento all'improvviso, ma purtroppo non è lui a parlare, è mia madre che sbuca piano dalla porta. Il TARDIS deve averci riportati dove eravamo.
"Io... io non so cosa è successo, io... sono disperato, mamma."
Lei mi guarda comprensiva, si incammina piano verso di me che non ho ancora lasciato il Dottore, anzi, gli sto ancora tenendo la mano tremendamente fredda. Si incammina e mi si siede vicino, per potermi tirare a sé e fare appoggiare la mia testa sul suo petto.
"Dov'è il Dottore?" mi chiede. Io le indico la persona svenuta di fronte a noi e anche lei, come me, non può crederci.
"E' così diverso, sei sicuro sia lui?" No, non ne sono sicuro per niente, ma non posso né voglio pensare diversamente.
"Beh, in ogni caso non può stare qui, prima o poi si riprenderà, portiamolo a casa." La guardo, mentre parla, chiedendomi cosa ho fatto per meritarmi una madre simile. Avrei voluto chiederle se ricordava il giorno assurdo in cui papà è morto, ma forse le avrei solo fatto altro male e di certo non ne aveva bisogno, come me.
Quindi annuisco e, facendoci aiutare anche da Aiden che era rimasto fuori, arriviamo nella mia stanza. Mentre mia madre lo sorregge, io gli tolgo la giacca e gli allento la cravatta fino a sfilargliela completamente. Mi sento mancare quando inizio a sbottonargli la camicia logora che, comunque, nascondeva ancora l'odore vanigliato della sua pelle. Inspiro un po' di quell'odore e mi fisso per chissà quanti secondi sul suo volto addormentato. E' bellissimo anche così, anche se è cambiato un po' per me sarà sempre il mio Dottore, il mio Harry.
"Togligli le scarpe" esclama mia madre riportandomi alla realtà e io, pian piano, sperando di non graffiargli i piedi, gli sfilo gli stivali e li poggio a terra, mentre lei gli toglie anche i pantaloni. No, questo è davvero troppo da sopportare, mi alzo e me ne vado, mentre la lascio a vestirlo di un pigiama più fresco e pulito.

Qualche minuto dopo, la vedo raggiungermi in salotto dove sto tentando di guardare la tv. Mi fissa mentre continuo ad ignorarla, finché non esplodo.
"Che c'è?" dico, fin troppo ad alta voce.
"Mi vuoi spiegare che diavolo è successo e chi è quello di là?" 
Sono esasperato, e non ho certo voglia di dirle del bacio quindi, sbuffando, cerco di trovare le parole adatte da dirle.
"Quello di là è il Dottore, il TARDIS deve avermi usato da tramite per salvarlo, e adesso... è cambiato. Anche se di poco, è cambiato, ma se lo osserverai bene noterai come me che è lui, è sempre lui, e quando riaprirà gli occhi riconosceremo entrambi il loro inconfondibile verde." 
A dire la verità mi sta venendo da piangere, perché sto pronunciando queste parole più per convincere me stesso che lei, ma intanto è più o meno quel che ricordo sia successo e tutto il resto... beh, per quello credo che dovrò solo aspettare.
"Come fai ad essere certo che sia proprio lui?" Io sorrido mentre me lo chiede, vado a prendere il nostro stetoscopio e la esorto a seguirmi nella mia stanza. 
Harry è ancora lì, addormentato, e io mi siedo da un lato del letto mentre dico a mia madre di mettere lo stetoscopio e controllare lei stessa. Dopo qualche secondo la vedo sussultare e "due cuori" dire, mentre mi esce un sorriso amaro. Mi accarezza una guancia e torna in salotto, io lo osservo ancora un po', prima di posargli un bacio sulla fronte e tornare da lei.

E' ormai arrivata sera, Aiden è a cena da noi, con la scusa di volersi informare sulle mie condizioni. Non ha mai chiesto di Harry, pur sapendo che è lì a pochi metri, e gliene sono grato, mi ha permesso di stare tranquillo, per un po'.
Lui è sempre stabile, non un movimento, non un cenno di miglioramento, e metterlo nella mia stanza, ora che è notte, non sembra più la migliore delle idee. 
Indosso il pigiama e non riesco a staccargli gli occhi di dosso: è così tenero mentre dorme che mi si stringe il cuore. Perché non si sveglia, però?
Rassegnato, mi sposto a dormire sul divano, dove crollo in un sonno profondo, interrotto solo a mattino inoltrato, quando mia madre verrà a scuotermi intimandomi di guardare in tv cosa sta succedendo.
"Il primo ministro non si trova e sembra stiano preparando una guerra" dice, addentando un croissant alla marmellata. Io devo ancora capire bene che giorno e anno è che lei già parla.
"Dovete andare lì, dovreste... sì, insomma... lui potrebbe..." sta balbettando, mia madre sta balbettando perché non riesce ad ammettere apertamente che l'aiuto del Dottore è fondamentale.
"Mamma..." esclamo piano guardandola intenerirsi, perché sa cosa sto per dire: lui è addormentato, non possiamo nemmeno farlo visitare perché come spiegheremmo i due cuori, e io da solo non posso fare molto.
"Sono sicura che se andrai lì lui se ne accorgerà, non può restare svenuto per sempre! Tu gli vuoi bene, vero? Lo ami, tesoro mio."
Non riesco nemmeno a guardarla mentre la vocina dentro di me urla sì, che lo amo così tanto che potrei spaccare il mondo per lui.
"Vai lì, Louis, fai qualcosa. Se esiste davvero questo legame tra voi di cui parli sempre, sono sicura che si sveglierà."
Non avrei dovuto ascoltarla, è una pazzia, ma qualcosa mi attira, qualcosa mi spinge ad andare ad indagare, a vedere quanto fosse grave la situazione, quindi esco, dopo averle dato un bacio veloce su una guancia e regalato uno dei miei migliori sorrisi.
"Sono solo, adesso, qualcuno dovrà pur fare il Dottore" mi dico, per infondermi coraggio. Non so nemmeno io cosa sto andando a fare, è altamente probabile che nemmeno mi faranno entrare al numero dieci di Downing Street, ma forse, se ho imparato qualcosa dai miei viaggi con Harry, troverò il modo.

"Ho bisogno di vedere il vice primo ministro" dico, usando lo stesso lasciapassare universale di Harry.
"Lei chi è?" mi chiede il poliziotto che mi sbarra il passaggio. Io prego che quel lasciapassare funzioni e mostri anche a lui quel che voglio che veda.
"Scotland Yard squadra speciale, mi lasci passare, sergente" insisto, cercando di sembrare ancora più serio. E funziona, l'uomo si mette da parte ed eccomi dentro. Mi sento talmente emozionato, ma devo controllarmi.
"Rapporto, agenti, che cosa abbiamo?" chiedo ai primi due uomini in divisa che incontro.
"Signore, il ministro è scomparso da ormai quattro ore e il vice primo ministro sta cercando di contrattare con... quegli esseri. Hanno appena comunicato che hanno loro il ministro e che non lo rilasceranno se prima non ci arrenderemo."
Il tipo che mi ha risposto è agitato e io provo a calmarlo perché ci mancavano giusto creature aliene a minacciare il governo.
"Stia calmo, sergente, e portatemi al luogo dell'incontro" ordino risoluto, e il tipo esegue, pur avendo il respiro affannato.
Gli intimo di lasciarmi solo e, dopo qualche respiro profondo, sfondo la porta. Quello che mi si para davanti è uno spettacolo inaspettato: il vice primo ministro è legato ad una sedia, mentre di fronte a lei si trovano tre creature alte almeno due metri con degli occhioni neri enormi, il collo lucertoloso e il corpo verde e flaccido. Non ho mai visto nulla di simile, prima.
Appena mi notano, distolgono l'attenzione dalla povera donna concentrandosi su di me, e iniziano a parlarmi. Non capisco una parola di quello che dicono e mi preoccupo, mi preoccupo molto.
'Il TARDIS traduce ogni linguaggio esistente' rimbomba nella mia mente, insieme al pensiero, adesso che, se questi parlano e io non li capisco, vuol dire che il TARDIS non sta traducendo, perché lui è morto e lei è diventata esattamente quello che lui voleva: una normale cabina telefonica.
Cosa ci sto facendo qui, quindi? Magari è morto mentre mi allontanavo da lui e... no, non voglio nemmeno pensarci!

"Scappa, ragazzo" mi urla contro la donna ancora legata, ma io non la ascolto e, con un taglierino che recupero dal tavolo, la slego.
"Non senza di lei, signor vice primo ministro" dico, trascinandola via da quella stanza, gli esseri che continuano a dire cose senza senso. Se solo stessero zitti potrei riacquistare un po' di speranza.

"Cosa sono quelli? Li ho visti cambiare davanti ai miei occhi, si... si sono tolti la pelle di dosso e sono diventati... quelli!"
"Oh, lei non sa quante cose ho visto cambiare io, signora!"
E sarebbe stato bello spiegarglielo, peccato che ci ritroviamo braccati perché, a quanto pare, Downing Street è pieno di quelle creature viscide. Sento di aver fatto un gravissimo errore.
"Se ne vada, vice primo ministro" intimo alla donna, che mi guarda corrugando la fronte in segno di disapprovazione.
"Ma... ti uccideranno se resti qui" mi risponde lei spaventata. Ha ragione, ma io non posso andarmene.
"Devo fare il Dottore e... questo non lo fermerebbe, nemmeno questo lo fermerebbe. Ora faccia come le ho detto, se ne vada!"
Una volta assicuratomi di essere rimasto effettivamente solo, mi volto verso quelle creature, che adesso sono quasi una decina e stanno iniziando a circondarmi.
"So che non potremo mai comunicare ma, per favore, ditemi chi siete e che cosa volete!"
Iniziano ad osservarmi sbattendo continuamente gli occhi, il mio respiro si fa sempre più affannato, ma poi iniziano a parlare e la voglia di piangere prende il sopravvento: non capisco niente di ciò che dicono.
"Sono proprio rimasto solo" dico afflitto, abbassando lo sguardo a terra, cercando di sdrammatizzare.
"...un pianeta da civilizzare."
"Cosa?" Non mi sento bene.
"Umani, voi siete così poco attenti, ecco perché vi schiavizzeremo. Abbiamo bisogno di un pianeta da civilizzare."
Ho il cuore in gola, che è appena successo?
"Ma io... oh dio, io ho capito tutto quello che avete detto, vi prego, parlate ancora!"
Ovviamente loro non capiscono il mio entusiasmo né la mia voglia di saltare e piangere di gioia quando sento l'inconfondibile rumore dei motori del TARDIS e lo vedo apparire di fronte a me, alle spalle di quei mostri che mi circondano.
Se ha ripreso a funzionare può voler dire solo una cosa.
Le porte si aprono, intravedo una mano aprirle meglio e poi eccolo, con ancora il pigiama addosso e i capelli tutti scompigliati. Ha le ciabatte ai piedi e un sorriso sornione stampato in viso. Gli occhi ancora più verdi di come li ricordavo quando lo sento dire "ti sono mancato?" e, tirando fuori il suo cacciavite sonico, neutralizza quelle creature e mi invita ad andare da lui.
Mi sta per scoppiare il cuore nel petto per la troppa gioia e non importa se inciampo più volte nelle carcasse di quegli esseri prima di raggiungerlo, io devo correre e non staccare mai i miei occhi dai suoi.
"Ti riporto a casa, Louis" mi dice, le nostre mani intrecciate e il mio sguardo perso in lui. E' il solito Harry, anche se ringiovanito è sempre lui. Ha tutte le sue fossette in evidenza mentre dirige il TARDIS e solo qualche ruga di espressione in meno, ma è lui, e non potrei esserne più felice.

Pochi istanti dopo ci ritroviamo nel cortile sul retro della mia casa. Ha iniziato a nevicare da poco, noto appena usciamo dal TARDIS, perché a terra ci sono ancora pochi fiocchi.
"Oh dio, è Natale, l'avevo completamente dimenticato!"
Ormai, da quando viaggio col Dottore, il tempo è diventato relativo. Per la mia famiglia sono in giro da anni, per me sono passati solo pochi giorni. Pochi giorni, eppure sono bastati a farmi innamorare di lui. 
Lui che non dice una parola, perché non ha intenzione di uscire dalla sua cabina, mentre io vorrei solo intrecciare ancora la mia mano alla sua, entrare in casa e dire a mia madre che resteremo insieme per sempre.
Ma lui, appunto, non ha intenzione di uscire di lì. Ha detto 'ti riporto a casa' e io sono stanco, stanco di dovergli ripetere che gli ho fatto una promessa, che non ho alcuna intenzione di lasciarlo.
"Cosa farai adesso?" gli chiedo, dandogli le spalle, la neve che mi cade sul naso.
"Ritorno al TARDIS, la solita vita" mi risponde, anche se non lo vedo lo immagino che alza le spalle.
"E vai da solo?" chiedo ancora, stavolta quasi in un sussurro.
"Perché, non vuoi venire?" Il suo tono è sorpreso, non deluso, ed è lì che mi volto di scatto a guardarlo. Il suo viso più giovane illuminato dalle iridi verdi.
"Mi piacerebbe molto" esclamo, come è ovvio.
"Pensavo che... visto che sono cambiato..." E dovreste vederlo, mentre tira fuori il broncio, che lo rende ancor più un bambino. E' bellissimo.
"Io pensavo che tu non mi volessi più, essendo cambiato" lo stuzzico. Improvvisamente sono colpito dal desiderio irrefrenabile di abbandonare la cena di Natale e scappare subito via con lui.
"Oh, mi piacerebbe che venissi" esclama, arricciando le labbra. Sono così carnose che non guardarle è davvero difficile.
"D'accordo" dico semplicemente e lui "Sì?" mi chiede, quasi come se fosse sorpreso, quasi come se fosse la prima volta che viaggiamo insieme.
"Sì, solo... mi aspetterai?" Lui capisce, annuisce e, rientrando nel TARDIS, chiude le porte alle sue spalle.
Per una sera, voglio essere una persona normale, solo io e mia madre a scambiarci dei banali regali di Natale.

Scoccata la mezzanotte, capisco che è giunto il momento.
Mia madre guarda gli strani regali che ho conservato per lei per mesi, collezione di souvenir dai mille posti assurdi che ho visitato col Dottore. Spiegarle cosa fossero è stato esilarante esattamente come guardare la sua espressione imbarazzata quando ho aperto la scatola contenente le vans che sognavo di comprare da mesi ma che non riuscivo a trovare da nessuna parte.
Probabilmente avrà pensato che il suo regalo fosse niente rispetto ai miei, invece l'ho abbracciata stretta a me proprio per farle capire il contrario e lei ha sorriso, l'ho sentita.
Ma purtroppo è giunto il momento e devo prepararmi.
Vado nella mia stanza ad assicurarmi di avere tutto quello che mi serve, è come se stessi traslocando mentre riempio il mio enorme zaino da campeggio e me lo infilo in spalla.
"C'è Aiden" mi informa mia madre, fissa all'ingresso della stanza, "vuoi salutarlo prima di andartene?" Faccio spallucce cercando di convincermi che è Natale e a Natale sono tutti più buoni, quindi posso anche fingere che la nostra discussione non ci sia mai stata.
Lei capisce, la sento che gli intima di salire da me mentre si allontana e finalmente lo vedo, con una piccolissima scatolina in mano, che mi guarda di sottecchi.
"Non sapevo se fosse ancora il caso di dartelo" mi dice "ma ormai l'ho comprato e... buon Natale, Louis."
Poggia la scatola sul comodino accanto al mio letto muovendo qualche passo, mentre io continuo ad essere concentrato sui bagagli.
"Che cos'è?" chiedo, fissando l'oggetto per qualche secondo.
"Niente di particolare, solo una spilla, per la tua collezione" risponde muovendo il peso del corpo da un piede ad un altro. Avevo dimenticato completamente la mia collezione di spille delle squadre di calcio di qualsiasi città del Regno Unito.
"Grazie" sussurro leggermente, mentre apro la scatola e scorgo la spilla del Doncaster Rovers. Azzardo anche un sorriso e lui, ovviamente, fraintende, perché mi guarda intensamente, come faceva una volta, e "ti amo" mi dice, mentre io ormai ho lo zaino pronto in spalla e riesco a dirgli solo "ciao, Aiden" prima di uscire di lì.

Al piano di sotto non trovo nessuno, la porta dell'ingresso è spalancata quindi ho già capito dove troverò mia madre. Non mi sbaglio.
E' davanti al TARDIS che sta parlando, anzi, da come gesticola direi che, più che parlando, sta discutendo con Harry, immagino già di cosa.
"Mamma" le dico rassegnato, e lei si volta ad osservarmi carico come se dovessi trasferirmi per sempre dall'altra parte del mondo, ma poi mi sorride mentre ci avviciniamo l'un l'altra e ci abbracciamo.
So che devo dirle qualcosa per tranquillizzarla.
"Mamma, ho vissuto con te per più di diciannove anni, ma poi ho conosciuto il Dottore e... tutte le cose che gli ho visto fare per me, per te, per tutti noi, per questo stupido pianeta e per tutti i pianeti là fuori... lui le ha fatte da solo, mamma, ma ora non più, perché lui ora ha me."
Lei sospira mentre mi osserva, capisce che sono risoluto, fermo sulla mia decisione e forse sì, guidato dal mio amore.
"Sì" mi dice "forse vale la pena farsi spezzare il cuore" conclude poi, lasciandomi confuso. Non voglio pensare, voglio solo andare da lui, è già troppo tempo che non lo vedo.
Il TARDIS alle sue spalle ha le porte aperte, la neve ha smesso da poco di cadere perché tra i suoi ricci c'è ancora qualche piccolo fiocco che pian piano si sta sciogliendo, e io mi sento riscaldato al pensiero di andare di nuovo con lui, questa volta senza sosta, senza fine.
Mi avvicino, e lo guardo bene in viso: i suoi occhi verdi che, alla luce della luna, brillano, il naso un po' appuntito che lo rende quasi serio, la linea della mascella che, quando sorride, lo rende quasi femminile, e poi le labbra, le fossette che si creano ogni volta che mi rivolge lo sguardo. Come in questo momento, che mi rendo conto di quanto sia più alto di me, mentre mi osserva di sbieco, come se fossi un bambino che aspetta la sua caramella. E' bellissimo, talmente bello da togliere il fiato, e chissà a quante persone, prima di me, avrà davvero spezzato il cuore, come ha detto mia madre.
"Sei pronto?" mi chiede, tendendomi la mano. Io la prendo e annuisco, mentre entro con lui nella cabina.
"Quanto resterai con me?" chiede ancora e, per la prima volta, mi sta guardando come in attesa di una grande verità. Ha un tono di voce diverso e io mi sciolgo in quello sguardo, perché la sa già la risposta.
"Per sempre" dico, regalandogli il miglior sorriso che riesca a fare.

"Da dove vorresti cominciare?" Lo guardo spaesato perché a me davvero... ormai non importa più dove andremo, mi basta restare lì con lui. Faccio spallucce e lui sorride, alza le sopracciglia e gli si arriccia tutta la faccia mentre aziona la solita leva che segnala l'inizio di un viaggio. Il TARDIS inizia a girare, i suoi circuiti a salire e scendere e io aspetto, aspetto il momento in cui tutto il rumore finirà e potremo esplorare un posto nuovo, l'ennesimo.
"Dottore..." sussurro. Lui ovviamente sembra non avermi nemmeno sentito. Lo fa sempre, quindi non mi sorprendo e continuo.
"Dottore che cosa è successo quando... sì insomma, che vuol dire che sei cambiato, tu... in che senso puoi cambiare?" E' meglio dirle sempre tutte d'un fiato le cose, altrimenti lui continuerebbe ad ignorarle e io invece voglio sapere, continuare a scavare nella sua anima, ora che pian piano sto riuscendo a farlo aprire un po' con me.
"Credevo di stare per morire e i Signori del Tempo non muoiono, o meglio, sono in grado di evitarlo, tramite la rigenerazione. Il corpo si restabilizza, le eventuali ferite svaniscono, ma tutto cambia. Nuova faccia, nuova personalità, ma sempre la stessa persona."
Lo guardo perplesso, e lui deve essersene accorto, perché aggrotta le sopracciglia, questa volta, si aggiusta dei riccioli ribelli dietro le orecchie e, riprendendo fiato, continua a parlare.
"Ho usato l'energia rigenerativa per guarire, non c'è stato bisogno che cambiassi. Non voglio cambiare, perché dovrei? Voglio dire... guardami" oh no, non puoi chiedermelo. Penso di aver deglutito, ma lui non sembra farci caso, chissà, magari nemmeno le capisce certe cose. "...perciò ho riversato quella che restava in un contenitore biocompatibile, cioè la mia mano, la mia mano di scorta. Sì, ho perso la mano in un duello, è successo... oh sì, il giorno di Natale! Quante cose succedono a Natale!"
Non mi sono nemmeno accorto di quanto mi si è fatto vicino mentre parlava, né tantomeno di avergli preso la mano destra, poggiata sui comandi.
"E' questa, come l'hai capito?" mi chiede, cambiando tono. E' imbarazzato?
"Io... non lo so." E' imbarazzato, ma lo sono anche io, perché quando lui decide di intrecciarla alla mia, non posso fare a meno di abbassare lo sguardo, se incrociassi i suoi occhi in questo momento potrei fare qualcosa di cui mi pentirei... o forse no.
"Siamo arrivati, sei pronto?" mi chiede, dopo qualche secondo, la mano sempre stretta nella mia. Annuisco e scendiamo da lì.
"1921! La nostra amata Inghilterra! E a breve, caro Louis, qui ci sarà un omicidio!"
"Che cosa?"

A vederci da fuori, verremmo scambiati senza problemi per i protagonisti di uno dei libri di Agatha Christie, ma la cosa divertente è che lei è proprio qui davanti a noi, in carne ed ossa! Se mia madre fosse qui impazzirebbe, sa a memoria ogni suo libro!
"Come fai a sapere che a breve ci sarà un omicidio?" provo a chiedere a Harry che mi ha presentato a tutti come suo assistente all'ufficio di polizia.
"Shhh" accenna lui, puntando un dito in alto, "tre... due... uno" e un urlo squarcia il silenzio.
"Hanno ucciso il barone" urla la governante, di palesi origini messicane "è in biblioteca, lo hanno ucciso!"
Ci precipitiamo tutti lì e il pover'uomo è riverso in una pozza di sangue ai piedi della scrivania che dà su una enorme finestra. Ha una ferita in testa e, a detta del Dottore, è morto da poco.
"Non sarai voluto venire per un banale omicidio, spero" lo stuzzico, ed in effetti lui è preoccupato.
"Non penso proprio sia solo un banale omicidio." Mi metto le mani in faccia perché non ci posso credere. "Se la linea temporale è quella giusta penso già di sapere chi è l'assassino, ma è troppo presto, troppo complesso per dirlo a tutti."
"A me lo dirai?" Sono ansioso, un po' perché voglio davvero sapere e un po' perché starei ore ad ascoltarlo parlare.
"Vieni, usciamo in giardino, così non ci sentirà nessuno" dice, mentre mi prende di nuovo per mano facendomi rabbrividire.
Una volta fuori e abituatomi alla brezza fresca del vento, lui tira fuori un libro. Sulla copertina troneggia il nome di Agatha Christie e la foto di un'ape gigante.
"Vorresti dirmi che l'assassino è quello? Le api sono aliene, adesso?"
"Oh, non essere sciocco, non tutte, e questa... questa credo stia solo rivendicando il suo nido." Strabuzzo gli occhi.
"Cosa?" Ma non fa in tempo a rispondermi perché sentiamo un forte ronzio e la vedo: una ape gigantesca che punta dritta verso di noi.
"No" sento gridare, mentre chiudo gli occhi con forza, perché diavolo è troppo veloce anche solo per provare a sfuggirle. Mi copro con le braccia come se servisse a qualcosa e, quando riapro gli occhi, Harry mi cade addosso, semi svenuto.
"No no no... che hai fatto? Harry, che hai fatto?" Non è molto pesante, ricordo che la prima volta che dovetti sorreggerlo dovetti farmi aiutare dalla mamma e da Aiden, ma ora sono solo e sento che posso farcela.
Lo faccio sdraiare piano a terra mentre si agita e tenta di dirmi qualcosa.
"Ti ha punto?" provo a chiedere, e lui fa cenno di no con una mano, quindi non capisco.
"Che è successo, allora? Che hai fatto?"
"Il veleno..." riesce a biascicare.
"Ma hai detto che non ti ha punto, cosa posso fare?" Sta avendo degli spasmi e... come diavolo si cura un Signore del Tempo con gli spasmi?
"Ho... ho bisogno di... un'emozione forte, fai qualcosa Lou... uno shock... ho bisogno di..." Mi sta mettendo agitazione e quindi faccio la prima cosa che mi è venuta in mente, lo bacio. Funzionerà come shock, no?
Mi chino su di lui, gli prendo il viso tra le mani e ho attaccato le mie labbra alle sue. L'ho baciato e stavolta mi ricordo tutto, dal momento in cui la distanza tra di noi si è annullata al momento in cui ho sentito la sua lingua entrarmi nella bocca e scontrarsi con la mia. E' un bacio disperato e io davvero, non vorrei staccarmi mai, ma devo farlo, purtroppo.
"Disintossicazione" dice, "devo farlo più spesso. Voglio dire... la disintossicazione."
Ho capito che con lui certi discorsi non si possono affrontare, e forse è meglio, non sarebbe bello sentirmi dire che l'esserci baciati due volte non abbia avuto alcun significato per lui. Perché la prima è stata per salvarmi la vita, la seconda per salvarla a lui. Non la vedrebbe mai al mio stesso modo, quindi mi limito ad "un grazie sarebbe gradito" prima di rientrare e attendere che la grande scrittrice arrivi da sola a risolvere il mistero dell'ape assassina, per noi è meglio restare in disparte.
"Vorrei andare via" comunico ad uno stupito Harry intento a pregustare la quarta portata dell'immenso buffet dei nostri ospiti. Oltre noi ci sono solo altre cinque persone, una di queste si è appena scoperto essere l'ape che, a quanto pare, è un mutante, ma c'è da mangiare per un esercito e Harry sembra avere tutta l'intenzione di non andarsene prima della fine.
"Ok, quando vuoi" sbuffo, ed è in quel momento che forse qualcosa si smuove, si alza da tavola, saluta tutti con gentilezza ed eleganza, e mi fa cenno di andare.

Il TARDIS è ben nascosto oltre i cancelli della villa ma, quando stiamo per entrare, uno strano essere si piazza tra me e il Dottore. Io sono già all'erta, pronto a combattere, qualunque cosa voglia. Però sembra pacifico, non degna Harry di uno sguardo, ha degli strani tentacoli che gli ricoprono metà viso e tiene in mano una sfera d'argento. Alle sue spalle, Harry resta fermo.
"Morirai in battaglia" dice soltanto, prima di svanire, come un ologramma.
"Louis!" Harry mi sta chiamando, mi tende la mano e ha lo sguardo teso, forse un po' triste.
"Cos'era quello? Un altro dei tuoi vecchi amici?" E ovviamente lui non mi risponde.
"Ha detto che morirò in battaglia!" Sbotto, perché deve smetterla di essere così, di tenersi tutto dentro, non quando è qualcosa che riguarda me.
"Potranno provarci in tutti i modi, ma non ci divideranno mai, Dottore" continuo, forse per suscitare in lui una qualche reazione.
"Queste battute non si dicono" mi dice semplicemente lui, guardandomi fisso negli occhi. E' serio, troppo serio. Non mi piace.
"Ma è così, non è vero?"
"Guarda, sta per scatenarsi un temporale, dovremmo muoverci." Ha cambiato discorso, ma non importa. Anche questa volta non importa.
"Ho fatto la mia scelta tanto tempo fa, io voglio stare con te per sempre" dico, perché è così, non mi importa di morire, se sarò al suo fianco. Peccato che lui non sembra prenderla bene.
"Tu vuoi passare il resto della tua vita con me, ma io non posso passare il resto della mia vita con te, devo continuare a vivere da solo. Non posso farti questo, perché io non invecchio, Louis, resterò così per anni, secoli, forse, fino a che non mi rigenerò e al massimo potrò cambiare faccia, ma sarò sempre uguale, mentre tu... tu invecchierai e poi morirai, e io resterò di nuovo solo. E' il destino dei Signori del Tempo e nemmeno io posso nulla contro di esso, quindi... lascia perdere."
Deglutisco. Lo amo così tanto che, se potessi, prenderei tutto il suo dolore e lo farei mio, lo cancellerei dai suoi due cuori, glielo farei dimenticare, perché non è colpa mia se ho un cuore solo, se ho una sola vita. Non è colpa mia se mi sono innamorato di lui e non voglio lasciarlo. Mi dispiace se sarò la causa di altro dolore, ma non posso lasciarlo, non riesco nemmeno a pensarci.
"Ho detto per sempre, Harry... e se deve essere il mio per sempre, beh... spero sia meraviglioso." Gli prendo la mano e lui me la stringe subito. Chissà, forse gli è anche uscita una lacrima, o forse no, i Signori del Tempo magari non piangono.

Si dice che il destino gioca sempre brutti scherzi, e quando fai certi discorsi quasi sempre ti si ritorcono contro. Beh, quando il TARDIS si è fermato nel bel mezzo di una collina con di fronte solo una serie tutta uguale di palazzi altissimi, avrei dovuto capire che il mio per sempre stava per finire.
"Non è possibile, perché siamo qui?" si agita lui. Io non capisco.
"Dottore... dove siamo?" Ma lui ancora una volta non mi degna di una risposta, è solo un susseguirsi di nononononono quando un enorme dirigibile, che si muove ad una velocità un po' innaturale per un mezzo del genere, si quasi schianta davanti a noi.
"Dobbiamo andarcene di qui" dice Harry, agitandosi come mai l'avevo visto fare e io penso che forse sia meglio ascoltarlo. Peccato che qualcosa proveniente da quel dirigibile colpisca il TARDIS riducendolo alle dimensioni di una pallina da tennis.
"NO!" grida lui, e NO grido anche io quando il dirigibile ci mostra i suoi occupanti: Cyber uomini. Decine, centinaia di Cyber uomini.
"Non dovremmo essere qui, perché siamo di nuovo qui?"
Quando il Dottore non riesce a capire qualcosa non è un buon segno, e io ci metto un po', invece, a capire cosa sta dicendo.
Questa è la Cardiff che, in una dimensione parallela, è caduta in mano ai Cyber uomini. E' la Cardiff dove mio padre è ancora vivo, ma ormai è diventato uno di loro.
E' la Cardiff che ho creato io. 
Tutto questo è colpa mia.

"Cosa facciamo adesso, senza il TARDIS, Dottore?" Ma che lo chiedo a fare, è ovvio che non possiamo fare niente, se non fingere di arrenderci e andare con quegli esseri.
E' in breve tempo che succede, quando si apre una breccia nel cielo, come un enorme buco nero, e un esercito infinito di Dalek piomba sulla terra.
"Dottore..." E' irritato, lo vedo dal suo sguardo. So che vorrebbe sputarmi contro tutta la sua rabbia, mi aveva avvertito che salvando la vita a mio padre avrei creato altre dimensioni, ma io non l'ho ascoltato e ora sta collassando tutto.
"Il cacciavite sonico può riportarlo alle sue reali dimensioni, ora stai zitto per favore."
Vorrei piagnucolare, chiedergli perdono per tutto, ma non ne ho la forza.
"Potremmo... potremmo usare quel buco nero, e far sì che risucchi tutti. Potremmo intrappolarli in una dimensione dove non darebbero più fastidio a nessuno, ma prima il TARDIS." 
Riusciamo ad individuarlo all'interno del dirigibile, Harry gli punta contro il cacciavite e, pian piano, riacquista le sue dimensioni originarie. Io quasi sorrido, anche se c'è poco di cui sorridere.
Gli andiamo incontro e lui subito inizia ad assicurarsi che sia tutto ancora funzionante. Non ho il coraggio di avvicinarmi a lui né di parlargli, mentre lo vedo armeggiare con strani aggeggi che non ho mai visto e puntare dei cavi tipo antenne all'esterno, verso il cielo.
"Dobbiamo invertire il vortice, quella leva farà al caso nostro. Solo che deve essere all'esterno, quindi... uno di noi dovrà stare lì e..."
"...andrò io" lo interrompo. Non gli avrei mai permesso di correre altri rischi per un casino creato da me.
"No, Louis, è troppo pericoloso, potresti finire chissà dove se non stai attento!"
"Starò attento" dico, per tranquillizzarlo. Lui capisce che c'è poco da fare per farmi cambiare idea, quindi mi spiega tutto.
"La leva, per la pressione, potrebbe cedere, tu legati stretto e fai in modo che non accada prima che tutti vengano risucchiati. Ti prego, Lou, non fare niente di azzardato, non devi toccarla!" Annuisco mentre mi accarezza piano il viso e io lo guardo deciso prima di andare fuori.
Il buco nero è sempre più largo, tutto attorno ad esso il cielo è ormai scuro per le troppe navi Dalek presenti. Faccio un paio di respiri profondi pensando alla mia famiglia e poi a Harry, quindi mi lego saldamente vicino a quella maledetta leva.
Quando sono pronto, intimo al Dottore di iniziare e la corrente è fortissima, mi investe subito. Alzo a fatica gli occhi verso l'alto per vedere le navi risucchiate e orde di Cyber uomini innalzarsi dal terreno per essere risucchiati anche essi. 
Non sono passati neanche due minuti e la leva sta già cedendo. Sta cedendo e non siamo nemmeno a metà del lavoro. Resisto, perché me lo ha detto lui, almeno fino a quando non la vedo quasi tornare alla sua posizione originaria, il buco ormai quasi chiuso e troppi nemici ancora presenti.
Perché mi sto preoccupando, questa non è nemmeno la mia città! Esiste solo perché l'ho creata io, non c'è umanità, qui. Perché sono stato così stupido? 
In fondo volevo solo fare un favore anche a lui, liberarlo dai suoi più grandi nemici, garantirgli un po' di pace, finalmente.
Mi avvicino alla leva e, combattendo contro la corrente, tento di girarla di nuovo ma, ovviamente, perdo la presa e, urlando disperato, finisco nel buco.
Qualcuno mi afferra per i fianchi e io resto scioccato: è mio padre, sta benissimo e mi dice semplicemente "ti stavamo aspettando" prima di mettermi giù e mostrarmi dove ci troviamo.
Quando il Dottore mi ha detto che mia madre era scappata da quella famosa strage, è qui che deve essersi rifugiata.
"Non è la prima volta che viaggiamo tra dimensioni" mi dice infatti lei, abbracciandomi. Sono confuso, non può essere la stessa persona, e lei mi spiega che non lo è, che il Dottore mi ha mentito, che quel giorno anche lei era diventata un Cyber uomo e che aveva visto, di nascosto, tutto quello che avevo fatto.
"Sono tua madre. Aiden e il Dottore... sì, insomma..."
Sono distrutto, non voglio nemmeno ascoltarli. Lui lo sapeva, sapeva da sempre che sarebbe andata così, e ora capisco tutti i suoi sguardi cupi, i suoi silenzi. 
Perché mi ha permesso di farlo? Perché mi ha permesso di lasciarlo?
Piango disperato tra le braccia dei miei genitori per un tempo che non saprei nemmeno quantificare.

Sono svariate notti che faccio lo stesso sogno, ormai: sento una voce che chiama il mio nome. Finalmente mi sono deciso a raccontarlo a mia madre, mio padre e a Aiden. Chiunque altro avrebbe pensato che ero pazzo, ma non loro tre, loro ci hanno creduto. Perché hanno conosciuto il Dottore e hanno ascoltato il sogno.
Quella notte abbiamo fatto i bagagli, li abbiamo caricati sulla vecchia jeep di papà e siamo partiti.
Come diceva il sogno, abbiamo seguito la voce, attraversato l'acqua e continuato a guidare, per centinaia e centinaia di miglia. 
Perché lui chiamava.
Arriviamo sulla baia dove sono quasi precipitato quel giorno maledetto. E' immensa e deserta, mentre inizio a camminare nella speranza di non essere del tutto impazzito e di vederlo apparire, prima o poi.
Così accade.
Non è passato moltissimo tempo da quando ci siamo lasciati, ma lui è rimasto lo stesso, persino i capelli non sono cresciuti di un millimetro.
"Dove sei?" gli chiedo.
"Nel TARDIS" risponde lui tranquillo. "C'è ancora una piccola crepa nell'Universo e sta per chiudersi. Ci vuole un mare di energia per questa proiezione. Sono vicino ad una supernova. Sto bruciando un sole solo per dirti addio."
Non so cosa mi trattenga dal piangere, forse il vento che mi scompiglia i capelli e me li fa andare sul viso, sta di fatto che ci sto provando a sdrammatizzare.
"Sembri un fantasma" dico, perché effettivamente è trasparente e la cosa rende la situazione ancor peggiore di quanto non sia già.
"Aspetta" sussurra, azionando il cacciavite, che lo rende finalmente più visibile. La tentazione di toccarlo è troppa.
"Io posso..." provo a dire, infatti, ma lui mi blocca, col braccio già teso verso di lui.
"Resta solo un'immagine, niente tatto."
"Non puoi passare di qua?" E sono quasi implorante mentre lo chiedo, ma lui risponde tranquillo, come sempre.
"No" dice, "infrangerei tutto, i due universi collasserebbero. Dove siamo, piuttosto? Dov'è rimasta la crepa?" chiede, cambiando palesemente discorso.
Perché non vuoi passare di qua?
"Siamo in Norvegia, a qualche centinaio di miglia da Bergen. Quanto tempo abbiamo?" Sento di star sprecando tutto.
"Circa due minuti." E tu perché sei sempre così tranquillo?
"Non riesco a pensare cosa dire" esclamo, cercando di tenere a freno i capelli che mi coprono gli occhi e volgendo lo sguardo altrove, come se guardarlo potesse trafiggermi.
"Hai ancora il tuo Aiden, comunque." Io annuisco.
"Siamo in cinque, adesso, mamma papà, Aiden e... il bambino. La mamma è incinta di tre mesi."
Lo vedo stupirsi, finalmente.
"E tu che fai?" mi chiede.
"Io ho ripreso a lavorare in un grande magazzino" rispondo.
"Sono contento."
"Non dire bugie" soprattutto se le dici con quell'espressione, "comunque non è vero. Dò una mano in giro... visto che so un po' di cose sugli alieni."
Sta sorridendo?
"Louis Tomlinson, difensore della Terra. Tu sei morto, intendo sull'altra Terra. E invece eccoti qui, che vivi la tua vita giorno dopo giorno. Un'avventura che io non potrò mai avere."
E lo sapevo che non ce l'avrei più fatta, quanto durano questi due minuti? Stanno diventando i peggiori della mia vita.
"Ci potremo rivedere qualche volta?" chiedo tra le lacrime, pur sapendo la risposta che non vorrei mai sentire.
"Purtroppo no."
Appunto.
"E tu che cosa farai?"
"Ho ancora il TARDIS, e sarò l'ultimo Signore del Tempo."
Cosa ovvia, per lui.
"Resterai da solo." Mi hai fatto infrangere la mia promessa, non te lo perdonerò mai.
Sono in preda alle lacrime più copiose quando lo vedo annuire. Come fa ad essere così, come?
"Io..." balbetto, "io ti amo."
"Grande notizia! Io suppongo che... sia l'ultima occasione per dirlo. Louis Tomlinson..."
Ma i due minuti sono finiti prima che concludesse quella frase, mentre le mie lacrime continuano a scendere, e quasi perdo il respiro cercando di restare in piedi, di trovare un senso a quello che è appena successo, all'ulteriore dolore che mi è stato inflitto.
Non che avessi mai smesso di pensarci, non che fosse diminuito, come il mio amore per lui, in questi mesi, ma adesso non riesco a farcela, vorrei solo sparire.

Quando corri con il Dottore, pensi che non debba finire mai ma, per quanto tu possa provarci, non puoi correre per sempre.
Tutti quanti sappiamo che dobbiamo morire, e nessuno lo sa meglio del Dottore, ma io sono sicuro che tutti i cieli di tutto l'Universo cadrebbero nell'oscurità se lui un giorno, anche solo per una volta, lo accettasse.
Tutti sappiamo che dobbiamo morire, ma non ogni giorno, non oggi.
Ci sono giorni speciali, giorni davvero molto fortunati. Ci sono giorni in cui non muore nessuno e, ogni tanto, anche se molto, molto raramente, diciamo un giorno su un milione, quando il vento soffia leggero e il Dottore risponde alla chiamata, tutti vivono.

Ricordate che lui vi ha salvato la vita così tante volte e voi non sapevate nemmeno che c'era.
Lui non smette mai, non si ferma mai, non chiede mai di essere ringraziato.
Io l'ho visto, però, io lo conosco bene. 
E lo amo.



***
*Va a nascondersi sperando che ci sia qualcuno che sia arrivato a leggere fino qui*
Dunque anche questa storiella è finita. Credetemi, nemmeno le mie os più lunghe e complesse mi hanno prosciugato l'anima quanto questa storia, ma sono comunque contenta di averla scritta.
Il conteggio finale arriva a 20254 parole e, se avessi dato il giusto spazio a tutti gli esseri strani che popolano l'universo del Dottore, sarebbero state anche il doppio, quindi amatemi che non vi ho ammorbate troppo!
Ancora una volta ringrazio le ideatrici del contest e spero di aver incuriosito qualcuno perché non si può vivere senza Doctor Who! :)
xxx
  
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