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Autore: Primus Lune    16/02/2009    3 recensioni
E alla fine l’aveva trovata quella via di fuga, ma non era stata buia e fredda come la sua stanza tetra, ma calda come il tocco gentile di una mano e colorata di rosso come i suoi capelli.
Perché Lily Evans era stata la sua via di fuga.
[Post HBP] [Piton-centric]
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Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solitude





«After all this time?»
«Always

[Harry Potter and the Deathly Hollows]





La vecchia e malridotta stradina scorreva velocemente sotto ai suoi piedi, mentre con grandi falcate avanzava veloce in direzione della propria casa. Il mantello che sbatacchiava sgraziatamente contro le caviglie ossute.

La notte stava lentamente lasciando il posto all’alba e da est era già possibile vedere i primi albori dell’Aurora.

Un nuovo giorno stava nascendo e Albus Silente era morto.

Ed era stata lui ad ucciderlo.

Il suo cuore si contrasse in una dolorosa morsa, provocandogli dolore fisico al pensiero del vecchio Preside che, per anni, aveva saputo guidare il mondo magico contro l’Oscuro Signore.

E ora era tutto nelle mani di un ragazzo.

Spinner’s End vide la sua fine di fronte ad una piccola villetta dall’aria tetra e diroccata, davanti alla quale Severus Piton si fermò.

La strada, ora quasi completamente abbandonata a se stessa, non aveva mai brillato per bellezza, né per nient’altro che non fosse la cattiva fama. Da sempre, infatti, le persone del quartiere ne additavano gli abitanti, mostrandoli ai loro figli come esempi da non seguire. E lui aveva guardato gli amorevoli genitori di quei bambini e i loro bei vestiti e da lontano li aveva odiati.

La mano che teneva sprofondata nella tasca della lunga veste, venne fuori, portando con sé una sottile bacchetta che mosse con un secco e preciso movimento del polso, la porta si aprì.

Varcò l’uscio con passo fattosi più incerto, entrando nell’oscurità della casa, che si fece totale non appena la porta, senza che nessuno l’avesse nemmeno sfiorata, si richiuse alle sue spalle.

Finalmente al sicuro da occhi indiscreti, Severus Piton poté finalmente far cadere la maschera di totale indifferenza che si era applicata sul viso, si appoggiò al muro lasciandosi poi cadere pesantemente sul pavimento sudicio della propria abitazione.

Le mani toccarono terra per prime, aiutandolo a sedersi rigidamente.

Quella notte l’Oscuro Signore era stato felice, come Severus non lo vedeva da tanto tempo. Secondo la sua idea, uno stupido ragazzo non ancora maggiorenne, senza la guida di Albus Silente, non avrebbe costituito un reale problema.

La riunione era stata lunga e snervante, soprattutto per lui che aveva dovuto usare fino allo stremo l’Occlumanzia in modo da poter tenere Voldemort all’oscuro di ciò che realmente era successo sulla torre. Perché era vero che Silente alla fine era morto, ma il retroscena era stato ben diverso da quello che sicuramente il Mago Oscuro si aspettava, e lui non desiderava certo che la verità venisse fuori.

I suoi occhi neri, che intanto si andavano abituando alle tenebre, cominciarono a distinguere i contorni dei vecchi mobili e dei vecchi dipinti, che da sempre adornavano la casa.

La sua vecchia casa.

L’aveva sempre odiata, e non solo perché rappresentanza della sua vita da emarginato, ma anche e soprattutto perché teatro di una vita che non avrebbe voluto vivere. Non in quel modo, non con quelle persone.

I suoi genitori, un Babbano e una Strega, a causa della loro differenza, non erano mai riusciti ad andare d’accordo, rendendolo un ignorato partecipe dei loro continui litigi.

E lui aveva scoperto una solitudine profonda e lacerante e un dolore imperituro, protrattosi ben oltre la sua infanzia. Anche in quel momento, benché ormai da tempo i suoi genitori fossero morti e la casa fosse silenziosa, gli sembrava ancora di udire nell’oscurità i tonfi assordanti di sedie rovesciate e urla rabbiose.

Quasi ebbe l’impulso di tapparsi le orecchie e chiudere gli occhi, proprio come quando, a otto anni, cercava una via di fuga da tutto ciò che lo circondava.

E alla fine l’aveva trovata quella via di fuga, ma non era stata buia e fredda come la sua stanza tetra, ma calda come il tocco gentile di una mano e colorata di rosso come i suoi capelli.

Perché Lily Evans era stata la sua via di fuga.

L’aveva vista per caso, in una delle sue rare uscite furtive, a giocare con la sorella nel piccolo parco, mentre faceva sbocciare a suo piacimento dei fiori, ridendo estasiata nel vederli aprirsi e poi richiudersi, mentre l’aria fresca di fine estate le scompigliava giocosamente i capelli, ancora inconsapevole di stare usando la magia.

E la sua risata era risuonata dolce e argentina nell’aria e il suo cuore si era contratto, poi aveva battuto più forte, e un nuovo senso di pace gli aveva scaldato le membra fredde, e non era stato per il sole.

E da quel giorno, sempre, era tornato a vederla, nascosto con accuratezza in modo da sottrarsi al suo sguardo e soprattutto al suo scherno. Ma era stata una precauzione del tutto inutile perché, alla fine e in modo inaspettato, era stato proprio lui a muovere il primo passo e ad andarle incontro. E sebbene inizialmente lei si fosse ritratta, spaventata forse dalla sua insospettata presenza, era poi riuscita con la costante vicinanza che ne era seguita, a fargli conoscere un sentimento completamente diverso dal disprezzo che suo padre aveva per lui e il dovuto affetto che sua madre nutriva nei suoi confronti.

E Severus Piton aveva scoperto l’amicizia.

E questa profumava di rose, proprio come Lily.

Ma anche le rose, come tutti i fiori, quando arriva l’inverno muoiono.

E così era stato.

La scuola era stata la lamina fredda del vento invernale, che aveva fatto piegare il fiore sotto il proprio crudele tocco.

Perché Hogwarts aveva avuto in serbo per loro, due strade diverse: lei Grifondoro, mentre lui Serpeverde.

E questo li plasmò in diverso modo.

Perché Lily aveva dimostrato, fin da subito, un aperto disprezzo verso le Arti Oscure, mentre lui, affascinato dal potere che i ragazzi che si facevano chiamare Mangiamorte promettevano a coloro che avessero seguito fedelmente l’Oscuro Signore, non era stato capace di opporsi affatto.

E il germe dell’odio era stato piantato.

Indirizzato verso coloro che provenivano da famiglie Babbane, gli indegni di frequentare Hogwarts, i “Sanguesporco”.

E nel suo cuore di tormentato ragazzo, da sempre disprezzato dal padre Babbano, quelle parole avevano trovato terreno fertile. E la pianta aveva cominciato a crescere e lentamente aveva avvinto il suo cuore di bambino. Ed era cresciuta con lui, anno dopo anno, fortificandosi ad ogni nuova umiliazione, diventando più spinosa ad ogni nuovo torto.

Insegnandogli che l’odio era giusto, che gli dava pace.

E, nonostante in quel momento si trovasse a disapprovare il proprio comportamento adolescenziale, doveva anche riconoscere che l’idea che un giorno tutti coloro che gli avevano arrecato dolore e umiliazione avrebbero pagato, l’aveva aiutato ad andare avanti.

Perché James Potter, con i suoi amici imbecilli, gli aveva reso la vita impossibile.

Perché James Potter, con i suoi modi arroganti, l’aveva allontanato da Lily.

Perché James Potter, con la sua avversione per le Arti Oscure, aveva conquistato l’amore di Lily.

Eppure, benché trovasse più facile incolpare l’altro piuttosto che se stesso, si rendeva conto che in fondo, forse, erano state le sue scelte a decretare la sua condanna.

Perché se lui non avesse prediletto le Arti Oscure, forse Potter non lo avrebbe infastidito.

Perché se non avesse chiamato Lily “Sanguesporco”, forse lei non lo avrebbe abbandonato.

Perché se fosse stato come lei l’avrebbe voluto, forse Lily sarebbe rimasta al suo fianco, per sempre.

Severus, ancora raggomitolato contro il muro della propria casa, strinse i pugni sul pavimento, trattenendo le lacrime amare che da sempre si accompagnavano all’immagine di Lily Evans.

Quando quella notte del 31 ottobre lei era morta, lui era rimasto irrimediabilmente solo, ma con una chiara idea di cosa finalmente doveva davvero fare. Ed era stato per il ricordo di lei, al fine di proteggere ciò che lei aveva avuto di più caro, che aveva scelto di schierarsi dalla parte di Silente per combattere contro l’Oscuro, che dopotutto gliel’aveva portata via.

Ma Silente ora era morto, l’aveva implorato di ucciderlo, e Severus aveva dovuto ubbidire, perché aveva dato la sua parola. Aveva promesso che gli sarebbe stato leale e avrebbe protetto, anche a costo della vita, il giovane Harry Potter.

E aveva portato a compimento entrambi i suoi compiti, per quanto gli era stato possibile, benché il modo in cui le cose erano finite non fosse stato quello da lui previsto.

Potter sarebbe dovuto morire, dopotutto, e forse sarebbe toccato persino a lui stesso, ma prima sperava di poter parlare ancora con il ragazzo e spiegarsi. Lasciare che finalmente lui avesse libero accesso alla propria memoria e capisse.

Desiderava solo poter vedere per un’ultima volta ancora gli occhi di Lily fissarlo senza l’ombra del disprezzo di Harry.

Il suo sguardo, ormai perfettamente abituato all’oscurità, indugiò per qualche istante sulla propria casa desolatamente vuota, in silenzioso ascolto del nulla. Infine le dita si strinsero attorno alla bacchetta e la sua mente formulò un incantesimo non verbale.

La punta del pezzo di legno brillò appena di una luce bianca, prima che una grossa informe massa argentata si sprigionasse, illuminando a giorno la casa. Qualche secondo di attesa e poi davanti ai suoi occhi stanchi comparve una graziosa cerva.

Severus la osservò, le palpebre che lentamente si facevano pesanti, mentre il respiro andava regolarizzandosi. Sapeva che il Patronus non sarebbe durato più di pochi secondi, ma li reputava più che sufficienti, perché riuscisse a prendere sonno, senza l’opprimente sensazione di solitudine. Infatti, proprio mentre i contorni dell’animale cominciavano lentamente a dissolversi, l’uomo chiuse gli occhi.

Dopotutto non importava.

Forse domani sarebbe morto.

Forse Voldemort avrebbe vinto o chissà, magari Harry Potter alla fine si sarebbe rivelato davvero il Prescelto.

In quel momento, l’unica cosa che gli sembrava importante era la sensazione di calore che formicolava sulla sua guancia, quasi come se qualcuno gli stesse facendo una delicata carezza, mentre un inspiegabile profumo lo avvolgeva, cullandolo nel sonno.

E sì, indubbiamente, profumava di rosa.








Nota dell'autrice: perdonate questo insensato sproloquio, ma purtroppo è stato più forte di me e non ho potute evitare di mettere su carta (o su computer ^^) questa mia piccola ideuzza. Lasciate un commentino, please! *__*

   
 
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