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Autore: Eneri_Mess    09/10/2015    1 recensioni
Uomini e donne, reduci da un’epoca cesellata di leggenda, agiscono per sovvertire le sorti di un mondo ignaro e di sognatori, il cui unico scopo è quello di raggiungere il più famoso e ambito dei tesori, il One Piece.
Ma il nuovo Re dei Pirati, colui che conquisterà ancora una volta ricchezza, fama e potere, sarà solo uno.
« Non peccare di presunzione. Gli eredi sono quattro, i pretendenti molti. Non sarai tu a scegliere chi diventerà Re dei Pirati e come egli – o ella – deciderà il futuro di ciò che resta del mondo »
Dal Capitolo XX:
« Non vedo cosa dovrei ricordarmi di te, Portuguese. Non tratto coi pirati » sibilò in tono velenoso, avventato, ma non riusciva a domare un pulsante senso di ansia crescente.
Quel tipo sapeva il suo vero nome. Quello che lei tentava di insabbiare da anni, e che se fosse arrivato alle orecchie sbagliate avrebbe provocato troppi casini.
Ciononostante, il pensiero sparì, come vapore, dopo aver sentito la “spiegazione”.
« Mi avevi detto che bacio bene. Pensavo che questo fosse qualcosa di bello da ricordare » dichiarò offeso.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Heavenly Eve
(Gli Eredi)
 
 
 
- Capitolo XVII -
[Conseguenze]
 
 
 
Isola di Port Red Jack,
città di Fulham
 
 
 
 
« Ehi rottame, svegliati »
Nonostante il tono brusco e la manata poco gentile, la giornata sembrava perfetta per prolungare il sonno. Il sole era alto e piacevolmente caldo oltre le tende di organza amaranto a motivi damascati in filo dorato, che si sollevavano a ogni alito di vento. Le candele sui ripiani della stanza si erano consumate nelle loro bugie, lasciando l’ambiente pregno di sandalo e biancospino. Dalle strade dabbasso provenivano pochi chiacchiericci, essendo Fulham una città che viveva prevalentemente di sera e notte.
Poco incline a farsi ammorbidire dall’espressione di pura beatitudine del suo capitano, Benn Beckman lo scrollò senza la minima dolcezza per la spalla sana, attentando alla sua vita nel farlo quasi rovesciare dalla sponda del letto.
Shanks aprì gli occhi con lentezza per poi richiuderli scompigliandosi i capelli cadutigli sulla faccia, sbadigliando nel cuscino e sbiascicando qualcosa di incomprensibile ed ebete. Tempo dieci secondi e si era riaddormentato con il braccio a penzoloni e uno sbuffo di fumo del suo vice.
Delle volte che doveva andare a recuperarlo, quelle nei bordelli o nelle stanze delle locande erano le occasioni che Benn gradiva di meno. L’aria da angioletto soddisfatto con cui lo trovava rimescolava tutti i suoi istinti meno inclini alla benevolenza, soprattutto se sapeva con che tipo di compagnia passava la notte.
Il click del cane del fucile funzionò meglio di qualsiasi scrollata.
« Sono sveglio » ci tenne a dire con un lamento impastato il Rosso, la fronte ancora sprofondata nel cuscino in cui soffocò uno sbadiglio. « Non ci si può neanche riposare… »
« Sono le due di pomeriggio » precisò l’uomo alto e brizzolato, riservandogli uno sguardo di annoiato sdegno. « Forza, andiamo. Ho pagato il vostro conto »
Il Rosso si volse supino nel letto, trascinandosi le lenzuola di raso ingrovigliate tra le sue gambe dall’ombelico in giù. Il materasso al suo fianco era vuoto e freddo al tatto, ma lui chiuse gli occhi con un sorrisetto che la diceva lunga sulla nottata passata con Ursula.
Un paio di pantaloni gli arrivarono in faccia, celando la sua vergognosa espressione appagata.
« Datti una mossa » lo incalzò Benn scandendo le parole come i tic di una bomba.
La parata del capitano, che si alzava, incespicava nella stoffa scivolosa della biancheria da letto e si indirizzava nudo verso il bagno, fu tutto un programma. La sua voce dall’altra stanza arrivava alternata tra lamentele verso ignoti che non sapevano godersi la vita e sproloqui tra sé su come lui certe delizie sapesse coglierle. Quando riemerse dall’uscio e da una doccia rapida, lasciandosi i capelli gocciolanti sulle spalle, trovò il suo vice ad attenderlo appoggiato alla cassettiera demodé della stanza con le braccia al petto e una lunga sigaretta che si fumava da sola.
« Sei vergognoso » disse con una smorfia e la stessa occhiata schifata e tediata di prima. Shanks sorrise serafico.
Lo superò, andando a infilarsi intimo e calzoni con movimenti disinvolti acquisiti nei dieci anni in cui si era dovuto abituare a convivere con un braccio solo. Quando si voltò in cerca della camicia che ricordava vagamente essere finita sul pavimento ore prima, si ritrovò a fissare di nuovo Benn e poi le sue mani che tenevano aperto l’indumento in questione.
« Avanti » lo incalzò, ma stranamente più quieto di prima.
« Vedi che poi Ursula ha ragione a considerarti la mia tata? » ridacchiò il Rosso col tono di un piccolo lord che redarguisce la balia apprensiva. « Sei così premuroso e pensi sempre a tutto! »
« E tu assecondi i capricci di quella donna troppo facilmente »
Al capitano non sfuggì minimamente la nota dura della replica. Conosceva a menadito quel tono come la prima pagina del suo libro preferito. Era preoccupato. Si voltò paziente verso l’uomo molto più alto, inclinando il capo e solleticandosi la pelle con i capelli umidi mentre l’altro iniziava ad abbottonargli la camicia.
« Non puoi negare che sia una bella donna » continuò, fissandolo di sottecchi.
« È una sirena e una strega. Non mi piace. Vuole qualcosa da te » dichiarò senza fronzoli, finendo con l’ultima asola e piantandogli gli occhi nei suoi.
Shanks scrollò le spalle, ridacchiando.
« Lo so » asserì con una tranquillità disarmante che fece aggrottare la fronte al suo vice. « Ma sembra che io non riesca a darle ciò che desidera »
Benn si lasciò andare a un lungo sospiro, massaggiandosi una tempia. C’erano delle volte in cui avrebbe voluto prendere a schiaffi quel suo muso da “ho fatto l’ennesima marachella” che rendeva il capitano della Red Force un Peter Pan senza età. Poi però rammentava che avrebbe sortito l’effetto contrario e si sarebbe ritrovato per tutto il giorno l’imperatore imbronciato che lo fissava con espressione da cucciolo maltrattato. E non poteva reggerlo.
Mentre si lasciavano la locanda alle spalle spuntò mentalmente l’ennesimo trattino sulla parete immaginaria della sua virtuosa pazienza, che ogni giorno da anni gli rammentava della sua scelta di seguire quello scapestrato dalla testa rossa.
 
 
 
 
 
 
 
« … siete pirati? »
La scena era un po’ incerta. Shanks e Benn fissarono interdetti la ragazzina che aveva aperto il grande portone e che ricambiava la loro attenzione con un’occhiata tanto luminosa quanto le luci di Natale. Aveva capelli color carota, tagliati corti e disordinati come chi poltrisce su qualcosa di morbido. Addosso sfoggiava una combinazione di lilla e arancione che facevano a pugni tra maglietta larga e salopette in stoffa, per concludere l’accozzaglia con due anfibi logori e che non vedevano una lavanderia da decenni.
« Sì ragazzina » rispose Benn mentre questa aveva preso a scandagliarli ai raggi infrarossi. « Stiamo cercando Jabber Jougen » continuò, ma lei non lo stava minimamente ascoltando.
« Siete sicuri di essere pirati? Perché sui miei wanted non ci siete » si crucciò lei con sospetto, mettendosi le mani sui fianchi con aria di chi la sa lunga. « Io so tutto sui pirati! Ogni giorno controllo dal giornale i nuovi avvisi dei ricercati… e voi non ci siete! »
Shanks si lasciò andare a un fremito di risata per il soldo di cacio tutto computo.
« Vuoi fare la cacciatrice di taglie da grande? »
La ragazzina lo guardò con orrore.
« MAI! Io diventerò una pirata! Bella e coraggiosa come- »
« CLARA! » tuonò una voce dalla cima della larga scalinata dell’atrio. « Ancora con queste fesserie!? Vuoi farmi rivoltare nella tomba!? »
La pel di carota incassò dapprima la testolina tra le spalle per poi guardare esasperata verso Shanks e Benn come se avessero potuto comprendere il suo dramma.
« Non sei ancora morto, nonno » gli fece presente annoiata.
« Lo sarò a breve se… continui… a… » ma le parole del vecchio Jougen andarono deperendo pian piano insieme alla sua andatura zoppicante. Era sceso di volata agitando in aria il bastone come se avesse potuto colpire le sciocchezze dette dalla nipote, ma a pochi metri dal portone si era accorto della presenza dei due pirati.
« Me la ricordavo più lunga la tua lingua, Jougen-sama » celiò Shanks con una smorfia divertita.
« Mi fulminassero… Rosso! » sbraitò l’anziano alzando le sue cespugliose sopracciglia e squadrando l’uomo con la stessa minuzia usata dalla teenager qualche minuto prima. « Che diavolo… tu non dovresti essere qui! »
Il tono accusatore fece aggrottare la fronte a Shanks.
« Bel modo di salutarmi. Ho interrotto qualcosa? »
Il padrone di casa tacque, soppesando la domanda e calmandosi.
« Clara va in cucina e avverti le cameriere di preparare qualcosa da portare sulla terrazza. Di’ a Baba di cacciare fuori il poco rum buono che non si è ancora scolata »
« Il Rosso? Ma allora sono davvero dei pirati? » ribadì la piccola tutta eccitata, ricominciando a lanciare occhiate luccicanti anche se non sembrava aver afferrato il pieno significato dell’epiteto.
 « Quello è una grana da quando sua madre l’ha svezzato » bofonchiò il vecchio Lingua Lunga, facendo cenno ai due di seguirlo al piano di sopra.
Pochi minuti dopo il giornale della mattina fu poggiato sulla lastra in mosaico del tavolo, una pagina specifica aperta su cui Benn si concesse il primo vero sorriso della giornata.
« Cappello di Paglia abbatte il Toro Rosso » lesse a voce alta per farsi sentire anche da Shanks, accostato alla ringhiera dell’ampio balcone semicircolare a rimirare la vista di Fulham e del mare. « E si trova solo a qualche giorno di distanza da qui » aggiunse, finendo l’articolo e prendendo il wanted allegato, dove le nuove cifre davano l’idea di avere ancora l’inchiostro fresco.
« Sarai fiero » commentò Jougen, stappando la bottiglia di rum e iniziando a servirlo generosamente sentendo la gola secca. « Continua a collezionare vittorie e bestemmie dalla marina come stesse rubando saponette a MarineFord »
« Sta facendo esperienza » replicò asciutto l’imperatore, mascherando bene il proprio compiacimento.
« Fischi e fiaschi! Abbattere due bellimbusti della Flotta dei Sette e dichiarare guerra al mondo per te è gavetta!? Tu alla sua età te lo sognavi di fare cose simili! »
« Ehi! Anche io ho avuto il mio bel da fare! »
« Ma scendi dal trono! Se non avessi trovato questo sant’uomo di Beckman saresti ancora a pelare patate con quella lunatica di Becca Rice! »
Il Rosso lo fissò a bocca spalancata, arrossendo indignato.
« Come… chi diavolo ti ha raccontato…!? Era un segreto! »
Jougen rise così forte e sguaiatamente da far traballare tutto il tavolo, finendo col tossire.
« Non sono arrivato a quest’età facendomi i fatti miei! E poi l’unico segreto che sia mai sopravvissuto sulla Oro Jackson era quello sul One Piece! Pace all’anima di Roger! »
L’ilarità generale andò spegnendosi pian piano mentre un lampo di nostalgia passava nello sguardo del vecchio e del Rosso.
« Be’, comunque, quel Toro Rosso, Akai Oushiza, non mancherà a nessuno » proruppe il padrone di casa levando il suo bicchiere. « Un sadico bastardo in meno che ci farà vivere più serenamente. Alla salute del moccioso! »  
L’imperatore e il suo vice risero, sedendosi e prendendo parte al brindisi.
« Allora, che ci fai da queste parti? Port Red Jack è un covo di piantagrane »
« Si fanno incontri piacevoli » rifletté angelico e in un bisbiglio il Rosso, beccandosi una tallonata dal suo secondo.
« Siamo qui per lui » spiegò Benn, tirando fuori dalla tasca un foglio di giornale ripiegato che stese di fianco a quello con Rufy.
Jougen lo riconobbe subito, perdendo la propria baldanza e scuotendo la testa in un sospiro abbacchiato.
« Questa storia di Bryan ci farà diventare matti »
« Lo conosci? »
Con aria pensierosa l’anziano si grattò il mento, per poi ingollare quel che restava del suo rum e prepararsi a un lungo racconto.
« Di persona non ho mai avuto il piacere, che Poseidone me ne scampi » iniziò, fissandoli seri entrambi, per soffermarsi poi sul Rosso. « Cosa sai di lui? »
« Quello che i giornali scrivono… e qualche chiacchiera da locanda » spiegò il pirata, stringendosi nelle spalle.
« Perché ti interessi adesso? » chiese poi Jougen, calcando sull’ultima parola con un accento più curioso che accusatore.
Shanks si appoggiò allo schienale della sedia in ferro, non riuscendo a dissimulare l’occhiata che lanciò al wanted del ragazzo di gomma.
« Comincia a esserci molta carne sul fuoco » rispose lentamente, ma finendo con una smorfia. Balle, si disse, e che metafora squallida. « È davvero il nipote del capitano Roger? Lui e la sorella » si corresse.
« Lo sono »
La conferma lapidaria gettò il tavolo nel silenzio. Era appena stato scoperchiato un vaso di verità e possibilità che per un istante incrinarono la sicurezza del Rosso. Aveva accantonato quel discorso per quattro anni e ora si diede dello sciocco. Cosa poteva temere di più di quello che già non sapeva? Aveva finto di non interessarsene per troppo tempo, ma in fondo erano anni che si era imposto di vivere libero da consapevolezze che rischiavano di farlo tentennare.
Tuttavia la portata della notizia lo estraniò. Gli occhi vagarono sul mosaico della tavola a seguirne le scanalature come se quei percorsi labirintici avessero potuto dirgli qualcosa. Alla fine Jougen gli venne incontro, riprenderlo a parlare.
« L’unico di noi che conosca abbastanza questa storia è Rayleigh, e anche per puro caso. È successo molto prima che il capitano mettesse su la nostra ciurma… » cominciò il vecchio, dando a intendere subito il proprio disagio. « Come sai era originario di Rogue Town e si imbarcò su un semplice mercantile a diciassette anni in compagnia di una ragazza… una sirena, per essere precisi »
« Coralia… l’attuale Regina di SubAquaea »
La risposta e il tono piatto portarono l’attenzione di Benn e Jabber sull’imperatore, che aveva appena avuto conferma del racconto ascoltato da Ursula la sera precedente.
« Una delle chiacchiere che avevo sentito in giro » tagliò corto alla loro muta domanda.
« Chiacchiere!? Manco quegli squali del Regno del Mare sanno di questa storia! Chi te l’ha detto!? »
« Una bella pesciolina » ghignò poco divertito il Rosso in tono di sfida.
Sfida a cui i lineamenti del vecchio replicarono passando dall’incredulo all’indignato, fino alla disapprovazione mascherata da un fa come ti pare. Frequentare sirene? Per lui significava buttarsi in mare con un masso legato ai piedi. Portavano soltanto disgrazie.
« Cos’è successo dopo? » riprese Benn, interrompendo la tensione che si era creata.
« Roger e Coralia entrarono nella Rotta Maggiore e girovagarono per un paio d’anni, passando di nave in nave non avendone una propria, ma nemmeno Rayleigh conosce tutti i dettagli. Tempo dopo lei rimase incinta e lì le cose si si complicarono » sospirò, versandosi altro rum neanche fosse acqua. « Quando l’anno seguente quella canaglia di Silvers si imbatté in Roger, lui e la sirena avevano appena troncato i rapporti. Mi raccontò che il capitano fu spiccio nei dettagli. Sembrava averci messo una pietra sopra, progettando di cercare uomini per la sua ciurma e ripartire alla volta della Grand Line senza manco una zattera… »
« E il bambino? » domandò il vice della Red Force, ciccando nel posacenere e lanciando un’occhiata di striscio al suo capitano, trincerato nel silenzio.
« Secondo le leggi di SubAquaea fu abbandonato in mare… ma è sopravvissuto. Si chiama Irwin... Seaheart D. Irwin »
Sentire quel nome rese tutto il racconto improvvisamente più vivido e reale alle orecchie dei due ospiti. I pochi rumori provenienti dalla città sottostante si trasformarono in un brusio consistente nel vuoto di parole creatosi e in cui il Rosso incassò suo malgrado le rivelazioni.
Il Re dei Pirati aveva avuto un figlio anni prima di diventare la leggenda che era, prima di riunire la stessa ciurma con cui aveva solcato i mari, e i cui membri si vantavano di conoscere il capitano come le proprie tasche. Shanks non si arrogava un lusso simile, essendo stato uno dei più giovani a bordo… ma che nemmeno Jougen e Rayleigh fossero a conoscenza di tutta la storia gli lasciava una sensazione di sgradevole inquietudine alla bocca dello stomaco.  
« Per tutti questi anni non ho mai sospettato nulla » confessò rocamente alla fine, concedendosi un sorso di liquore per metabolizzare meglio il tutto. Poi tornò pensieroso, vagliando le domande che si stavano affollando nella sua testa. « Irwin… chi è? Intendo, è il padre dei due ragazzi… – non riuscì a non arricciare l’angolo della bocca in una smorfia – ma che altro? Non ha mai cercato il capitano? »
« Irwin detesta i pirati » spiegò Jougen scuotendo il capo. « Ha sempre vissuto una vita ordinaria e appartata, temendo però che un giorno qualcuno potesse scoprire i suoi legami di sangue e dare in pasto al mondo lui e la sua famiglia »
« … l’incidente di Salmoa » si lasciò sfuggire Benn sovrappensiero.
« Già… che tanto incidente non è stato. Sono quattro anni che Irwin ci maledice dal giorno alla notte »
Gli occhi scuri di Shanks si assottigliarono mentre nella sua mente i fili della matassa andavano appianandosi e un sospetto veniva a galla.
« Prima hai detto che tra noi nessuno sapeva di questa storia. Rayleigh si impiccherebbe piuttosto che mettere in pericolo la famiglia del capitano… »
Jougen avrebbe sorriso di compiaciuta ironia, se il punto contro cui stavano andando a parare non gli avesse rivoltato le viscere ogni volta. Il bicchiere nella sua mano scricchiolò, rivelando una forza che dalle sue membra stanche e appesantite dagli anni non traspariva.
« Allora quel tuo cervello annacquato dal saké ogni tanto lo metti in moto »
Il padrone di casa cercò di riprendere la sua aria burbera, ma la battuta si perse nell’atmosfera serpeggiante e velenosa.
Bastò un solo nome.
« Shirami »
Shanks lo pronunciò col fiato sospeso e con un odio che negli anni non era andato affievolendosi. Lo sentì più bruciante che mai, come il peggior schiaffo che avesse mai potuto ricevere e di cui vergognarsi. Vergognarsi di non aver reagito quando era stato il momento. Per essere stato troppo debole, incosciente e accecato dai proprio sogni per notare la vipera che si muoveva tra di loro, irretendoli e conducendoli alla disfatta.
Un tremolio scosse il piano di marmo da cui provenne un basso crik. Benn, ostacolato da un senso di soffocamento all’altezza dello sterno, strinse la mano sul braccio sano del suo capitano, riscuotendolo in parte. L’imperatore si scusò, ma il suo tono fu quasi un ringhio che Jougen accettò suo malgrado.
« Non puoi continuare a roderti il fegato per qualcosa che è accaduto vent’anni fa, Shanks. Non è stata colpa tua »
« No, hai ragione… siamo tutti colpevoli di aver chiuso gli occhi perché ci sentivamo invincibili » sibilò sarcastico e iracondo. Le sue iridi nere vibrarono prive di compassione, tanto che l’anziano non riuscì a reggerne l’intensità.
« Come darci torto… dopo Raftel, il mare era diventato un tappeto rosso di fronte a noi. Non temevamo niente e nessuno… il solo aver toccato le sponde di quell’isola ci dava la sciocca idea di essere immuni da qualsiasi minaccia »
« E Shirami ci ha divisi, indeboliti… e annientati » finì il Rosso sulla scia del racconto, la mano tanto stretta a pugno da rendere le nocche bianche.
« Roger si fidava di lui » disse stancamente Jabber, come una cantilena ripetutasi nel tempo per sentirsi meno in colpa.
Shanks rise acido, tanto che Benn si volse guardingo a osservarlo.
« Bella consolazione… » sbottò, sentendo i muscoli tanto tesi da farsi venire i crampi.
Jougen lo occhieggiò titubante, chiedendosi se ne valesse la pena di alimentare ancora di più l’odio del Rosso con gli ultimi dettagli in suo possesso. Prima o poi ne sarebbe venuto a conoscenza ugualmente. Le carte in gioco si stavano rivelando una dopo l’altra, crollando dal castello che avevano abbandonato senza protezione. Sciocchi, sciocchi e sconsiderati. Avevano perso una battaglia, ma avevano sottovalutato l’ambizione del loro nemico, la cui guerra silenziosa continuava lentamente a guadagnare terreno.
Prese fiato, per svelare l’amara realtà.
« Roger e Shirami erano amici di infanzia fin dai primi anni. Sono cresciuti insieme a Rogue Town… ma secondo un’idea di Rayleigh, col tempo Shirami è diventato invidioso di Roger, sotto diversi aspetti… e forse anche per il legame che aveva con Coralia »
La confessione fu alla stregua di una botta in testa, seguita da una pugnalata alle spalle.
Aveva sentito male, credette l’imperatore. Jougen non poteva aver detto che il loro capitano, senza batter ciglio, avesse accolto sulla nave quello che considerava un amico, forse un fratello… e che per colpa di un astio infantile quasi tutti i loro compagni fossero morti.
« Mi dispiace Shanks… sappiamo che non si sentirono per anni dopo la vicenda di Coralia… forse Roger aveva sottovalutato che anche per Shirami fosse acqua passata, sai com’era fatto… o forse non aveva proprio notato quello che stava accadendo… ma anche- »
« Basta » lo interruppe il più giovane senza fiato con gli occhi ridotti a due pietre nere.
Era scioccato. La memoria l’aveva sbalzato indietro, come se fosse tornato a quel dannato giorno di vent’anni prima. Rivisse emozioni taglianti come scogli affilati, spari, grida, macchie di sangue che si allargavano sul ponte della Oro Jackson mentre lui veniva strattonato via per essere messo in salvo quando ormai era tutto perduto. Ricordò i pochi con cui era riuscito a scappare, la voragine di incertezze che si era aperta sotto i suoi piedi, il sapore illusorio dell’irrealtà e poi il giorno dell’esecuzione, quando il mondo l’aveva assordato acclamando un uomo alla forca. L’uomo che gli aveva aperto l’orizzonte e l’aveva accolto in una famiglia più che in una ciurma. Ma di più ricordò gli occhi spalancati e senza vita delle persone uccise dalle bugie e dalle trame di Shirami.
Con un forte stridore della sedia si alzò, muovendosi boccheggiante verso il limitare della terrazza in cerca di aria. Si rese conto dopo qualche secondo che con dita tremanti stava stringendo il moncherino.
Ripensò a Rufy. Alla loro promessa e a quanto quel bambino gli avesse ricordato il suo capitano, trovando il pensiero soffocante e felice allo stesso tempo. Gli mancava. Gli mancava la sua testardaggine nel voler essere preso a bordo, dandosi a dimostrazioni di coraggio su cui per fortuna avevano potuto solo che riderci su. La sua convinzione nel voler difendere le persone che ammirava, cacciandosi nei guai. Rivide il momento in cui gli aveva calato il cappello di paglia sulla testolina scura, trovando quel gesto così naturale, come se non avesse aspettato altro. Il cappello di paglia che era appartenuto a Roger e che gli era stato regalato in segno di gratitudine e stima tanto tempo prima, quando era poco meno di un adolescente e la sua vita sembrava dover seguire solidi binari insieme alla cricca del Re dei Pirati.
« Shanks » lo chiamò debolmente il proprietario di casa, le cui spalle curve sembravano portare il doppio degli anni che aveva. Si sentiva mortificato, privo della volontà di cambiare le cose. La verità era che ci aveva rinunciato molto tempo prima.
Dopo l’esecuzione di Roger aveva faticato a riprendere il mare, preferendo gestire affari di terra più tranquilli. Poi suo figlio e sua nuora erano stati ammazzati, e lui aveva abbandonato tutto, ritirandosi a vita privata per crescere una nipote troppo piccola e fragile. Negli ultimi anni era riuscito a ottenere una certa armonia con cui schermarsi da un passato che continuava a ribollire come un vulcano quiescente. Ignorare e fingere che certe cose non sarebbero più tornate a galla gli aveva regalato momenti di pace a cui non avrebbe voluto rinunciare. Ma ora a scontare la sua volontaria cecità e a portare pesi ingiusti erano altri.
« Shanks ascoltami. Eve e Rayleigh si sono già mossi per capire cosa stia accadendo. Quattro anni fa Shirami ha smascherato Irwin, ma si è concentrato sui suoi figli, Bryan e Bonnie. Li abbiamo tenuti d’occhio per tutto questo tempo, per assicurarci che… be’, che stessero bene e che non succedesse nulla di irreparabile. Ma dopo quello che Bryan ha combinato – e indicò la pagina di giornale portata da Benn con l’articolo sulla 74a Divisione – abbiamo deciso di andare a fondo perché pensiamo che dietro ci sia Shirami » chiarì tutto d’un fiato, fissando la schiena dell’imperatore.
Shanks si era irrigidito, ma non volle ammetterlo. Scosse la testa per cacciare un pensiero e imporsi di rielaborare tutto quello che aveva sentito senza distrazioni. Le tempie gli dolevano per la cascata di informazioni che lo stavano sommergendo, per la valanga di passato che minacciava di travolgerlo.
« Sono passati vent’anni e nessuno di noi ha fatto niente per fermare il traditore che ci ha mandato alla gogna… e proteggere quelli che non c’entrano niente… Bryan e Bonnie, Irwin, Eve… » esitò un solo istante, umettandosi le labbra e riprendendo con acredine. « Ci siamo separati e forse era davvero inevitabile… ma che vita è continuare a nascondersi? » si volse, incrociando gli sguardi dei due rimasti al tavolo e riprese. « Jougen, se non fosse per la tua rete postale e i segreti che conosci, non te ne staresti a vivere in una villa alla luce del sole… Ray-san che fa il rivestitore a Sabaody… e Crocus alla Reverse Mountain, dentro una balena… Buggy ci ha messo degli anni per riprendere il mare e credo abbia finito per detestarci tutti… un po’ mi manca » rise senza gioia. « E Becca, Gaspar… loro non so neanche se respirino ancora » finì a malincuore e ogni nome per lui aveva il peso di una colpa.
Lui era l’unico che aveva preso la sua vita e si era posto come traguardo la libertà. Non aveva quasi più nessuno da temere, aveva degli uomini che lo seguivano e per cui avrebbe dato la vita, e una promessa che assomigliava terribilmente a una piacevole speranza… e per quattro anni si aveva rifiutato la verità. Una verità a cui si era interessato quanto a una storiella spiritosa.
L’Erede. Gol D. Bryan. All’epoca un quattordicenne che dalla foto segnaletica appariva spaventato e irascibile. Poi sua sorella Bonnie, pallida e arruffata da una fuga. Entrambi biondi, occhi azzurri, lineamenti in cui nulla ravvisava Gold Roger, stanati in un’isoletta del North Blue, lontano da tutto e tutti. Ricordava ancora lo sguardo di Benn addosso quel giorno, in attesa, mentre lui arrivava alla fine della prima pagina del giornale. Aveva scosso la testa con una risata che gli era uscita male. Non poteva essere vero. Lui non ne sapeva niente di quella storia. Probabilmente era una trovata della Marina, qualche capro espiatorio. Aveva buttato via il quotidiano e aveva accantonato la questione, ma senza calmare un senso di fastidio alla bocca dello stomaco.
Un fastidio che si era ripresentato ogni volta che qualche trafiletto era comparso con quei nomi sopra. Nulla di eclatante, anzi, per quasi due anni non si erano avute altre notizie, a conferma che probabilmente erano state solo ciance sensazionali. Solo avvistamenti sporadici di quella nave superba appartenente alla Triade del Mare, la Mermaids’ Melody, su cui si dicevano essere i due Eredi, ma niente che potesse scuoterlo tanto da mettere in dubbio la sua scelta di non approfondire.
A distanza di quattro anni, dopo l’ennesimo articolo, qualcosa si era smosso. Era stato trafitto dallo sguardo rancoroso del nuovo wanted di Bryan, da quella fisionomia ora più adulta che lo aveva colpito come un pugno allo stomaco.
C’era qualcosa. Finalmente l’aveva visto. Una determinazione, un’ambizione che avevano cancellato subitaneamente qualsiasi remora avesse avuto per scartare ancora l’argomento.
I suoi timori erano stati districati, stesi e tirati come una corda su cui era poi inciampato.
E ora c’era dentro.
« Cosa intendete fare? » domandò, tornando a dare le spalle ai due e fissando un orizzonte che gli sembrava troppo lontano. Tutto lo era, come stesse osservando la scena al di fuori del proprio corpo. Ma non aveva tempo di ricamare sui proprio errori. Neanche il presente si fosse riavvolto e l’avesse davvero rispedito a vent’anni prima, con l’urgenza di agire ad assalirlo prepotente.
Jougen, ammonticchiato sulla propria seduta come un cumulo di stracci, versò altre due dita di rum nei bicchieri.
« Rayleigh è andato a Jaya, dove attualmente vive Irwin. Dalle informazioni di Shakky ha saputo che la Mermaids’ Melody sta dirigendo lì e vuole riuscire a parlare con Bryan… o evitare che ammazzi il padre. I rapporti non sono idilliaci » spiegò, rimescolando il liquore nel proprio bicchiere con movimenti assenti. « Io sto controllando tutte le missive della Marina che passano sui percorsi delle mie colombe… ma per adesso nulla. Ci sono state delle mobilitazioni e delle richieste di materiali un po’ sopra gli standard… ma quei rimbambiti con la visiera stanno diventando bravini a crittografare le notizie importanti » finì con uno sbuffo.
Il Rosso sciolse un po’ della propria tensione con un risolino, tornando verso il tavole dove ingollò alla goccia il rum.
« E Eve? » chiese distrattamente, dato che il vecchio non aveva proseguito.
Jougen sbuffò, imprecando e incrociando le braccia nel cacciare improperi indefinibili. Alla fine esibì una smorfia contrariata.
« Si caccerà nei guai »
« Non sarebbe la prima volta… anzi » sogghignò Shanks, inebriato dal sapore dell’alcolico. Benn scosse la testa. « Non è rimasta un po’ troppo calma di recente? »
« Sale spesso a Heaven Ville… anche se da un po’ è mia ospite »
Il vice capitano della Red Force roteò gli occhi al cielo, bagnandosi di nuovo le labbra con il rum nel silenzio che era seguito.
« È qui? » domandò in fine Shanks con un sorriso che non si estendeva allo sguardo.
« No. O meglio, non in questi giorni. È a San Faldo per un ballo in maschera con Ace, Santi Numi, come se trascinarci quello sbarbatello non portasse casini. Il vecchio Newgate deve essersi rimbambito totalmente per averlo preso a bordo… Secondo Comandante poi, Doragon si rivolterebbe nella tomba! » 
Jougen aveva ripreso con le sue ruvide lamentele e invocazioni, ma l’imperatore si era estraniato fissando la porta finestra e la stanza vuota all’interno, attendendo qualcosa di indefinito.
« Non le daranno la caccia quanto Bryan, ma poco ci manca! E lei dove va? A una festa con Ace! Sciagurata! I lamenti dei suoi mi daranno il tormento tutta la notte! »
« Per lui farebbe qualsiasi cosa » mormorò l’uomo coi capelli cremisi, sovrappensiero.
Il proprietario della villa alzò le mani in aria come se avesse potuto liquidare la faccenda così.
« Alla malora! Ecco dove finiremo tutti! » sbraitò, occhieggiando Benn come se lui fosse l’unico sano di mente che avesse potuto dargli ragione. Ma quest’ultimo fece spallucce. Non erano affari suoi. Non da diverso tempo, almeno. « Cosa parlo a fare con voi. Le magagne capitano tutte a me! Quel piantagrane di Gaspar se ne esce un giorno dicendo che ha bisogno di una vacanza… e sparisce! Puf! Capisco che sua figlia abbia passato dei momentacci per colpa di una sirena, ma qui siamo al tracollo! E quell’altra screanzata di Becca! Lo sai che ha messo al mondo la sua progenie!? Quella!? »
La risata di Shanks spezzò qualsiasi residuo di tensione. Abbandonò lo sguardo assente per uno fintamente esasperato, rimettendosi comodo sulla sedia intorno al tavolo, l’angola della bocca inclinato verso l’alto in una smorfia che di sdegnato non aveva neanche l’ombra.
« Potevi dirmelo prima che Gaspar e Becky stanno bene »
« E interrompere il tuo momento melodrammatico!? »
« Sei un bastardo »
« Sciagurato, porta rispetto agli anziani! »
Shanks si appoggiò al tavolino con il gomito e, sorreggendosi il viso con la mano, esibì la linguaccia come usava fare per avere l’ultima parola. Il discorso cadde, e prima che potessero riprenderlo due cameriere arrivarono con un carrello di spuntini che lasciarono sul tavolo senza una parola, congedandosi con un inchino che il rosso commentò fischiando, alzando impressionato le sopracciglia verso Jougen a dirgli “ti tratti bene, vecchio maniaco”.
« Ora che sai tutto… » riprese proprio quest’ultimo. « Intendi rimanere? Eve tornerà domani, o in settimana. In realtà non lo so, fa come gli gira sul momento »
Shanks scosse la testa con emozioni sfuggevoli in volto.
« Sono ancora arrabbiato con lei »
Jabber aggrottò tanto le sopracciglia ingrigite che i suoi occhi scomparvero.
« Prego? Che farnetichi? »
« Queste – il rosso si indicò le cicatrici sull’occhio sinistro – e questo – fu il turno del braccio mancante – sono colpa sua » finì, reclinando il capo sulla spalliera e chiudendo gli occhi senza aspettare la reazione del suo interlocutore.
Reazione che si palesò in una bocca spalancata a “o” perfetta mentre l’anziano rimaneva con le dita a mezzaria strette intorno a un tramezzino.
« Che mi venga… un colpo…! » iniziò, reprimendo malamente una delle sue risate sguaiate, battendo la mano libera sul tavolo in marmo. « Sei proprio un moccioso! Senti le panzane! Spero che quella murena della scogliera di Foosha usi ancora il tuo braccio per pulirsi i denti! » rise apertamente, trascinando anche gli altri due.
« Ehi! Ho dovuto imparare a fare tutto con la destra da allora » ribatté fintamente offeso l’imperatore, ancora comodo nella stessa posizione. « Ero un ottimo spadaccino mancino… e ora Mihawk non mi considera più alla sua altezza »
« Tu e le tue amicizie discutibili » replicò a tono Jougen, strappando un morso allo spuntino e sputacchiando briciole. « Un altro mentecatto a cui non si sa cosa gli dica la testa… tutto suo padre »
« Jougen, un consiglio… certi paragoni col padre di Mihawk tieniteli per te, è un po’… suscettibile sull’argomento » ridacchiò il rosso, afferrando un dattero dalla ciotola vicina e succhiandolo di gusto.
I colori della discussione rimasero allegri per un po’, mentre il sole pomeridiano si faceva più intenso, calando verso ovest. Fulham, sotto l’arco del promontorio su cui era costruita la fastosa villa dell’ex Lingua Lunga, iniziò ad animarsi di cicalecci alti e grossolani, dalle locande fino al porto, dove nuove navi stavano attraccando per l’imminente serata di festa.
« Non mi hai ancora risposto Rosso… che cosa farai adesso? »
Jougen pose di nuovo la domanda dopo che ebbe accompagnato l’imperatore e il suo vice alla porta, sostando nel portico bianco adorno di giare panciute e trasparenti e vasi pieni di margherite gialle. 
« Onestamente? Non lo so » dichiarò l’uomo stancamente, in piedi davanti l’ingresso dove sostava il suo ex compagno di ciurma. Aveva ancora stralci di conversazione a rimbalzargli tra le tempie, troppe cose tutte in una volta. Sentiva di doverci dormire sopra. « Credo che mi fermerò a Sabaody. Puoi avvertire Rayleigh che lo aspetterò lì? »
Jabber annuì, rigirandosi il bastone con il pomo a rostro tra le mani.
« Ray è convinto… » cominciò tentennante, rifiutandosi lui stesso di vagliare l’alternativa nella sua testa. Sospirò, sapendo inutile rimandare l’inevitabile. « Ray è convinto che non sia per niente da Bryan comportarsi così…  distruggere senza spiegazioni, ecco… è successo qualcosa. Silvers lo conosce meglio di chiunque di noi »
« Tutti abbiamo delle giornate no e calchiamo la mano quando c’è di mezzo la Marina »
« Hai visto il nuovo wanted. Anche Eve era preoccupata per quello sguardo, sembrava- »
« Jougen… le congetture non ti aiuteranno a dormire meglio. Aspetta notizie di Ray-san prima di fare il nonno apprensivo » e dicendolo, occhieggiò verso la porta alle spalle del vecchio, dove Clara li spiava curiosissima dallo stipite, gesticolando a Shanks di non sgamarla. Ridacchiò facendole l’occhiolino, sentendo un po’ del peso del pomeriggio alleggerirsi.
« Cosa parlo a fare con te » sbottò il vecchio, scuotendo la testa. « Torna a bighellonare e tieniti alla larga dalle sirene, sono infide! »
« Tutta invidia, voi due » ridacchiò Shanks, beccandosi un’occhiata al vetriolo da Benn.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
Isola di Nim.
 
 
 
« Non avete l’irritante sensazione che capitino tutte a lui le fortune? »
« È un maledetto sculato »
« Siete solo invidiosi »
Usopp e Sanji si voltarono in contemporanea verso Zoro, imbronciatissimi, per poi sospirare tra loro con un palese “dacci torto!”.
Il terzetto tornò a fissare il soggetto in questione, il loro capitano, beatamente ignaro dei discorsi e altrettanto beatamente immerso in acqua, a pancia in su, gambe e braccia larghe a godersi il mare placido e luccicante.
Sì, era proprio Rufy che faceva il morto a galla senza un pensiero per la testa, ma anzi, sospirando soddisfatto come se la cosa gli fosse dovuta. Rufy che non andava a fondo come un pezzo di pietra.
« Ora lo vado ad affogare » proruppe diabolico il cuoco, gettando sulla sabbia la camicia stile hawaiana a mezze maniche che si era messo sopra i bermuda. In poche falcate arrivò dal moretto, buttandosi a pesce su di lui e trascinandolo sott’acqua tra esclamazioni di sorpresa e bollicine.
« Sanji ogni tanto perde proprio la testa » sospirò il cecchino osservando la scena, mani sui fianchi, prima di essere infradiciato dallo spruzzo salmastro del marimo che seguì il biondo nell’andare a torturare il futuro Re dei Pirati.
« Ehi! Non divertitevi senza di me! Io sono l’affascinante Usopp, tutte le sirene mi amano! » e si gettò a bomba negli schiamazzi generali del monster trio. 
Il panico della sera precedente era un labile ricordo rispetto alla sconcertante verità che era, letteralmente, venuta a galla.
Dal bacio della sirena, e dal bagno fuori programma, Rufy Cappello di Paglia ne era riemerso con le proprio forze. Sputacchiando acqua e inveendo contro un punto impreciso della superficie del mare, aveva recuperato il simbolo della sua promessa ed era tornato verso la Mini Merry nello sconvolto generale. Lui stesso non aveva realizzato finché Robin, perplessa ma più lucida degli altri, aveva fatto notare al capitano che non stava affondando. Che aveva appena nuotato. In mare aperto.
La prima preoccupazione del moretto fu di constatare di possedere ancora le proprie capacità elastiche, finendo col tirarsi talmente tanto le guance che, dopo il rilascio, era quasi soffocato nel tentativo di disincastrare i propri connotati. Un istante dopo si era ributtato in mare, ridendo come un ebete e facendo prendere un secondo infarto alla sua ciurma che ancora faticava a concretizzare.
L’unica stringata spiegazione, col tono gracchiante di chi crede di aver visto l’inimmaginabile nella propria vita ma finisce col ricredersi, provenne da un’attonita, quasi inorridita, Kamome. “È stato benedetto dal mare…” fu tutto ciò che balbettò, trincerandosi poi nel suo torvo mutismo, occhieggiando a tratti il moretto con diffidenza, come se le avesse fatto un torto.
A distanza di mezza giornata, i Mugiwara ancora fissavano il proprio capitano senza riuscire a non considerarlo un alieno.
« Aaawh, vorrei baciare anche io una signorina sirena » sospirò Brook, sorbendo il cocktail alla frutta preparatogli prima da Sanji. « Se avessi le labbra, yohohohoh »
« Io voglio nuotare! » piagnucolò al suo fianco Chopper, riempendosi le guance di succo di frutta mentre invidiava terribilmente i ragazzi della ciurma che sguazzavano in una specie di lotta ad affogarsi l’un l’altro.
« Non mettetevici pure voi » li redarguì Nami dalla sdraio lì accanto in uno dei suoi bikini a pois, ripiegando il giornale su cui capeggiava la nuova taglia di Rufy. « Questa pagliacciata non mi convince. Finirà con qualche risvolto macabro »
L’archeologa ridacchiò dell’ultima parola, dando poi un buffetto alla renna che, parole sue, si sentiva esclusa dai divertimenti.
« Robin sei riuscita a parlare con Kamome a proposito? » chiese la rossa, passando il giornale alla compagna. Senza aspettare risposta si calò gli occhiali da sole sul naso e si sistemò meglio per godersi i raggi ancora caldi del sole pomeridiano.
« No ancora. Questa storia del bacio l’ha turbata parecchio » rispose con un’alzata di spalle la mora, scrutando le righe stampate e prendendo un sorso dal suo drink rosato.
« Quella sa tutto e non vuole dirci niente! » sbuffò la navigatrice incrociando le braccia e tamburellando le dita, ostinandosi a tenere il capo reclinato e gli occhi chiusi per non rinunciare alla pace dell’isola nonostante il nuovo grattacapo.
Volenti o nolenti erano stati costretti ad attraccare a Nim per permettere a Franky di sistemare meglio che potesse il brigantino. Avevano recuperato delle vele buone dai galeoni dei Tori Rossi tanto per cominciare, dato che le loro erano ridotte a stracci. Non si poteva ancora fare nulla per il guasto ai Docks, che andavano aperti manualmente, ma bastava assicurarsi il viaggio fino a Port Red Jack. Una volta lì il carpentiere sarebbe riuscito a rimettere a nuovo la Sunny nei cantieri attrezzati di Fulham.
« Secondo le vecchie storie dei marinai, le sirene trascinano in acqua gli uomini di cui si invaghiscono per ucciderli… forse anche Rufy-san ha rischiato tale sorte! » mormorò lo scheletro tutto tremolante, allarmando il piccolo medico che iniziò a scuotere la testa blaterando che in fondo le renne non erano fatte per nuotare. 
« Storielle da marinai, Figlio del Diavolo » abbaiò una voce alle loro spalle.
Il quartetto si voltò verso Kamome, di ritorno dalla sua passeggiata con Matt. Se l’era preso da parte per spiegargli la situazione di sua madre e su come, da brava nonnina, lei si sarebbe occupata di lui fino al ritorno di Mizu. Il bambino aveva il viso arrossato e lo sguardo basso, ma quando sia Nami sia Robin lo invitarono ad andare da loro e gli offrirono un succo di frutto, non disse di no, rannicchiandosi silenzioso sulla sdraio insieme alla navigatrice. La diffidenza era sparita, ma Matt continuava a essere di poche parole, esibendo di tanto in tanto un timido sorriso.
« Dicevi obaasan? Storielle da marinai? » ripeté la rossa, togliendosi gli occhiali scuri.
La vecchia spodestò Chopper dallo sgabello, mandandolo a rifugiarsi tra le braccia dell’archeologa, per poi lanciare uno sguardo e un grugnito verso il baccano che capitano, cuoco, spadaccino e cecchino stavano ancora facendo in acqua.
« Avrà da gioire ben poco » borbottò scuotendo tanto la testa da far garrire contrariato il gabbiano che aveva in testa. « Quella sirena l’ha legato a sé »
« Legato? Che intendi? »
« Che se lei adesso schioccasse le dita dall’altra parte della Rotta Maggiore, a breve vedreste il vostro capitano iniziare a nuotare per raggiungerla » spiegò secca, scatenando un diffuso senso di inquietudine e occhiate che la spinsero a continuare, ammonitrice. « Non potreste fermarlo a meno che non lo leghiate da qualche parte. E non vi assicuro che non proverà a liberarsi, con ogni mezzo. Anche con la forza o attaccandovi. Il richiamo di una sirena è un imperativo categorico a cui il contraente non può opporsi. Se lo facesse rischierebbe di impazzire. Fosse anche in mezzo a una battaglia o a un uragano, farà di tutto per andare da lei »
Il gruppetto cadde in un silenzio scioccato.
« La nota positiva è che, maledetto o meno dal Frutto del Diavolo, ora non ha più da temere di affogare » finì la vecchia molto lontana dall’essere contenta della cosa.
« Perché la sirena ha legato a sé Rufy!? Cosa facciamo!? » domandò Chopper allarmato, rivolgendosi più a Robin che a Kamome, che lo metteva in soggezione. L’archeologa fece segno di diniego, non sapendo cosa rispondere. Non sapendo nemmeno cosa domandare all’anziana.
« Mah, forse aveva bisogno di uno schiavo umano » buttò lì la vecchia con un’alzata di spalle.
« Quella si sbaglia di grosso se crede che le lasceremo soffiarci Rufy » sbottò indignata Nami che stava vedendo realizzarsi i suoi brutti presentimenti. Alzandosi dalla sdraio di volata, e mandando all’aria un piccolo Matt riacchiappato dalle braccia di Robin, la navigatrice marciò sulla battigia come un generale.
« La ricreazione è finita! Portate fuori il capitano immediatamente! » strillò ai temutissimi quattro pirati che sembravano più bambini in gita scolastica, ma che al richiamo della rossa si bloccarono guardandola senza capire. Sanji teneva la testa del moretto sotto il braccio, che di suo tentava di disincastrarsi, mentre Usopp era abbarbicato sulle spalle di Zoro, fermato prima di travolgere gli altri due.
Tra ingiurie verso “quell’arpia di una rossa” e una pioggerella di cuoricini, una volta avvolti negli asciugamani e spiegata loro la questione delicata, la risposta fu di nuovo il mutismo generale. A esclusione dal diretto interessato.
« Ehi! Io non ci sto! » se ne uscì Rufy, incrociando contrariato le braccia al petto.
« Non hai voce in capitolo, ormai è successo » replicò l’anziana brusca, scaricando la questione con un gesto disinteressato della mano. « Se ti chiama, andrai da lei »
« No! »
Kamome saltò in piedi sullo sgabello per essere all’altezza del Mugiwara, puntandogli un dito contro, infervorata da tanta cocciutaggine.
« Sì, invece! Se lei ti chiama, accorrerai! Se ti ordinerà di strisciare per terra, lo farai! Hai capito!? Funziona così, ficcatelo in testa! » lo redarguì, ottenendo solo di farlo crucciare ancora di più, ma prima che potesse ribattere proseguì sprezzante. « In cambio adesso puoi tornare a nuotare in mare! Non hai più nulla da temere nemmeno in un naufragio! Vedi di essere contento! »
« Non farò proprio un bel niente di questo! » si ostinò il ragazzo, tenendosi il cappello con la mano per la foga di ribattere.
Lo sguardo di Kamome sfavillò, improvvisamente giovane nella ragnatela di rughe tra fronte e zigomi.
« Κτμα ς εί! » lo rimbeccò la vecchia Figlia del Mare, picchiettandogli tre volte il petto con l’indice come a volergli incidere sulla pelle la frase ben scandita.
Frase per cui si guadagnò un’espressione stranita e confusa da parte di tutta la ciurma.
« Dai i numeri obacchan? » interloquì Usopp, tampurellandosi provocatorio una tempia ed esibendo un sorrisino con cui avrebbe voluto sdrammatizzare la situazione. Ma tra l'anziana, rubiconda per il fervore di inculcare in testa al capitano la situazione, e il moretto che la guardava indispettito, nessuno rise.
La prima a riprendere la parola fu Robin.
« Possesso… per sempre? » tradusse automaticamente, sovrappensiero e con l'espressione di chi ancora non ha svolto tutti i bandoli della matassa.
« E ora questo che accidenti significa? » sbottò Nami, con la fronte contratta, ancora in piedi, le mani sui fianchi. Aveva scoccato un'occhiata a Kamome e Rufy, ma tra loro c'era una silenziosa battaglia a chi avrebbe ceduto prima.
« Significa che quella sirena ora possiede la volontà del vostro capitano. Per sempre » sibilò la vecchia Figlia del Mare senza distogliere l'attenzione da quella del futuro Re dei Pirati. Tuttavia il suo tono, inconsapevolmente, si era fatto grave, con una nota rassegnata che vibrava stonata mischiata all'atteggiamento avuto fino a quel momento.
« Nessuno può dirmi cosa fare » chiarì Rufy tenace, espirando dal naso.
La sua interlocutrice scosse la testa, arrendendosi.
« Forse » concesse, tornando a sedersi e dandogli le spalle. « Forse la tua ambizione sarà più forte. Ma non credere che il richiamo del mare sia un ordine a cui puoi semplicemente disubbidire. È... oh be', lo scoprirai quando sarà ora » lo liquidò, agitando la testa e il povero pennuto appollaiato sopra che non riusciva a tornare al suo perenne sonnellino. Poi la sua attenzione si concentrò sull'archeologa, a cui dedicò un'occhiata bieca e indagatrice. « Tu sai troppe cose, Figlia del Diavolo… anche una lingua morta che persino nel Regno del Mare conoscono in pochi. Dove hai imparato tutte queste cose? »
« Sono originaria di Ohara » replicò la moretta con uno dei suoi sorrisetti criptici guastato da una punta di malinconia.
Kamome scosse la testa mestamente, rinunciando in partenza ad altri discorsi sfibranti.  
« Quindi... adesso che si fa? » domandò Usopp, mentre il gruppetto era ancora tutto concentrato sul dialogo e le novelle poco liete di quel tardo pomeriggio che di caldo e tranquillo manteneva solo il ricordo. « Cerchiamo questa sirena? » azzardò, scorrendo l'attenzione da capitano, navigatrice, fino a tutti gli altri.
Rufy incrociò le braccia, la pelle umida e i capelli bagnati che profumavano di salsedine. Un sorriso in bilico sul diventare un ghigno si aprì sul suo viso giovane.
« Andiamo avanti » dichiarò sicuro, ignorando il sospiro di Kamome. « Rotta per la prossima isola! »

 
 
 
To be continued
 
 

 
 
 
 
 
 


Significato dei termini:
- Monster Trio: “trio mostruoso” è l’appellativo che si usa per Rufy-Zoro-Sanji.   
- Κτμα ς εί: dal greco antico (traslitterato in maniera spiccia “ktema es aei”), come dice Robin, “Possesso per sempre”. La locuzione è dello storiografo Tucidide il quale si riferiva alla sua “storia del Peloponneso” come a un possesso per l’eternità, a livello didattico. Qui ho ampliamente stravolto il tutto :D  
 
 
 
 
 
 
 
Note al capitolo & dell’autrice:
Dopo il capitolo scorso, questo è una mazzata nei denti per me. Ci sono passaggi che ancora adesso non mi convincono minimamente, ma è denso di informazioni e sentimenti da districare.
Il nostro Imperatore preferito, Shanks, continua a fare la guest star protagonista, prima reduce dalla nottata di fuoco con Ursula, poi a rivangare traumi del passato con un vecchio compagno. Non so come sembri a voi, a me non piace molto in diversi punti, ma l’ho riletto e tentato di sistemare così tanto che ci saranno più errori che cose giuste, sigh.
Tornano Jabber Jougen e sua nipote Clara con un po’ del loro passato che di roseo non ha un bel niente D:
Vengono nominati personaggi a valanga, vecchi e nuovi… piano piano vi racconterò ogni singolo dettaglio, anche il colore delle mutande. I più fantasiosi possono darsi alle congetture *love* (sì, anche sulle mutande)
Per concludere, il mio bel PLOT TWIST con i Mugiwara ;)
Vorrei davvero tanto tanto tanto sapere che ne pensate delle conseguenze di questo bacio tra Rufy e la sirena ^.^
 
 
Grazie come sempre a jillianlughnasad e Nic87 per il continuo sostegno! Spero di ricambiare adeguatamente!
Un grazzissime anche a mlegasy che sembra aver ripreso la lettura *.* 
A voi e a tutti gli anonimi lettori lascio la “fanart” (o collage?) di fine capitolo =D Una mattinata di photoshoppata a perdere XD
 
 
 
 
Note? Note!:
 
- Jabber Jougen, Becca Rice, Gaspar, Doragon…: e compagnia! Vi presento/nomino alcuni dei membri (vivi e morti :°( ) della ciurma di Roger! C’è qualche indizio qui e là, ma per adesso non sono rilevanti. L’intera discussione di Jougen e Shanks verte su Shirami, di cui si scopre qualcosina di consistente. Ex amico di infanzia di Roger a Rougue Town, ha sulla coscienza un po’ di gente… e altrettanta che gli vuole fare la pelle, anche se, per quello che si legge, ho voluto puntare molto sul “trauma” che la morte del Re dei Pirati ha sortito negli animi dei suoi ex compagni. Insomma, certi argomenti fanno maluccio da rivangare. Forza Shanks *love*
 
- Shanks: se nel capitolo scorso era stato un gioco da ragazzi muoverlo, in questo credo di dover capitolare. Non sono sicura di averlo reso bene, non sono sicura che siano chiare (in realtà manca un pezzo più o meno fondamentale) le sue scelte, soprattutto nei riguardi di Bryan e Bonnie. Shanks ha scelto di non sapere, di non approfondire le voci su di loro.
Nella mia visione della storia, anche se sono ex compagni, Shanks non ha tutti questi gran contatti con Rayleigh, Jougen o altri che, come spiega il vecchio Lingua Lunga, tengono sott’occhio la situazione. Ognuno per sé ormai, se capita di incontrarsi, ben venga.
Alla notizia sull’esistenza di una discendenza del Re dei Pirati di cui lui non era minimamente al corrente, il nostro Rosso decide di non credergli, o meglio, di accantonare la notizia. Per una serie di motivi blandi come “le trovate dei giornali”, o il “non riscontrare somiglianze con Roger”… e un altro motivo che per adesso rimarrà taciuto *love*
Detta così sembra molto superficiale come cosa, ma piano piano dipanerò anche questo punto.
 
- Benn Beckman: una nota solo per dire… che pazienza infinita quest’uomo! Non so se avete notato, ma lui in questo capitolo dimostra di saperla piuttosto lunga…! Sì, è proprio un tipo dalla bontà infinita.
 
- Mihawk: il suo momento arriverà molto più avanti (sempre che qualche epifania improvvisa non mi colga), ma della sua famiglia [qui si nomina il padre… oddei, come vorrei farvelo conoscere subito *w*] si parlerà ampliamente già nel prossimo capitolo (o in quello dopo? Sono un po’ confusa stasera).
Sì, capito bene… famiglia. E neanche troppo stretta.  
 
- Bacio della Sirena (parte II): c’entra, in una certa misura, il fatto che con Rufy questo bacio abbia funzionato mentre con Shanks no. C’è un perché ma, guarda caso, non posso dirvelo.
Comunque, torniamo al nostro Mugiwara preferito che ora è tornato a nuotare felice e… stop, perché spensierato lo sarà poco. Kamome è stata chiara: la sirena ha legato Rufy a sé e ora lui potrebbe diventare il suo schiavetto.
*voce stentorea da film* Riuscirà il nostro Cappello di Paglia a resisterle?! Eheheh…
Bando alle ciance. Questa scena di quasi relax mi è piaciuta abbastanza da descrivere, soprattutto i ragazzi ammollo nell’acqua. Mi mancano questi loro momenti!
Robin, infine, da sfoggio delle sue conoscenze… anche nel greco antico. Sì, lei è andata al Classico, non lo sapevate? ;)
Perché nel Regno del Mare alcuni conoscono il greco antico? (che precisiamo, in questa storia non si identifica col greco antico vero e proprio… è solo considerata una “lingua morta"). Ai posteri l’ardua conoscenza.
 
 
Con questo capitolo posso dichiarare conclusa la Mizu Arc de-fi-ni-ti-va-men-te! *sventola bandierina*
Salutate Kamome, salutate Matt… date un in bocca al lupo alla nostra Figlia del Mare, perché ora si passa alla “Port Red Jack Arc”, che in originale… doveva essere una cosina da niente, uno, due capitoli. Ora si è mangiata parte del plot, e ci ha fatto pure il ruttino, sputandone fuori casini e personaggi a cui proprio non riesco a rinunciare!
 
Rotta per la prossima isola! (cit.)
  
 
 
Bacioni!
Nene
 
 
   
 
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