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Autore: BloodGirl    09/10/2015    1 recensioni
Ohlà ragazzi/e!
Vi sono mancata?
Voce interiore: a me non sei mancata per niente!
Zitta tu! Dicevo... ah si! Ecco a voi il seguito tanto atteso (?) de "Il Secondo FFI-Pieno di Sorprese"!
Questa volta vedremo i due piccioncini alle prese con la loro vita di coppia e scolastica, inoltre ci sarà qualche colpo di scena!*magia*
Spero di avervi incuriosito e spero che i seguirete!^-^
Ricordo che ogni recensione, anche negativa, è ben accetta u.u
Buona lettura!
Ps: una cosa che ho dimenticato perché ho una mente bacata: aggiornerò ogni 09 del mese.^^ A volte potrei aggiornare prima o dopo, dipende dagli impegni, ma si parla di massimo due giorni prima/dopo u.u
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shawn/Shirou, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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RAIMON HIGH SCHOOL
 
CAPITOLO 3: Notte Bianca…


Ore 01:00 di notte.
L’ora in cui ogni normale studentessa dovrebbe dormire in preparazione a un certo esame di pallavolo per cui si è allenata ogni precedente giorno e ha i muscoli a pezzi.
Bé, non sono una di loro. Perché il mio letto non mi è mai parso così scomodo in tutta la mia vita. Neanche quando ho dormito in campeggio!
Continuo a girarmi e rigirarmi tra le coperte, che mi sembrano fatte di cartone o di qualche altro materiale “comodissimo”. 
E inizia anche il cuscino a starmi antipatico.
È una sensazione spiacevolissima. Quando hai voglia di dormire ma non riesci in nessun modo. Neppure se prendi un sonnifero. Non vuol dire che io l’abbia preso, chiaro!
Però è da più di mezz’ora che fisso il soffitto. Mi sto quasi stufando.
Perciò, prendo il cellulare e lo accendo. Così almeno per un’ora sarò impegnata. E invece no.
Non c’è nulla di interessante su internet e mi annoio. In più sto morendo di sonno.
Provo a mettere la testa sotto il cuscino. Nei film funziona. Ma peccato che sia la vita reale. E che questo metodo sia un fallimento totale. Mi provoca solo caldo e stress.
Quindi scosto le coperte con una certa violenza e mi metto a sedere. La stanza è buia e non vi è nessuna luce che riesce a trapassare le persiane della finestra. Ma fa troppo caldo.
Mi alzo e accendo una flebile luce, dall’abaut-jour sulla mia scrivania. Decido anche di aprire la finestra. Subito una piacevole e rinfrescante brezza notturna mi investe facendo svolazzare le tende ritmicamente. Come se fossero animate da una melodia suonata al violino.
Mi affaccio sul davanzale e rimango come incantata a vedere il meraviglioso paesaggio. Le stelle provocano un timido bagliore, illuminando i campi sportivi completamente bui. E in lontananza questa luce gioca con le ombre sulle deboli colline della città, risaltando il colore verdognolo dell’erba e la calma dei dintorni.
Una calma rilassante.
Però, un qualcosa inizia a farmi salire l’ansia.
Mi immagino a un concerto, mentre sto suonando un brano composto da me. All’improvviso mi accorgo che nello spartito vi sono alcuni errori. Ma non vi do importanza. Peccato che tra il pubblico ci siano alcuni importanti critici. E che uno di loro salga sul palco mentre sto ancora suonando.
Ribalta il leggio e, parlando al microfono, dica che sono una nullità e cose del genere, facendomi sentire a terra. Anzi sotto terra.
Tuttavia un’altra immagine si sovrappone a questa. Quella di me all’esame di volley. La stessa scena, gli stessi errori.
Il terrore inizia a salire sempre più. Insieme all’ansia da palcoscenico. Che ironia della sorte…!
E anche una strana forza comincia a prendere il sopravvento su di me. Mi dirigo verso l’armadio, lasciando la finestra aperta. Prendo la divisa della nazionale e la indosso. Come se questo gesto potesse darmi un po’ di importanza e farmi sentire potente. Mi lego i capelli nella mia abituale treccia e sono pronta per la battaglia.
Come una ninja, esco dalla camera e dal dormitorio, diretta verso il primo campo da calcio più vicino. Spero solo che abbiano lasciato dei palloni in giro.
 
È davvero tutto buio. Non posso di certo accendere le luci. Per prima cosa sveglierei tutta la scuola e non mi pare il caso. Secondo: che spiegazione darei al preside?!
Perciò mi arrangio e gioco nell’oscurità. Che non mi aiuta visto che devo cercare qualcosa di sferico. Che sia un pallone, un mappamondo, una palla fatta di carta non fa nessuna differenza. L’importante che ci si possa giocare o sfogare la propria ansia.
Aggirandomi tra le zone della porta, noto un pallone da calcio. Per un momento mi si illuminano gli occhi. Ma si spengono subito perché è bucato e sgonfio. La mia solita fortuna!
 
Dopo parecchi minuti di ricerche, decido che è tempo di rientrare, sconfitta da un’insulsa palla. Però, quando sto per uscire dal cancello metallico, vedo in mezzo agli alberi qualcosa di bianco e nero. Nonostante sia buio riesco a vedere le sue forme, nitide e più o meno chiare.
Mi avvicino lentamente. Prima che qualche ladro esca allo scoperto.
Prendo in mano la sfera ed è proprio un pallone! Evviva!
Ritorno al campo e inizio a palleggiare, in sovrappensiero. Eseguo anche delle piccole esibizioni gratuite, facendo qualche evoluzione.
Penso all’esame, all’inizio della scuola, se riuscirò quest’anno a sopravvivere,…
Ma soprattutto rifletto sul primo.
Mi chiedo se sarò in grado di superarlo. E mi domando anche come sarà. Facile? Difficile? Mortale? Angelico? Faticoso?
Uffa! Detesto queste domande da strizza-cervelli. Non le sopporto!
Come sfogo inizio anche a tirare in porta, con tiri normali. Come se potesse essermi di qualche aiuto. Insomma, mi devo sfogare contro qualcosa, o no?!
Calcio alla cieca, senza neanche concentrarmi sulla porta o la direzione in cui voglio far andare la palla. Colpisco il pallone, ogni volta, cercando di incrementare la mia potenza. Mi pongo come obbiettivo l’immagine della palla informe sgonfia che si trova ancora impigliata nella porta alle mie spalle.
A questo punto occorrerebbe una di quelle musiche rock che esprimono grandezza o superiorità. Ma anche cose come il coraggio o la fiducia non ci starebbero male.
A proposito di quest’ultimi, mi viene voglia di provare la mia tecnica, “Angelo di Neve”, perché un po’ mi manca. E non la eseguo da un sacco di tempo.
Così, mi piazzo al centro del campo e cerco di concentrarmi. Inizia finalmente a nevicare. Dopo solo qualche secondo, io e il pallone veniamo inglobati in un bocciolo composto da candidi fiocchi di neve e morbide piume bianche. Una barriera di energia color verde smeraldo racchiude in un millisecondo la palla, che sfreccia fuori dalla crisalide. Rotea intorno a me, lasciando l’orbita color dell’energia. Infine, il bocciolo sboccia in delle meravigliose ali d’angelo. Sono sospesa a mezz’aria e la sfera orbita ancora intorno. Finché non si ferma davanti a me. Meccanicamente  eseguo un gesto diagonale con il braccio e il polso, dal basso verso l’alto.
La palla sfreccia verso la porta immersa nell’energia bianca e verde, segnando un pieno goal. Il pallone si sgonfia e io sorrido compiaciuta.
Mentre ricado, delicatamente, noto una figura che mi osserva. Indossa dei pantaloni blu di una tuta e una maglia grigio-bianca, come i suoi capelli. Lo riconosco e mi chiedo allo stesso tempo perché sia qui.
-Shawn?!-
 
***
 
-Sapevo di trovarti qui…-
Ci sediamo sulle panchine a bordo campo. Il suo tiro è stato davvero potente. Quasi più forte della prima volta che l’ha utilizzato.
-Come mai sei venuta ad allenarti?- so benissimo perché si trova qui. Quando è nervosa o in sovrappensiero, il suo metodo per scaricare la tensione è distruggere qualcosa. In questo caso, un povero pallone smarrito.
L’ho seguita con lo sguardo fin da quando ha trovato il pallone. E mentre stava eseguendo la sua tecnica micidiale ho deciso di andare da lei e confortarla.
-Certo che mi conosci molto bene. Sono tesa per il test di domani. Ho paura di non riuscire a superarlo…-
-Posso chiederti, se non sono troppo diretto, perché questo timore? Cosa succede se non riesci a entrare nel club?-
-Sinceramente non lo so. Non ho mai fallito nulla nella mia vita e credo di non riuscirci questa volta…- i suoi occhi iniziano a brillare di minuscole gocce d’acqua. È molto sensibile e dolce. Per questo e mille altre ragioni la amo.
-Ehi, non preoccuparti. Vedrai che andrà tutto bene…- le dico, mentre con un braccio le cingo le spalle e l’attiro a me.
Un pesante silenzio cade su di noi, dopo che Aida annuisce. Io alzo lo sguardo al cielo. Le stelle sono meravigliose questa notte. Così luminose, così immense e lontane. Delle piccole lucciole nell’immensità dell’universo. Sono attaccate al manto nero-blu dell’atmosfera. Sembrano quasi ricamate o addirittura stampate.
Mentre lei guarda a terra, con gli occhi fissi al suolo e la treccia che le cade su una spalla. Il suo sguardo è pensieroso. Molto pensieroso.
Purtroppo non sono in grado di indovinare su ciò che le persone riflettono. Ma posso sicuramente immaginare che non sia una cosa piacevole o tranquilla.
Così, per toglierla dai suoi pensieri, mi viene in mente un’idea simpatica.
Mi alzo e le porgo la mano. Aida alza il volto. Mi guarda ancora più confusa e mi chiede:
-Che cosa stai architettando Frost?-
-Adesso ti sei messa a parlare come i miei compagni?- iniziamo a ridacchiare. Per fortuna sono riuscito a strapparle un mezzo sorriso. È davvero bella.
-Vieni con me. Vorrei portarti in un posto…-
Accetta la mia mano e si lascia trasportare. Attraversiamo il campus, nel più completo silenzio ed oscurità. Per fortuna che conosco bene la scuola altrimenti ci saremmo già schiantati contro qualche palo.
Lasciando alle nostre spalle anche il campo di baseball, arriviamo a destinazione. Non si vede proprio nulla. Sarà perché è notte, ma è anche in una zona un po’ abbandonata della scuola. Qui la squadra titolare si allena solo d’estate. E non è che facciano molti allenamenti.
Tirò fuori il mio cellulare e lo uso per sperare di vedere qualcosa.
Il volto di Aida è parecchio confuso. Non credo che abbia mai visitato questa zona esterna. Mi pare di vedere anche un tocco di rabbia nella sua espressione.
Le lascio per un momento la mano e corro ad accendere i fari, per illuminare il campo. Ci metto qualche tempo perché, non conoscendo la zona, ho dovuto cercare il pannello elettrico. Ma, comunque, sono riuscito ad accendere la luce.
Ritorno dalla mia amata. Si guarda spaesata. Come una bambina piccola al centro commerciale.
Guarda soprattutto le linee disegnate per terra e quando mi vede arrivare esclama:
-Ma sei pazzo ad accendere le luci?! E se ci scopre il Preside?!-
-Stai tranquilla. Il preside è a casa sua a circa due isolati da qui e il custode dorme dall’altra parte del campus. Dove ci sono in campi nuovi, come quello dove eri tu prima…-
-Quindi mi hai portata qui per evitare che venissi scoperta?- è quasi vicina alla soluzione, ma non del tutto. E spero vivamente che non le dispiaccia questa mia sorpresa.
-Non esattamente…- mi allontano verso un angolo del campo, dove sono perennemente depositati dei palloni in una cesta. Più precisamente, palloni da pallavolo. Ne prendo uno.
Quindi mi riavvicino ad Aida e glielo lancio. Lei lo prende al volo, un po’ titubante. Se lo rigira tra le mani e lo fissa. Intanto io mi faccio in quattro per montare la rete di volley. Certo che è molto complicata la pallavolo.
Finiti tutti i preparativi, mi posiziono da una parte del campo. Aida si trova nell’altra, con la palla in mano.
-Iniziamo!-
-Che cosa?! Vuoi giocare?- mi dice sbigottita, indicando la palla. Io annuisco, convinto. Anche se non ho mai giocato a pallavolo, credo di saper almeno far rimanere la palla in aria quel tempo che basta per non essere impedito. Di certo, non giocherò come lei o come qualche altro principiante. Ma a volte a ginnastica ci facevano giocare e, più o meno, riuscivo.
Anche lei annuisce e si dirige verso la fine del campo. Si mette in posizione ed inizia. Lancia il pallone in aria e con un movimento deciso del braccio e della spalla, lo colpisce, mandandolo nel mio campo. È molto veloce e anche abbastanza potente. Metto le mani in posizione di palleggio, un po’ impacciato, e riesco a prenderla e rimandarla dall’altra parte. Però gli ho alzato la palla molto alta e ovviamente lei coglie l’occasione. Come un ghepardo, bello e veloce, corre verso la rete. Si ferma neanche un secondo e compie passi precisi. Piede sinistro, destro e infine ancora sinistro. Si alza in aria e attacca con tutte le sue energie. È inutile dire che non vedo neanche la palla che finisce in campo e rimbalza via. Sono sorpreso. Tanto sorpreso.
-Credo che tu mi debba dare qualche ripetizione…- dico, ancora in stato di shock. Non la credevo così forte. Perché non credevo neanche che nella pallavolo si potesse essere potenti.
-Oh, scusa. Vuoi che smettiamo?-
-No di certo. Mi sono appena scaldato-.
E così continuiamo a “giocare” a quello strano sport per tutta la notte. È abbastanza divertente. Anche se preferisco di certo il calcio. È meno individualista. E anche più caotico. Divertente, insomma.
La riaccompagno in camera. Cerchiamo di fare il meno rumore possibile. Anche se siamo molto affaticati e la stanchezza non aiuta a mantenere lucidi. Arriviamo alla sua stanza e, come una spia, apre la porta.
-Shawn, grazie per l’aiuto. Ora mi sento molto più sicura-.
-Di nulla. Sei vuoi ci sono sempre-.
-Oh, grazie ancora-.
-Non devi ringraziare- le sussurro. Però non so che cosa mi sia preso e la saluto, baciandola sulle labbra, dolcemente. Un bacio corto ma comunque tenero, che lei accetta volentieri. Quando ci dividiamo, più rosso che mai, le dico, salutandola:
-Ti vengo a prendere per l’ora di pranzo…-
-Ok…- e chiude la porta anche lei un tantino imbarazzata. Devo ancora farci l’abitudine. Non ho mai avuto una fidanzata e questa è la prima volta. Non so, quasi, come comportarmi.
Ma non importa un granché, perché posso fidarmi ciecamente di lei. E lei sa che può fare lo stesso.
   
 
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